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PER DIFENDERE CHI? Parlano gli ufficiali delle FF.AA. A cura di Franco Travaglini Con i contributi di Mario Barone e Falco Accame Prefazione di Giorgio Rochat Gabriele Mazzotta editore
© 197 6 Gabriele Mazzotta editore· Foro Buonaparte 52 - 20121 Milano
INDICE Nota editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6 Introduzione di Franco Travaglini. . . . . . . . . . . . . . . . » 7 Prefazione di Giorgio Rochat. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11 MARIO BARONE Difesa e controllo popolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 13 FALCO AccAME Dalla subordinazione alla cooperazione. . . . . . . . . » 24 Parlano gli ufficiali della FF.AA. Le radici di un malessere che si diffonde Le trasformazioni sociali entrano nelle FF .AA.. . Crolla l'ideologia dell'apoliticità ............... . Gli insegnamenti dei soldati e dei sottufficiali .. Per difendere una patria di nome NATO ..... . Quale ristrutturazione per le FF .AA. ? ......... . I~ Regolamento di Disciplina contro la Costituzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Gli organismi rappresentativi elettivi .......... . Gli obiettivi degli ufficiali democratici ........ . E se le sinistre vanno al governo? ............. . )) )) )) » )) » » » » » 39 48 53 59 65 74 81 92 98 107
Nota Editoriale Meno di un anno fa la nostra casa editrice, pubblicando il libro di Giancarlo Lehner Parola di generale - Neofascismo, analfabetismoe altro nellastampaper le FF.AA., aveva voluto documentare, attraverso i periodici militari e para-militari, il tipo di propaganda reazionaria e fascista che viene costantemente riversata sugli appartenenti alle nostre forze armate ad opera o con la complicità degli alfi gradi militari e dei governi democristiani. ·È dunque fonte di grande soddisfazione per noi il fatto di-poter pubblicare oggi un volume che raccoglie, insieme a pareri qualificati, la voce nuova e chiara degli ufficiali in servizio che si battono attivamente, pur tra mille difficoltà, perché quel clima reazionario e antipopolare sia spazzato via, permettendo l'ingresso nelle FF.AA., insieme alla vita democratica, delle spinte rinnovatrici che attraversano il resto del paese.
INTRODUZIONE di Franco Travaglini L'idea di fare questo libro è nata dalla constatazione che lo sviluppo impetuoso del movimento dei sottufficiali democratici dell'aeronautica militare aveva offerto a numerosi ufficiali, soprattutto dell' A.M. ma anche delle altre armi, l'occasione di un confronto e di un impegno democratico che uscisse dalla dimensione individuale e privata che era stata, fino a poco tempo fa, l'unica possibile. Molti degli ufficiali che hanno poi costituito il coordinamento degli ufficiali democratici dell'aeronautica militare o che stanno facendo nascere in molte città primi gruppi .di aggregazione, di discussione e di lavoro, si sono infatti, per cosi dire, formati, partecipando alla nascita del movimento dei sottufficiali, lavorando nei coordinamenti, o subendo l'influenza delle iniziative e delle proposte dei sottufficiali e dei soldati democratici. L'obiettivo di questo lavoro non è proporre una analisi generale, sociologica o politica, degli ufficiali delle forze armate italiane, ma offrire una prima documentazione di una realtà nuova, certamente embrionale, ma destinata a svilupparsi: la nascita di un movimento di ufficiali democratici. È stato fatto nell'unico modo possibile oggi, cioè dando direttamente la parola ai protagonisti, agli ufficiali delle varie armi che, pur costretti all'anonimato, operano perché anche nelle FF. AA. si affermino i principi della democrazia. Sono stati intervistati decine di ufficiali dell'aeronautica, dell'esercito e della marina (solo una piccola parte del
8 PER DIFENDERE CHI? materiale raccolto è poi stato utilizzato), alcuni a gruppi, altri singolarmente, seguendo uno schema di domande che consentisse poi il raggruppamento delle varie interviste. Le domande, che corrispondono ora ai dieci capitoli in cui si suddivide il libro, sono, ridotte al loro contenuto essenziale, le seguenti: 1. Da cosa deriva il «malessere» che si avverte oggi anche fra gli ufficiali? 2. Che influenza hanno avuto le trasformazioni sociali e politiche che si sono verificate in Italia negli ultimi anni? - 3. Cosa ha significato rendervi conto che chi parlava tanto di «apoliticità» delle forze armate in realtà era coinvolto in trame reazionarie, in episodi clamorosi di corruzione e comunque legato a doppio filo con il potere politico? 4. Nella maturazione di una coscienza democratica fra gli ufficiali ha indubbiamente pesato l'esistenza del movimento dei soldati, prima, e dei sottufficiali, poi. Voi cosa ne pensate? 5. Le nostre FF. AA., secondo la Costituzione, non dovrebbero avere finalità offensive. Ma chi e che cosa difendono, e sono preparate a farlo? 6. Si è parlato molto di «ristrutturazione» delle FF. AA. Che cosa ne sapete e cosa ne pensate voi? 7. Uno dei temi centrali delle lotte dei soldati e dei sottufficiali in questo ultimo anno è stato quello della riforma del Regolamento di Disciplina e l'opposizione alla «bozza» Forlani. Che peso attribuite voi alla lotta per la democrazia nelle FF. AA.? 8. Cosa pensate delle proposte, per lo piu ancora molto vaghe, avanzate da diverse parti sulla creazione di organismi di rappresentanza? 9. Che possibilità ci sono che si sviluppi un movimento di _ufficiali democratici e quali obbiettivi dovrebbe avere? L'ultima domanda (Quale sarebbe la reazione degli ufficiali se prossime elezioni creassero le condizioni per la formazione di un governo di sinistra?) costituisce quasi un'appendice perché è stata fatta solo ad alcuni degli ufficiali, dopo che le interviste erano finite e il libro quasi ultimato, alla vigilia delle elezioni politiche anticipate.
INTRODUZIONE 9 Il mio lavoro si è limitato a trascrivere fedelmente le interviste senza nulla togliere alla contraddittorietà di certe affermazioni e scegliendo volutamente di rinunciare ad interventi «esterni» di valutazione e di interpretazione che, con ·ogni probabilità, sarebbero apparsi arbitrari. Spero di avere fatto quello che mi diceva il tenente V.G.: «Questo libro ha lo scopo di dare coraggio a chi magari ha ide~ democratiche ma per vari motivi non può manifestarle. E una cosa utile perché bisogna fare ogni giorno qualcosa in più, creare prima un nucleo di aggregazione e poi andare avanti. Dobbiamo far conoscere alla gente e a tutti i nostri colleghi quello che pensiamo, che cosa vogliamo fare per poterne discutere. Questo libro servirà a questo. » Se ci sono riuscito, il merito va interamente agli ufficiali che ho intervistato e che ringrazio. Se non ci sono riuscito è per mia esclusiva responsabilità e me ne scuso innanzi tutto con loro. Un ringraziamento particolare va a Mario Barone e al Comandante Falco Accame per i loro contributi e a Giorgio Rochat per la sua prefazione. Le elezioni politiche del giugno scorso hanno fatto registrare un nuovo avanzamento delle forze popolari e progressiste. Nonostante gli imprevisti recuperi della DC, l'avvento delle sinistre al governo appare la sola valida soluzione per i problemi del paese. Ma ciò pone anche questioni e interrogativi di vasta portata, che investono direttamente le istituzioni democratiche e il loro funzionamento. La tragica esperienza del popolo cileno è presente oggi piu che mai in modo bruciante in tutti coloro che si battono per una svolta politica radicale e ripropone con urgenza la necessità di affrontare e sciogliere alcuni nodi politici che, nell'esperienza cilena, non furono risolti. Uno di questi è indubbiamente quello delle forze armate. Esiste oggi una diatriba - per toccare qui un solo punto - attorno alla questione se, con un governo di sinistra, l'Italia resterebbe nella NATO, se ne uscirebbe o ne verrebbe cacciata. Si discute molto di una ipotesi intermedia che vedrebbe
10 PER DIFENDERE CHI? ridotta la presenza italiana nei posti di comando NATO o lo spostamento di alcuni di questi comandi dall'Italia in altri paesi. Stranamente però non si discute - nessuno lo fa - di ridurre il peso della NATO dentro i comandi militari italiani, di togliere ai comandi NATO la possibilità di dare ordini in via diretta ai reparti italiani senza passare attraverso il governo, di denunciare ed annullare i patti segreti che hanno costituito la base «legale» di gran parte delle trame reazionarie e golpiste in questi anni. Eppure tutto questo si colloca fuori della prospetti va, considerata irrealista e «squilibrante», di uscita unilaterale dell'Italia dalla NATO e si propone invece, semplicemente, di ricondurre le FF. AA. sotto il controllo del governo e del parlamento, di eliminare· uno dei canali principali di ingerenza e di manovra antipopolare dell'imperialismo. Questo come altri problemi, dalla democrazia nelle FF. AA. al controllo popolare su di esse, dallo scioglimento del SID al ridimensionamento drastico dell'arma dei carabinieri, devono essere affrontati con urgenza dal movimento di classe e dal governo delle sinistre se si vogliono realmente ridurre i margini di manovra della reazione. La classe operaia e tutto il movimento popolare nel nostro paese sono forti abbastanza per far si che l'avvento di un governo delle sinistre costituisca la premessa per l'affermazione della democrazia e del controllo popolare anche dentro gli apparati di forza dello Stato, per una opposizione intransigente alla politica aggressiva della NATO e degli USA, e per una iniziati va di pace e di neutralità attiva dell'Italia. La possibilità di affrontare positivamente e-in modo vittorioso questi problemi trova il suo fondamento anche, e in modo determinante, nell'esistenza di un movimento di militari democratici che non ha precedenti per forza, estensione e chiarezza di programma, nella storia del . . movimento operaio. Roma, luglio 1976
PREFAZIONE di GiorgioRochat La pubblicazione di questi interventi di ufficiali italiani in servizio sulla riorganizzazione delle forze armate e sul loro ruolo politico ha una grossa importanza per il dibattito in corso sulla politica militare nazionale. Eppure i limiti di questa pubblicazione sono evidenti e dipendono in larga misura dalla arretratezza del dibattito politico su questi problemi, e infatti li riscontriamo non solo in questa, ma in quasi tutte le pubblicazioni analoghe. Questo libro non si propone però un' analisi sistematica, ma un'opera di rottura: proprio qui sta la sua importanza. Per la prima volta da molti, troppi decenni un gruppo di ufficiali in servizio affronta un dibattito pubblico (anche se.protetto da un anonimato forzato) sulla politica militare italiana, facendo sentire nuovamente la voce di una componente essenziale, anche se troppo spesso (e da tutte le parti) ignorata. Nell'Ottocento l'intervento di ufficiali in servizio, cosi come di uomini politici e di privati, su tutte le questioni della difesa era cosa normale; la stampa e il parlamento registravano frequenti dibattiti e scontri anche su problemi apparentemente tecnici come l'ordinamento dei reparti e le carriere degli ufficiali. La libertà e vivacità di questi dibattiti si venne progressivamente spegnendo a partire dalla fine del secolo scorso, .in concomitanza con la crescita del movimento operaio, cioè di una forza di opposizione radicale al regime borghese. L'importanza dell'esercito nella difesa dell'ordine costituito rendeva infatti necessario che le critiche alla politica di difesa avessero un limite preciso nella solidarietà della classe dominante: poiché i socialisti denunciavano violentemente proprio il ruolo antipopolare dell'esercito. 1?
12 PER DlfENDERE CHI? classe dirigente preferi soffocare il dibattito sulle questioni militari incrementando una separazione forzata tra forze armate e paese, che in sostanza significava riservare alle forze governative e reazionarie il controllo dell'esercito, a danno anche della libertà di critica interna e della stessa ricerca di efficienza tecnica. Prima guerra mondiale, dittatura fascista, guerra fredda anticomunista furono le tappe della soppressione di ogni libertà di critica, non solo politica ma anche tecnica, in materia di difesa e del rafforzamento dell'alleanza reazionaria tra alte gerarchie e forze di governo. Malgrado la violentissima ondata antimi- ~ litarista del «biennio rosso» 1919-'20 e l'esperienza politicamente e tecnicamente innovatrice della guerra partigiana, il movimento operaio e le forze democratiche dentro e fuori le forze armate non seppero _reagirea questa politica di chiusura e lasciarono troppo a lungo il monopolio della politica di difesa a governi e stati maggiori. A partire dal 1970 questa situazione è stata messa in crisi dal mutato clima politico, dallo sviluppo delle lotte dei soldati e poi dei sottufficiali e dei poliziotti e dal rinnovato interesse delle forze di sinistra per i problemi della difesa. All'ampliamento del dibattito e delle lotte mancava finora la voce degli ufficiali: una lacuna che la pubblicazione di questi interventi sollecita a colmare. Come abbiamo detto, non ne sopravalutiamo il valore in sé, ma ne riconosciamo l'importanza come strumento di rottura con un passato di silenzi e di conformismi. Tutti i movimenti di lotta hanno bisogno per crescere di momenti di provocazione aperta, a prima vista perdenti per la violenza delle reazioni suscitate, ma in realtà necessari per costringere tutte le forze interessate a uscire allo scoperto e a prendere coscienza del proprio ruolo politico. Anche gli aspetti urtanti di questa pubblicazione, a cominciare dal forzato anonimato, hanno perciò una funzione positi va per chi sappia andare oltre i logori schemi del patriottismo ufficiale e accettare il confronto critico con il confuso, ma vivace e ricco dibattito in corso sulla politica di difesa, momento necessario per l'affermazione della.visione costituzionale delle forze arn1ate come strumento di difesa della democrazia italiana. Milano, 31 maggio 1976
Mario Barone Consiglieredi Cassazione Membro di MagistraturaDemocratica DIFESA E CONTROLLO POPOLARE Questo libro può soddisfare interessi di vario genere. Per un sociologo, le interviste raccolte fra ufficiali delle tre armi costituirebbero un test eccellente per una analisi di microsociologia della conoscenza che è quella indagine condotta con lo scopo di rilevare il rapporto fra i fatti nella realtà sociale da un lato e, dall'altro, i pensieri e i prodotti 1nentali di uomini condizionati da una organizzazione istituzionale o di altro tipo. Per un moralista, il libro indurrebbe a riflettere che c'è anche brava gente nell'istituzione militare (non solo i Miceli, i Birindelli, i Fanali, i De Lorenzo) che si interroga per trovare la ragione delle proprie frustrazioni e per superare le condizioni alienanti del proprio vivere comunitario. A me ha interessato come testimonianza delle capacità espansive di una lotta minoritaria, ingaggiata per primi dai giovani in ferma di leva, cinque o sei anni fa, e condotta da allora con rabbiosa tenacia, per conquistare, palmo a palmo, un posto di interlocutore valido nell'insieme dei processi di mutamento che il paese sta vivendo a vari livelli. Ha interessato per l'attenzione che da tempo vado destinando a questo settore, non per hobby culturale, ma per le strette connessioni di quest'area con quelle di altri corpi separati, come la magistratura o la polizia, e per le comuni dinamiche degenerative che hanno ormai pervaso tutte le strutture politiche e istituzionali dello Stato. Il movimento democratico dei soldati e quello dei sottufficiali dell'aeronautica hanno avuto il merito di far uscire il problema militare dal chiuso di un dibattito ristretto ad una élite di specialisti e di riproporlo in ter-
14 PER DIFENDERE CHI? mini di massima, per farlo diventare battaglia politica. Ho detto non a caso di «riproporlo», perché quello che forse i soldati e i sottufficiali democratici non sanno (ma è bene che sappiano, per gli ammaestramenti e gli indirizzi che questi squarci di storia possono fornire) è che il loro programma di fondo - la democratizzazione delle FF.AA. - fu il primo problema che si impose, nel 1944, all'interno dei Comitati di Liberazione Nazionale Alta Italia, nella prospetti va della ricostruzione dell'esercito nazionale e del ruolo che i partigiani vi avrebbero dovuto avere. Nel febbraio del 1945, anzi, le componenti democratiche di sinistra del CLNAI avanzarono agli alleati una serie di richieste a garanzia del futuro esercito nazionale e, fra queste, vi erano quelle dirette ad ottenere la revisione dei regolamenti, con l'eliminazione di tutte le norme introdotte dal fascismo, la revisione dell'apparato, con l'epurazione dei quadri, l'inserimento automatico delle formazioni partigiane. Si trattava di spiegare, come faceva il Partito socialista italiano, in un documento dell'aprile 1945 della sua segreteria, «che la lotta per la liberazione è condotta non solo per la cacciata dei nazifascisti, ma per la democratizzazione dell'apparato statale. Non si potrà dire che su queste basi venga riorganizzato l'esercito dell'Italia liberata, finché alla sua testa permangono gli stessi generali, primi responsabili dell'attuale situazione e fautori di un ritorno nuovo, reazionario.» E il Partito d'azione, nel fissare le proprie impostazioni programmatiche, aggiungeva che «nel ricostituire le forze armate italiane, bisogna vegliare affinché non si ricostituisca un corpo di ufficiali, guardie della reazione e candidati a dittature militari. Il ministro della Guerra dovrà essere quindi capace di costituire un corpo di ufficiali democratici.» Su queste linee, come è ovvio, non tutte le componenti cielleniste concor- <tlavano e, fin da allora, cominciava a far capolino la comoda copertura ideologica della «continuità dello Stato». Ma alla fine prevalsero le decisioni del governo alleato, in virtu delle quali (insipienza o strategia politica di lungo respiro?) ebbe inizio anche in questo settore la restaurazione prefascista; e in questa aberrante soluzione fu facile, confondendo fra «passato» e «passato», ottenere l' inseri1nento dei repubblichini. Con le conseguenze che
MARIO BARONE 15 possono immaginarsi, per quel che concerne i quadri ufficiali. In aeronautica, ad esempio, non un tenente colonnello democratico venne promosso, ma soltanto reduci di Salò. Quando si criticano l'anticomunismo imperante nelle FF.AA. e i principi di gretta conservazione cui da trent'anni è ispirata la loro organizzazione, quando si parla delle ampie disponibilità eversive e golpiste esistenti nel loro seno, è necessario anche ricordare che trent'anni di regime democristiano hanno questa responsabilità: quella di aver saputo utilizzare a dovere condizioni sociopolitiche impostate, nelle premesse di fatto, dai compromessi imposti ai governi ciellenisti dalle forze militari alleate. Se non si tiene presente una implicazione di questo tipo, non si coglie interamente, nei suoi profondi valori causali, la ragione della grave devianza dai principi di legalità costituzionale che ha caratterizzato, in forma acuta, la resistenza dell'apparato ad un processo di adattamento democratico; non si spiega la vischiosità di certe concezioni autoritarie e paternalistiche del passato regime che hanno favorito nelle FF.AA., piu che in ogni altro settore, l'attuazione della politica della continuità dello Stato che ci è debitrice 4ella maggior parte dei guasti che oggi il paese sopporta, a livello istituzionale. In questo quadro deve essere inserito il travaglio che oggi vive l'istituzione, lungo una linea di tendenza che è di rottura del ruolo assunto finora, perfettamente funzionale agli equilibri di potere; un ruolo le cui caratteristiche sono, sul piano ideologico, un anticomunismo viscerale, una disciplina spersonalizzante, l'organizzazione di un consenso acritico; sul piano economico, lo sviluppo di settori industriali specifici, oltre che la sudditanza alla produzione militare americana; e, sul piano repressivo, il supporto tecnico alla operatività delle forze di polizia e il contributo offerto alle tattiche reazionarie contro il movimento operaio, anche sotto forma di operazioni di crumiraggio, nel settore dei servizi pubblici. Questa complessa strategia, espressione di un regime autoritario e ispiratrice di una disciplina funzionale ad una concezione antidemocratica dello Stato, è il punto principale di attacco delle lotte dei militari, tanto sul piano ideo-
16 PER DIFENDERE CHI? logico che su quello materiale, per esprimere il rifiuto alla separatezza e all'isolamento imposti dalla struttura, e ribadire la propria appartenenza alla realtà sociale esterna e ai suoi momenti di crescita culturale e politica. E l'azione di lotta, dopo lo spontaneismo movimentista dei primi anni ed una fase intermedia di riflessione e di dibattito interno, sta raggiungendo la mobilitazione ài massa di questi ultimi tempi, grazie anche alla efficacia moltiplicatrice di due concause specifiche: il coinvolgimento di quadri intermedi delle componenti professionali alle iniziative emancipatorie da un lato, e, dall'altro, il clima storico e politico · generale, in cui le lotte dei militari stanno fermentando. E, anzi, proprio per il fatto che esse si vanno sviluppando nel seno di forti tensioni popolari e in presenza di istanze di base per mutamenti radicali di struttura, per revisioni sostanziali dei rapporti socioeconomici e del quadro istituzionale, è proprio per la presenza di queste spinte che il movimento ha accumulato in breve termine un potenziale di esperienza che si riflette nella sua crescente maturità, nella capacità di elaborare un'autonoma gestione politica che realizzi una sua presenza democratica, che gli accrediti la qualifica di interlocutore legittimato ad un confronto ampio ed approfondito con le forze politiche e sociali, sui processi di mutamento democratico delle istituzioni militari. Di questa articolata evoluzione del movimento gli ufficiali qui intervistati appaiono largamente informati e consapevoli, il che conferma che la lotta segue una dinamica montante, capace di contagiare, ormai, tutto il settore professionale. In quest'ambito, del resto, il malessere e lo scontento, che costituiscono il principale movente soggettivo dell'azione, hanno una ragione di piu per impadronirsi dell'individuo perché aggrediscono una condizione umana e sociale non transitoria e sono vissuti e sofferti, perciò, . . ., . ass~1 p1u intensamente. E una constatazione che emerge in termini assai precisi da alcune interviste. Il giudizio della società sulla inutilità sociale del ruolo («non vale niente, non sa fare niente, e allora fa il militare») determina frustrazioni e crisi d' identità («ma quellochefaccioio>>, si chiede un ufficiale, «ha un valore?») che lasciano il segno e rendono ancora piu inso-
MARIOBARONE 17 stenibile l'isolamento culturale dell'ufficiale, specie se confrontato con la condizione umana e sociale dei sottufficiali e dei soldati democratici che questo isolamento hanno sconfitto dal momento in cui hanno inserito la lotta in un'analisi politica della situazione generale. Queste interviste possono avere, dunque, la funzione e il merito di innescare un primo contatto a livello pubblico sulle tematiche piu caratterizzanti del movimento riguardanti la ristrutturazione, il ruolo del militare in un mutato assetto organizzativo e nel quadro di una svolta democratica del paese, nonché il limite giustificativo di una normativa disciplinare e la ammissibilità e consistenza di istituti rappresentativi all'interno dei reparti e degli organismi burocratici. Il discorso merita di essere ripreso brevemente, su ciascuno di questi temi, come contributo e chiarimento al dibattito che in questo nuovo settore dell'istituzione militare prende ora l'avvio. Una ristrutturazione delle FF.AA. non può essere risolta in una dimensione meramente tecnicistica, svincolata da una discussione sulla natura e sulla funzione sociale di una organizzazione militare in una moderna società civile. Per quel che ci riguarda, il rifiuto di una funzione offensiva è preventivamente risolto dall'art. 11 della Costituzione («L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»), ma anche la funzione di difesa del territorio e della collettività deve avere giustificazioni e limiti politici, tenendo conto dei compiti delle forze armate e degli aspetti peculiari di questo settore della collettività nazionale, non avulso dalla collettività stessa ma in rapporto dialettico con le sue caratteristiche, i suoi problemi, i suoi bisogni, le sue disponibilità, la sua situazione interna, la sua pianificazione economica, la sua collocazione internazionale. «Bisogna convincersi», scrive Rodolfo Guiscardo in ForzeArmate e democrazia, 1 «che per la conservazione di un ordine costituito non è importante - anzi è dannosa - la tecnica repressiva, ma è utile la prassi 1 R. Guiscardo, ForzeArmate e democrazia, Bari, De Donato, 1975, p. 106.
18 PER DIFENDERE CHI? preventiva d'ordine sociale, politico ed economico. Se l'ordine costituito è realmente ordine e non repressione reazionaria, saprà attuare e gestire un'accorta politica riformatrice. Pertanto l'erroneità della impostazione nei neoclausewitziani, che non tengono affatto conto delle capacità di comprendere i fatti e gli avvenimenti da parte dei singoli componenti della collettività statale, è lampante, drt:o che una società moderna non può vivere senza l'adesione cosciente della base, cui la psicologia applicata può fare comprendere meglio la realtà, ma non può creare una realtà precostituita: da •ciò consegue la necessità che un esercito moderno, per la sua stessa efficienza operativa, sia espressione genuina e fedele della collettività di cui è parte.» Occorre dunque legare la nozione di difesa al consenso popolare, secondo la teoria marxista della difesa, legare cioè la difesa al popolo e ai suoi interessi, non all'uso del popolo e alle prospettive di tecnocrazie politico-industriali. Occorre rifarsi ai modelli di difesa popolare che in questi ultimi tempi hanno annoverato i contributi di Giap, di Debray, di Che Guevara, e non al modello clausewitziano al quale è ancorata la nostra struttura militare e che ha consentito di privilegiare il coordinamento con forze straniere, piuttosto che quello interno alla stessa forza nazionale. Su queste impostazioni deve avvenire lo scontro, all'interno del dibattito politico, che altrove si sviluppa da tempo in termini reali; nella Repubblica federativa jugoslava, ad esempio, il problema della difesa nazionale costituisce un tema costante di approfondimento e di studio all'interno delle università. Il ruolo del militare e, in particolare, di quello investito di comando, è in logica derivazione dai risultati cui approda il problema della ristrutturazione. Gli imperativi chè una innovazione più o meno rivoluzionaria impone in questo campo si riflettono, infatti, sulla figura del cosiddetto superiore, che deve corrispondere intimamente alla natura popolare dell'organismo in cui essa è inserita. Non un superiore rigido ed altezzoso, di tipo prussiano-piemontese, e neppure uno accattivante e paternalista, di tipo borbonico-napoletano, ma un superiore la cui mentalità sia nettamente divaricata rispetto al passato. Il che, in soldoni,
MARIO BARONE 19 vuol dire che un reale rinnovamento non può venire da una meccanicistica sostituzione di metodi e di formule recepite dall'esterno, anche se non vissute e condivise internamente. Si è già visto che cosa è costato al paese una cosi equivoca riforma trent'anni fa, nella transizione da un regime ad un altro. Poco importa se tutto ciò oggi può imporre un radicale rinnovamento dei quadri. Quel che occorre tener presente, in questo campo, è che le modifiche regolamentari non servono a nulla, se non sono sostenute da una profonda riforma del costume. Occorre, ad esempio, che alle mistificanti ideologie che hanno imposto per decenni i miti del dovere, del sacrificio, delle glorie del passato e tutta l'altra frusta retorica nazionalistica, dietro la quale spesso si nascondono rigurgiti autoritari, si sostituiscano valori nuovi, come la nozione di democrazia, con i contenuti specifici che le sono connessi, non ultimo quello del rispetto del principio maggioritario. Stiamo conducendo un'analisi che pretende di possedere un'autonoma validità; se poi su di essa dovesse proiettarsi il peso di una nuova avanzata democratica del paese, come conseguenza del voto del 20 giugno prossimo per il rinnovo del Parlamento, quest'indagine si colorerebbe di una credibilità particolare, ma arricchirebbe anche di maggiori impegni le responsabilità politiche della sinistra. Gli errori del 1945 e quello che essi hanno significato come conseguenza di una ristrutturazione organizzativa che ha sostanzialmente tradito le istanze e i valori resistenziali non possono essere dimenticati e non debbono essere ripetuti. È una preoccupazione, questa, che un eventuale governo delle sinistre dovrà porre in primo piano, per affrontare realisticamente una situazione in cui, a parte i pericoli di reazioni terroristiche o di nuovi golpe, dovrà fare i conti con forze armate in gravi condizioni di inefficienza funzionale ed organizzati va, ma rette da vertici burocratici puntigliosamente selezionati, secondo tecniche coerenti alle ideologie del potere. Due tematiche ancora, prima di chiudere questi appunti: quella sulle rappresentanze e l'altra sul Regolamento di Disciplina. Due questioni per le quali il cammino da percorrere è ancora lungo ed incerto e non sol-
20 PER DIFENDERE CHI? tanto per le difficoltà da superare nei confronti dei naturali antagonisti ideologici. Tutta una larga fascia del programma di lotta dei militari democratici è stata impegnata, com'è noto, per contestare e demistificare i pretesi intenti democratici del ministro Forlani nel proporre la riforma del Regolamento di Disciplina. Sul punto ho già esposto e motivato altrove 2 le riserve che la bozza Forlani suscita sul piano di valutazione politico-firmistiche. In aggiunta, v'è da dire che, dopo la presentazione del documento, il 16 luglio dello scorso anno, alle commissioni Difesa della Camera e del Senato, · in sede meramente conoscitiva, la zelante iniziativa del ministro è venuta stemperandosi in una sempre meno agguerrita volontà politica e si è lasciata sommergere dallo scioglimento delle camere e dai fatti politici che l'hanno determinato. Il che accresce di ulteriori argomentazioni il convincimento nutrito fin dal principio in ordine al reale significato politico del frettoloso gesto del ministro - che, cioè, dovesse essere interpretato in una duplice diretti va: come simulata volontà di mediazione rispetto alle manifestazioni di dissenso esplose nell'apparato e delle quali le reazioni repressive delle gerarchie (come l'arresto e la condanna del sergente Sotgiu) lungi dal mortificare il valore politico, avevano favorito l'esaltazione vittimistica, e come tentativo di esorcizzare, con un'apparente risposta unificante, gli effetti liberalizzatori del voto del 15 giugno. Orbene, sarebbe errore imperdonabile dei movimenti democratici dei militari se, disinteressandosi della bozza Forlani ormai in disarmo e disperdendo in tal modo il potenziale di lotta accumulato su questo terreno, finissero per favorire il gioco dell'esecutivo. La questione del Regolamento di Disciplina è viva e vitale, con o senza la bozza Forlani, proprio perché l' eventµale decadenza di quest'ultima, che era solo in modesta misura innovatrice rispetto al regolamento vigente, lascia sostanzialmente immutati e piu giustificati che mai gli spunti polemici della lotta. Che è centrata particolarmente per la conquista di spazi democratici di libertà e si connette finalisticamente al piu vasto tema della democratiz1 M. Barone, La controriformamilitare, Roma, Savelli, 1976, p. 7 e sgg.
MARIO BARONE 21 zazione delle FF.AA., al recupero, cioè, della istituzione da ogni subalternità ai gruppi di potere, agli interessi imperialistici di forze economiche interne ed internazionali, alla logica sprezzante della politica dei blocchi; un insieme di valutazioni materiali ed ideologiche, dunque, sufficienti a dare corposità e valenza politica al collegamento con le forze democratiche e popolari, in corrispondenza della situazione generale di crisi del paese e delle contraddizioni aperte nel sistema dalle lotte operaie, a livello industriale. Un'ultima problematica, che la crescente maturità organizzativa del movimento arricchisce di implicazioni po~itive, è quella formalizzata nell'ultima determinazione assembleare del movimento democratico dei sottufficiali, sul diritto alla costituzione di rappresentanze eletti ve unitarie. È una soluzione, questa, sostenuta da una linea poli- . tica mediatrice e gradualistica, posta a metà strada fra il sostanziale disconoscimento della piena libertà associativa (se ne veda la pratica vanificazione nei condizionamenti subordinatori imposti dagli articoli 43 e 62 del progetto Forlani) e la pretesa ad una organizzazione sindacale vera e propria. Per la verità, la contrapposizione concettuale fra sindacati e rappresentanza è meno antitetica di quanto si ritenga in quanto entrambi derivano la loro fonte legittimatrice, come è stato già dimostrato con abbondanza di argomentazioni esegetiche, dalla stessa garanzia di libertà di organizzazione sindacale assicurata dal primo comma dell'art. 39 della Costituzione. La scelta, tuttavia, è stata operata nel segno di questa differenziazione ed è stata sostenuta, assai probabilmente, oltre che da esigenze di realismo politico, dalla preoccupazione di sottrarsi all'accusa di collateralismo con le forze della sinistra di base, fautrici del sindacaJismo militare. È fuor di luogo, in questa sede, riprendere il discorso dei pro e dei contro a proposito della sindacabilità nelle FF.AA. Quel che preme rilevare è che neppure in questi termini, elusivi del problema di fondo, la scelta adottata dal movimento ha vita facile. Per quel che riguarda l'area delle forze di governo, infatti, le prese di posizione di Forlani, Vigliane ed altri esponenti delle gerarchie militari, in favore di forme di rappresentanze per le diverse componenti delle FF.AA. concernono soluzioni ben diverse da quelle patrocinate dal
22 PER DIFENDERE CHI? movimento. Stando ad una proposta avanzata ufficialmente e in sede ufficiale (Bruxelles) dal ministro Forlani, l'indicazione sembra, anzi, orientata in direzione di organismi militari di rappresentanza, multinazionali ed interforze, cioè in direzione di una struttura che pare ritagliata sull'EUROMIL, l'organizzazione militare internazionale filoatlantica e con larga ingerenza della socialdemocrazia tedesca. Che se poi questa ipotesi non trovasse accoglienza o incontrasse difficoltà di attuazione pratica, è prevedibile, come alternativa, l'altra proposta di rappresentanza eterodiretta, modellata sul cosiddetto «sindacato dei busso- · lotti», istituito daì ministro Gui per la pubblica sicurezza. Nell'area antagonista piu qualificata, poi, che è quella occupata dai partiti della sinistra parlamentare, le proposte, anche se piu serie e rispettabili, s~no ugualmente inidonee alle esigenze di strutture libere e partecipative. Gli organismi prefigurati presentano formazioni rigide ed attribuzioni predeterminate, limitate alle necessità dell'habitat professionale (vitto, igiene, tempo libero, ecc.). Ne resta tagliata fuori la fase piu delicata dell'attività del cittadino-militare, in coerenza con la visione schizoide che seziona nel militare tre distinte individualità (in servizio, nel tempo libero, nella vita privata), ma soprattutto in aderenza con la concezione che esalta la specificità dei compiti delle FF.AA. al punto di farne una entità sovraordinata alla stessa legge fondamentale dello Stato. Mi auguro che queste osservazioni siano di stimolo agli ufficiali democratici ai quali questo libro è particolarmente dedicato, per trovarvi momenti di riflessione e spunti critici sui singoli temi trattati, ai quali deve portarsi attenzione nella misura in cui riescono a realizzare un armonico collegamento con la realtà e con il suo costante e rapido divenire. In nessun altro campo, piu che in quello intimamente politicizzato delle istituzioni, una tale verità deye dominare ogni interpretazione dei fatti e dei fenomeni. Guai a lasciarsi sopraffare, invece, dal pigro immobilismo della,tradizione, guai a credere nella supremazia di certi valori. E il sistema piu sicuro per mum!flificare, con la ricerca, la nostra stessa personalità. Lo diceva, con più caustica precisione, anche Charles Fair quando scriveva, nella sua Storia della stupidità militare, «che la nostra
MARIO BARONE 23 sopravvivenza dipende non tanto dal mantenimento di certi valori tradizionali quanto, invece, dalla loro eliminazione la piu rapida possibile». 3 Roma, 20 maggio 1976 1 Ch. Fair, Storia del/a,stupiditàmilitare.Da Carassoal Vietnam, Milano, Mondadori, 1975.
Falco Accame Già Comandante del/'incrociatore«Indomito» Deputatosocialista DALLA SUBORDINAZIONE ALLA COOPERAZIONE La tematica posta allo studio in questo libro mi sembra di grande importanza e attualità per una evoluzione delle FF.AA., intesa ad informarne gli ordinamenti allo spirito della Costituzione. Il problema è di attualità oggi non solo per l'ondata di protesta nelle forze armate, non solo per i fatti giudiziari che riguardano certi generali, la CIA, l'industria, ma soprattutto in quanto, oltre il potere economico e quello politico, non bisogna dimenticare che ce n'è un altro di cui bisogna tener conto, specie in certe circostanze, ed è il potere militare: anche perché questo potrebbe in ultima analisi creare una alternativa molto diversa da quella democratica di cui spesso si discute attualmente. Ciò che è accaduto in Grecia e in Cile deve rappresentare un . . monito per tutti. Un accenno al problema militare mi pare ci sia già stato a proposito della disciplina. Coloro che affermano di voler portare lo spirito democratico nelle FF.AA., ma che affermano nello stesso tempo di voler mantenere del tutto immutati i criteri che hanno tradizionalmente informato la disciplina intesa come vero strumento di sottomissione, fanno a mio avviso un discorso ipocrita. Occorre stare attenti a non prendere in giro il personale proponendo un compromesso inalterabile tra il diavolo e l'acqua santa. Occorre partire dal concetto che l'istituto militare ha due volti, un volto di guerra e un volto di pace, oppure piu esattamente un volto delle situazioni di emergenza e un volto delle situazioni di ordinaria amministrazione, di routine.
FALCO ACCAME 25 Le situazioni di emergenza esigono un'obbedienza istantanea, meccanica, come si dice, pronta e assoluta. L'esecutore è scaricato da ogni responsabilità e da ogni iniziativa. Si tratta però di situazioni assai limitate: molto piu sovente anche in guerra vi è il tempo per riflettere prima di agire - e si deve chiedere all'esecutore iniziativa e corresponsabilizzazione. L'esecuzione non deve essere né passiva né meccanica e neppure necessariamente fedele - anzi a volte sarà necessario discostarsi anche sensibilmente dall'ordine ricevuto; le esperienze di Norimberga e di My Lay insegnano quali possono essere le conseguenze di una disciplina in cui l'obbedienza è incondizionata. Prima dell'obbedienza occorre la coscienza, prima della punizione occorre la convinzione. C'è poi la sfera della vita del militare fuori della caserma: qui egli deve essere un cittadino come tutti gli altri, senza particolari restrizioni. Obbedienza e disciplina sono in definiti va concetti contingenti: in certi momenti occorre un'assoluta conformità e immediatezza agli ordini di esecuzione, in altri invece occorrono intelligente interpretazione e ponderata riflessione e, se necessario, modifiche anche sostanziali sulle modalità esecutive. Non è piu applicabile alla totalità delle situazioni il concetto che il poeta Tennyson esprimeva nella sua Carica della brigata leggera con le parole: «Non sta a loro rispondere, non sta a loro chiedere perché, a loro spetta solo obbedire e combattere ». A loro, cioè ai poveri fanti, sulla linea del fronte, non a chi dà gli ordini al quartier generale. E lo abbiamo sperimentato nelle campagne di Abissinia, di Grecia e di Russia. Siamo ormai in un'epoca in cui bisogna poter dire al soldato: «Combatti per questo motivo», e questo motivo · deve essere tale per cui possiamo pretendere anche la morte del soldato. L'epoca in cui un sergente significava solo serragente è ormai lontana. Ma il problema dell'obbedienza e della disciplina non è il solo: c'è un ben piu ampio problema della ristrutturazione e della riforma degli ordinamenti militari. Per un esame realistico, punto di partenza mi pare debbano essere due aspetti caratteristici dell'istituto militare di
26 PER DIFENDERE CHI? oggi: 1) Una gestionedel potere spesso arbitraria e abusiva; 2) Un organismo che non costituisceuna comunità, dove per comunità s'intende essenzialmente un fatto di cooperazione, di valori condivisi da tutti i membri e in cui non c'è un distacco tra vertice e base. L'organismo è divenuto infatti, per via della gestione del potere, molto sovente ancora di stampo borbonico, un luogo di scontro di valori sovente inconciliabili, di interessi non di rado antitetici, di diverse concezioni dell'etica, della gerarchia, della disciplina. _ Gli interessi del vertice che determinano la vita dell'organismo militare, legati alla sfera industriale e politica, vengono a trovarsi in conflitto con una base da cui si esige spirito di sacrificio e distacco da ogni interesse economico. Le esigenze della difesa, le esigenze del servizio· sono interpretate dal vertice come un mito; per la base divengono in molti casi la scusa per obblighi ingiustificati. Gerarchia significa per il vertice sottomissione incondizionata dell'inferiore, significa per antonomasia razionalità ed efficienza, mentre per l'inferiore si identifica sovente con un blocco delle comunicazioni, con l'impossibilità di partecipazione, con il cattivo funzionamento dell'organismo, con l'irrazionalità di condotta, con la deresponsabilizzazione, con l'inefficienza. Il mettere in evidenza questa situazione di contrapposizione concettuale si rivela utile per fornire alcuni elementi atti a de1ni5tificare la visione dell'istituto militare spesso accettato acriticamente: dove la struttura tradizionale è considerata come qualcosa da non mettere in discussione, una area mentale rispetto ai valori di democrazia e di sviluppo umano esente da fenomeni di conflitto e di alienazione, si omette così il fatto che nella base rriolti non hanno le possibilità di esprimere la propria personalità nel lavoro, ·non si riconoscono in esso e non hanno alcuna possibilità .di influenza sui propri compiti e sulle proprie attribuzioni. In realtà il vertice con rare eccezioni tradizionalmente non auspica un lavoro creativo per la base, fonte di soddisfazione e autostima, ma piuttosto vuole una massa passivamente obbediente (obbedienza pronta, assoluta, rispettosa, ecc.) e perciò non si pone il problema dell'alienazione. La struttura organizzativa dell'istituto militare con un forte
FALCO ACCAME 27 accentramento al vertice esprime in modo assai netto la divisione nell'ambito della decisione riservato al vertice e quello dell'esecuzione subordinata che compete alla base. Le possibilità della base di influire sulle decisioni e le modalità di vita dell'organismo sono inesistenti. La struttura sociale dà risalto ai rapporti J, tipo gerarchico e costituisce uno schema di riferimento in base al quale ciascun membro percepisce la propria posizione, la propria posizione di subordinazione. Le esigenze di rappresentanza portate avanti dai movimenti democratici nascono da questa situazione di contrasto nell'interno dell'organismo. Si tratta di contenere l'autoritarismo del vertice nelle sue numerose forme di espressione all'interno dell'organismo militare. La base sente la necessità di organizzarsi in gruppo e dar vita a strutture di carattere col- .lettivo che la rappresenti e che ne esprima gli interessi. Il vertice ha attuato per anni una politica di vera e propria ostilità nei riguardi di queste aspirazioni della base, ignorandone la fondatezza e ostacolandone l'attività con un atteggiamento autoritario e intimidatorio. Oggi, mentre la base sottolinea i contrasti creati dalla gestione spesso arbitraLia e gli squilibri esistenti, il vertice avanza esigenze di indiscriminata subordinazione della base e offerte di pseudo partecipazione. Il problema di fondo è che la capacità di difesa del paese non può essere basata su un lavoro alienato, sulla frustraz~one, non può essere «la realizzazione di questa alienazione». Nell'alienazione della base dell'organismo militare si possono trovare tre aspetti: mancanza di influenza sulla propria vita, mancanza di significato della propria attività, mancanza di integrazione col mondo esterno del lavoro. La mancanza di influenza deriva dal fatto che in larga misura la base è controllata e manipolata in modo che essa non può affermarsi come soggetto attivo nel cambiare o modificare questa situazione. La base vorrebbe poter influenzare in qualche misura le direttive generali, le condizioni di lavoro, le condizioni generali di vita, e si sente invece considerata solo come materialeumano; vuole una disciplinadi cooperazione prima che una disciplinadi subordinazione. ·
28 PER DIFENDERE CHI? Spesso il lavoro militare appare come carente di significato: non se ne comprende lo scopo o il senso - e ciò è connesso a una sempre crescente burocratizzazione e ad una parcellizzazione del lavoro. La burocratizzazione impedisce che gli indirizzi generali siano conosciuti in basso. La base lavora quindi pressoché ignorando gli scopi e gli obbiettivi dei livelli superiori; la parcellizzazione del lavoro fa in modo che ogni individuo sia responsabile solo di una piccolissima parte dell'attività della difesa. L'individuo tende a diventare l'appendice di una macchina, di un sistema d'arma, del quale conosce come funziona ma . spesso ignora perchè e per che cosa. L'intero organismo militare è visto dal vertice come uno strumento che può funzionare solo nei modi esercitati tradizionalmente; profondamente sottovalutati sono il fattore umano e i costiumani connessi al funzionamento di questa macchina militare. In sostanza occorre rilevare che nell'organismo militare non vi è una comunità di obbietti vi condi visi da tutti gli individui che nell'istituto operano, ma che esiste un netto contrasto tra vertice e base. Questi contrasti sono prima di tutto di natura strutturale, causati cioè da carenze di comunicazioni interne insite nel formalismo gerarchico, nell'accentramento decisionale, nel gonfiamento del vertice e nell'enorme numero di gradini ormai ingiustificati rispetto alle funzioni. Giocano naturalmente anche incomp~ensioni di tipo psicologico, aspetti culturali, rapporti sul piano umano. In sintesi, nella situazione attuale, si manifestano i seguenti aspetti che costituiscono il sottofondo della problematica dei movimenti democratici: 1) le caratteristiche del contrasto tra base e vertice; 2-) il gra1o. di coscienza della necessità di organi rappresentat1v1; 3) la consapevolezza che solo organi rappresentativi possono esprimere realmente e congiuntamente le esigenze della base; 4) le situazioni di alienazione nei diversi compiti; 5) la possibilità di un superamento di questa alienazione.
FALCO ACCAME 29 Il grado della situazione finora delineato va completato con il fatto che il vertice militare, soprattutto attraverso i suoi legami con l'industria, ha raggiunto una influenza decisionale che travalica il piano «tecnico-militare» e quello «amministrativo», ma acquista un significato e un peso chiaramente politici. Tra l'altro le decisioni coinvolgono il destino di centinaia di migliaia di individui e famiglie. 11-a. dalla situazione emerge chiaramente anche il ruolo che la base può esercitare con la verifica dal basso sull'azione del vertice. In effetti per migliorare l'efficienza dell'organismo militare, evitare gli sprechi, le operazioni illecite, occorre il contributo della base - contributo che si pone come un fatto specifico di democratizzazione - occorre da parte della base un confronto critico e una consapevolezza innovati va. L'efficienza globale dell'organismo militare non va identificata con l'efficienza puramente strumentale dei mezzi, ma cleriva fondamentalmente anche dalla coesione dell'apparato umano. Occorre tra l'altro separare la funzione di controllo da quella di comando: un efficace controllo si può ottenere prima di tutto dall'interno perché è all'interno che si conoscono i fatti e la realtà in cui l'organismo opera. Occorre anche una revisione del concetto di autorità: l'autorità del vertice è essenzialmente una autorità sulle persone attraverso il potere sulle promozioni e sulle destinazioni piu che non sui modi d'azione, essa è cioè un potere sociale, in certo senso assoluto in quanto le possibilità di condizionamento costituite da eventuali reclami sono ridotte al minimo dal sistema disciplinare vigente. Il potere del vertice sfugge cosi a forme di controllo . della base. Si pone quindi l'esigenza di partecipazione intesa ad influire sulle decisioni del vertice che riguardano l'organismo militare e la vita dei suoi componenti. La partecipazione può attuarsi a piu livelli: di informazione, di consultazione, di confronto. A livello di informazione, cioè di recezione da parte della base di comunicazioni e notizie senza la-possibilità di influirvi, si consegue una forma assai fragile ed embrionale di partecipazione; a livello di consultazione con la quale il vertice sottopone alla base e ai suoi
PER DIFENDERE CHI? rappresentanti contenuti e comunicazioni, senza che peraltro vi sia per essi la possibilità di influirvi o di modificarli, si consegue ancora soltanto una forma imperfetta di partecipazione, sebbene piu rilevante della precedente. A livello di confronto sussistono invece effettive possibilità di partecipazione e di influenza sulla vita dell'organismo. Il vertice ha proposto un tipo di partecipazione idillica (informazione o consultazione) senza possibilità di influenza sulle decisioni; il suo oggetto è limitato ad alcuni momenti o aspetti piu o meno insignificanti delle condizioni di vita e di lavoro della base. Questa forma di partecipazione, al di là di una apparente forma di democraticità, svela in vece il tradizionale autoritarismo che si esprime appunto nel proporre alla discussione e alla consultazione della base argomenti ~u cui il vertice ha già deciso in un certo senso, o comunque deciderà a suo insindacabile giudizio. Si tratta in sostanza di far parteci- ..,-parela base a decisioni che sono già state prese o sulle quali comunque essa non può avere un'influenza. È una forma di partecipazione che, se può portare qualche labile sollievo psicologico, si risolve in pratica in una esperienza di carattere fondamentalmente manipolativo. In realtà la «partecipazione per rappresentanza» deve possedere certe caratteristiche specifiche: 1) ~eve essere effettuata da personale scelto su base eletti va; 2) deve permettere una informazione completa e «in tempo utile» dell'insieme dei dati riguardanti la vita dell'organismo militare; 3) deve dare la possibilità di un confronto _su proposte alternative; 4) _deve poter m.antenere la propria libertà d'azione (cioè non poter essere soggetta a condizionamento vinco- · lante); 5) deve potersi sviluppare a tutti i livelli. ' E importante che l'organo di rappresentanza non divenga esso stesso un organismo burocratico, verticizzato, che prenda le decisioni dall'alto: esso deve invece porsi come ambito e canale di un'azione allargata e «dal basso».
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