Felice Turotti - Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II

:;z: --;A ~t)~ CARLO ALBERTO E VITTORIO EMANUELE II PER FELICE TUROTTJ . l .t MILANO 1860 TIPOGRAFIA DI GIOY. COLNAGO

MAZ 0700 00143 MAZ 3784

A GABRIELE CASTELLINI CHE ALLE VIRTU' DELLA MEN'l'E QUELLE DEL CUORE CONGIUNGE NELL' ARTE EDUCATIVA SAPIEN1'E QUES'fO LIBRO CHE ALL' ITALICA INDIPENDENZA ACCENNA AHI TROPPO TENUE OMAGGIO A TANTO MERITO l DEVOTO L'AUTORE CONSACRA

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AL L'ETTORE Quello che pareva un sogno ; ora si è realizzato , quasi per incanto, undici milioni d' italiani sono riuniti sotto ad una sola bandiera, e la croce del re galantuomo sventola a Firenze, nelle Legazioni, ed in Sicilia. In questa terra che si mostrò tanto eroica contro il dispotismo borbonico ora risuona l'inno della risurrezione, ed anch'essa anela a far parte del regno di Vittorio Emanuele, primo soldato dell'indipendenza, e l' eroe Garibaldi opera prodigi restringendo ogni giorno il dominio ·del despota. E la Sicilia ricorda con gratitudine il nome di Vittòrio Amedeo duca di Savoia che fu coronato in Palermo re di Sicilia ~ nel 1713, pei beneficj da quell' augusto operati nel breve suo regno, essendo durante il medesimo divenuta floridissima l' aglicoltur'a eprospero il commercio. Non è quindi a meravigliarsi se anche que' popoli mostrano ardente desiderio di essere uniti cogli altri che proclamarono loro re Vittorio Emanuele II, ed a questo prode campione dell' indipendenza, ed all'augusto suo padre devono gl'italiani la loro unione, la loro indipendenza. Scopo di questo volumetto è appunto di mostrare che ove la casa di Savoia e Carlo Alberto si fossero mostrati ligi all'Austria, e si fossero lasciati

-(6 )- agguindolare dalle sue 1nene , la risurrezione d'Italia · forse per più d'un secolo sarebbe stata impossibile. Jmperciocchè l'Austria si sarebbe resa despota del Piemonte ed avrebbe :dettate inesorabile le sue leggi di ferro a tutta Italia, i cui governi erano tutti collegati con secreti trattati con lei e si erano costituiti simili a tanti suoi proconsoli. Ma la forza espansiva del liberalismo che sebbene compresse dalle carceri e dai carnefici la vinse , e la guerra guerreggiala dal · pensiero venne attuata in fatti, innanzi ai qua,li l'Austria dovette cedere , e sgombrare la Lombardia e molte altre terre d'Italia nelle quali esercitava il suo dispotismo. Non le rimase che la Venezia in forza del trattato di Villafranca. n~a fra poco sarà obbligata a sgombrare dal quadilatero la cui potenza èpiù tradizionale che di fatto. Imperciocchè assestate le cose di Sicilia ed organato un esercito, Garibaldi da_ una parte, il prode esercito italiano da l' altra potranno tagliare in mezzo le forze austriache, e ridurre la potenza del quadrilatero ad un insignificante reazione della quale dovrà l'Austria desistere ove voglia conservare il suo materiale di guerra e non giuocare tutte le sorti del suo iptpero, il quale tardi o tosto dovrà scomporsi per la tendenza che serbano le diverse razze, delle quali è composto, ad unificarsi. Nel trattato di Vienna venne sbra- ~ata Europa senza avere nessuno riguardo alle razze e alla lingua, la spada del despota intimò silenzio alle leggi di natura, m,a questa ora riprende il suo impero e la sua arma è spuntata. Quindi tutte quelle razze dell'impero che sono slave s:i rivolgeranno all'Oriente e le germaniche si uniranno alla germania che anch' essa vagheggia da gran tempo l'unità nazionale,

-(7 )- e gl'italiani si rannoderanno fra loro e formeranno una l' Italia propria, avranno proprie leggi, finalmente formeranno una nazione che saprà rivendicare i secoli d'immeritato servaggio. Carlo Alberto iniziò la grand'opera il prode suo figlio nostro augusto sovrano la continuò a meraviglia universale, sia gloria quindi ad entrambi questi magnanimi che pensarono al riscatto d' Italia.

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E VITTORIO E~IANUELE II DI CARIGNANO Lotta feroce e continua fra il li!Jeralismo e la tirannide delI' Austria è argomento di queste 'pagine, nelle quali nostra precipua cura si è oiTrire candidamente la verità quanto meglio ci ve rrà fatto, e di provare cl è i despoti possono ritardare a popoli co ll ' oppress ione e coll e sev izi e il conseguimento dell ' indi pendenza, ma distruggerlo non mai. La guerra del pensiero contro il dispo tismo in Italia ebbe principio nei secoli scorsi e la lotta dei Franchi muratori cominciò ad infrenare la tracotanza della tiara che fu e sa rà semp re la cancrena d' Italia. Sfrondato il pastorale da questa se tta app3rve nell a sua schifosa nudità e gli uomini conobbero che il papato non era che officina ove con indul genze si coniavano monete, il vaticano una camarilla di ti gri sitibonde di saHgue umano. i cardinali e monsignori una con~orteria numerosa d' uomini che dal pugnale passavano al veleno od al carnefi ce per dominare. Il giudizio quindi delle generazioni succedutesi fu pronunciato, ed il pot.ere temporale del papa allorzato dai Lojolisti suoi sgherri ben lungi dal destare venerazione fu esecrato. E l' esecrazione tanto era più giusta quanto venuta più tardi ,. imperciocchè per lungo tempo tenne il sacerdozio nella pastoj e l'ingegn o di· chiarandolo reo di lesa maestà .se applicava le su~ elocubrazio· ni a rivendicare i di ritti che la natura a...-ea a:::-segnato agli uomin i. 2 •

-(iO)- UblJidisci e taci erano· le parole che il papa pronunciava e· fa cc·va intima re alla genti d·a' preti suoi sa telliti , le quali poi furono us ufruttate dai despoti ed afforzate dalle alabarde e dall e Lajonette furono l'unico retaggio che di padre in figlio si poteva trasmet· tere. Il sacordoz·io si fece strumento di delazione e nei tribunali di penitenza il prete si r.ang.iava in commissario eli polizia che estraeva i segreti delle anime nobili ed ingenue per riferirli nelle combricole della inquisizione. Quindi i mariti tremavano er ipugnanti s' avvici·navano alle consorti temendo che nell'effusione dell ' affetto e· nell'ebbrezza dell'universale passione l'an ima non si schiudesse sincera: a rivelare secreti , e a pronunc·iare maledizionecontro il dispotismo del governo e contro l'efferatezza dell' infjuisizione, ombrosi erano i fratelli dei frate lli , i padri dci fi gli, e tutta la socie tà si osteggiara a vicenda e dividevasi in mar tiri eearnefici, nu i second i seguendo imperterriti l'opera di sangue popolaYano dei primi le prigioni e i sepolcri. Ma le iniquità della nuova Babilonia avevano stancato l:.t pazienza dell'eterno, le seYizie dei despo ti contro le sue creature aveano oltraggiata la sua misericordia, e di .3se avrò io plasmato l'uomo e dal nulla fatto escire il crea to , pcrchè la mia fattu ra débba esser manei pio conti nuo dei vio,Jenti e· degli ipocriti, avrò io reso sì bella la terra perchè debba essere con tinuamentc; inaffia ta da lagrime e di :Sangue fatt0 versare dai tirann i ; che di ssanguano le generazioni! Noi non Yogli amo tracciare H quadro della vasta epopea, del progresso· umano, ma b.en::;ì accenneremo. siccome la forza irresi· stibile· del medesimo· e della civiltà, la tracotanza de-i potenti con· dusse l' uma-nità ad nn cataclismo- morale qual fu la rivoluzio.ne ùi Francia . Secondo· noi errano coloro che aiTermano esser stat a la filo sona degli Enc iclopedisti a preparare quel. rivolgimento, noi a converso portiamù ferma fede che- furo.n:o. i bisogni incalzanti d8lla nazi(}ne a' quali non venne posbo riparo, e che i fì.l o.. sofi ne dimostrarono la giustizia ma la corte ed il govorno non vollero asco ltarli", e che il popolo come torrente impetuoso che travo lge e· strascina tutto elle inc•mtra scosse il giogo e proclamò. la liber tà. E la libertà e l' i·ndipenàenza sono neeessi-ti pei popoli senza delle· quali l' uomo non può vivere che a metà. La rivoluzione di Franc·ia f0ce impallidire i d'espo,ti elle si fliedero la mano per strozzarla, ma il popo\.o. di Francia purgata l'interna Società,, seguì la forza espansiva che lo sp ingea per tutta Enropa. Il Piemonte fu vinto dall'armi di Bonaparte e da nemir,o divenne suo all eato. La Lombardia Hno allora gemente sotto il narc-otico dispoti smo dell 'Austria circondata da una coorte di patrizi si :cosse inalberò il frigio boretto, si armò ed un esercito di prodi quasi sorto per incanto difese e protesse la nuova costituzione.

·-( 11 )- Ma quando Bonaparte trovaYasi in Egitto e la Francia in preda alle discordie di avidi direttori , austriaci c rnssi uniti , eome bel\'c sbranarono ed invasero l'Italia rimet tendo nell 'antico asse tto i gorerni. Ma il popolo a,·ea libato alla tazz::t della libertà, cd inebbr·iato del la dol cezza non poto più drmcnticarla, cd inasprito delle sev izi e di quell'esercito che i sacerdoti ùi ce,·ano m:mdato da Dio a salvamento dc' popoli , giurò a' barbari odio feroce, e quell 'odi o passò in legato di ve ndetta alla nascente generazione. In quest'epoca \'Itali a compre ndeva due monarchie, un J. teocraz ia, tre repubbliche c parecchi prin cipati. Fra tutti qu esti s tc~.ti di costumi, di leggi e di dialetti differen ti il regno di Napoli che occupa l'estrem ità meridionale dell a penisola, co nteneva più vizj ed abusi degli altri. Soggetto in gr:m parte a baroni che di sconoscevano l'autorità regale, che alla s•J a volta non meritava nessun rispetlo, nè da sudditi, nè da regnanti imperciocchè la corte era sentina di vizj, il re e l'austri aca Carolina despoti che ponevano so tto a' pi ed i le leggi per seguire il loro capriccio. In sicili a i nobili godevano privilegi e diritti incompatibili con un huon governo. Le Jpgg i che regolarano il regno erano una miscclla.nea di ordinamenti normanni, lombard i, ar~go n esi, ed c(litti della corte di Vienna che area got izzato anche qu elle contr·ade. Iddio Yel di ca qual caos non fo sse fJUCl regno! abusi per parte di chi potera , sagriO cj per parte di chi dovea ubbidire, le finanze stabilite senza regole fi sse ed abbandonate all ' arbi trio. Ferdinando era riguardatll da suoi popoli come tiranno , l' auto rità regia da lui era avvilita, c più prcsro i suoi costumi erano a quelli di lazzoro para gonabili che ad altro. Fedifrago, nell'animo ateo, supérslizioso nell e esterne pratiche di reli gione a somiglianza degl i antichi sc iti, av rebbe piantato il pugnale con cu i avea di segn:uo di col.pire e sa rebbesi inginocchiato a pregare indi l' arrebbe immerso nelle reni del suo prossimo. Chi fosse Caro lina. va lga saperla sorella ct · Antonietta cù austriaca. Il popolo toscano d'i ngegno pronto e riracc di gentili e miti costumi era il meno srenturato fra i popoli dell a penisola, Leopoido gra n duca vol gera occhio vigil e prt\ssochè su tutti i rami dell ' ammini strazione dell'Etruria introd ucendo nell a medesima giudiziose riforme, ora diminuendo le imposte, o.ra riordinand o le finanze, ora collo stabilire manifattu re ed accordando piena libertà al commercio. 11 triregno cingeva la fronte di Pio VI, pontefi ce dalla tabc del nepoti smo in fétto , che sembra in ~e parabile dal trono pontificio , avverso ad ogni riforma che potesse aver coll eganza eolla ragiono e col bene de' sudditi, fanatico <~pparentemente per la reli gione . ne' fatti sensualissimo c si abbandonava ad ogni specie di rolutlà.,

-( 12 )- Modena era so lto Ercole d' Este tacc:~gno c speculatore facera traffìchi di granaglia e s' assocciava ad imprese commerciali col genero suo Ferdinando d' Au:>tria, i sudditi lo esecrarano per la sua avarizia. L'infante duca di Parm:1, al quale Condilac era stato inutilmente maestro non pensara che ai sensi , c l' ultima sua cura era il bene del suo popolo. Lo stato di Lucca in assai circoscritto territorio mostrava quanto potesse lo svegliato ingegno dc' suoi al)itanti che sapevano usufruttare con molta saggezza delle loro so rti . Genova più non era la vindtrice della Meloria e la rh·ale di Venezia alla quale disputa"a il commercio del mondo, ma si reggeva a repuùbl ica che sebbene aristocratica n'era il grveruo equilibrato lasciando aperta la vi,l all e cariche ed agli onori a tutti i cittadini che si distinguevaJJo colle loro virtù, coi loro senigi o colla loro industri a. La Lombardia se iJbene ares~e ri cevuto qualche impulso sotto Maria Teresa e Gim·eppe II , per le sapienti opere di Beccaria c di Vc rrì e di Parini e pel loro infaticabile zelo pc\ bene della. pat ria , tornata era nel torpore so tto Ferdinando gretto speculatore di granaglia, e se migliorò Milano in gran parte il matcri:1l e suo aspetto lo si deve più di tutto alla so lerzi a del corpo municipale composto di ci ttadini che se tutti non erano sapienti ascoltavano almeno docili la ,·oce dei chiaroveggeuti. Se la scintilla della ci\'iltà. non fu spenta Io si deve ai benemeriti estensori del giorna le il Caffè, che seppero instillare nei loro fratelli di patria gusto pcl bello, e zelo per l'utile, ed allora Mil ano splendeva per intell ettuale svi luppo sovra le altre città d' Italin. La rcpul.JIJiica di Venez ia sentira gli aceiacehi della sua decrepitolza governata da uno stuolo di patrizi timidi e corrivi si arvi cina\'a alla tomba nella quale dorea essere calata senza compianto. 11 gorerno area perduta ogni e\a:;t icità , c l' inquisizione di Stato non era più che un'ombra di sè medesima. La Stncl non scnz:t ragione so lea dire che i ,·enez iani era no trattati dal loco go r erno, come il grdn signore tratta le donne del suo serraglio, alle C] li ali sono permessi tutti i piaceri tranne quello del CJuale sollo più tenere. La monarch ia del Piemonte era il paese unico in Italia in cni · per cura del re Vittori o Amedeo si Yèdesse ro milizie aacruerrite uO ) ma essendo le stesse coman cbte dai nobili a' quali per privilegio so lamente erano serba.ti i gradi non erano valorose cd istrutte f·ome i tempi che s'avvicinavano Yolevano. Era Vittorio Amedeo principe di animo generoso, di vivace inSC'gno e di non ordinaria perizia nelle faconde dello Stato. Conlami nava la sua buona indole amore smodato di militare gloria,

-( i 3 )- quindi orùinò r. mantenne un eserc ito gro~so fuo r di mi sura, il che pose in di sse::; to le finanze, e tanto era infatuato in f!UCsta bisogna, che soleva dire ch' ei faceva più stima d' un tamb urino che d'un letterato. Nelle contese insorte fra il romano pontcHce e la corte austriaca eirca l'ecclesiastica di sc iplina aveva ner amore di qui ete ord inato, che mai non si parlasse nè pro, nè contro la IJoll a ttnigenitns nè mai si trattasse dei quat tro capitoli della chiesa Gallieana. Morì lasciando ne' sudditi desiderio di sè. I princi pi d'Italia con lìd:mdos i nella cieca sommiss ione de' loro sudditi, ac(~o stumati e lun go se rvagg io vive\'ano in una pi ena ~ icnrezza QUando furono tutti este rrefatti all o scoppio dell a rivoluzione francese. Prima che le armi fran cesi penetr:;tssero in It alia, le teor iche sociali dai medesimi pror.lamate, c che rovesciarono il trono di Luigi XVI aYeano già varc:~.le le alpi e destato entusia~mo il qnal e era gr:Jndissimo e per amore di nov ità che suole gli uomini tenere ansiosi, e perchè di s n~bbiati gli occhi guatarono inorriditi le catene delle quali erano avvinti. I po tentati d'Italia scossi a tante novell e, ed atterriti dall ' invasione dell 'armi francesi pensarono a far lega ed a radunare esercito formidabile per 0pporre diga poten te al\ ' irruentE: eserc ìto gal! ico. Successe nel regno a Vittorio Carlo Emanuele quarto di qnc:;to nome, pri ncipe ammaestrato in molte lJelle di scip line , ornato di tut te le vi r tù che in uomo capir possonù, ma for::;e troppo pregiudicato in religione. li di lui corpo era infermo perciochè pativa straord inariamen te di nervi, e qne:;to male al quale non Yi era rimedio gli rappresentaYa spesso di' s trane fantas ie che il face\'ano parere assai di\'erso da quello ch'egl i era veramente. Per talmodo Carlo Emanuele comi nciò a regnare in un paese desolato, fu afflitto continuamente da ombre e da uùbie si ngolar i e cessò di regnare più miserabilmente ancora che non aveva incominciato. Nato in Torino nel t i:J L, ~4 maggio. gl i fu dato per istitutore dal padre il barnabita Gerù il , gran teol ogo che ne volle fare un higotto ; laonde il farne so ltanto un uomo pio d'un erede al tron.o d' un regno frapposto tra Francia ed Italia in tempi fortunos i rra cosa certamente assai imperfetta, che se voleas i fargli tener Cristo in una mano era mestieri educarlo a brandire la ~pada. co ll 'altra per difenderlo. Dovè unirsi a Cl0tilde di Francia figlia di Lui gi XV, donna che non areva mai veduto perchè tale era la consuetudine di corte. Non gli piacque quand.o comparve perr.hè tanto pingue, ma. però ri::;petolla come meritava. Carlo. E.manuele preso lo scettro so lleci ta.mente ristabilì le fe~te

-( 1.4 )- di préce tto soppresse nel i 786 attribuendo le sventure che afflig· gcvano il Piemonte al poco rispetto allora usato alla religione. Essendo gli Stati del re provvednti tuttavia di buone armi soùbcne infel iccmenac usate molto importava .llla Francia di a"crc Carlo Emanuele per amico, per ciò il direttorio niuna cosa lasciava inten'ata per congiun ::se rlo in amicizia stabile per un trattato di éll lcanza. Si agg iungera la tenerezza di Buonaparte pcl re, e massimamente pci nobili , che egli designava utili strumenti a' suoi divi ::- i segre ti . l\Ialgrado le bland izie usate da Bonaparte c dal di· rct'l orio non Yoll e Ca rl o Emanuele entrare in lega con la Francia. In ques to mentre a\·ca surrog~ t o al conte d'Haut e\' ille reputato troppo aderent e all'Austri a il cavaliere di Priocca, ed il direttorio aYcndo ripu diato dall' ambasc ieria di Francia il conte di ReYcl come fuoruscito francese ed él~ l a repubbli ca ostile mandò in sua YCce il con te Balbo uomo di a!to li gna ggio di molle lettere e di non poca dottrina nell e dipl omatiche co ntroversie. Del rimanente q u :~ nto al politico era il Conte piuttosto amatore di mettere l' J. talia in Pi emonte che il Pi emonte in Itali a ed aveva ottimamente conosciuto di che quJlità fosse la libertà di truci tempi. L' Au stria era il più accanito nemi co dell a Fr:mcia , ed arera numeroso ese rcito c cornbattera la repubblica su le sponde del Hcno come Yi cino all 'Alpi, cd oltre al principio di dispoti smo iu lei iùenrifì0ato, l'avidità. di conquista c desiderio d'opprimere i popoli la :;pingera all'a rmi . France:::co areva proclamaro una lega coi potentati italiani la quale si andava roborando di mano in mano che la vittoria sor· r ideva ai rcpubbl icani. L' imperatore portò il suo esercito d'azione a quarantacinque mil a combattenti co n una ri se n· a di trentacinque mila , il re di . ~:. :nd eg n a addoppiò il suo -::ontingentc aumentandolo fino a set· t.1uta mila uomini oltre i trenta mila uomini delle milizie IJTO· , ' incial i. Il re di Napoli promise di met!ere in campo sessanta n1ila so lc13ti c comi nciò dall ' inviare una oh isione di cavalleria. Il Ponte· fl c•; do"cva. armare trcntamila solJati. Il duca. di Modena diede reclute danaro e munizion i. Per tal modo all' apertu ra. della campagna le potenze italiane ~l \TC IJ bero don 1to riunire cento cinq uanta mila combattenti so tt o gli ordin i uell ' Austria, ma di falto oltre a suoi non si recarono in linc:l che h quota Sarda c la cava lleria napoletana. Gli altri potental i elle vennero a far parte dèll 'allcanza. non si pres tarono . Il granduca sebbene lega to in parentado coll 'Austria avversavala pel suo di spotismo e rifìuttossi d'entrare nella lega vol endo ser- ],,1 r fede al direttorio co l quale avea stipul ato trattato che schi u· deva aiLt Francia il comm.er.cio .coll'Italia spec.ialmente dci _grani .

-(lo)- n dnca d1 Parma per i suoi rapporti colla Spagna divenuta ami·ca di Francia non entrò nella federazione. La repubblica di Genova non volle abbandonare il sno sistema di neutralità di ~ar· mata, esposto com'era il suo terri to r i0 agii a t tacchi dell' esercì t o francese che occupava di già la riviera di ponente. La repubblica veneta ostinata nella neutralità di sarmata percbè credeva ad arer nulla a temere dalla Francia potera usare grandi aiuti alla lega. L' ordinamento militare di questa potenza le avrebbe acconsent ito di somministrare esen~ ito rilevante . Essa contava ne' suoi stat i di terra ferma ven ti città, tremila cinquecento comuni quattromila parocchie, aveva piazze forti, esercito ordinato di circa 2o mila uomini colla facilità di aumentarlu con milizie Schiaron~ ed Albanesi, non che colle così dette Cernide; oss ia milizie di campagna, le quali ammaestrate potevano riuscire utilissime eome lo fnrono in altri incontri. Qu e~te di fatte formaran o un eorpo di trenta mila uomini arruolati per compagni e, i quali senza essere stipendiati erano però armati e soggetti a general i ra~segne annuali. Vi erano pure nelle divers~ provincie di· terra ferma venticinque condottieri d' armi, ch' erano tenuti ad ogni ri chi esta della republJiica ad entrare in campagna con c•~ nto cavalieri ciawuno armati a loro spese. Poteva avantaggiare 1,1 lega con molti legni , avendo facilità di procura.rsi abili marinai colle ciurme dei l ~gni mercantili i quali ascendevano a settecento ed i suoi arsenali erano ben provveduti. Kon è a dnbitarsi che ore anche la Toscana, Genova Venezia avessero riunite le loro forze avrebbero costituito un esercite: di sponibi le di oltre 2o0 mila combattenti con una marineria considerevole quando a quella di Venezia Ri fosse ~ggiunta quelle di Napoli, di Genova e della Toscana. Per tal modo allora la Francia si sarebbe creduta ·obbli gata a deporre il pemiero d' invadere la penisola, o per lo meno volendo accrescere l'esercito dell'Alpi dovuto arrebbe indebolire quello del Reno e del Nord, ed era posta nell'alternath•a ~e invadeva d' essere anch'essa invasa o di limitar~i alle dif~ se per garantire il suo territorio. · Quantunque l' Austria fosse ridotta a. doYer contare in Italia sopra le sue sole forze e sopra quelle del re Sardo, e sull a divisione di caval leria. napoletana aveva a fronte un nemico poco numeroso e si lusingava di poter ricuperare le posizioni perdute nella campagna antecedente. Inviò a tal fine qual comandante ~ upremo dell 'armata d'Italia il generale Bcalieu, ehe per la battaglia di Fleurus era sa lito in fama d' esperto generale, ma egli fu ec · clissato dal generali ssimo francese che pro<iigio di genio dorea in

-( i6 )- breve assidersi arbitro d'Europa, e rendere attonite le future generazioni. Dopo i dis.\stri della Russia la potenza di quest' uomo straor· dinario scemò, finchè qual nuovo Prometeo fu condannato su arido scoglio verso il quale si volgevano gli sguardi della Francia e dell'Italia, la prima avvilita dai Borboni la seconda dall'Aus-tria oppressa. Il tenervi supremazia era suo scopo principale, perseverara quindi nel proposito d'impadronirsi della fortezza d'Al essandria e dell'Alto NoYarese. L'antica gelosia della Francia in allora taceva per immensi benelìci ricev uti dai Borboni che su quel trono sie· devano, la Prussia si era accomodata alle voglie dell 'Austria, ed avea dichiarato a Vienna e a Parigi di tenere in non cale le cose d'Italia, l' Inghilterra per avere sincero ai.Ieato sul continente che per nulla destava le sue gelosie di commerdo favoreggiava l'Austria per renderla possente al segno da paralizzare la preponderanza della Russia nella quale si temevano tendenze di conquista. Metternich approfittando di questi timori del gabinetto di S. Giacomo, cercava di rinfocolare segnatamente la credenza che la Russia aspirasse ad ingrandirsi ed a realizzare il desiderio che esagitù sempre la casa de' RomanofT d' impiantare il proprio stendardo sul Bosforo , perciò persuade\'a i ministri Brittanici che se l'alto Novarese, od almeno la provincia di Dumossola non fosse unita al regno Lombardo.Vcneto, insufficiente pregidio a dominare sarebbe la fortezza di Piacenza! perchè se un dì il re di Sard~gna fosse legato colla Francia potrebbe sempre invadere il regno Lombardo-Veneto e farsi utile strumento su i mari ed avversare sull' Adriatico e sul Medit<:'rraneo le ragioni dell'Inghilterra . Castelrcagh in nome del suo governo invocava la corte sarda ad entrare nella Confederazione Italiana proposta dall' Austria. Ma Vittorio Emanuele I che ben addentro ora penetrato nelle mire dell'Austria, la quale ponendo la Confederazione degli Stati Ita· liani non ad altro mirava se non di rendersi asgoluta padrona di tutti i governi italiani, e così escludere ogni iniluenza degli altri gabinetti d'Europa 'ricusò fermamente di far parte della Confederazione, ed ebbe ricorso ad Alessandro imperator delle. Russie contro lo minacciose. pretese dell'Austria. Alessandro che non tardò a di videre le apprensioni del re Sabaudo per mezzo di Nesselrode scriveva a Vittorio Emanuele « Che fermo nei principii su i quali riposava l'interesse generale deil'Europa e della fede dei tra.ttati, ferma era la sua opinione contraria alle proposte austriache tanto sia la cessione dell'alto Novarese quanto al disegno di confederazione e d'alleanza. Durante le trattative di Vienna e di Parigi l'Austria avea chiarite le sue intenzioni riguardo all'alto Novare.gc ed alla strada del Sempione, ma la corte di Sardegna avea

-( f7 )- decisamente manife~tata la sua vol ontà contraria. Dopo le solenni sti· pulazioni del i8t5 non potea quindi l'Austria mettere innanz.i . <.Jualsivoglia pretesa sul novarese senza violare i trattati che gua· rentirano l'inviolabilità dei po3sedimenti del re di Sardegna, non potcrsi far luogo a parziali le~he e confederazioni dopo il trattato della quadrupla alleanza il quale stabilisce il sistema generale consecrato al mantenimento dèll' equilibrio europeo. Informato l'animo a questi principii, l'imperatore di tutte le nussie fareb · be le pratiche necessarie perché la corte di Vicnna desistess~ delle sue pretensioni. » Queste cose facea sc rivere Alessandro, a voce per mezzo di Capo d'Istria facea dire a De-Maistre, di consigliare il suo re a resistere ad ogni lusinga o minaccia dell' Austria , assicurandolo che la Russia ajuterebbe Vittorio Emanuele a far senza l' alleanza austriaca. Incuorato da queste parole il De-Ma istr e scrireva al suo re, di difendere i suoi diritti di Principe italiano, e non potrebbe accettare senza pericoli la lega coll'Austria, essendo ella terribile per le sue arti e per la sua mala fede. 11 re Vittorio sebbene avesse in moglie un' austriaca i cui consigli prevalevano nella sua mente stette fermo e l'onore di principe italinno fece tacere ogni altro pensiero, e la lega r.on si efTettuuò. L' Austri a fu sempre nemica del Piemonte che non appena rialzata dalle sue sconfitte volgevasi verso quel trono non tenendosi sicura tìno a tanto quel regno esistesse, perciò nel - l' estate del t 798 alle conferenze di Seltz l'inviato austriaco Cobentzel domandava l' ingrandimento della Cisalpina a spese del Piemonte mostrando con questo agli italiani quali sieno i veri interessi austriaci. L'Austria offrendo allora questo ingran· dimento alla repubblica voleva portare i suoi confini dall' Adige all' Adda o al Po e dava il resto del Piemonte al gran duca di Toscana arciduca d'Austria, imperocchè br.n comprendeva che per rovinare il Piemonte bbognava toglierlc il suo primo elemento di grandezza la casa di Savoia. A questa offriva in com· penso Roma e gli Stati d'è li a Chiesa, il che va notato per m o· stra re quanto l'Austria sia sincera nella sua protez ione al papato. E dopo la ritirata del i 799 si dovette a Suaroff, se il re di Sardegna fu richiamato, anzi la sua sola prc~enza at trarersò i di segni che l'Austria voleva compiere, di fare cioè scomparire la monarchia Piemontese. « L' Autriche était jalouse dc l'autorité que Suaroff avait voulu exercer en ltalie et avait vu avec peine que ce général eu écrit :m roi dc Sardaigne pour le rappellcr dan se:; États. Le Comeil aulique avait des vues sur le Picrnont et tenait à écarter le vieux maréchal. » (t) (l) V. Thiers Uistoire de la Revolution.

-( 18 ) - 1\on c~se ndo riuscito all 'Austria accalappiare Vittorio Emanuel e nella lega} vegliara attenta per trovare qual che altro moào d' arrivare al suo scopo. La success ione al trono di Sardegna è rego· lata dall a legge sa licaJ e se il capitolo della medesima pel quale la corona non può cadere di lancia in conocchia si fosse abrogato, sarebbe stata spianata la via alla success ione alla principessa Beatrice fì o·liuola del re sposatasi a Francesco duca di Modena. Il re o . non aYendo figliuoli maschi , e non avendo prole ne il maggwr fratello che viveva in Homa fra Gesniti e religiosi, ne il minore Carl o Felice, e tutti avean varcata l'eta viril e c YOigevano al tramont o della vita , il duca di Modena, l' Austria e la moglie facean res;:;a a Vittorio Emanu ele di provveder0 al la successione per • la sicurezza dello stato, abrogasse la legge sa lica per trasmettere l'ered ità del trono alla figliuola ed a' suoi dbcendenti. I mini stri del re che tutti rifugg ivano da l pensiero di cambiare la legge di ~ucc.e ssione, incaricarono i Conti Prospero Balbo c Napi one di sc rivere e documentare una nota che ponesse in luce i diritti della casa di Carignano e mandavanla a v:enna con altri documenti i quali test imoni avano che la principessa n eatrice sposando il duca di Modena areva nt~ ll e debite forme rinunziato a tutti i diritli ch'essa od i discendenti suoi putJssero a\'ere alla co rona di Sardegna. Carlo ·Emanuele c Carlo Felice fermamente perorarono i diritti del ramo Carignano, e il primo da Homa consigliava il fratello a dare in mogli e al principe Carlo Alberto una propri a fi glia. La corte di Modena spa rgeva che il principe di Carignano, allevato c vissuto lontano dalla Corte, aveva spiriti liberali pericolose op inioni. Non vi era mezzo che \'Austri a non usasse non cabala, che la corte di Modena non mettesse in movimento, perchè Vittorio Emanuele si arrenùe~se, ma egli stette sul niego, c salYò il trono ed il Pi emonte c con questi Italia imperciocchè se a que' tempi l'Austria si fosse impadronita del trono Sabaudo la servitù d'Halia si sarebbe addoppiata, \' inflnenza della medesima in Europa accresciuta, l'assoluti ;:;mo si ~arebbe ingigantito a danno dei diritti de' popoli dagli uomini liberi proclamati. Quindi Italia è debitr ice alla easa di Sa\'oia, se in mezzo a tante insidie e minaccie serbò intatte le sue ragioni e scampò il trono d' essere occupato dal 'I' iberio moderno; Francesco duca di Modena per serbarlo a Carlo Alberto. Nasceva questi in Torino nel 2 ottohre i 798. Dne mesi dopo suo padre Carlo Emanuele principe di Carignano accompagnava Carlo Emanuele in Sardegna, ritornava poscia in Piemonte dove i Francesi non gli acconsenti\'ano di dimorare temendo la popolarità di cui gJdeva, sicchè doYette ridursi in Franci,a ccl ivi moriva nel :16 <lgosto :1 800. Carlo Alberto in età di

-( 1~ ) - due anni non comptull restava sotlo la tutela della madre l\Iari a Cristina di Sassonia prin~ipessa di Curlandia, donaa d' alti s' imo ingegno, ottima che sapeva adattarsi a\la cond izione de' tem pi c superarn e le diffico ltà. l~ssa si tra3 ferì in Ginevra dove il fi glio· riceve tte i primi erudimont i" d'educazione, e n~l 1808 recatosi a Parigi ne aflìclò l'i struzi one all ' abate Leautard nel cui collegio accorrevano i fi gi i delle più cospicue fami glie. In -quo' tempi le di sc ipline guerresche avevano larga parte nell'educazione, e non è a dire lJUél.nto amo re vi mette::;::;e Carlo Al· berto che si di stingueva tra i suoi compagni per as:-J iduità allo studio c pronta intelli genza. La glori.l degli eserciti francesi e de' capitani che li gu ida- ,·ano ai tri onfi esaltavano la sua immaginaz ione, c la sapienza dcll 'ammmistrazionc imperble lasc iava nell a sua mente tnli tracce ello dovc:mo più tardi trarlo a con fronti spiacevoli col sistema che Vittorio Emanuele avea ristaurato in Piemonte. L' impèratore che abju rando all 'origine democratica del suo potere, Yoleva legare. alla sua fortuna i rampolli dell e più cospicuo ramiglic non pote,·a dimenticare un principe di c:-~sa di Savoia e lo avea nominato luogotenente nell' ottavo reggimento dci dragoni . Nel 1811 ritornati i reali di Savoia nell ' antica lo.r sede Carlo Alber to si tramutava in un coll a madre in Torino, O\'e continu r'1 l:t sua ed ucaz ione, prima. sot to la gu ida del Grimaldi datogli per ajo, indi gli venne messo a' fianchi qual segretario l'avvocato Nota di chiarissimo ingegno e dell' itala scena ornamento. Nel 1817 impalmava .Maria Teresa fi glia d-i Ferdinando Granduca di Toscana. La novell a sposa era giovane e bella ornata di molta pietà.. Il principe di Cari gnano sull 'aurora della vita porgeva si aggraziato cavaliere, amava l' Italia, a\·ea dime::;tichezza con alcuni giovani ufficiali caldi di patrio aiTetto , si mostrava dedito alle ci- ' ili riforme e pieno di fede che Dio lo scorges:;e dove gran~i italici de:- tini lo ch i'lmavano. I Pi emontes i i quali per le sue qua - lità gli portavano amore videro con molta all egrezza il n1iltrimonio de ll 'amato principe nel qual e do\'eva passare l'eredità. della Coro na. Il pensiero di red imere Italia era in lui potente , c si consacrava allo studio delle guerresche discipline , conoscendo che le sole armi poteano fargli raggiungere lo scopo da lui ardentemente desiderato. Nominato gran maestro d'artiglieria tut.to s'attniTò nell a scienza ùi quell' arma nella quale i Piemontesi sono riguardati come modello. La gloria napol eonica aveva acceso la mente di Carlo Alberto, c la sapienza ed i fasti del grand' uomo egli venerava, e doloroso.

-( 20 )- era quindi il confronto con quanto alla corte di Torino il circondava. La reazione nel popolo e nell'ese rcito si andava aumentando, un partito robusto sorgeva a chiedere riforme . c Carlo Alberto volontieri ascoltava quelle Yoei, spesso con intimità vi applaudiva e manifestava generosi pensieri : Amava l'Italia c ne detestava l'antico oppressore, l' Austria. Il partito rctriro che dominava in Corte se ne allarmava i liberali a con,·erso concepivano liete speranze d' avenire migliore. N è gli avvenimenti do' evano tardare ad avvolgerlo in prova difiìcile. ·Carlo Alberto ancora giovinetto traeva a se gli ~guardi degli Italiani che salutavano il sno apparire come quello d'el sole na- · sccnte. Grandi erano le doti che la natura aveva prodigata a quest' uomo destinato dalla provvidenza a rappresentare un principio cd a fare sovrumani sforzi per pr0pugnarlo. Il valore militare era nella sua casa una tradizione, o per dir meglio una religione, mant enutasi sempre intemerata, era il patrimonio lasciato ai discendenti dal principe Eugenio. Anche il principe di Carignano Carlo Emanuele padre di Carlo Alberto non era stato d'?- genere dagli a\'i suoi, poichè se non d' ~lti ssimo ingegno fornito fu però ancor egli di molta prodezza. Il suo sangue freddo nelle battaglie fu se mpr~ degno d'ammirazione, ed i ~moi soldati lo videro ognora intr~pido fra i\ tuonare dei cannoni ed immobile come torre in mezzo alla pioggia de' pro!etti. All e istanze del generale che una ,·olta lo invitava a coprire almeno le insegne dell'Ordine dell'Annunziata, che aveva sul petto, per non servire ù i bersaglio ai colpi i quali frequentissimi lo prendevano di mira. No, (rispose impass ibile) mai principe di Savoia no~ ha coperto questa iusegna in faccia al nemico. A provare siccome fino prima del i82i fosse il principe Carlo Alberto considerato in italia rechiamo una lettera di Pietro Giordani a Vincenzo Monti. Mio caro Monti . Ricevo da Piacenza dove già dovrei egsere le carte di Cicognara. Ora tocca a te. Conviene che tu mandi e raccomandi al signor Nota la lettera di Leopoldo c gli parli di lui. Nè la per:;ona, nè la grand'opera di Cicognara sa ranno scon o~cinte al signor Nota o al principe, nondimeno è bene che tu aggiunga ch'egli è suo amico ed è uno dei buoni e rari italiani. ggli ebbe parziale servitù co ll a madre di S. A. la quale mi ricordo di avergli sentita celebrarH come rara principessa, e troverai curiose particolarità in questa lettera anness::~, delle quali ti potresti servire nello ~crh· ere al valoroso signor Nota. Fagli dunque sapere come nel continuo nostro parlare dell'ottimo e veramente desiderato Principe nacque in me il pensiero che il nostro

-( 21 )- amico Leopoldo come uno dei migliod ch'abbia oggi l' Italia fa · cosse omaggio della sua grande ed immortale opera a S. A. la quale si ba che ama di averA tutto ciò ch'è bello e grande. E poi chè egli è un ica speranza della povera Italia si vorrebbe che sin da ora gli fosse osseq uioso tutto ciò che l'Italia piena dc' guai e di speranze ha di meglio. Ma Leopoldo non doveva pre~e ntarc la sua opera a S. A. senza farla pregare prima a volerla gradire, del quale uffizio egli prega il valoroso e cortese signor Nota, e tu Yieni in appoggio alla preghiera del tuo ami co. Appena ricevuta la ri sposta che :, i spera graziosa saranno spediti i tre magni volumi. Senti anche un'altra cosa. lo vo sempre pensando che tutte le speranze dell'Italia infelice sono in questo principe, e per Di o staremo mill e anni prima che ne venga un'altro di egual potere e Luona volontà.. Ma alle ' 'olte io temo ch'egli si disperi che in Italia così mal condotta cd incancherita si possa far del bene. A dargli coraggio e consiglio pare a me che gioverebbe assai la bel· lissima opP-ra del nostro Si smondi . Pare a te che ti stesse bene darne un cenno al signor Nota (poichè tu hai confidenza seco) ed egli forse troYereiJbe occas ione di gettarne un motto a S. A? Pcnsaci. Io per me .ho pure un gran desiderio che il principe legga quell 'opera per conoscere bene l'Italia e amarla e compassionarla, e volerla soccorrere c confidarsi di po terne egli essere il glorioso ri stauratore. Borghesi mi portò de' saluti del signor Nota, ed io meravi gli atomi d' ess(}re in tanta mia oscurità conosc iuto da quel cospicuo signore mi trovo molto obb ligato alla sua cortesia. Perchè egli ne abbia un ringraziamento più degno e caro, prego te a farglielo e io non riconoseo altro mio merito, che l' e~sc re amato da te o dai pochi tuoi simili , e l' amare con ossequio cordiale i pochi br::t\'i e buoni . Addio caro Monti. Vedo la sta gione rassicurata a buono, onde non dubito della nostra gita di Domenica, e sarà. pur l' ultima che, per ora, faeciamo insieme. Questo pensiero mi è noiosu. Se Sant'Antonio volesse do.narmi il suo talento d'essere in più luoghi ad un tempo l'avrei pur caro. Ma pur troppo andò il 1Jcl tempo dell e graz ie e dei miracoli , e se io ,·ogl io stare con mio fratello , con Ci cognara, con Canora , mi conviene lasciar Monti e l'altra cara compagnia. Addi o. L'Europa era agitata, e se da un lato i despoti del Nord aveano stretto alleanza e pubblicato da AltiJisgl'ana il famoso proclama col quale minacciavano di sterminio i popoli che avrebbero innalzato la voce a reclamare i loro diritti , tlall' altro questi secretamente si erano str6tta la m:\no per infrangere le catene del

-( 22 )- di spotismo. Nella Spagna il malcon tento si propnga come incendio fra il popo lo. irnperciocchè Yedea ri0ompen:;at i co l carcere c coi supp\izii coloro. che aveano pugnato pel re c tant i nobili sforzi di coraggio e tanto sangue versato a comba ttere gli eserci ti .Na. - poleonici non partorira sJ non vergogno -a se rvit ù. L' aspetto di C{uel tracotante procedere, la ealdezza del sentire Spagnuolo avvisarono i liberali ch'era orna i tempo d' innalzare la Yoce a reclamare le promes::;c fatte , pe1· cui si rannodano le trame e scoppia la rivoluzione. Quiroga e Hiego nel '1820 proclamano la costituzione del 181.2, e quel griuo si diiTuse dall'isola di Leone per tutta la Spa gna. L' esemp io dell a penisola Iberka destò imitatori. L' Itali a fremea, in Sicilia uni versal e era il risentimento delle violate cos tituzioni e delle perdute franchi gie, nobiltà c c\!)ro borghes ia e plebe serbavano broncio col re e col governo. Nel regno nl di qua del Faro covava nel popolo c nell'eserc ito odio contro al Borbone. Nelle romagne corrucci profondi co ntro il govomo c palpiti d' italici afTetti, il laicato istruito si ribell a al sace rdozio prinripc, sette operose svegliano sdegni e speranze. Il popolo tosca no si fa cu ltore d'ogni civil disciplina, le lettere c le arti hanno aro e saC(\rdoti. I Modenesi tollerare non po~so no il giogo di Francesco l V, e serbano viva memoria della grandezza av uta nel regno italico. La Lombardia oppressa dall' Austria cresceva agl i italici stu <!_ii 1.10a generazione ricca di fede e balda di speranze. I Veneti le perdute glorie e l'av ito fasto sdegnosi rimpiangono. Negli statl del re di Sardegna, i Savojardi devoti al\'antir:.a dinastia a quella più che all o stato sono uniti, impercioccl!è molti a Francia aderivano. l 1iguri all'ant ico reggimento pensavano. In Piemonte se parte della nob iltà si pascea d'orgoglio gran parte però si versava nelle armi, nell e magistrature e negli stud i sollecita del patri o decoro, desiderosa <li glori ct, devota al principe. L'esercito agitato, da~ desideri di civili larghezze e di nazionali imprese. Le settH aveano propugnato nel regno di Napo li il des iderio di civi li riforme. L'esercito napoletano era accampato a Sessa eù il re vi st era recato a permanenza e rumoreggiava il sospetto che il napoletano volesse farsi imitatore dell'ese rcito spagnuolo, ma il vedere che un re canuto assidevasi sicuro frc~. mezzo al medesimo fece sospendere le cominciate mosse. I-a ragione per cui il rP. aveva radunato il campo era ignota a Scttarj, essendo opera d'arcane intelli genze passato fra lui e l'.A11, stria . Questa agognava ad impadronirsi delle legazioni, Ferdinando delle Marche, ma viven te Pio Vll non ardivano mandare ad effetto que ll a violenza, rispettando la sua vecchi ezza, 1a cagionevole salute ed i sagrifici che in favore delle Yecchie idee e del dispotismo aveva fatti. Ma caduto, sul finire del 18i 9, in gra"e malat·

- ( 23 )- tia l'Austri a rinforzò con altre schiere il presiùio di Fe rrara, od il Borbone annunziò di formare un campo negli Abbruzzi, per es~ se re entrambi pronti ad otcupare il territorio pontifi cio appena il papa spirasse , ed inn:mzi alla scelta do1 suctessore, il quale avrebbfl accettatù il regno come il trovava. :Ma Pio VII guarì e turbò i progetti dell'Austria e del Borbone, fu iniziato nella conoscenza dell 'o rdita trama, e monsignor Pacca gorernatort! di Homa secreto agiratore di qu ell e mene, dovett0 fu ggire lasciando un nome infamato per so rdidi delitti. l Carbonari dell'esercito trova ndosi uniti nacque fra loro intimit3 d' amicizia e si comunicavano fra loro le novell e che dalla Spagna giu ngevano o dalla Francia ove il liberali smo scalzava il potere, c costringera Luigi XVIH a tremare pe l trono, o l a ritiraro spaventato lo sguardo dalla tes ta sanguiuosa del fratel lo elle il riottar de partiti mostravag li , per cui r ichiamava prosc ritti facea aprir ruoli agli uffizi ali dell'impero in riposo. Il terrore del potere innanzi alle camere accertara i liberali d' Europa che estese erano le loro file e potenti i cospiratori . Ad Avellino fu innalzata la bandiera della ri volta, che in un baleno si dil atò con tale energia che Fa.:: rdinando fu obbli gato a promettere la cos titu zione che dopo averla giurata distrusse co l soccorso delle austri ache bajonette: I Napo litani cred uli alle parole del re lo arevano lasciato partire qual avvocato della causa loro ma al congresso divenne tiranno n~ ndicatore, cont ro un popolo burmo e discreto. lmperciocchè che voleva quel popolo? Egli voleva la costituzione, perchè senza di essa nuove turbolenze sareùbero in:sorte, dall e quali abborriva per lo vittime che partorh·ano : volea la cos tituzione pe rchè data dal re e giurata dai principi della sua famiglia c perchè for::!'!ava il desiderio di tutta la nazione che potea esser felice, se la saggezza, la forza , la gloria l' avessero diretta. Aspit'ava ad una s:-~gg i a lib ertà, perchè questa assicuraYa i suoi diritti cd i suoi possessi, ma ragionevole, paL: ifi ca, posta a giuste distanze fra il dispotismo e la licenza. Voleva l'eguagli anza per chi è l'idolo dei patrioti e si dica con sincera franchezza è generale de3iderio del secolo , ma giusta, moderata e inf::~ c~ i a all a legge tale insomma quale esser deve per avere rea le esistenza. Yolea la monarchia quale avenne ùagli an-enimenti modificata, perchè il popolo costantemente si mos trò in generale a!Tez ionato all a medesima, e reputarasi ammaes trato dalle vicende del secolo che ogni altro goYern.o ùi verso da quell o che ave,·a, fo~se impossilJil e·. E co.l trono vo lea la dinastia de' Borboni perchè senza di quell a, la costituzione il commercio, la ricchezza, le arti, il riposo interno e l'esterna pace rorinaYa no, e poteauo insorgere tumulti e sventure che sogliano cominciare coll 'anarchia, c termi·

-( 2~ )~ naro col di spotismo più eiTcrato, e col trono e colla dinastia dei Borboni voleva quindi la leg ittimità pel convincimento de vantaggi che ne poteano derivare. Voleva per ultimo la religione imperciocchè non può la società far senza la stessa, ed all a medesima. sono chiamati i napo litani per convincimento del l0ro cuore, c per l'ardente imaginat iva meridionale eh& 1i trasporta al fanatismo èd a preg iudizi. E quel buon popolo desiderera darsi interamen te al suo re a lui restituito dall 'a rmi de' confederati e per anicendare de' casi, che dall 'alto del trono avea sancita la costituzione e sull 'altare gi urata. Questi erano i desideri del popolo napoletano ne' più di· screti po tevano essere, ed appunto dalla mitezza de suoi modi tro- • Yar dorette argom\mto di lagrime e di cordoglio. Il lutto che se· gui ai politi ci commovimenti fu lungo essendo che le piaghe fatte erano profonde ne' sì presto potevano rimarginarsi. Il debito pubblico notabilmente si accrebbe, le finanze dissestate i gi udizii dell e corti m<lrziali in tutto il regno moltiplicati, ed il numero degli infelici e de' martiri aumentato. Il re tornò ad essere tiranno~ ed i ministri carnefici. Ma se i rivolgimenti fatti in Napoli per la costituzi one venivano strozzati dall 'Austria il desiderio di possederla. si dilatava minaccioso in Piemonte. Spenta la lotta del pensiero in un angulo, più rigogliosa ~orgeva in un altro, la costituzione era divenuta desiderio potente o necessità pei popoli, potevano i despo_sti guerregiarla , ma i libe· rali si adoperavano a tutt' uomo per tener vi va la fi accola della reazione come le vestali in Roma il fuoco sacro , nè morti , nè prigionie nbero a tUvcllere il sentimento energico dell' oppo~ i· zione. Il Piemonte era governato dai patrizii più aderenti al regg i· mento ·assoluto e tener i delle vecchie istituzioni, da preti irosi e fanatici, e da 'gesuiti che umili erano entrati e protervi poscia dominarono. I privileg i erano accordati da governanti a chi solamente per essi par teggiava , mentre chi era stato propugnatore delle idee liberali veuiva spiato, congedato se occupante imp iego respinto se per avventura a qualche posto asp irava. La fazione dominante commetteva alcuni abusi che svegliarono lo sdegno del popolo, le sette che nell'ombre lavoravano a spargere dottrine avverse alle dominanti scalzavano il potere assoluto alcune ingiu· stizie commesse da chi amministrava insciente il re finivano per farlo crollare. I migliori ufficiali educati nei campi napoleonici mal soffrivano la burlJanza di alcuni nobili che erano in alto locati nella milizia , e la memoria delle riportate vittorie e della gloria passata rendeva più amaro lo stato presente. L'amministra-

-( 25 )- zionc della guerra era confu~a non volendosi ascoltare i consigli degli esperti, la scienza dell' armi avea progredito, ma i vecchi non voleano ascoltare consigli. La federaz ione italiana era diffusa in Piemonte , questa setta avea sparse le sue fila anche in Lombardia, alla medesima si aggiunse qu~lla de' Carbonari in quel regno recata dal medico Gastone e dall'avvocato Grandi che trovarono gli animi disposti ad abbracciarla. In poco tempo mercè l'opera di molti uomini di stinti ed in(]uenti divennero numerosi gli affigliati alla medesima , e sempre più scemava nella sua forza il potere ·assoluto. Ma rimaneva ai medesimi grave ostacolo a superare, ed era di spargerla nelle file dell'esercito come si praticò in Francia, Spagna e Napoli, essendo ·sempre l'esercito primo sostègno del trono. Penarono i diffonditori ad introdurla nella milizia, imperocchè il militare serbava geloso la religione del giuramento fatto al suo re, ma i carbonari vinsero alcuni uflìr.iali col mostrare loro che non trattava~i di Yolgere le armi contro il re o di rompergli fede ma sibbene d' aiutarlo e toglierlo dalla servitù dell' Austria e di migliorare le condizioni del popolo facendo adottare la costituzione di Spagna. Questa idea fece tacere ogni scrupolo in molti per il che si propagò fra l'esercito la setta. Più chiaro si fece il voto dell ' esercito allorquando si conobbe che i più distinti ufficiali aveano abbracciata la medesima. Nè al solo e~ercito si estesero le fila ·dei settari, ma eziandio nella pubblica amministrazione e nelle Uniyersità, per cui le più alte intelligenze gli uomini più influenti per individuali virtù si erano pronunciati per le idee liberali ed il trionfo della setta fu grande. Ma ditrusa l' affigliazione moltiplicati li adepti ;dia setta rimaneva a sciegliere il capo , che dovea pel primo dare il segnale della ri\'Olta. lntorno alla scelta della personé\ vari erano gli avvisi e molte le difficoltà non essendo agevole rinvenire individuo intorno al quale si rannodassero alte reminiscenze di gloria militare o possanza di nome e di condizione. Molti de' federati opinavano pel generale Giflenga salito in fama nelle guerre nàpc,Jeoniche, ma egli o non avesse confidenza nei moti d'Italia o che prima di apertamente sposare la causa della medesima volesse avere qualche saggio non si univa a cospiratori ma solitario osservava. Molti che da vicino aveano osservato il principe Carlo Alberto e ne areano scorto non solamente lo spirito marziale ma eziandio la sua propensione per liberali istituzioni e 1!1 disapprov.nione sua or tacita or palese pel modo con cui veniva amministrato il regno, che aveano ammirato in lui amore per le lettere, per le scienze e per le arti, ed il magnanimo animo opinarono e~sere l'unico che rannodare potesse intorno a se 3

-( 2t> )- anche i (.liu avvP-r:::i al ~i'stoma di governo clre si volea pro'Cfamare. Al qual scnpo alcuni che godevano della di lui intimità. fecero a lui alcune proposte, cb~ non apparivano nè di ribellione nè d'usurpo. Si trattava di rompere· g.uerra all 'Austria che già moveva ai danni di Napoli e di far acclamare Vittorio re dell'alta Italia. Pare che sul principio il principe ascoltasse con gioia tali idee ma esaminati i mezzi de' quali poteano disporre i liberali, e vedotili troppo scarsi per la lotta che si dovea impegnare, cercò dissuadere i liberali, e di attendere· momento più propizio che quello non era. Essere più di danno all'indipendenza d'Italia che di vantaggio un movimento precipitato. I suoi C'(JI}sigli non portarO'no frutto, e intanto dalla simpatia dimostrata al generoso flne, dal susseguente • rifiuto di mettersi alla testa di un moto che non possedeva elementi di probabile riuscita come il fatto lo provò, tràssero alcuni argomenti di calunniare il principe e pronunciarono la terribile accusa di tradimento, che fu smentita solennemente da' suoi sa· grifici luminosi per l'indipendenza d'Italia e dalla sua mO'rte glo· riosa, so~ten uta, con eroica rassegnazione nell'esilio, o l' estremo suo sospiro in terra fu la sentenza di morte per gli oppre:;sori d'Italia. La sera del i 2 gf.nnajo alcuni studenti eransi reeati al teatro ù' Angennes con beretta alla greca a fine di politica dimostrazione. J.Ja poli zia a cgwlla vj~ta si adombra e .ne comanda l' arresto. Non appena· videro gli altri ·studenti quella determinazione che tutti si schierano alla porta del teatm pe-r tentare di· togliere i loro compagni all'inevitabile prigionia. L' ajutante di piazza Pe~ lissati ordina ad un drapello di carabinieii di resping.ere gli studenti, i quali sono obbligati ben tosto a ritirarsi in di;;ordine sotto i colpi delle sciabole dei carabinieri. Nel giorno successivo gli studenti si riunirono in massa nel cortile dell' università, la poliz ia fece assalire e disperdere gli ammutinati, e molti ne fu- .rono spenti e feriti. Fu generale in Torino il compianto per i eaduti, ed illustri dame vi::;itarono i feriti. Il principe Carlo Al· berto sentì con vivo rammarico quella ~ventura e si recò a vi· sitare i feriti e quell'atto di pietà. e di civile coraggio ad un tempo accrebbe le simpatie del pubblico verso di lui e divennero le speranze de' liberali adulte. Scopo di tutta la italiana federazione nel i82i era di partire l'Italia in tre regni, cioè quello dell'Italia settentrionale, della r.entrale e della meridionale, i quali doveano essere fra loro confederati, e se la nazione non era una, sarebbe stata almeno unita. Il reggimento di questi tre regni uniti doveva essere di monar~ ohia costituzionale, e fra le costituzioni aveano scelto la ~pagnuola sebbene avversata da alcuni patrizj. Il Piemonte doveva essere

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