Vorrei che il teatro ricominciasse dall'esistenza reale di un drammaturgo, dall'esistenza reale di un regista, dall'esistenza reale di attori, dall'esistenza reale di un'unità di intenti da parte di queste diverse persone, le quali, per cominciare, vogliano svolgere un certo loro programma, che è artistico. Io non ho nessuna paura di pronunciare la parola artistico, perché artistico viene da arte, arte vien da arte di fare le scarpe; e, Santo Dio, vorrei che vi fossero degli attori in Italia che sapessero fare le scarpe, ossia sapessero presentarsi in scena! Non ce ne sono. E ce ne sono tanto meno quanto più giovani sono. Questo è l'aspetto ridicolo di tutti i discorsi che si fanno oggi sul teatro italiano. A parte questo, so benissimo che il teatro, in un paese che voglia avere un teatro, è un'istituzione come la scuola, come le biblioteche, come i musei e ha bisogno del sostegno dello Stato. Ritengo però che questo aiuto dello Stato si abbia oggi nelle condizioni peggiori, in una situazione corporativa, che è la stessa creata a suo tempo dal regime fascista e che si perpetua nei clima di mafia totale in cui viviamo: in una perpetua convivenza di mafie politiche, sociali, artistiche, letterarie. E a questo io sono nettamente contrario.