La Voce - anno II - n. 24 - 26 maggio 1910

LA VOCE derla, conviene trattarla piullosto dal punto di vista sociale, come un aspetto della vita cortigiana, in relazione al ce– rimoniale che essa coltiva, e ai giuochi nei quali si diletta j e, in particolar<', della vita cortigiana cl' Italia del tempo dcli' umanesimo ; il quale, staccando le formo espressive dal contenuto, induceva a elaborarle così staccate, e, perciò, a sforzarle ed esagerarle. Certamente, con– siderata nei suoi linca,ncnti generali, quella produzione pseudo-artistica è cosa che appare in varie epoche, e, in qual– che misura, in ogni tempo; ma, trattan– dosi del secentismo dal punto di vista sto– rico, conviene studiarlo nella sua forma individuale, e, perciò, quale appunto si ebbe nei secoli dal decimoquinto al deci– moscuimo. Certamente, anche in questo periodo, quell'atteggiamento non fu esclu– sivamente italiano; ma italiano si può chiamare pçr antonomasia, sia perchè l' J. talla dominava allora la cultura, e sia per– chè esso, nel Seicento, improntò la vita italiana più fortemente che non facesse di quelle degli altri popoli; dove, in– contrando pitt gagliardo forze di resi– sttm1.a (morali in .Francia, religioso o mi– stiche in Germania, politiche in Inghil· terra, nella stessa Spagna l'epos popo– lare e il realismo), rimase più circoscritto o più superficiale. Certa men Le,esso non ò un fatto semplice (e quale fatto è mai semplice?), e non si può spiegarlo mercò una causa unica, e neppure mercè una serie di cause astrattamente enunciate ; o conviene esporlo in tutti i suoi intrecci, Incidenti e metamorfosi ; ma ciò conferma soltanto che la storia, positivisticamente condotta, è impotenlo a raggiungere la complessa realtà. Tutte le cause, finora arrecate, la servitù politica, il gesuitismo, lo spagnolismo, il petrarchismo, la poe– sia pastorale, la smania di novità, e, per– fino, la r.osì detta e causa antropologica., onde alcuni individui possono conside– rarsi secentisti nati ( 1), sono vere. pcr– chè accennano a fatti reali ; ma tutte sono false nella forma in cui vengono presentate. La vera e completa causa è il fatto stesso, esposto gcncLicamen te in tutti i suoi particolari. Checchè si pensi circa il problema culturale del secentismo(intorno al quale, forse, si sa ormai assai più che non si creda, e importa sopratutto liberarsi dai pregiudizi delle vane domande), il pro– blema della storia della letteratura e del pensiero italiano nel Seicento è affatto diverso. Qui, come diciamo, bisogna mettere in rilievo, non la passività, ma l'attività; e, cioè, quel che di positivo, molto o poco che sia, l'Italia produsse In quel secolo, nel campo ciel pensiero e dell'arte. Una parte di questa produ– zione è univers:1lmcnte riconosciuta: la scienza esatta della natura, che, iniziata nel Cinquecento, fu portata ai ;:,iù alto grado nei secolo seguente dai Galilei e dalla scuola di lui. ira non altrettanto noto è c!ò che pur si venne prepara11do nel campo delle sclc111.o morali, con l'at– tenzione data alle forme alogiche della conoscenza, alla fantasia, ed al le forme amorali della pratica, alla ragion cii stato e all'arte di far fortuna nel mondo; nonchè con la critica e con lo scelti• cismo storico. In quel secolo, da un lato. fu continuato Machiavelli; ma, dall'al– tro, fu preparata quell'esplosione filoso– fica, che si chiamò la Scù:11:.a 111tO'Va. E neppure nel campo politico fu ai tutto infecondo un secolo, che ha al suo capo Paolo Sarpi e vide nascere Pietro Gian– none. Nelle arti architelloniche e figura– tive appena da poco tempo il barocco trova chi lo ama e lo studia; e il dr<1.mma musicale va passando dal le mani degli e· ruditi a quelle degli esteti. Più assai resta da fare nel campo della letteratura o (1) Si veda S. \'sNTO Pi\1,)lhRI, L'c.•sse,,:atld stu11/is1110 ossi<, la rorru::iom• Jlt!lla lirim ila/iam1 d•o~11i suolo (Campobello di ~lazara, 190~). P>K, 18o. della poesia. La poesia sensuale e impres– sionistica, che si svolse o tentò di svol– g('rsi dalla corruttela dcli' umanismo; la poesia musicale;quclla arguta, ingegnosa e autoironizzantc,che sorse dalla corrutte– la del petrarchismo; gli accenni di quella grottesca e un certo crudo realismo, che si manifestò sopratutto, nella com– media dell'arte, e che non fu senza in– flusso sul Goldoni (come sul Gozzi il mondo fiabesco, evocato per primo dal secentista Uasile); la prosa di allora, che non fu sempre (come si suole affer– mare) di tradizione boccaccc~ca. e non si svolse in saph..nti e complicati periodi, ma predilesse, assai spesso, i pcriodetti brevi, sentenziosi e pungenti, e risentì l'influsso precipuamente di Seneca e di raclto, e preparò l'agile prosa moderna; quesee e altre tendenze e gruppi di fatti restano ancora da esplorare largamente e a fondo. E, compiuto questo esame, la prospet• th·a della storia leucrana di quel SC'colo sar.'L forse assai da mutare, ricacciando indietro i Chiabrera, i Ciampoli 1 i Ccsa– rini, i Fillcaia e aitrcttall, per dare il conveniente rilievo ai marinisti e agli scrittori di libri fantastici e capricciosi. llisogna costituire, insomma, la pros1>l't– tiva storica quale risulta a noi, che con– sideriamo spassionataml'ntc o con pas– sione pii1 larga; e non quale piacque ai critici arcadi, da cui gli odierni sto– rici l'hanno acceuata in eredit:L Ma (sarà bene aggiungere), smesso nei Per la cattedra a Mio caro Prt{{oli11i 1 non si tratta di stabi– lire se Guglielmo Ferrero sia o non sia un uomo di grande ingegno. Simile questione dovrebbe agitarsi in separ:,t11 sede, e credo che porterebbe tutti gli uomini d1 buona vo• lontà a questa unanime conclusione: che Gu– glielmo Ferrere è e rima11eun uomo rii molco ingegno pur essendosi servito del suo ingegno come un dilapidatore si serve dei suoi mi– lioni. Fra i conoscitori della realtà viva non c'è nessuno che non abbia sorriso leggendo I' hi,ropa giovine; fra gli studiosi di storia romana non c'è nessuno che abbia preso sul serio le cose che il Ferrero ha dette intorno alla legislazione romana, alla funzione dell'a· ristocrazia, al carattere di Cesare, al pro· gramma politico di Augusto; fra gli appas– sionati di problemi contemporanei nessuno oserebbe collocare le conferente sul milita– rismo accanto alle opere di Sorel, di Pareto, di Mosca; a quelli che s'intendono di filo– sofia fa pena leggere gli aforismi grossolani che il Ferrere disse e scrisse a proposito di Cesare lombroso e riesce incomprensibile la tenacia con cui quest'uomo s'è attacc:ito al positivismo spicciolo dei mùms habentrs. Pure, alla fin delle fini, queste quattro negazioni affermano: respinta da ogni banda 1 la per– sonalità di Guglielmo Ferrero riappare. Ap– punto perchè è una personalità. Non è un sociologo 1 non è uno storico, non è un po· litico, non è un filosofo i non è nemmeno, a dir vero, un giornalist:1 1 poichò nulla è più opaco e smorto di ua suo articolo se lo si parngona a quelli di un Ojetti, cli un Rasti– gnac o di un itazzoni. È Guglielmo Ferrero; è 1 cioè, il rappresentante tipico di un.:tbella e mala pianta che molto spesso fiorisce dal suolo d' llalia : del puro uomo d' ù1geg110. Del· l'uomo, voglio dire, che ha ingegno come Narcisso ha bellezza: per specchiarsi alla fon– tnna; dell'uomo versatile acuto e fecondo cui mancano quell'istinto e quell'educazione, senza di cui meglio varrebbe non a,ere in– gegno. Gli manca I' istinlo dell'amore e l'e• ducazione dell:i: verità. Per un atteggiamento bizzario egli baratterebbe tutto il bagaglio delle sue convinzioni, se pure avesse avuto tempo e modo di farsi un bagaglio di convinzioni. S'è fatto invece un bagaglio di pnrndossi : non già parndossi invadenti combattivi ilari come furono quelli tuoi e degli amici nostri ai tempi del Leonardo; Bi loteca Gino Bianco parlare di quella ietterarnra il \'ezzo della irrisione, nonchè l'altro del puerile scan– dalizzamemo, bisogner.'l c,·itare di ca– dcru. in certe C'sagerazioni, alle quali la moda odierna, che nelle arti figurath·c si viene rivolgendo al barocco. potrebbe fadlmentc sedurre. La letteratura del Seicento non è produzione di dC'caùcnza neJ significato assoluto, che abbiamo di sopra criticato; ma in significato em– pirico e relativo,~, cen.uncnte, let– teratura di decadenza. Kon solo essa accenna sovente più di qud che effetti• vam<:ntc cli,l; ma, anche in quel che acCNHla e in quel che d..\, ò un'arte e una lctteratur;.1 priva di sentimento etico, e, perciò, sotto apparenze lus– sureggianti, assai rislrcua e povera. Chi d~l~ produzioni più splendido di quel· l'arte passi a una figura giottesca o a una t('rzina dantesca, a.vvertc tutta la differenza; e e· è caso che, in quel pa– ragone (dai quale è prudente che il cri– tico si guardi) Parte e la letteratura del Seicento si trasmutino ai suoi occhi, come Alcina aglì occhi cli Ruggicro, poichè ebbe infilato ai dito l'anello dis ~ipatore di ogni magica fauura. Hiso– gna, insomma, considerare, sì, anche la produzione' secentistica con simpatia, rcn• derlc g.ustizia, godere il bello che le è proprio; ma non gonfiarla dandole un' im– port.rnza che non ha, e facendola oggetto di una devozione o di un culto fantastico, che, a dir vero, non merita. Benedetto Croce. Guglielmo F errero. non già mossi da uno spirito scapigliato e rigeneratore di Slmm ,md Dra11g, ma suggeriti da un'astiosa e odosa antipatia demolitrice. Quando il paradosso è vivo, la sua riiione è benefica e suscitatrice ; ma il paradosso di Ferrere ha qualche cosa di scon· solato e di fiacco, di scettico, direi quasi, non tanto nel senso filosofico quanto nel senso psicologico. E, se la cerchi, troverai la controprova: nel fatto che l'opera di Fer– rere, letta riletta e divulgata nel gran pub· blico, non ha avuto nessun seguito, altro che di sterile simpatia, fra gli uomini di pensie10 e di studio. Nessun serio mo"imento ne è nato, nessuna curiosità di problemi se ne è s,•olta. Chi ha letto i volumi rerreriani di storia con l'illusione di progredire nella co– noscenza e nel l'interpretazione del fatto? Li abbiamo letti, con mollo piacere, appunto perchè, fin da principio, avevamo messo la nostra coscienza in pace con la storia romana, dissociando l'argomento dal nome dell'autore e interessandoci alla personali1à dcli' autore assai più che alla sua m.iteria. Tutto si può negare a quest'uomo, fuorchè l'ingegno; tutto gli si può concedere fuorchè la qualità di maestro o il germe di questa qualità, che può talvolta 1ro\ 1 arsi in uomini di gran lunga più umili e meno significativi di lui. ~leglio che dalla lettura delle sue opere, ebbi questa impressione dalla nostra conoscenza personale, che non durò più di un quarto d'ora: ma in quel qunrto d'ora Guglielmo Ferrere ebbe il tempo di dirmi che il e Faust » è un bel vestibolo costruito per dare adito a un ma· gazzino pieno di polvere e di stracci e che l' « Amleto » è una povera cosa. Non sono abituato :1 scandalizzarmi, e non detesto il paradosso. ;\la quei paradossi non erano fer· vidi della ,•olontà di super.tre un giudizio vieto e consuetudinario; non a,•e, 1 ano quello scintillio che abbaglia lo spettatore e lo co– stringe a stropicciarsi gli occhi fino :illora insonnoliti e a guardar con maggior pene– trlzione la cos:i violentemente rimessa in di· scussione. Erano la negazione stanca di un temperamento che solo nel la negazione ri– trova sè medesimo; e a,·evano qualche cosa di sistematico e di prestabilito. Mi Ja,;ciavano freddo, come lascerebbero freddn ed inerte un'adunanza di scolari. Tu sai benissimo che anche sul genere dei paradossi c'è una spe· cie di paradosso accademico; e, se nel tem· peramento, solo in apparenza ribelle, di 327 Guglielmo Ferrero non ci fosse il tarlo acca– demico, non si capirebbe com' egli annetta tanta importanza alla conquista di una cat– tedra e non esiti, egli non ignoto n~ indi– gente nè privo di onori, a mcuer sossopra il Parlamento, i M111isterie le reduioni pur di penetrare in un mondo, che tino a qualche se1timana fa credevamo gl' ispirasse un puro e semplice sentimento di ripugnanza. l'ola mi accorgo d'a,·er cominci:uo, contro il mio proposito, a disclllere 11 valore di Gu• glielmo Ferrere. Smelterò subito i giacchè la fatica non 53rcbbe troppo dissimile da qur-lla di Sisifo. Il signitics10 di questa personalità ~ chiuso in un circolo vizioso: sebbene i risul• tau concreti dell'attÌ\•i1à di Guglielmo Fcrrero siano, caso per c.1so 1 nulli o poco meglio che nulli, quesla somma di zeri dà per risultante una personalità tu1t'altro che privn di forza e d, carauere. L'ingegno c'è; dunque, e ce n'è molto. D'altro canto, che quest'ingegno, messo a contalto della realtà, non dia che il vano e freddo lucore Ji un fiammifero strofinato contro una superficie glabra ed umida; che, prontosi nella storia, nel pensiero puro, nei viaggi 1 nella politica, il Ferrere non sia mai riuscito a muo\'ere dai suoi cardini un ,·cc• chio problema, a instaurare una tendenta nuova, a sommuo,ere l11 superficie su cui l'opera sun è passata : tutto questo pro\'a perentoriamente che i suoi ,izii sono pili forti dtlla sua ,irll1 e che il suo nichilismo ha potuto neutuliz– zare il suo ingegno. Merita o 11011 merita una cauedra quest'uomo singolarissimo? Molto, senza dubbio, meriu 1 e molto ha 011enuto. Pur non scri\'endo romanzi erotici, è div<• nuto famoso come cronista del bel mondo i i suoi libri si son venduti a migliaia e mi– gliaia di copie; i potenti della terra si sono onorati della sua amicizia. Perchè no ? bene o male - in questo caso il male ~ anche bene - il Ferrere ha polentemente contri· buito a diffondere la cultura: una cullura spu– ria, se vuoi ; ma le folle democratiche non v,rnno per il sottile. E, dal loro punto di vi• ,-ta, le folle e i monarchi (che poi sono molto congeniali, ai tempi nostri) han ragione di esser grn1i a chi, senta troppo affaticarli, li ha interessati alla repubblica di Cicerone e ali' impero di Auguslo ; e fanno il dover loro, quando lo applaudono e lo coprono d'onori. Se una cattedra fosse un'onorificenza, una specie di commenda ben pochi la meritereb• bero come Guglielmo Ferrere ; se fosse una missione, nessuno la meriterebbe meno di lui. Ma che cos'è, o~gi, in Italia, una caile• dra unh•ersitaria? un litolo accademico, una innocua decorazione? No, cosl poco non è; altrimenti nè Ferrere la desidererebbe, nè tanti ostacoli sorgerebbero conlro il suo desiderio. Una sacra missione di cultura? Nemmeno; altrimenti a nessuno sarebbe pas– sato per il capo di conforirgliela con una legge speciale. Le sacre missioni vanno rispct· tale; e, per onorare Ferrere, non si do,•rcbbe disonorare l'istituto, di cui lo si chiama a for parte, costringendolo a subire una violenza governativa. Quesrn è, mio caro Prczzolini, I' intricatis– sima silu:uiont. Ammetti che una diecina d'anni fa Guglielmo Ferrero a,•esse avuto la umiltà di presentarsi a un concorso; ammetti che i commissari avessero avuto la larghezza d'animo d'incoraggiare un giovine promet– tente e di presceglierlo contro la tradizione. Tuuo sarebbe :rnJato per il meglio nel mi– gliore dei monJi ; e forse I' insegnamento avrebbe contribuito a indirizzar più utilmente l'attività del P'errero. Oggi la cosa è di,·ersa e, almeno sul principio, sembra dimcile as• sumere una posizione. Ratiricare col proprio consenso un nbuso? o far la caccia all'uomo? perseguilare uno scrittore d'ingegno? o ap-– provarc una sconvenicnia e sanzionare un pe· ricoloso preceJente? Giacchè la sconvenienzn c'è, cd è gra\'c. Qui a Roma, ove tutto si dice e nulla si scrh•e, si dice che Roosevelt esimio campione di tiro a segno e cacciatore non indegno di Nembrotte (secondo le opi nioni che Ferrero proressava ai tempi delle conrerenze sul militarismo, nessuno piit sicura• mente di Roosevelt rivelerebbe la degenera– zione degli uomini di guerra, di caccia e di preda); si dice dunque che Roosevelt, capo ... lavoro di umanità fisiologica ma mùms h.,bem

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