Vita Nova - anno I - n. 2 - 31 marzo 1925

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ANNO I. Numero 2 31 MARZO I 925 PREZZO LIRE 3,C!:O - C. C. P. • I . Pubblicazionequindicinaleillustratad. ell'Univ~rsitàFascistadi ·BolOgna ABBONAMENTO. ANNUO LIRE 60 \ FONDATORE: LEANDRO ARPINATI DIREZIONE E AMMINISTR. - CASA DEL FASCIO BOLOGNA - VIA MANZONI, 4 .. TELEF. 4-52 .. I EDITAA CURA DELLACASA DEL FASCIO I DI BOLOGNA VIA MANZONI, NUM. 4 • I • , .,, s·blio eca Gino Bianco ,• NUMERO SEPARATO LIRE 3,50 •

, I ... • I ....... SOMMA:RIO Saluto ai Gerarchi dell' Idea . '' VITA NOVA'' . Fiamme di fede-· in primavera operosa. - DINO GRANDI . Caterina Sforza è il Duca Valentino. - · SEBASTIANO SANI • I~ QuellO che l"esta di " Scarron " .. La donna, il ciabattino ed il patrizio .. , La Rocca delle Camniinate. 1 . ' Verso il Matto Grosso. I • · Racconto de Marinaro. . ' . Mario Vellani Marchi' Pittore. ' ~ LORENZO GIGLI - ALDO VALORI · - MARIO TORTORA - G. C. MAGNONI - EGISTO OLIVIERI - GIORGIO PINI I Rassegne e Recensioni. _:_ PAOLO SILVANI - DANTE MANETTI - GHERARDO . . GHERARDI.- A. ZAPPI RECORDATI- G. M. SANGIORGI- UMBERTOCOSTANZINI . ' -.. ELENCO· DEI COLLABOR-ATORI . BENITO Ml)SSOLINI - ALBINI GIUSEPPE - BELTRAMELLIANTONIO - BINAZZI BINÒ - BARBAGALLO . CORRADO - BIANCOLI ORESTE - BISTOLFI LEONARDO - BRUNATIGIUSEPPE - DE MORSIERFRANK · · . . I - DA -VERONA GUIDO ·- D·E STEFANI ALESSANDRO - DE MARTINO GASPARE - ERRERA CARLO - GOTTA SALVATORE - GUGLIELMINETTIAMALIA - GEMMA SCIPIONE - GENTILE GIOVANNI - GOVONI CORRADO - ·GIGLI LORENZO - GHERARDI GHERARDO. - GAIANUS - GRANDI DINO - ., . IVALDI FILIPPO - LIPPARINI GIUSEPPE - LEVI CESARE - MORETTI MARINO - MASI VINCENzo· - MARTINI FAUSTO MARIA.- NOSARI ADONE - NICCODEMI DARIO -. OIETTI UGO - ORSINI LUIGI . - OTTOLINI PIERO - PIRANDELLO LUIGI - PANZINI ALFREDO - PICCOLI VALENTINO - PENSUTI I MARIO - PUCCINI MARIO - PINI GIORIO - RUGGI LO.RENZO- ROCCHI LORENZO - SARFATTI . MARGHERITA - SANI SEBASTIANO - SANGIORGI GIORGIO MARIA ~ SAITTA GIUSEPPE - SERPIERI ARRIGO - SUCHERT CURZIO- SORBELLI ALBANO - TESTONI ALFREDO - TONI ÀLCEci - TERESAH . - VOLT - VITALI MARIO - VALORI ALDO - VALORI GINO - VALLABREGA CESARE - VARAL1DO I ALESSANDRO - Zl\l\JGARINI.CARLO'- ZANELLI C. F. - ·zAPPI RECORDATI~ ,, ILLUSTRATORI . ., BIGNAMI • BURATTINI : BURZI - CERVELLATI - DE CAROLIS - DUDOVICH - SCANDELLARI • TERZI - VELbANI ~ MARCHI - ECC. · • teca Girio Bianc

. ,. Salutò • al Gerarchid· ella Idea Mentre il secondo numero di " VITA NO V A ,, sta per vedere la luce, nel salone della· Casa del Fascio di Bologna, si chiude il Convegnò culturale del fascismo. L'aula magna della Università Fascista riccheggìa ancora all'eco della nuova parola rivelatrice ali' Italia della rinata passione civica; e risuona degli applausi coi quali, una folla meravigliosa, • ' composta da quanto di meglio vanta il. paese nel campo degli studi, sancisce il significato ideale • del raduno. Sono presenti deputati e senatori fascisti, o aderenti al Governo Nazionale; lutti i direttori d~ • I giornali e riviste di parte nostra, i rappresentanti degli uffici stampa e pro~aganda delle fe4erazioni; gli esponenti massimi degli istituti di cultura; i rappresentanti dei consigli tecnici; i capi della corporazione della scuola, e delle · professioni intellettuali; ed uno stuolo innumere'Vole di invitati tra cui: .. professori universitari, scrittori, pubblicisti, uomini d' arte e di scienza la cui fama, varcando i confini della Patria, rende glorioso il non1e d'Italia nel mondo. A queste note informative è negato perfino l'indugio .analitico della cronaca, e sarebbe una irriverenza scorciare quì l' ampio significalo del con'Vegno, di questa libera manif eslazione di idee,' con la quale fu offerto agli uomini di cultura il modo di conoscersi ed affiatarsi insieme, per poi procedere . . con fraternità di intenti all'opera del rinnovamento nazionale che è affidato, specialmente, alle gerarchie dell'intelletto. -- • J Noi salutiamo l'alto consesso, con le nostre parole più calde di fede auspicale; poichè, più in alto si agita la fiaccola dell'idea, e più risplende animatrice di maggiori ardimenti, e di più pure bellezze. L'anima del fascismo si ritempra, sopratutto, nel. tra'Vaglio · del pensiero, e là do'Ve l'ingegno . ' . vince, ivi prorompono in più feconda armonia, i cimenti .innovatori. E non ci sia imputato a superbia, se, per gli istituti di cultura già attuati, per l' Università Fascista che, con assiduo e sapiente lavoro, aiuta già il compito disciplinatore della scienza, Bologna_ fascista, nell'ospitare i Gerarchi della Idea, sentì di essere non· indegna erede di quella alma mater studiorum, ·che difese ed illustrò nei secoli, la tradizione culturale italiana. .. VITA NOVA • Biblioteca Gin Bianco '

\ Fiamme di fede • ID Molti motivi di soddisfazione e di esultanza la -quindicina politica ha riservato al Fascismo. Annoveriamo fra essi, in primìssimo luogo,. la ricuperata salute del Duce. Egli è in piedi di fronte al popolo italiano, egli è più forte e più guerriero che mai. L'.esplosione formidabile di entusiasmo che ha salu-, tato la sua apparizione al balcone del Palazzo Ghig1, la ·mattina del 22 marzo, .sesto anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento, ·dimostra come appassionatamente vibri l' anima popolare· intorno al ' . nostro Capo. • . Egli ha detto alle Camicie Nere dell'Urbe: « Non so resistere al desiderio di farvi sentire la mia voce. Non solo perchè ciò vi farà piacere, ma anche per dimostrare che l'infermità non mi ha tolto la parola. La mia presenza a questo balcone disperde d' un tratto un castello di carta a base · di ridicoli « si dice « e di miserabili « corre voce »·... Voglio invece dirvi, io, che siamo a primavera ed ora ·viene il bello. Il bello per me e per voi, è la ripresa totale, integrale del1' azione fas_cista,sempre e dovunque; contro chiunque. Lo volete voi ? ~ .. . . Tutti i fascisti, come quelli di Roma, rispondono ad una voce : sì. La nostra fede, totale ed assoluta, fiammeggia in questa primavera. . Non abbiamo paura della solitudinè, perchè essa indica che il passato è ~en morto, che nessun peso di patteggiamenti e di rinuncie dobbiamo ora trascinare con noi nel nostro ancor duro cammino. Dopo sei anni di lotte, di sacrifici, di vittorie ma anche di, esperienze buone e cattive, di prove pericolose e · tragiche, I' azione fascjsta è ancora in gr~do di riprendere secondo la parola del Duce, integralmente e totalmente. Gli ·avversari ciechi continuano a fare della ironia sulla rivoluzione fascista ; il Fascismo ha viceversa gli occhi bene ·aperti e vede col) straordinaria chiarezza la meta. , Fra le ceri~onie·, con le quali, in tutto il Paese, si è celebrata la data della fondazione dei Fasci ricordiamo quella di Roma e quella di Bologna. Quì il fascismo _bolognese. si è stretto intorno ad Enrico Corradini, là Roberto Farinacci ha gettato ai fascisti dell' Urbe le . parole della pura fede· e dell' indefettibile entusiasmo. Gli oppositori hanno notato che il discorso del Segretario del Partito è stato di tono forte. Naturalinente, oggi il Partito non ha nulla da rinnegare. Non può e non deve rinunciare a niente. In questi giorni è giunta a maturazione l' espe-- rienza sindacale fascista. - Bibl. teca Gino Bianco , • operosa primavera Questo è un ·campo nel quale l' incomprensione, la stupidità, e 1~ malafede dell'antifascismo, avevano scorazzato in lungo o in largo. Ma d' ora in poi non sarà più permesso dubitare che anche in materia sindacale, anche al problema superbamente 'vivo dell'organiz- · zazione dei produttori nella società naziònale, il Fascismo ~ non aderisca con tutta l' originalità del suo spirjto e l'immediatezza della sua sensibilità. L'accordo fra i Sindacati e gli Industriali è stato raggiunto mediant~ la dimostrazione di 'forza data dai primi, e lo spirito di collaborazione dimostrato dagli uni e dagli altri. Ma questo successo del Sindacalismo Fascista riceve tutfo . il suo rilievo dal Confr<>ntocon l'atteggiamento del1' organizzazione rossa, la Fiom, la quale ha tentato di riprendere la direzione dello sciopero, e di farlo proseguire ad oltranza, per dimostrare che soltanto ad ·essa le masse ancora obbediscono. Il tentativo è fai- , , lito in, un paio di giorni. Inutile discutere sull'.entità aritmetica delle rispettive forze del sindacalismo .. t sovversivo e di quello nazionale : Il fatto importante è la rottura di quell'incantesimo in cui la organizzazione rossa aveva tenuto fin qui il Paese, millantando verso • le masse un credito che ormai, per virtù del Fascismo, ha definitivamente perduto. Ricordiamo per concludere, il proficuo svolgimento dei lavori della Camera, e l'ampia discussione che I ha avuto luogo sul preventivo 1925-1926 dal Mini- .stero dell' In.terno. Il bilancio è stato approvato con , soli 16 voti contrari, dopa u~ discorso di Luigi Fe- . derzoni che su tutti i punti del dibattito politico ' .) • .odierno à mostrato quale assoluto distacco separi la · azione ·del Governo Fascista ·dalla nullità ideale e . pratica degli oppositori . Questi invano tent~no di sfruttare a proprio vantaggio la vitalità di certe questioni, come quella della - libertà, che non meritava davvero di cadere nelle mani sporche dell'antifascismo. 1 La perfetta definizione del nostri avversari è contenuta nelle seguenti parole dell' on. Federzoni. « Le opposizioni dell' aula e fuori, che forse· sotterraneamente sono d' accordo, mostrano di non aver alcuna capacità produttiva ». Esse vivono infatti, d' espedienti in margine alla politica, che è e non può non esserie aperta alle competizioni di idee e di forze vive. Le forme degli oppositori sono contradditorie fra · loro e, comunque, rispecchiano situazioni sorpassate .. Il Fascismo, invece, è tutto nel presente. DINO GRANDI

Caterina Sforza e il Duca Valentino Tra il cozzo~ furente delle passioni e dell' armi, fn m'ezzo al ~anguinante dramma italiano che comincia colla calata di Carlo VIII, spicca alta e fiera, Caterina Sforza, animo virile in bellissimo corpo muliebre, donna singolare e sventurata che scontò la propria grandezza con una sconfitta che è la sua gloria più vera : l' epilogo eroico di una vita politica alimentata I dalla più legittima delle ambizioni, sorretta da una mente duttile, acuta, preveggente ; avversata, soprafatta e tradita, prima dagli uomini, e dalle invidie ed imbelli viltà altrui, che dal destino. La contessa di Forli è figura michelangiolesca. In lei, non tanto il carattere del signore quattrocentesco, si • • • • • • riassume come 10 s1ntes1 s1gn1ficativa, ma lo spirito guerriero dei grandi capitani del tempo, condottieri d'uomini e reggitori di stati, trova in lei. la sua espressione più originale e definitiva. Non per nulla Caterina è una Sforza; non per nulla ha nelle ve~e il sangue degli Attendolo. La stigmate della razza, in lei, è come un comando della vita istessa, meglio che una eredità di carne e di spirito: Mentre Caterina si batteva sulla rocca di Forlì, il Duca_ di Mantova e quello di Ferrar a, si solazzavano in caccie per le terre di Comacchio ; Firenze . tradiva restando assente dalla contesa. Singolarissimi tempi: e vicende ancor più singolari. Chi dice principe della rinascenza, dice egoismo politico antinazionale; l'onore subordinato ali' utile, la ragion di stato identificata coli' interesse personale e privato del. principe stesso, il quale sarà fastoso, munificente e prodigo, come vuole la rettorica usuale, ma in modo che la realtà dimostri quanto coteste virtù occasionali o cortigiane soltanto, ne orpellino l'ambizione, la vanità e l'utilitarismo angusto. Tutto il gioco pol~tico del rinascimento fino al sacco di • • e, caso raro tra I tanti, questa CATERINA SFORZA: CONTESSA DI FORLÌ . Roma, o poco oltre, ha per movente la conservazione e l' ingrandimento dei singoli stati; per modo che si svolge su una alternativa continua di tradimenti, di favori prezzolati o servili, di pattuizioni spesso codarde ma fruttifere, di traffici allo scoperto esercitati sotto il pretesto della neutralità, con indicibile profitto delle casse private, ma altrettanta e palese ostentazione di una fellonia d' avventurieri, cui mal donna è #più grande nella realtà della storia, che nella leggenda. La leggenda la trasfigura e I' impicciolisce, ci dà di lei una immagine· defor~e. Le toglie gli attributi maggiori che sono : l' impeto, l' ardore, il calcolo, non in discordanza di libera signoria, ma contenuti, se non arm~nizzatj assieme, dentro ali' animo gagliardo, da una volontà tenacissima. Il vigliaccume italiano dei suoi tempi, I' ammirò, la temette, la tradì, la rimpianse dopo il vituperio, vittima di una ambizione brigantesca e simoniaca ; e più la commiserarono coloro' che più essendole vicini, per favori ricevuti e doveri da compiere, I' avevano più presto abbandonata alla bufera scatenata contro di lei da Papa Alessandro con la complicità tiepida sì, ma effettiva, delle armi (rancesi. -5 ' Bibli teca Gino Bi neo servono d' usbergo, come pel Duca di Ferrara, nella· guerra di Romagna, il caso di forza maggiore, l' impotenza ad evitare la violenza. E così Ercole I guadagnava il pedaggio· (e non · soltanto quello) delle truppe che il duca Valentino conduceva da Milano contro la contessa di Forlì; Francesco Gonzaga taceva sì ,alla richiesta d' aiuti, ma negando al Valentino munizioni per le artiglierie, risolveva il difficile problema di parere amico della contessa e non nemico del Borgia, e serbavasi ali~ future difese dello stato, se mai il Valentino, vittorioso in Romagna, avesse voluto coronare quella vittoria con nuove guerre ai principi vicini : Firenze tradiva, dicemmo, con la facile ed interessata volubilità delle repubbliche, e la Serenissima, nemica irriducibile della ..

Sforza, gettava nella bilancia della guer~a, tutto il peso della sua potenza, e l' odio verso colei, che non aveva mai voluto scendere a patti col leone di San Marco. . . \ I signorotti di Romagna tacevano ed aspettavano con ·nell'animo un antico livore di vendetta : i) popolo · di Forli abbandonò la sua Signora, ed illuso di ~utar stato col mutar di padrone, aperse le porte all'invasore. Dicembre 14991 Le truppe del Valentino, gli svizzeri ed i france~i, venuti più p~r patto che per dovere, alla mala impresa, accampano attorno alla ~ rocca entro la quale Caterina Sforza si è asserragliata con tutti i suoi fedeli e gli asso I- : dati. Il dramma è al suo,epilogo. Nella rigida purità delle giornate invernali sorrise da un sole incantevole, nelle notti . lunari che l' avvicinare della natività fa belle e tranquille come per mistico diffondersi di un'aura di pace, a con- . trasto con tanti apparecchi di morte, si svolge l'ultimo atto, breve ed immenso, nel quale, il coraggio di una donna; sbarra il cammino ad un autentico brigante in assisa di soldato. _ I • .. principe e di padre, quando Caterina con recise e crude parole ricusò di accogliere in casa propria sposa del suo figlio maggiore Lucrezia eorgia ;..ma u tale sentimento non sarebbe mai bastato e non bast" infatti da solo a scatenare sul capo e nello stato di Caterina ~utti i fulmini d_ell'ira ponteficia, se la ragione politica per la quale Alessandro VI voleva potente il figliolo, non avesse trovato nella Ròmagna dei Riario, l'ultimo suo campo da preda. Il metodo dei matrimoni, usato come mezzo e fine per dare al figliolo uno stato in Italia, il quale' fosse il principio e la salda base di- una più vasta e durevole potenza, aveva procurato éll papa amarezze e disinganni significativi, sicchè mancatqgli Napoli, non potendo pensare alla Toscana, si volse alla Romagna eh' era feudo della ' chiesa. E sempre facile trovare in torto di inadempienze i propri feudatari, a quel principe eh~ ne abbia deliberata la rovina ; e cotali . colpe si prestano mirabilmente a for- .. nire argomenti giuri~ici, che, per l'imputata fellonia, diventano nelle mani di chi li ha fabbricati con malizioso inten- . . dimento, una arma di offesa, ed un alibi di difesa effica- • • • c1ss1m1. Non si può, in nessuna guisa giudicare Cesare Borgia, conforme l'opinione corrente fino a ieri nella ·storiografia CESARE BORGIA: IL DUCA VALENTINO Così per Caterina Sforza I Deposta con bolla ponteficia sottoscritta da 17 carufficiale; e la ammirazione --J. ma fu poi tale davvero, o non anche essa un elemento letterario? - del Macchiàvelli, pel figlio di Papa Alessandro VI, non basta per fare di lui, un uomo ed un guerrierQ diverso da quel che fu. L'impresa di Romagna non è guerra, ma una scorreria di predoni. Divenne guerra solo perchè Caterina Sforza non intese arrendersi senza usar le armi davanti àl volere del papa; e nobilitò col suo. valore personale, la impresa, istessa. La quale prima che dal Valentino fu voluta dal papa. . Contro la contessa di Forlì, Alessandro VI nutriva un antico rancore sgorgato forse nel suo cuore di dinali, come « figlia di iniquità », sotto l' a~cusa speciosa di aver male usato della. propria indipendenza feudale, dando a soldo delle truppe sue ai nemici della chiesa, la Sforza di Forlì si apparecchiò alle difese. , ' .' V enivan co~tro di lei le truppe del Valentino, i soldati di. Luigi Xli ·ormai padrone del ducato di Milano, ed Ella, pur sapendo che con abili manovre avrebbe potuto scendere a patti, repugnò da ogni idea di intesa e, .per un senso d'onore che in. mezzo alla corrotta politica del tempo parve a tutti dissennato, sfida a cuor sa-Ido gli eventi, e si asserraglia nella rocca come un'aquila nel suo nido più sicuro nell'infuriar della bufera. -6Biblioteca Gino Bianco •

I La resistenza fu lunga, le prove di valore innumerevoli, la costanza pari alle difficoltà, i propositi incrollabili, tanto che il Valen_tinp disperando d' aver ragione colle armi della nemica, tentò di vincerla con . le lusinghe e le promesse. · Il colloquio fra Cesare e Caterina è uno degli episodi più drammatici di questo assedio mer~viglioso. Dall'alto della torre la Sforza; il Borgia a cavallo, • . • -► ---- .._.. ...,.___ _...,_., ____ ... --- • tata, della vita di questa donna, perchè è appun'to la donna che sconta ora, in sè stessa, la rovina della contessa. Quel che accadesse nei gior~i 'seguenti la sconfitta in casa di Numai, è notorio: Il duca Valentino volle coronare la conquista dello stato, con il possesso della signora caduta in sua signoria. E l' ebbe! ma come e perchè ? LA ROCCA DI RAVALDINO ESPUGNATA DA CESARE BORGIA; ai ~limiti del fossato esterno della rocca, parlarono brevi ed inutili parole. Ella non. piegò d'un pollice. Egli provò il suo scarso ingegno politico ancorchè si sforzasse di trattare madonna con tutte le arti 1 della cavalleria; in fine si separarono più nemici di prima, e . la lotta ripresa con la furia della disperazione da ambo le parti, finì con la vittoria del Valentino. La storia dice per tradimento. Non è provato. Forse per un equivoco di bandiere bi~nche sventolate dagli spalti durante la mischia. Comunque il Valentino francò il passaggio camminando sui morti accumulati,. e padrone della fortezza trasse prigione la castellana non doma in casa di Luffo Numai. E,d eccoci alla pagina più oscura, ma più tormen- ' I più concordano nel dire che. fu per atto di maschile violenza : versione non contrastante anzi conforme al nobile carattere del soldataccio allora già . tocco dal mal francese ; ma versione eziandio troppo semplice, smentita da certi discorsi popolari, ·concor- · danti, alla loro volta, col carattere della contessa ; e per questo più degni di esame, e direi, chiarificatori del mistero impenetrabile che avvolse la casa entro la quale, vincitore e vinto, vissero soli con la loro anima e la loro carne. V ero che, esasperato perchè Caterina salvandoli coò la fuga tempestiva gli aveva tolto di sotto mano i suoi figlioli. il Valentino potè proporsi di vendicarsi su di lei crudelmente, vero che a un uomo della sua -7Biblioteca ·Girio Bianco •

' ----... ---· .... -- PINTURICCHIO ~ L'Imperatore Massimino (Cesare Borgia) Par1lcolarel della disputa di S. Caterina : Appartamento Borgla ' BibliotecaGino Bianco

iama la gioi~ di infliggere alla vittima l' ultima umiazione, dovè apparire necessaria e doverosa, vero he la brutalità calda di vizio poteva essere stimolo otente a far più .saporosa la vendetta ; ma si può redere che la contessa cedesse al despota solo perchè ndifesa·, solo perchè minacciata, solo perchè tormen- - ala in mille guise senza tregua, e senza pietà~ I codici vaticani parlano di o~ribili sevizie di « strazi crudeli » ; ma tali codici aggiungono che le torture furono iterate perchè la contessa si mostrava fieramente riluttante contro il suo crudelissimo per .. secutore. Il Valentino istesso si vantò dell' oltraggio consumato, ma cotesta vanteria prova con certezza il cavalleresco cuore del duca,· non altro, non di più. •A rigor di termini lascia credere il contrario di quello che dice, perchè è difficile persuadersi che una donna di tal tempra, inviperita sopratutto dalla prigionia, esasperata dal contegno del carceriere, cedesse a lui, tutta sè stessa affranta e rassegnata. A me ripugna crederlo, nonostante che sia difficile spiegare certi atti contradditori dell'animo umano, e di quello femminile in • • 1spec1e. .. ' ' .- Ed a negar fede al fatto materiale così come vien narrato, mi conforta quello che si andava dicendo in quei giorni, ed un. cronista raccolse con chiare parole. Si _diceva in sostanza questo, che : nei rapporti tra la prigioµiera éd il Valentino, non potevasi ormai .più dire quale dei due fosse il vinto, e quale il • • v1nc1tore. I Nè· questa può essere stata una pura intuizione, o una poetica interpretazione di popolo desideroso· di sapere che facessero quei due personaggi, uno dei quali, volontariamente, viveva assieme con I' altro. O Luffo Numai, o qualche scherano, o i domestici che servivano nella casa, devono aver chiacchierato. Di qui non la leggenda, 'ma la certezza che, l' ultima resa della contessa, fu atto volontario. Giocò ella l'ultima posta, sperando che la bel- , lezza agognata del suo corpo ·fosse il tranello demoI . litore del disegno del V alentinp~ e delusa poscia, rafforzasse quel senso di schifo e l' odio che sempre, . da allora in poi, riutrì palesamente verso il suo aguzzino~ ' E lecito congetturarlo, ' perchè in casa Numai, Caterina Sforza potè forse commettere il suo ultimo errore, non certo l'ultima viltà. SEBASTIANO SANI I LA CHIESA DEL PIRATELLO: CAMPANILE SFORZESCO -9- ' ' Biblioteca Gin Bianco '

QUEL CH.ERESTA DI .,, SCARRON" ~ In piena Fronda, il poeta Scarron vide entrare una mattina nella sua camera d'infermo una giovinet\a singhiozzante. Era Francesca. d' Aubigné. Dalla seggiola nella quale il terribile male aveva costretto a trent' anni il suo corpo anchilosato, il poeta "levò gli occhi sulla apparizione, e tutti i presenti interruppero i lieti conversari che trasformavano quella camera di tortura in un delizioso e ricercato lÙogo di ritrovo • dei più bizzari intelletti dell'epoca. Scarron vi teneva cattedra di stile burlesco e guidava, agguerrito capitano, la reazione contro il preziosismo. Non è da dire che gli mancassero i successi editoriali, perchè le ristampe delle sue opere, dal Tifone al Romanzo Comico, andavano a ruba, e i parigini del decimosettimo secolo si mostravano più sensibili alla irresistibile comicità di Enea, lagrimoso eroe nel travestimento scarroniano del poema latino, che agli altri lai dei pedanti offesi da cotanta irriverenza. Il destino mise di fronte Scar- • ron e Francesca quasi col proposito di offrire al poeta burlesco un altro motivo autobiografico per le sue pa- ., rodie della realtà, collocando accanto alla sua persona deforme e ripugnante, un corpo d'angelo. Dal èontrasto si sviluppa la duplice personalità del poeta, e negli ultimi anni della sua vita il # marito canuto assume un aspetto tra grottesco e tragico di innamorato geloso, sul quale la realta si ven- , dica delle inesorabili burle del poeta contro gli uomini e la sorte. Francesca era venuta a !ui reggendo il peso della gloria dell' avo Agrippa, e della vergogna del padre, falsario, ed assassino, emigrato prima alla Martinica, . poi tornato in Francia, ove menò una vita vagabonda, sregolata e miserabile, metà della quale passò nelle prigioni de la Rocchelle, di Angeri, di Parigi e di Bordeaux. La moglie, che aveva voluto dividere con lo sciagurato, I' ultima sua cattività, mise alla luce Francesca nelle Concie.rgierie di Niort il 27 novembre 1635. \ - IO Bibliotec Gino Bianco La vita della fanciulla, non fu senza miseria, nè senza romanzo. Ricevette il battesimo, ma poi, fatta più ·grande e recatasi a vivere presso la zia De Vii~ lette, una calvinista intransigente, vi rimase fino alla uscita del padre dal carcere. Il padre, liberato subito dopo la morte di Richelieu, prese seco la figliuola e ·la condusse dalla madre a Parigi. Per la prima volta, Francesca, o come la chiamavano vezzeggiandola nel Pitou, Bignette vedeva l'autrice de' suoi giorni, e fu accolta con tanta freddezza che piangendo, rimpianse di aver lasciata la zia. Preso dal suo istinto nomade, e anche dal bisogno del guadagno, Costante di Aubigné, lasciò la Francia, e con tutta la famiglia fece vela di nuovo per l' America. Francesca si ammalò lungo il viaggio. La credettero morta, e stavano per gettarla in mare, quando la di lei madre, volendo~a vedere per l' ultima volta, s' accorse che respirava ancora . I poveri e tristi emigranti, giunsero• così alle Antille, a MariaGa- . lante, dove però non fu loro possibile di restare, perchè l'isola, era popolata da selvaggi. E si spinsero fino ali~ Martinica, dove dimorarono più di due anni, dal giorno dell'arrivo, a quello della morte di Costante. Anni duri, vissuti sott~_ la vigilanza della madre, che educava i figli con una severità intransigente. · Rimasta senza il capo, la famiglia, tornò in Francia, povera com'era partita ; e Francesca fu· di nuovo raccolta dalla zia D~ 'Villette, che, riprincipiando la sua opera di proselitismo, riuscì a converti~e la nipote giovanetta al protestantesimo, che era stata la religione del suo nonno. Da questo momento la vita della povera F ràncesca, acquista una certa notorietà. Il suo protestantesimo, disgusta la moglie del Governatore di Niort, dov' ella abitava, che, per piacere ad Anna d~Austria, combatteva a gran forza gli eretici. Fu presa, da questa dama, zelante ma avaris-

sima, e messa prima ad aiutare i domestici, poi, nel Convento delle Orsoline che, la rinviarono alla famiglia, la quale alla sua volta, la rinchiuse nel Convento delle Orsoline di sobborgo San Giacomo, donde la infelicè, scrisse una lettera supplichevole alla sua troppo dura protettrice, ed ali~ zia. Lettera sprecata. Francesca - rimase in convento fino ai 14 anni. Dal convento tornò presso la madre, che viveva di scarso pane, e di molto lavoro in una piccola camera di via T oumelles. '-· · Francesca mostrava, già, nei fiori virginali della sua giovinezza, quanto bella • avvenente, e graziosa, sarebbe diventata la donna, e coteste sue grazie furono il principio e... la fine della sua vita inopinatamente avventurosa. Scarron abitava poco lungi dalla sua casa. - Un gioco del caso la mise in presenza del poeta, proprio quando con la rinnovata sua fantasia di malato egli inseguiva vano chimere di risanamento. Gli avevano parlato di medicine miracolose in paesi esotici. Qualche amico, ., reduce dai mari delle Antille, gli aveva descritto le isole lontane come paradisi terrestri, luoghi di de- ' lizia, di sogni colorati e di vita sana. I moribondi vi • risuscitavano, la gioia fioriva dalla terra -p-romessa. Codesti racconti dei reduci delle terre provocarono · in Francia, negli anni ·1651 e 52, una specie di suggestione collettiva: e i coloni partivano a migliai~ per I raggiungere i lidi ospitali. Vi fu dunque un momento nel quale Scarron, si lasciò prendere al miraggio e si vide trasformato dall' azione del sol~ purificatore in un saldo cavaliere dai garretti elastici. Non era il desiderio di ricchezza che lo attirava verso l' Eldorado, ma la speranza della salute. Provvide a farsi socio di una spedizione che intendeva colonizzare la .Guiana e convertire gli abitanti al Cristianesimo, e si i~pegnò a versare una certa somma a fondo perduto, sicuro di ritrovare laggiù benefici materiali e morali, e, con la freschezza del corpo, anche qualche ingente gua- .. dagno: Fu durante questi preparativi e nell' attesa del viaggio eh' era stato rinviato di qualche mese, che Scarron vide Francesca, e potè leggere alcune lettere della giovine guardiana di oche. La lettura· lo commosse e lo entusiasmò, poichè la corrispondenza rivelava nella fanciulla un. raro senso della vita, una precoce lucidità di mente snebbiata dalle sciagure. Scrisse · ·· iri termini ammirativi le · ~--"' . -:/ sue impressioni alla parente ~- ~ :i.. . ~i li:~·.~ che custodiva Francesca, e v'I~ \ --....... la scaltra ed avida 'donna premeditò la consegna del- ..la giovinetta al poeta ma- . lato. Che poteva pretendere Francesca d'Aubigné, orfana e povera, destinata alle condizioni pjù dure della vita servile o della galanteria ~ Si stabili tra Francesca e Scarron una corrispondenza della quale restano pochi frammenti, la cui autenticità i biografi · del poeta mettono generalmente in dubbio, scandalizzati dalla abbondanza · delle grossolane facezie che vi leggono Era questo un costume del tempo di cui a:poeta largamente approffittava, e non è elemento tale da distruggere l' autenticità delle lettere, sol che si pensi al genere di poesie dirette da Scarron ad amici ed amiche, conparecchi dei quali aveva lunghi debiti di gratitudine : ad esempio, la· signorina di Hautefort si sentì lodare, in versi, d'altra parte d'una grazia squisità, qualche occidua zona del suo bellissimo corpo di solito gelosamente vietato agli sguardi indiscreti. Al matrimonio il poeta e la fanciulla si decisero quasi senza avvedersene : egli per avere una persona devota che lo curasse, ella per non essere costretta · ad entrare in un convento e per darsi uno stato. E intanto Scarron pensava che la sposa lo avrebbe poi accompagnato nel viaggio equinoziale, ed avrebbe assistito a la sua resurrezione. - 11 - Biblioteca G'n • 1anco

/ Je vais dans r Amérique où régne le repos Sans froid. sans guerre, sans impòts ..• Je vais galantiser les filles des lncas Et dormir en dea amacas... , Si congedava dai parigini così dopo aver legato a sè per la vita Francesca d' Aubigné. Il contratto di nozze fu steso nel pomeriggio del 4 aprile 1652; e la scena è stata ricostruita piacevolmente da qualche biografo antico, secondo il quale il poeta avrebbe dichiarato che riconosceva alla , sposa « quattro luigi di rendita, due grandi occhi assassini, un seno delizioso, due belle mani e molto spirito », e che a guisa di dotaria le assicur~va , l'immortalità. La prima notte della giovinetta e del poeta rattrappito passò in una patetica tristezza, .e sin dalle prime ore la sposa si trasformò in un• infermi era. Durante la strana luna di miele che tenne dietro a questa alleanza della bellezza e della deformità, la necessità di sottrarsi alle proba bili rappresaglie di Mazarino che stava per ritornare, persuase il poeta a lasciare Parigi per una proprietà nei dintorni di Amboise. Dopo qualche mese d' esilio, la coppia ritornava alla capitale, ri ... messa ormai ogni idea di par ... \ tire per il nuovo mondo. Tristi notizie giungevano dai coloni di laggiù, e la chimera tramontava. La coppia riprende la vita . . . par1g1na 10 una casa nuova, che tra disavventure e rovesci il poeta burlesco • battezza « l' Hotel de l' impecuniosité ». Ivi Francesca trascorre la sua vita grigia.Toccava a Ninon de Lenclos,. che aveva commentato malignamente il matrimonio, il compito di lanciare la futura madame Maintenon nella vita avventurosa. Fu in casa sua, nella famosa camera gialla, che Francesca ebbe i primi conv~gni col bel Villarceaux. Che ne pensava Scarron? « Il marito - assicura va un biografo - si burla di coloro che hanno voluto insinuargli qualche sospetto ». Apparentemente si, ma restono dei versi ed una lettera Biblioteca Gino Bianco 12 ricolmi di ama1ezza che non ammettono dubbi sui veri sentimenti del poeta. Nella monografia di Emile Magne su Scarron sono citati passi caratteristici d' u~a poesia e di una lettera indirizzata a N inon de Lenclos nella cui casa galeotta si ordina l' intrigo sentimentale ai danni del malato. E coloro che ne portarono sul teatro la figura, come Catulle Mendés, hanno potuto trarre partito da questa situazione, rapresentando le furie del poeta burlesco nel cui volto la tortura della gelosi~, si fissa in tragiche smorfie. Nella scena del tra ... passo, Mendés mette in bocca di N inon i versi dell' epitaffio preparato dal poeta pochi giorni innanzi alla morte : ... Passant. ne fais ici de bruit, garde bien que tu ne I' éveilles, car voici la premiér nuit que le pauvre ·Scarron sommeillt'. P otè infatti so~ridere sino all'ultima ora, e si congedò dalla vita con un motto ài spirito: « Mes enfauts », disse a coloro che gli stavano intorno piangendo, « vous ne pleurerez jamais tant que je vous ai fait • r1re ». Con questo carattere di originalità Scarron prende posto nella storia letteraria del secolo d' oro, opponendo al pe ... dantismo ed al preziosismo lo andidoto del burlesco : egli, che per · le sue condizioni fi... siche e per il martirio di tutta la sua miserabile esistenza, era necessariamente lontano da ogni possibile serenità . Eppure questa sua posizione, eh' era in definitiva di critica e di controllo, egli mantenne con inesauribile fecondità di risorse, ed ebbe· sin presso la soglia dell' al di là il riso fresco e genuino che gli fioriva in abbondanti polle dall' anima ilare, prigioniera di un corpo deforme. Non per nascita, tuttavia, ma per infermità. Era stato un bell' abati~o galante, aveva goduto la vita libera, esaltate le gioie dell' amore, dei divertimenti mondani, della buona tavola ; poi d' improvviso una triste avventura l' aveva buttato in mar-

gine, tra i rottami umani. Il culto della sincerità e della chiarezza fu in lui la più forte d'ogni personale· rancore contro il destino, e la sua opera saporosa è . una sfida d' uomo di gusto. Contro il destino egli reagì così, creando dalla sua sedia di malato il burlesco e agendo in pieno pedantismo, in favore del senso dell'ordine e della misura. Un psicologo e uri realista di prim' ordine, e un delizioso pittore di costumi, che attingendo al fondo popolare arricchisce la lingua del tempo !d' una quantità di espressioni pittoresche e geniali. Quanto devono gli scrittori di poi all' autore del Roman Comique e al creatore del « lever de rideau ? » Tutta, l' opera di Scarron conta nella inemoria di Moliére: si confrontino le Précieuses e il Misanlhrope con l' Hérilier ridicule, l' Avare col Chatiment de l' avarice, Tartufe con gli Hjpocrites. Il suo arguto e chiaccherone Jodelet è il capostipite dei servi bricconi d' ogni tempo, e lo zio d' America compare per la prima volta sul teatro nel suo H éritier. Ma dove questo maestro del riso palesa la genuina natura della sua gaiezza, che diventa parodia nel . travestimento virgiliano, e satira nella Mazarinade, è nel Roman comique, opera della sua giovinezza felice, sebbene la prima ~ parte uscisse nel 1658, con una punta di patetico e di generosità. Il Roman comique, documento unico dei co91:umi provinciali del Seicento, si riattacca .agli episodi della vita gioconda di Scarron giovine a Le Mans, patria dei capponi. Deliziosi banchetti, devotamente consumati in quell'angolo di provincia, tra epicurei degni · di poema,. e fanciulle tenere e delicate come le carni· del grasso volatile I Fu probabilmente ali' uscita da una casa ospitale che Scarron vide apparire nell'ombra del crepuscolo, il carro di T espi recante una piramide di valigie e di pacchi sulla cui sommità era issata una donzella in un curioso abbigliamento .tra villereccio e cittadino. I nomadi recavano alla provincia il dono dell'illusione e della vita. E Scarron li prese come gli erano apparsi e li trasportò vivi nel Roman: Angelica, La Rancure, Leandro, Floridoro, Destin, il poeta Roquebrune, « il più incorreggibile presuntuoso I che fosse mai venuto dalle rive della Garonna ». Costui era nobile, e s' era aggregato di sua iniziativa alla compagnia perchè innamorato d'una delle attrici (a questo punto è inutile avvertire quanto debba al Roman comique il Fracasse di Gautier) ma era così discreto, che nessuno aveva potuto scoprire quale delle due donne f asse l' oggetto dei suoi infuocati sospiri di gentiluomo poeta. Il bel Destin, dal canto suo, fa gran colpo su una matura signora del luogo, Madame Bouvillon, la quale « trés succulente commes toutes les femmes ragotes », predilige i giovincelli. La scena della seduzione da parte della matrona è d'una comicità irresistibile, e finisce con una crisi di sensualità rientrata. Altri personaggi dell' ambiente provin- . ciale entrano nel Roman del quale i biografi di Scarron danno facilmente la chi ave ; e la lettura apre· sulla società secentesca . del Maine singolari orizzonti; la presentazione dei tipi caratteristici della regione è una pittura di costumi d'una nitidezza spesso crudele, mentre gli episodi della vita dei comici sviluppano le osservazioni che Scarron aveva avuto campo di fare durante le sue frequenti e transitorie alleanze con lè compagnie · di passaggio, delle quali la originale « troupe » di Angelica è la felicissima sintesi. Nel Roman, per la prima volta, la pittura di costumi, fa le sue prove con l' ausilio d'una vivacità d'espressione della quale avanti Scarron non ci sono • esempi. LORENZO GIGLI - 13 - Bibli teca Gino Bianco

LI\ VO-NNA ~I\Tl<IZIO - i \I EN·CZl~HO Quantunque col Consiglio dei .Dieci vi fosse poco da scherzare, nel carnevale del 1 745 una brigata di giovani ~etteva ogni notte a soqquadro qualche sestiere di Venezia : ora si divertiva a sciogliere le gondole ormeggiate per mandarle alla deriva lungo i canali ; ora si precipitava a destare un medico o una levatrice perchè accorresse al capezzale di un gentiluomo o di una dama in perfetta salute ; ora mandava un· parroco ad assistere un preteso moribondo; ora penetrava in una casa gettando l'allarme del fuoco. Se, poi, taluno di quelli scapestrati riusciva a forzare la porta di ·un campanile, si attaccava alle funi delle campane suonando disperatamente a martello ;· oppure recideva I~ corde per far disperare il ~onzolo quando, la mattina presto, doveva chiamare i fedeli alla prima messa. Per tutta la c_ittà, era un lagno generale contro simili schiamazzi; nia nessuno riusciva a scoprire i disturbatori che, forti d' avere alla loro testa un patrizio veneziano, ne inventavano sempre delle nuove per dar noia al prossimo, aggirandosi mascherati · per calli e callette, per campi e campielli fino ali' alba. Così, capitarono, una mezzanotte, alla Taverna della Croce la quale rimaneva sempre aperta ai rari frequentatori - gente di basso ceto, che la nobiltà o la buona borghesia o gli artigiani agiati non avrebbero messo piede in simili luoghi ove si mesceva vino a modico prezzo, e si dava da mangiare quel poco di buono fornito da una vicina gargotta. La taverna era deserta : soltanto tre uomini e una donna, giovane e bella, vuotavano una bottiglia in una delle stanze attigue al.la bottega. Biblioteca Gino ■ 1 neo , - Venite con me - sussurrò il capo della brigata agli amici. S'.avvicinò alla piccola comitiva, e : - Sotto pena della vita - disse - per ordine del Consiglio dei Dieci, vi intimiamo di seguirci ali' istante. Voi, - soggiunse rivolto alla donna - non avete da te~ere. Sarete accompagnata a casa. Subito, due giovanotti s'impadronirono della donna, é gli altri afferrarono i tre uomini che, udito pronunciare il nome del Consiglio dei Dieci, non pensarono neppure d' opporre resi~tenza. L'oste, accorso a reclamare lo scotto, f1;1 pagato con l' imposizione di tacere, pena la vita. E la comitiva usci. Fuori, il campiello era deserto : un gondoliere dormiva su un barcone ormeggiato. - Ehi ! - gli gridò il Capo, mentre già faceva salire i tre prigionieri, lasciando la donna in custodia a due dei suoi - In nome del Consiglio dei Dieci, a prua, e vogare ! Parole magiche : il gondoliere obbedì in silenzio : uno dei giovani si mise a poppa per guidare il barcone. Attraversato il Canal Grande deserto; si inoltrarono per un dedalo di canaletti, e in meno d'un quarto d'ora approdarono ali' isola di San Giorgio. - A terra! -- ordinò allora il Capo ai tre pri- • • • g1on1er1. - Comandi ? - chiese, stupito, uno di essi. - A terra o in laguna : scegliete I . Quelli saltarono sull~ riva, e il barcone si allontanò rapidamente, diretto al campiello Ranier ove gli altri due amici aspettavano con la prigioniera. Accoccolata contro il muro, essa piangeva in silenzio, non osando parlare dopo le intimazioni ricevute ; ma, appena 14 - \ ,

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