Via Consolare - anno II - n. 7-8 - luglio-agosto 1941

la madre, al solito, lo guardava con P aria di dire ; « Senti ? Sii buono, studia, cerca di meritartelo, e affidati a tuo padre•· Ca. * piva tanto bene, Marcello, che nè babbo nè mamma ci credevano alle loro promesse. Però eran persuasi che ei credesse lui. E questo gli dava noia. No, suo padre, del suo lavoro, non avrebbe dovuto parlar così spesso. A farei grandi sulla misura di chi è tanto più in ba110 di n9i, ci si rimpiccoJisce. Ma come: suo padre, col suo cervello, non arrivava fin qui ? Se lui, Marcello, si fosse trovato nei euoi panni, non avrebbe mai detto niente di quel che aveva fatto, di quel che voleva fare. Mai niente. Non foss' altro per. chè si trovava davanti a sua moglie e a suo figlio. Tutto questo pensava Marcello appoggiato alla porta di cucina, mentre Maria spazzava e non gli faceva caso. Pensava, Marcello, e le idee gli si snodavano limpide limpide. Se avesse avuto accanto a sè una di quelle macchine che servono per inci· dere i dischi, certo sarebbe stato capace di mettere insieme un bel discorso col quale buttar giù, prima ancora che nascessero, tutte le risposte di suo padre. Pure - lo sentiva - se suo padre fosse stato lì, davanti a lui, e l'avesse guardato piegando la bocca e coprendo il labbro di sotto con quello di sopra, come sempre faceva io attesa di mettere in terra qualcuno con una frase sola, se suo padre fosse stato lì la lingua gli si sarebbe ingommata, coperta di saliva, e il cervello vuoto, vuoto, vuoto .... A uo tratto ii scosse. Ma suo padre non c' er~. E mamma, che era tornata su, in camera, certo per piangere con maggior libertà .... Obblighi non ee ne sentiva, non se ne poteva sentire, :Marcello. Però bisognava che andasse a vedere, a informarsi. Dopo tutto, almeno per quella sera (forse da quella sera) l'unico uomo di casa era lui. .. . Mamma piangeva sempre, seduta da vanti al cassettone. Un piauto calmo~ di persona eh' è già rassegnata non a quel eh' è avvenuto, ma a quello che, iuevitabi.lmeote, deve avvenire. ~farcello s' avvicinò, e lei si levò in piedi voltandvgli le spalle. - Giù. Che hai? Perchè non vai a l·euo? li ragazzo non rispose. Quelle mosse, e quella voce, di sua madre gli facevano intraveder cose gravi ; e pensava che, forse, non aveva il diritto d'accostarcisi prima. Pure, si provò. - E' vero che ha bbo parte ? - - Già. - E .... e piangi per questo ? - Scrollò la testa. - 1'' ho detto d'andare a dormire. Marcello ci rimase male e si ripromise, per sapere la verità, di stare sveglio tutta la notte. A una cert' ora suo padre sarebbe tornato; e qualcosa sarebbe bene accaçluto. Il ragazzo dormiva sempre in camera dei ge· nitori, in un lettino accauto alla porta. Non aveva che da mettersi le coperte fin sulla te· sta chiuder gli occhi se fosse stato necessario (suo padre, rincasando, lo veniva sempre a baciare), e, invece, tener gli orecchi tesi. Si spogliò e, in un attimo, fu sotto le lenzuola. La madre fece ahrettanto, e il ragaz• Fondazi~ Ruffilli - Forlì zo continuò per più di mezz'ora a sentirla sospirare e soffiarsi il naso. Poi, Marcello s' add?rmentò ; e di quel che sUccesse la notte non seppe nulla. Suo padre non partì, e babbo e mamma continuarono a dirgli che, la sera, doveva tornar Presto a casa. E s'accorse, il ragazzo, col La Nena si tirava dietro il figlio nudo come l' aveva messo al mondo, ma lui puntava i piedi per non seguirla. Anche scemo, sapeva cosa l'aspettava appena giunto a casa. - Non lo meritavo questo castigo di Dio. Quando avrò chiusi gli occhi mi sarò levata di dosso questa croce. - Povera Nena - dicevano le donne, slacciandosi il grembiule coprendole il fi. gJio - siete ben disgraziata con un mal di capo simile; fatelo ricoverare, sarà un bene per voi e non darà più scandalo. li corpo nudo delJ' Ambrogio era lustro al sole comè la schiena di un violino. Le ragazze scappavano strillando dentro le le porte commentando tra loro. L'Ambrogio intanto tremante, si tirava a destra e a sinistra il gozzo che gli dondolava sotto al mento, simile a una pafla nella calza. Ambrogio si riduceva a quel modo per colpa dei giovani del paese. Questi sape• vano come lui indispettito si strappasse le poche vesti di dosso e ci davano sotto per ridurlo in quello stato. Di male non ne faceva a nessuno, e gli si poteva dare un bambino in fasce da curare; ma quando lo eccitavano si dava pugni negli occhi e si piantava le unghie nella carne. D'estate, quando erano in pieno i lavori della campagna, Ambrogio girava tra i campiceJJi a portare fasci d'erba e di grano, o andava a prendere l'acqua fresca nel fiasco e poi a sera l'accontentavano con una mela o un ventiuo. Sua madre, qualche volta in pena, si sporgeva dal muretto vicino la chiesa, e lo chiamava forte per la valle con le mani alla bocca per farsi senti.re lontano. Giù gli rispondeva qualcuno, ed ella tornava a casa segnandosi tranquilla di aver sempre viva la sua croce. Molte volte lo sapeva al campicello con Don Enrico, e quel gior• no era quieta. Partivano al mattino subito dopo la messa, Don Enrico davanti col cap• pellone di paglia e la sottana arrotolata attorno alle reni, e l' Ambrogio dietro con gli arnesi e il cesto deJla colazione. Se per caso fosse successo qualcosa, che richiedesse il curato J' urgenza, la perpetua saliva il campanile e da li sbraitava finchè lui sentiva. Ma purtroppo era CPpilato ben poche volte. Si, purtroppo, perchè in quel paesetto tutti erano in salute ottima; nessuno moriva e pochissimi nascevano. Anzi, •1uan• do Don Enrico lo disse al Cardinale venuto in visita pastorale, per cercare di ottenere qualche sus1:1idio dalla Curia, il porporato suo cervello di dieci anni, che da quel gior• no e' era un'intesa nuova fra suo padre e sua madre. L'intesa di chi è stato scusato eenza volerne convenire e di chi ha scusato senza potersene far grande. CARLO MARTINELLI girando il discorso rispose ; - A si, voi dite che qui non muore nessuno, benissimo ; allora voi andrete a Milano ed io verrò qui al vostro posto. Così Don Enrico continuò a coltivarsi il campo e l'orto portandosi dietro l' Ambrogio; un po' per fargli strappare le er• bacce, e un po' per levarlo di mano a quei buontemponi del paese. lo premio, alla sera per il rosario, gli lascia va tirare le canipane, così l'Ambrogio andava in paradiso per la felicità. Uomini nei campi ce n'erano pochi, e quei pochi vecchi o inabili a scappare attraverso i monti con le bricolle in spalla. In quel paese di confine, dove la terra era scarsa su le rocce, quel poco che rendeva era rovinato dalla minima siccità. Quel ge• nere di lavoro notturno pieno di rischi, era l'unico modo per ridurre la miseria; e Don Enrico, al <lispiacere di trovarsi sempre la chie~a vuota, doveva ogni tanto correre su per i monti a schivare arresti, a deviare sospetti, chè le mogli andavano da lui solo quando c' erano disgrazie. Lui stesso qualche volta passava il confine, con la bottiglia della grappa in fondo alla tasca; la guardia al passaggio domandava al reve• rendo se portava niente di dogana. - La bottiglia dell'acqua santa - diceva mostrandola - se volete frugare. •- Ma non mi frugano mai - diceva Don Enrico • perchè sono tutti meridionali e a toccare i preti credono porti disgrazia. Nel pomeriggio della domenica dopo dottrina, Don Enrico andava pei viottoli di montagna attraverso i castagneti ; si inoltrava nelle boscaglie fingendo di cercare funghi, ma invece voleva sorprendere le ragazze sedute a l'ombra vicino ai finanzieri meridionali, dai capelli lisci e lucidi di brillantina. - àfarsc a casa - imponeva Don En• rico acceso in volto asciugandosi il sudore - a casa di corsa, senza vergogna, che poi <ruando avete il pancione alh,ra diventa buono anche il curato per rimediarci. Se veniste a messa e a dottrina, queste cose non succederebbero. E lei, signor generale • diceva al doganiere - curi i contrabbandieri che di qui non passano di sicuro. Lo sapeva bene Don Enrko quel che diceva, che ogni tanto ci scappa"a fuori qualche figlio a mettere sossopra le case. Doveva entrarci lui con tutta la sua autorità per evitare vere tragedie tra fratelli e allontanare la ragazza dagli occhi della famiglia finchè non si era trovata una si-

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