Via Consolare - anno II - n. 2 - febbraio 1941

q NE-TEATRO-RADIO RIBALTA Per reazione al formalismo verboso inconcludente e alla rappresentazione « teatrale » di fatti borghesi, elementi influenzatori nell'ottocento del teatro romantico in tutti i Paesi, nella seconda metà del secolo XIX, attraverso forme materialmente realizzatrici (vedi Teatro Libero di Antoine e " Freie Biihne » di Berlino) o spiritualmente affermate dagli stessi autori nuovi, i giovani di allora vollero abbandonare una vita irreale e retorica per portare sulle scene il linguaggio vivo del popolo, studiandone il bene e il male. Si può dire in perfetta coscienza che il teatro moderno - considerato sia dal punto di vista tecnico che da quello puramente artistico - abbia ricevuto una sensibile influenza da quello Russo. E nel repertorio (vedi Tolstoi.Andrejew Gorki Dostojewsky) e nella messinscena e nella regia (vedi Tairov, Stanislawski) i russi hanno parlato un loro linguaggiopreciso, dogmatico, assolutamente differenziato da ogni altra corrente di altri paesi e di gusti diversi. Questo loro linguaggio, impregnato tutto, sino allo spasimo, sino all'esagerazione illogica, di un soffio di esaltazione che non sempre si distingue da un soffio di follìa, di una immensa melanconia, di un'aspirazione assillante, ansiosa verso forme nuove e perfette di società, redentrici forse di un male insito nell'anima stessa degli Slavi, questo loro linguaggio, riflesso concreto della rassegnazione evidente di un popolo avvezzo a soffrire e a esser schiavo di tiranni, trova una propria sede di espressione vitale non solo nel teatro ma anche nella letteratura, nella pittura, nella musica e, più o meno, in ogni forma d'arte in genere. Il letteratume gazzettistico e giornalaio, purtroppo imperversante da noi e che sfasa quotid.ianamente, senza ricerca di profondità e di indagine, ma con incosciente superficialismo, nello spirito del lettore o del cultore, la realtà contingente, " pompando » fatti artistici di valore più che empirico, o da.ti sentimentali folcloristicamente romantici che non hanno alcuna tangenza con l'Arte, il citato e spregiato letteratume ha dunque creato ir. Italia un'immagine inadeguata della Russia. Essa è diventata, per antonomasia, il lugubre e sofferente Paese dei « mugik » frustati senza pietà, del volga volga, dei battellieri sfiniti dalla .fatica, delle chiese con le cupole a cipolla, dei balletti vertiginosi. La, mancanza di una indagine colta e seria ha dato un alone di « fascino slavo » a questa terra lontana, offrendola poi in pasto ai giornali umoristici e ai comici di varietà i quali, da vent'anni in qua, fanno tuttora lo spirito, acclamatissimi, su « O ciciornia ». sul principe emigrato che fa l'autista a Parigi et similia. FondazioneRuffilli- Forlì A cosa imputare questo « falso »? A nostro parere, attingendo per confortarcene a migliaia di esempi consimili, ragione di ciò è quel tronfio orgoglio mediterraneo, luminoso e solare, caratteristico dell'iialiano da guida turistica, che si concreta nell'amare la mandolinata, nell'andare a vedere il tramonto, nel « Napoli e poi più » nelle frasi « Italia giardino d'Europa », « Italia culla delle arti », ecc. E' la mentalità dell'indolente conremporaneo, che, sordo alle nuove realtà e alle nuove direttrici che analizzano la cultura rinnovata nostra, si adagia sul comodo giaciglio della abusatissima tradizione e si atteggia ad uso e piacimento dello straniero il quale, da deprecati esempi e da troppo giornalismo, ha ancora l'immagine dell'italiano caldo e focoso, aitante, coi capelli eolor caffè, emigrante ed eterno cantante dell'amore. Questa visione « turistica » o alberghiera del nostro Paese e della nostra sensibilità, oltre ad occultare ostinatamente quanto di vitale si è in Arte prodotto da vent'anni in qua, a vantaggio invece di una supina e sragionata adorazione per il passato, questa mentalità che si rivela poi nello spirito informante il " Premio Cremona » e nel teatro di Guido Cantini, oltre a deviare alcuni concetti essenziali per noi, ha contribuito anche ad adattare a codesto spirito partenopeo anche i fatti e i dati di altre nazioni, e, sopratutto, di altre civiltà. E' per ritornare, come dicono i francesi, « à nos moutons », riprendiamo il discorso sulla Russia. Da questa appassionata e ostinata asserzione di verità, contro ogni forma di vano e accademico idealismo, naturalmente si cadde nell'eccesso opposto ; non si vide cioè la verità che nella vita dei miserabili, nell'erotismo esagerato, nella negazione dell'ideale, in prigioni, ospedali, bassifondi, bordelli. Maniaci, epilettici, dissoluti, folli, disperati, malvagi popolano inesauribilmente il nuovo teatro d'allora e formano addirittura il pane per gli artisti russi. A parte la reazione lirica e naturalistica di Hoffmannsthal, che, in Italia, ebbe epigoni in Morselli e D'Annunzio, il teatro camminò in Russia e in Germania su quei cardini fino all'anteguerra, producendo i tedeschi Kellermann e Vedekind, brucianti forgiatori di lavori eccezionalmente potenti e spaventosamente realisti. Abbiamo tenuto questo breve discorso sulla Russia e sul teatro in genere slavo ed europeo della seconda metà dell'ottocento, poichè due opere di esso sono riapparse testè sulle nostre scene. La prima è « Il cadavere vivente » che ricordiamo nell'interpretazione languida incisiva nervosa di Alessandro MoisGiovanni Rosone: ·· La nascita di Venere..

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