Via Consolare - anno I - n. 4 - marzo 1940

, A camminarvi di sera in autunno lungo la strada romea che vien giù da Aquileia, par d1 camminare in un quadro fiammingo. Pialassa della Baiona, Marcabò, la Busona. Senti che nomi! Grossi, un po' truci, carichi come archibugi. - Tirate, bombardieri mii - diceva quel d' Este. - Messere messere - correvano a dirgli - i nostri colpi van tutti a cadere fra francesi alleati ! - Tirate tirate diveva - chè son tutti nimichi. Paesaccio d'anguille, nido d'aquile. Vai su. Hai lasciato dietro per il grand'arco adriatico le più gaie e affollate spiaggie marine, le più eleganti, dalle fresche ville fiorite. Sei presso le valli di Magnavacca, ai confini della Romagna. A tender l' orecchie par di sentire lo scampanio di Pomposa, la sacra squilla di Dante : più in là è Comacchio, è la Mesola ariostesca col suo gran castello e. i cervi e i daini muschiati nel bosco. E in fondo al Po della Gnocca, a Gorino, è finito anche il mondo. Vi ritrovi il fascino delle terre estreme, i vaghi incanti nebbiosi del nord, con di più quel colore e quei vini, quella cucina che lassù non trovi, e un affondarsi di secoli di cui non vedi il fondo, e la vicinanza immediata di quella Ravenna, e Bologna e Ferrara e Venezia che inutilmente cercheresti altrove. Poi nelle chiese di notte, pei mosaici assopiti è tutto un luccichio d'occhi di santi e di tiranni che attendono la luce dal mare. E quando l'alba viene, e i primi ad annunciarla saranno sempre i galli dell'Adriatico, è come se lungo la costa si riversasse con tutti gli ori e le gemme, con l'oltremare e il carminio, l'antico splendore dei mari d'oriente. · E con l'alta marea entra in chiesa anche il mare. Ma la Romagna è anche bella lassù, per i suoi monti, per quel che di luminoso e di sacro che è sui suoi colli come Bertinoro, e per cui è luminoso e sacro anche il vino ; bella per la sua forza, per quel suo buon mangiare grosso, proprio degli italici e dei popoli catto1ici, i soli che abbiano conservato la tradizione e la nobiltà della cucina badiale, della tavola eroica ; e perciò bella per quel suo fare casalingo di bongustaia che in mezzo alla festa rimbocca le maniche e intride la pasta per le lasagne ; bella per la sua gaiezza, per la giovialità dei suoi artisti e dei suoi eroi, bella sopratutto per la sua forza cittadina allineata lnngo la via Emilia: Rimini, S. Arcangelo, Cesena..... Ti vengono in mente l'estate al mare, le cipolle, le corse al trotto, il teatro lirico, Imola, Castel Bolognese, Brisighella..... Nomi da pronunziarsi adagio nella loro cadenza, in quel dialetto un po' spampanato che qùando vuole sa dare una stretta di distinzione a tutte le vocali. Rivai le glorie di Lugo, Uguccione della Faggiola, Borso d'Este, Baracca; la cavalcata di Carlo V e Clemente VII su Imola, i duchi messi a purgare da Dante, le soldataglie di ·Borgia. Dici Fainza: ti vengono in mente i primi istoriati, le maioliche delle corti di Francia, il suo S. Giovannino e la lotta dei conti della montagna coi conti del piano. Furlè lo pronunci largo, spiattanato come la piada, pensi il sogno dei re magi in San Mercuriale, i suoi Orgogliosi, gli Ordelaffi, i de' Calboli. E quando in piazza Saffi, nel convegno dei grossi mercanti, vedi passare le donne fra le cap16 FondazioneRuffilli- Forlì VIA CONSOLARE

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==