Via Consolare - anno I - n. 3 - febbraio 1940

nel cuore dei suoi contemporanei. Sul « Popolo d'Italia» del 21 Aprile 1922 scriveva: « Roma è il nostro punto di partenza e di riferimento : è il nostro simbolo, o, se si vuole, il nostro mito ». Un anno dopo dal balcone di Palazzo Venezia (24 Giugno 1923) esclamava: « Roma è sempre, e domani e nei millenni, il cuore potente della nostra razza. È il simbolo imperituro della nostra vitalità di popolo », per poi aggiungere, qualche mese dopo a Perugia che « Roma è veramente il segno fatale della nostra stirpe » (30 Ottobre 1923). Dopo il Golgota, è certamente il Campidoglio il colle « da secoli,_il più sacro alle genti del mondo civile ». (In Campidoglio, 21 Aprile 1924). Roma diventa così per Mussolini e nella storia ideale e nella realtà effettuale un' idea, una responsabili là, una mistica seria, austera, rei igiosa. « Romano è il Littorio, romana è la nostra organizzazione di combattimento, romano è il nostro orgoglio e il nostro coraggio » e noi « sognamo l' Italia romana, cioè saggia e forte, disciplinata e imperiale». « A Roma, tra quei sette colli così carichi di storia, si è operatc; uno dei più grandi prodigi spi-• rituali che la storia ricordi, ..... Noi pensiamo di fare di Roma il cuore pulsante, lo spirito alacre dell'Italia Imperiale che sognamo > (Udine, 20 Sett. 1922). La storia ha così trovato l'uomoche ha cementato la Roma antica con la nuova, la Roma della Repubblica e dell'ImperoVIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì con quella del nostro vivere odierno. Il suo compito era di quelli che fanno tremare non solo gli omuncoli ma anche i Grandi, ma egli ha avuto la tenacia incrollabile. Ed ha vinto. E vince. Perchè alla sua voce ha fatto eco la voce di tutto un popolo ; perchè egli ha non insegnato la romanità. ai suoi fratelli ma questa ha interpretato, continuato, sviluppato nell'animo del suo popolo, sempre sostanzialmente romano, sempre imperiale, mai, dico mai, antiromano, mai imperialista. Ma la romanità martellata dal Duce sullo spirito e la prassi degli Italiani d'oggi, sul pensiero e sull'azione, sulla cultura e sull'arte, non vuol essere e non è uno psittacismo sterile ed oziosamente ornamentale. Ogni estrinsecazione teoretica e pratica del Fascismo ricollegantesi idealmente e materialmente alle immortali figure ed alle grandi opere romane, ogni accenno di Mussolini alla Roma dell' Impero od a quella dei Pontefici, ogni odierno simbolo romano, dall'aquila al saluto, tutto ciò ·che di Roma il Duce ha ritrovato nel grande spirito del suopopolo è vivo, dinamico, attuale. Si potrebbe dire, per ).!~areuna frase di un .Maestro a noi particolarmente caro, che « la romanità, dopo essersi fatta - concetto - nell' indagine erudita degli specialisti, si è trasfigurata in - intuizione - nel senti5

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