Una città - anno III - n. 19 - gen.-feb. 1993

l'occidente è solo "imperio, missione, asservimento"? l'appartenenza ad un luogo, la fedeltà a une come già è stato in Europa, condizione di scambio, di incontro, di dialogo con "citi parla un'altra ling, anclte uno strumento d1 conoscenza operativa? Intervista a Massimo A. Bonfantini Massimo A. Bonfantini è filosofo e professore di semiologia all'Istituto Orientale di Napoli Ti piace spesso ricordare che l'espressione "genio delle lingue" è stata inventata dagli illuministi. E' tua invece l'espressione "paesano poliglotta". Ce ne vuoi parlare? Non dimenticare che spesso noi vediamo l'illuminismo attraverso la vulgata idealistica romantica, con una visione spesso distorta. Quindi, universalismo sì, ma universalismo nel senso di una intenzionalità umana che ha una forma universale. Ma già allora la cultura settecentesca e illuminista aveva una notevole attenzione ai particolarismi e anche al relativismo, contrariamente a quanto le è stato affibbiato poi dai critici idealisti. C'è questa derivazione da Montaigne ... Insomma la critica al monologismo e al monolinguismo ha un'origine anche europea e illuministica. La definizione di "paesano poliglotta" nasce perché mi aveva interessato la questione del progetto di legge di De Mauro, (grande filosofo del linguaggio con interesse anche per quanto riguarda le lingue e le particolarità delle lingue), di difesa delle 13 lingue che si parlano sul territorio statale italiano. A me sembrava certo interessante una difesa anche istituzionalizzata di queste lingue, ma altrettanto mi sembrava interessante mettere irievidenza lo scambio fra culture locali e quindi fra dialetti. E "paesano poliglotta" è una definizione che riassumeva, un po' a slogan e divertente, una proposta culturale, morale e anche politica: quella di rivendicare una cultura locale, che sapesse, però, coniugare il localismo con lo scambio. Quindi l'approfondimento della propria cultura e della propria lingua con il confronto dialogico e potenziante e il mischiamento, anche, con le altre lingue. in pulleria, i pulli veri parlano in pullo Tanto è vero che in un articolo per Il Mattino, polemizzavo molto con il monolinguismo legato al nazionalismo, che appunto è un monolinguismo che culturalmente parla cosl: qua nel paese dei puffi, qua in pufferia, tutti gli uomini veri, cioè i puffi veri, amano, vivono, pensano, parlano in puffo ... chiunque non parla il puffo, sia esso un extrapuffista o un extracomunitario, sia cacciato, per accedere ad ogni pubblico impiego è obbligatorio parlare assolutamente il puffo ... il tutto magari con una maggioranza relativa del 45%, in evidente riferimento a certe spinte di cultura alto-atesina. Invece, dicevo che sarebbe interessante, anche a livello di insegnamento, leggere il Porta a Napoli e Di Giacomo, oltre che Mastriani, a Milano ... E finivo dicendo questa cosa: "je suis very stracc. Anda anda, pedalare; acca nissiuno è fesso ... ". oftftftfttuffi insieme , tuffi uniti, ia ia ;a, consenso ... Da questo punto di vista è interessante il libro dell' Angioni, un romanzo in cui un letterato antropologo sardo immagina una sardo e un keniota che si trovano a convivere per alcuni mesi a Milano, prima in un pensionato di gente del sud e poi anche nello stesso posto di lavoro, dove sono ad una catena di sartoria ... Lì ci sono le cucitrici che sono quasi tutte donne, in gran parte lombarde e alcune invece meridionali, poi ci sono i due padroncini, marito e moglie, che sono naturalmente milanesi ... Ci sono tutti i vari scontri razziali e una cosa divertente è che ad un certo punto il keniota, assieme a questo sardo e con certi amici operai, fa una gita sul Montarone,.da dove si vedono tutti i laghi, e dove l' Angioni fa dire al keniota: ma qua è tutta città, e non in senso negativo, ma nel senso che è una città che ancora può andare, perché al suo paese invece c'è ancora la natura ... E la cosa interessante è che questi due si scambiano molto i termini. Poi c'è un glossario che volutamente fa vedere che i termini più ostrogoti sono quelli in dialetto milanese ... Naturalmente il gusto per questo tipo di comunicazione poliglotta, questo mischiarsi, viene con il tempo. Dicono alcuni antropologi che in Brasile questo si sarebbe un po' realizzato. Su questa storia del paesano poliglotta, poi ci ho pensato di più in occasione di un convegno sull'Europa e le lingue, organizzato dall'Augusto Pon- - - - 8 UNA CiffA 11 zio, che è professore di filosofia del linguaggio a Bari, caro amico e d'accordo con me su una dialogicità non in vista del consenso, ma in vista del mantenimento di posizioni distinte e anche del!' esaltazione sia delle proprie esperienze che delle esperienze altrui. Un dialogo basato sull'interesse reciproco, sia di conoscenza che di scambio. Non il "ohhhh tutti insieme e-tutti uniti appassionatamente", che non a caso è sempre la teoria del dialogo che portano avanti i filosofi germanici ... Ja ja, quella di arrivare, sia pure democraticamente, poi ... un gran consenso ... Mi è venuto in mente invece che noi di cultura effettivamente europea, e quindi noi italiani, come area geografica, i francesi e certamente anche certe zone tedesche, inglesi, mitteleuropee, in fondo abbiamo come caratteristica storica quella di essere dei paesani poliglotti. Cioè, molto attaccati alla piccola patria, che è la polis greca, che sono i comuni della tradizione italiana e di altre zone mitteleuropee, che sono certe culture regionali ... E poi anche come forma mentis intellettuale, molto attaccati ... anche Montaigne era molto attaccato al suo castello, si metteva lì... però al contempo era molto attento ad un cosmopolitismo ... E a questo proposito, certo, c'è anche la famosa triade Imperio, Missione e Asservimento,--degli altri, del diverso-, che adesso ha preso un povero diavolo come testa di turco per i suoi 500 anni, Colombo ... Ma oltre a questa, appunto, c'è una tradizione, per certi versi ancor più antica, che è quella della polis e della civiltà comunale, che è molto importante in Italia ed è spesso misconosciuta, non le si dà importanza nel valutare il carattere degli italiani. Stendhal invece l'aveva colto molto bene nelle sue "Croniques ltaliennes". E nella "Badessa di Castro", le prime quattro pagine sono proprio incentrate su questo carattere degli italiani. erede delle repubbliche medioevali. E dunque l'importanza di questo localismo. localismo però, appunto, poliglotta: la gente, i borghesi di queste repubbliche andavano in giro. Lombard street. .. e compagnia bella. Una delle tradizioni europee, che ora, forse, si tratta di ritirare fuori perché ci troviamo di fronte a dei problemi nuovi. Perché CO penso che se anche apparentemente vincenti, i sogni imperialistici, che hanno origine anch'essi dall'Europa, sono manifestamente in crisi, soprattutto dal punto di vista del fascino culturale. Questi sogni dell'Europa sono stati appunto le accentuazioni unilaterali dello spirito di iniziativa, oltre che di comunicazione, che caratterizza una delle culle fondamentali della civiltà europea, cioè la Grecia. Allora, la cooperazione, lo spirito dicomunità è poi degradato in questo sogno, così presente nella cultura politica tedesca, della gerarchia. Questo organicismo, pure presente come comunità della polis. è diventato la gerarchia di "Deutsche O ber Alles". Cosl come nell'est europeo si è tramutato nel collettivismo forzato. E d'altra parte lo spirito di iniziativa individuale, ma molto interattivo e critico, è diventato quasi obbligo del la competizione nel la civiltà americana. Un obbligo, morale, quasi, alla competizione. Infatti loro pensano che il nostro gusto europeo per la comunicazione, per la discussione, ma unito al restare amici, ecc., sia ipocrisia, oppure settarismo. dottrinarismo, appunto perché c'è questo individualismo estremo ... li dialogo di cui parlavi prima, dunque, qui è escluso ... Sì. Il dialogo per il piacere di dialogare mi sembra escluso. Tant'è vero che viene di volta in volta rivendicato. C'è tutto un movimento anarchico populista americano, che ha anche dei momenti molto alti. che ha continuamente il bisogno di riproporsi perché questo individualismo è la chiusura in identità astratte, non in vere e proprie comunità particolari. quasi obbligatorie per sopravvivere ... maft, Colombo avrebbe creato tuffi questi disastri Tornando al "paesano poliglotta", a me interessava di più questo accenno: discutendo Colombo, tutti dicono, anche Derrida e altri, che lo spirito europeo ha causato tutti questi disastri perché legato all'idea di dominio. Mah ... Sì, nello spirito europeo e 'è anche questa tradizione di orgoglio esemplare, per cui ·'certo ... ci sono certo tante polis, però, Atene ... certo, Atene è meglio di Sparta ... " Ma questa invadenza, in realtà, nasce ad un certo momento della storia. L'imperio è una cosa romana. E il missionarismo esasperato, non come dono, ma come conquista di territori è dovuto anche al saldarsi dello stile cristiano iniziale con lo stile dell' organizzazione romana. Questo per dire che questi tre sogni dell'Europa -gerarchismo in Germania, individualismo forzato e collettivismo forzato-, che hanno dato indubbiamente Iuogo a del le ipotesi di società molto efficienti e pericolose, mi pare che, in parte, nei fatti e nelle simpatie dei popoli, siano in crisi ... Oltre che di storia delle idee ti occupi anche di comunicazione. Rispetto a questo paesano poliglotta che posto occupa la lingua della televisione? Per un certo periodo mi sono molto appassionato a svolgere delle indagini di semiotica applicata ai mass media e la conclusione che ne avevo tratto era questa: lo sviluppo delle nuove tecniche consente. come del resto sempre gli sviluppi tecnici, un uso ambivalente. Naturalmente non ero il solo a dire questo negli anni settanta e nei primi anni ottanta, ma direi che adesso posso avanzare questa ipotesi ancora con una maggiore sicurezza. Qual è quest'uso ambivalente? Da un lato si vedeva che la radio prima (come aveva già detto McLuhan), poi anche la televisione. essendo un mezzo di comunicazione uno-molti, e poi la televisione avendo anche un suo particolare fascino ipnotico spettacolare, distrugge il dialogo: simula il dialogo e distrugge il dialogo in presenza. Da un altro lato si diceva anche che però questi modi multimediali di comunicare, che consentono la duplicazione e il rallenty, il tornare sopra alle cose. poteva diventare uno strumento di più intensa comunicazione e rinessione sugli oggetti. e quindi anche sul posto. Quindi a me pare che, anche se non nelle forme che si credevano alla fine degli anni settanta. ·e cioè di un rilancio delle radio locali, un qualcosa, anche se poco, si vada realizzando in questo senso. E' vero: è ancora un po' come uno slogan, quasi un programma il dire "bisogna comunicare per agire sul posto". Però, di fatto, c'è stato un certo sviluppo della stampa locale, anche critica, e forse è ancora da riprendere, da percorrere, quella ipotesi di rilancio fra comunicazione orale a distanza, comunicazione scritta, comunicazione multimediale, adesso con i video, e comunicazione in presenza, che, fra l'altro, si può più facilmente realizzare nei piccoli o medi centri perché sono meno dispersivi. i centri di orientamento sociale di Capitini Da qui, forse, un modo completamente nuovo di fare politica, innanzitutto orientativo e discutitivo, che era poi il sogno di un altro dei personaggi che mi hanno influenzato, meno estremista degli altri, forse: Aldo Capitini. Capitini aveva tirato fuori questa cosa dei centri di orientamento sociale. Secondo me dei centri culturali potevano diventare un po' delle sorgenti di risveglio, di animazione e quindi di orientamento politico ... Beh, questo, sia pure con estrema difficoltà e lentezza perché c ·é questa forza mercantile della comunicazione a distanza oltreché spettacolare, un pochino credo si vada sviluppando. Soprattutto in una situazione in cui il confronto politico, insomma la lotta per mantenere o cambiare le cose, non si gioca soltanto su problemi di quantità e di equità o di schieramento ideologico, ma proprio di scelte precise sul territorio. (E lo sapevano bene i vecchi socialisti di prima del fascismo che l'amministrazione era importantissima, e in parte forse anche le esperienze migliori della tradizione rossa amministrativa in questa regione lo testimoniano), ma direi che questa esigenza di intervenire sul territorio, in modo preciso, con capacità di saldare la critica con la proposta, è diventata dominante da quando questi nuovi problemi -di servizi locali, di inquinamento, di riorganizzazione anche dei rapporti economici sul territorio- si legano alla centralità dell'ecologia. Ecco che allora la comunicazione può crescere sulla base di inchieste. approfondimenti, approntamento di strumenti che possano servire per la critica e la prassi, sia quella simbolica, di protesta, che progettuale. Un sintomo abbastanza positivo è. secondo me. il relativo - siamo appena agli inizi- disamore per questo canale centrale che non ti restituisce quella possibilità. Questo scorrere, questa colonna di immagini che scorre, secondo, fra l'altro, una monotonia della variazione, una piccola tintinnante variazione, è particolarmente inadeguato non solo a chi voglia davvero godersi sul serio uno spettacolo interessante -e infatti ci sono i video di vario genere che già fanno una concorrenza serrata- ma anche a chi voglia sul serio uno strumento di conoscenza operativa. E anche le trasmissioni migliori,comequelledel terzo canale, sono dei discorsi generali, estremamente vaghi, con questi esperti, questi politici, oppure con quest'uomo della strada così alla buona, che ti tiran fuori queste cose ... e vien da dirsi "e io cosa ci sto a fare ...", e poi sei anche ingannato moralmente, ''io sono impegnato perché sono stato tutta la sera ad ascoltare Santoro o Lerner ... " tuffa fa sera fto guardato Lerner e Santoro Però, se uno invece vuol cominciare a intervenire al di fuori del gioco dei nostri amministratori, incalzandoli su questi problemi territoriali, e casomai legarli a un discorso di prospettiva ma documentato, ecco che non mi servono queste cose. Devo casomai farmi io delle inchieste o vedere di organizzarmi con della documentazione più scritta o che resta o che posso continuare a interrogare ... Certo c'é pur sempre bisogno dell'accendersi deciso di una iniziativa, di un progetto che entusiasmi e, a quel punto. tornano buoni gli strumenti. Non è che bastino gli strumenti per scatenare l'iniziativa. E questo sia nel bene che nel male. Cioè credo che molto spesso siamo tutti troppo catastrofici quando pensiamo a una innuenza nefasta dei mezzi di comunicazione che rimbambiscono. E saremmo troppo ottimisti adire che la televisione è spacciata e la gente è molto più intelligente perché usa i video, il replay, ci studia su ... Però un po' comincia ... Quindi mentre passano le immagini di Bagdad o della Bosnia io dovrei andarmi a vedere, e a fare, dei docu-

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