Una città - anno II - n. 12 - aprile 1992

Animai Liberazionè un'associazionenazionalechesi proponedi "abolire la violenza e la schiavitù imposta dagli umani ai nonumani" e per "ricucireun filo d'armonia con tutti gli esseri viventi". InRomagnahaottenuto lachiusuradellozoodi Forlì, l'abolizione del tiro a piccionedi Cervia, la chiusuradi alcuni canili inadeguati. Ha contribuito in modo determinante alla formulazione e all'approvazionedella legge regionalechevieta lacessionedi cani alla vivisezione e il loro abbattimento nei canili. Partiamo dal vegetarismo ... Il vegetarismo è scelta etica, ed è la risposta ad una piccola domanda: perché mi cibo di queste creature, di questi esseri viventi in grado di provare dolore fisico, come lo proviamo noi? Un dolore fisico che è identico al nostro, proprio a livello di ricezione del dolore, basta leggersi un testo di anatomia e fisiologia comparata; un dolore che è psicologico, dimostrato ormai dall'etologia, e anche, purtroppo, da questi studi scientifici orrendi, condotti sugli animali, che hanno dimostrato che esiste una loro attività mentale. Comunque si continua a torturarli lo stesso. Preso atto di queste caratteristiche fisiologiche e anatomiche che portano queste creature a sentire il dolore come lo sentiamo noi, al perché ci si cibi ancora di carne, oggi credo che siano in pochi a poter rispondere coerentemente e razionalmente. Che. poi qualcuno dica che vuole fare prevalere un suo piacere per il palato, sull'interesse dell' animale, allora sì, però la questione è in questi termini. Quindi si parte da una presa di coscienza sulla capacità di soffrire di questi animali e del loro diritto ad essere rispettati in quanto tali. E' ovvio che partendo da questa considerazione ci si allarga a tutte le realtà che vedono appunto gli il.nimali sopraffatti. E a questa visione antropocentrica che pone l'uomo sopra tutto il creato, come dominatore assoluto, con liceità di sterminare, sopraffare, per i propri fini. E' lo stesso principio assolutamente immorale che fino a poco tempo fa rendeva orrendamente lecito lo schiavismo. Fino a poco tempo fa, perché qui parliamo di 1800 anni di schiavizzazione di un'altra creatura che si è voluto considerare naturalmente schiava perché diversa. E' qui il nocciolo di tutta la questione anche riportata agli animali. Questa diversità che è sinonimo di inferiorità. Diversità uguale inferiorità, inferiorità uguale liceità di usare un'altra creatura per i propri fini. Razzismo, sessismo. Anche la condizione della donna, fino al concilio di Trento, quando è stata riconosciuta l'anima alla donna. Rientra tutto in questa visione dell'uomo, fra l'altro uomo maschio, il più forte, che condiziona la vita di tutti gli altri esseri e creature che gli sono intorno e che considera diverse e quindi inferiori. Oggi si chiama specismo la discriminazione immorale fatta sulla base di un pregiudizio nei confronti degli animali, basato sull'appartenenza a una specie che nn è lnof À ~ndi se prima per il razzismo era appartenenza a una razza, sessismo a un sesso, il principio, moralmente non difendibile, effettivamente è lo stesso. Una volta la carne è stata un mito, penso alla povertà, al periodo del dopoguerra, legato ad un mito più grande, quello del progresso umano illimitato. Adesso questo mito si è incrinato ma le pratiche JF vanno avanti ... Perché la pratica è purtroppo fatta di tali e tanti ciclopici interessi, per cui l'animale schiavizzato continua ad essere tale anche dopo che è caduta l'idea in termini appunto ideologici. Ci sono tali e tanti interessi collegati che la pratica è dura a cadere, perché rende, e purtroppo è s~mpre stato così. Anche la schiavitù dei neri era chiaramente collegata a questioni di interessi economici. Quello che oggi resistono sono gli interessi, e i tentativi di sensibilizzazione, faticano terribilmente ad incontrare nell'opinione pubblica, proprio perché si inframette chi intende tutelare i propri interessi. noi stessi siamo cavie Ma anche questo dovrebbe far riflettere ulteriormente, perché oggi è effettivamente il potere che decide per noi, come dobbiamo vestirci, come dobbiamo mangiare, come dobbiamo curarci. E sicuramente non facendo i nosrri interessi, ma facendo gli interessi propri, e mai, sicuramente mai, gli interessi degli animali, l'ultimo anello di una merce, che, a mio avviso, va indistintamente dagli umani agli animali non umani. Perché, e ci sono prove scientifiche a confermarlo, noi stessi siamo cavie umane di questa ricerca aberrante, tesa solo a mettere sul mercato nuovi prodotti, che oltretutto non servono a nessuno, e frequentissimamente vengono poi ritirati dal mercato dal Ministero della Sanità. Siamo cavie tanto quanto lo sono gli animali, che servono da alibi nei laboratori, proprio per potere immettere sul mercato prodotti e medicinali, qualsiasi sorta di cosa che serva comunque a favorire gli interessi dell'industria. Chi oggi contesta la vivisezione sono soprattutto medici, scienziati e ricercatori. Oggi sbudellare un animale in un laboratorio, fra l'altro non dotato di banche dati, non computerizzato, con ricercatori senza nessun tipo di preparazione matematica, rimasti indietro tecnicamente, che senso ha? Solo quello di continuare a ricevere quei finanziamenti che continuano ad ·varea quel tipo di ricerca, e non a un tipo di ricerca nuova, veramente scientifica, che fior di ricercatori auspicano e per la quale comunque si stanno battendo. Quindi da un lato la contestazione scientifica, dal1' altro la contestazione morale. Un ritorno indietro sull'uso dell'animale su che cosa può far leva? Non c'è da sperare che questi interessi collassino di fronte a problemi più grandi, di nord-sud, disastro ambientale, eccetera? Ci sono delle grossissime considerazioni di carattere economico. Ad esempio l'USDA, il dipartimento americano di ricerca sulla realtà economicoalimentare del paese, ha verificato, statistiche alla mano, che se solo il 30% degli americani smettesse di cibarsi di carne, con la parte di cereali e legumi che vengono utilizzati per ingrassare gli animali da macello, si potrebbe sfamare chi nel terzo mondo muore di fame. 600 milioni di indiani potrebbero sopravvivere dal punto di vista alimentare, se solo il 30% degli americani smettesse di mangiare carne. 16 cltili per fare un cltilo C'è una realtà di produzione a livello mondiale alimentare del tutto sballata. Ci voglio no 16 chili di legumi e di cereali per ottenere un chilo di carne, di proteina carne. Senza contare che cosa sta procurando, nella foresta dell'Amazzonia, il disboscamento progressivo, per far posto agli allevamenti. C'è un rapporto di 16a l? Sì, noi in questo senso abbiamo rivolto una petizione di carattere nazionale al Pontefice, chiedendo, coerentemente col suo messaggio d'amore e di rispetto della vita, di estendere questi concetti anche ad altre creature che aspirano a vivere e hanno diritto di vivere tanto quanto noi, e soprattutto per auspicare un suo pronunciamento a favore del vegetarismo come soluzione alla fame del terzo mondo. Anche rispetto all'allevamento industriale si sta diffondendo un certo allarme, sempre ragionando in termini, se vuoi, utilitaristici da parte dell'uomo. L'allevamento industriale è una macchina di soldi. Un animale è costretto ad ingrassare in tempi brevissimi per ammortizzare i costi, quindi per avere un profitto decisamente più alto rispetto ai costi di allevamento. E chi prolifera nell'allevamento intensivo è l'industria farmaceutica. Gli animali vivono in condizione di totale repressione di ogni loro libertà e necessità fisiologica e psichica per cui sono sempre e regolarmente ammalati, e quindi imbottiti di antibiotici, di cortisonici, di tranquillanti e comunque di ormoni, e questo è chiaro che fa il gioco dell'industria farmaceutica. E lo fa anche d.opo, quando questa carne, assimilata dall'organiCQ smo umano, provoca nell' uomo effetti nocivi sempre più frequenti. Perché la responsabilità delle più gravi patologie vascolari e tumorali oggi è attribuita ali' alimentazione carnea, soprattutto di questa qualità. E quindi poi l'industria farmaceutica prolifera anche quando si tratta di curare le conseguenza di questo tipo di alimentazione. E' carne malata... malata soprattutto di medicine, e poi anche di tossine che scaricano gli animali, da adrenalina, da reazioni ormonali degli animali quando, stressatissimi, una volta liberati dagli allevamenti intensivi, fanno un percorso tremendo fino al luogo di macellaziol i l, .a."'· , , . ne, e poi la macellazione stessa. le grida dei maiali Sfido chiunque ad andare a , verificare che sia una macellazione indolore. Le grida dei maiali davanti al macello sono grida disperate, un maiale non grida mai in quella maniera se non perché è terrorizzato, perché cerca di sfuggire a una circostanza di dolore che sente. A parte il fatto che sente anche quello che chimicamente emanano gli altri animali al momento dell'abbattimento, cosa che noi non possiamo sentire e facciamo fatica a capire, ma che è dimostrato scientificamente che avviene nell'animale. L'animale sente perfettamente e percepisce l'odore di queste secrezioni dei corpi degli animali abbattuti, e sono allarme, sono paure. E' lo stesso meccanismo che avviene nèlla foresta quando basta il verso di un animale per mettere in guardia tutti gli altri. Questo avviene continuamente. L'orrore che è avvenuto anche recentemente al blocco delle dogane di Gorizia e di Trieste, in concomitanza con lo sciopero dei doganieri: sono morti per sete e per fame, immobilizzati in questi carri, migliaia di animali. Mi viene in mente a proposito una citazione di Marguerite Yourcenar, la grande scrittrice francese, che dice: "spesso dico a me stessa che se non avessimo accettato nel corso delle generazioni di vedere soffocare gli animali nei vagoni bestiame o spezzarvisi le zampe come succede a tante mucche o cavalli mandati al mattatoio in condizioni assolutamente disumane, nessuno, neppure i soldati addetti alla scorta, avrebbe sopportato i vagoni piombati degli anni 40-45." Ed è verissimo, è puramente una questione di sensibi lttà, di attenzione alla sofferenza degli altri. Per questo quando io vedo o sento il telegiornale e vedo tutta questa spirale di violenza che sempre più si intensifica, che pare non possa più trovare un fermo, penso che alla base ci sia proprio un'educazione alla violenza. Perché dove è normale che mentre noi parliamo ci siano -~• Perclté mangiar carne? Perclté continuare a sopraffare, a torturare e ad uccidere gli animali? Intervista a Serena Sartini, responsabile di Animai Liberation di Rimini. milioni di animali che vengono trucidati, che vengono deportati, assassinati, animali che sono creature che aspirano a vivere e lotterebbero per vivere, a mio avviso c'è una base culturale di violenza che non si può non considerare responsabile ... E' una questione materiale anche, una confidenza che si prende con la violenza ... Pensa in Spagna, questi riti cattolici, orribili, che vedono santificare i santi, con queste feste sadico-religiose, che vedono animali come una vitellina o un giovane vitello, straziati per ore da interi paesi, dai bambini soprattutto. la virilità dei bambini bambini sono portati dalle madri proprio per fortificarsi, con questi animali che soccombono dopo ore di torture, coperti di freccette tirate dalle cerbottane di turto questo paese che scende in questa piccola arena e tortura l'animale fino a quando non sfinisce. La sorte dell'asinello di Villanueva ha fatto sollevare mezza Europa. Alla fine questi bambinetti spagnoli, corrono e saltano dentro le pozze di sangue lasciate da questo animale, e si picchiano tra di loro per riuscire ad infilare le mani nelle ferite che si sono aperte nel corpo di questi animali, in un clima delirante generale. E questo è un rito di oggi, I992, per fortificare, per esasperare la virilità di questi bambini. E questo dovrebbe veramente far riflettere perché penso che ci sia un evidente collegamento con tutto il resto. Io vedo che innanzi tutto non vengono proposti modelli che non siano modelli economici, se non forse in un ambiente cattolico, dove però il discorso poi non torna e lo dicevamo all'inizio. Perché se si ammette che quest'uomo ha diritto di prevaricare altri esseri, diritto congenito, già questa è una forma di violenza. Il concetto dovrebbe essere di armonia, di solidarietà vera. Voglio dire che solidarietà, amore, diritto alla vita o sono universali o non sono tali. Perché altrimenti rispetto solo chi mi pare, solo il mio simile e non vado più in là. Ma è un discorso pericolosissimo, perché allora chi è il mio simile? L'handicappato, il nero cosa sono? Simili o diversi?. Molto facilmente la diversità diventa inferiorità. E inferiorità ci porta immediatamente al forte e al debole. Mi ha colpito la scena del bambinetto spagnolo. L'educazione alla virilitàche si realizza nella rimozione della compassione. Qui però non ci sono solo interessi economici, ma culture millenarie. Penso però che non siamo più ai tempi del sacrificio, ai tempi di Abramo si sacrificava il primogenito. Bisogna scrollarsi di dosso il condizionamento, essere critici, analitici, per vedere che nel tempo in cui viviamo non possono più valere disposizioni di 2000 anni fa. La prima cosa che mi viene in mente: "crescete e moltiplicatevi". Altro che paradossale, oggi è veramente demenziale. Mi chiedo come si potrà non rendersi conto dello stato delle cose, del degrado progressivo di ogni risorsa naturale. Ma mi rendo anche conto del lavoro enorme, immane che ci vuole per cambiare le mentalità. la mucca clte sorride Però il filosofo Stuart Mili diceva che i grandi movimenti nella storia dell'umanità conoscono tre momenti: il ridicolo, il dibattito, l'accoglimento. E so bene io quanto sono stati derisi 20 anni fa gli animalisti, anzi, gli zoofili, come venivano chiamati, gli "amici degli animali". guarda caso lo stesso termine che veniva usato per chi si batteva per la liberazione dei neri, "l'amico dei neri". L'amico dei neri, l'amico degli animali. Ridicolizzati 20 anni fa, oggi è nato un dibattito veramente infuocato, e sono certa che siamo a un passo dall'accoglimento. Ogni tanto ci diciamo fra di noi, ecco, è crollato un muro di Berlino degli animali... Uno degli ostacoli maggiori mi sembra questa lagerizzazione del dolore, per cui non si vede più nulla, si confina lontano dallo sguardo umano tutto ciò che non gli piacerebbe vedere... Non è un caso che la Simmenthal sulla sua scatoletta ti fa vedere la mucca che ha gli angoli della bocca girati in su in un sorriso e sgambetta festosa. Non ti fa vedere certo l'interno di un allevamento intensivo e di un macello. C'è un black out totale. Chi si azzarda? Perché si sa che c'è una sensibilità, perché saremmo veramente dei bruti allora e non ci dovremmo stupire di niente se non ci facesse orrore la macellazione di un agnello. Ma non si fa passare un'immagine. La struttura stessa dei macelli, non è un caso che abbiano mura alte tre metri, come vere e proprie carceri, perché non si debba vedere dentro. Se tu parli con chi mangia carne trovi una sincera preoccupazione che quell'animale abbia avuto una morte indolore. Vedi passare il carro di bestiame e giri lo sguardo. Al nostro tavolo in centro, certa gente dice "non voglio vedere, non voglio vedere, povere bestie" e vanno via. Fa sorridere però è anche umano. Compito degli animalisti è anche questo. Inserirsi, anche di prepotenza spesso. I filmati trafugati da Animai Liberation Front nei laboratori di vivisezione hanno veramente messo in crisi il mondo vivisettorio. Perché fino al giorno prima tutti negavano, dicevano che non accadeva niente del genere. Oggi si sa che invece avviene. E i dibattiti, peraltro sempre più frequenti in televisione, fra vivisezionisti e antivivisezionisti, ora vedono i primi con le spalle al muro, e aggressivi in maniera sintomatica, sia della loro aggressività naturale che della mancanza di argomenti. Perché sentirsi attaccati sia sul piano etico che su quello scientifico è dura. Finché potevano contrapporre alla morale la scienza ... "vorresti che tuo figlio morisse eccetera eccetera?" Per anni si è sentito. Ma adesso ci sono medici che controbattono che "se vuoi che tuo figlio non diventi lui stesso una cavia ...". • RECINFI Viene da lì, la nostra cagna. In quell'inferno ha vissuto due anni. Avevamo letto che un cane che viene da un canile ha una gratitudine speciale. In quella specie di memoria da cani, così impensabile per noi, ma così esatta e implacabile, quei due anni devono restare un ricordo vivissimo. E ora è un cane felice, sempre felice. Qualsiasi cosa faccia, qualsiasi rumore di casa che ascolti, qualsiasi movimento dei padroni che segua, lei è felice. Non sa cosa sia la noia, aspetta con gioia tutte quelle scadenze quotidiane per altri tanto monotone. E il ritorno della padrona èsempre la grande festa dei primi giorni. Ama anche uscire, ma a differenza dell'altro cane, che in casa si annoia e in campagna parte libero per linee rette, lei continua a disegnare dei cerchi attorno ai padroni. A descrivere recinti immaginari che non oltrepasserà mai. Si accontenta di essere curiosa di tutto quel che c'è, in quel raggio. E mentre l'altro al momento di rientrare fa storie e con occhi torvi pianta le zampe, lei si riinfila di corsa in macchina, felice di tornare a casa. Ma uscire al guinzaglio è impossibile perché nel girare intorno si ritrova ad ogni passo attorcigliata alle gambe del padrone. Ha il recinto in testa. Certo lei è una cagna traumatizzata, forse senza speranza di recupero. Ma è altrettanto certo che, a differenza di tutti noi, lei ora vive in paradiso. Forse non sarà il grande paradiso, l'Eden che nessuno di noi vedrà mai, ma certamente è un piccolo "giardino" dove, parafrasando un libro sacro, scorre un'acqua che da quell'Eden lontano nasce. E forse il recinto attorno a quei duecento metri quadrati di casa e cortile è la condizione per abbeverarsi a quell'acqua. Finalmente in pace. Entrando in quella specie di canile privato abbiamo visto l'inferno dei cani. Un centinaio di cani chiusi in una casa di campagna con a disposizione due o tre metri quadrati a testa da difendere accanitamente ogni ora di tutti i giorni. Senza mai poter uscire fuori perché l'aia non è disponibile. Senza mai poter vedere la luce del sole, senza mai poter fare una corsa su un prato. Non essendoci acqua corrente gli escrementi devono essere semplicemente spazzati via, casomai con l'aiuto delle urine. E la membrana olfattiva di un cane è quaranta volte la nostra. Un posto dove ci sono femmine che perdono il calore per risparmiare proli indesiderabili. Dove gli ultimi arrivati si riconoscono a vista perché tengono la testa bassa e la coda fra le gambe, alla larga dai veterani del posto. Non le dimenticheranno le istruzioni ricevute all'arrivo. Sperando nell'improbabile adozione, una setterina ci è venuta incontro scodinzolando per offrirci l'unica cosa posseduta gelosamente: una carcassa di topo lunga una quarantina di centimetri. Abbiamo accarezzato un maestoso pastore dai tre colori e larghi brani di pelliccia ci sono rimasti in mano: un misto di pelo e sottopelo di mute mai smaltite in un bagno, cucite insieme con centinaia di gusci di zecche. E abbiamo visto un lupo morente, con la testa ormai definitivamente appoggiata a terra, muovere gli occhi verso ogni zampa che sfiorava il suo metro quadrato e digrignare delle spaventose gengive viola ormai prive di denti. E per chi usa appartarsi per morire deve essere ancora più brutto dover passare la propria agonia ringhiando. Dice il Corte/lazzo-Zolfi: "paradiso, dal greco paradeisos, 'giardino' che è l'iranico pairi-daeza 'luogo recintato"'. Gianni Saporetti

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