La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

coli, L'orecchio ferito del piccolo comandante che è qui a Locarno, poi Il sale della terra. Nessuna scuola di cinema; ho studiato storia e critica del cinema all'università. Anna Negri Sono nata a Venezia nel '64. Ho fatto sei cortometraggi e vari video. Ho studiato cinema a Londra, dove vivo e lavoro. Ho fatto due anni di accademia d'arte in Olanda e ho lavorato in Francia nel cinema come assistente. A Locarno ho presentato Ali at Sea un film che ho realizzato a scuola con una borsa della Bbc. Come funzionano le scuole in Inghilterra? Negri Le scuole, in realtà, sono delle case di produzione. Non c'è nessun insegnamento: ti danno un po' di soldi, o meglio, ti forniscono macchiria, luci, equipaggiamento. Su questa base si mette in piedi un progetto e si cercano i soldi. Il vantaggio di una scuola è che, malgrado tutte le rivalità e le competizioni che si creano, funziona da riferimento. È una comunità in cui puoi discutere, vedere i film degli' altri mentre li stanno ancora montando. Si impara anche così: dal lavoro degli altri, dai loro errori. Credo comunque che la cosa importante che ho imparato in Inghilterra sia il modo di lavorare degli indipendenti: prendere e fare, è così che si impara. Frangipane È quello che consiglia Ridley Scott: "Prendi la macchina, anch eun video, recupera gli amici e fai". Credo sia la cosa migliore. Io ho provato a lavorare sul set, ma anche abitando a Roma è molto difficile. L'unica esperienza sono state tre settimane sul set di Maselli. Non ho imparato molto, giusto un'idea di come funziona la macchina organizzativa. - È strano: il tuo lavoro, almeno fra quelli dei presenti, è quello più tradizionale. òrispetta le regole in·modo molto preciso e dà l'idea, evidentemente a torto, di essere il prodotto di una solida formazione colastica. Frangipane Non lo è. Prima di questo, ho fatto solo due video autoprodotti di cui uno era Che ore sono, dedicato a Nanni Moretti. La mia formazione è più da spettatore: ho visto molti film nella mia vita, poi li ho passati al videoregistratore, li ho smontati ... Anche il lavoro con gi attori è venuto da sé. Certo ho avuto fortuna a lavorare con Marescotti. Gli piaceva il progetto e ci si è dedicato con passione. Creao comunque che in fondo anche la direzione degli attori sia qualcosa che non si può inse~nare. Negri Sono d'accordo. Credo che sia una questione di sensibilità. È come fare l'amore: non si può insegnare. Io ho eseguito una sola lezione di direzione degli attori. È stata un disastro. Quello che è importante è che alla gente venga data la possibilità di sperimentare, sbagliare, così che non si debba aspettare di avere 40 anni per fare il primo lungometraggio. In Italia manca, secondo me, una struttura di cinema underground, dove la gente possa farsi le ossa. Ho l'impressione che chi arriva a fare il suo film, dopo 20 anni di anticamere, è normale che ci arrivi spompato. A quel punto non ha più niente da dire. · De Biasi Infatti la politica di scegliere di fare il corto autoprodotto o di girare senza nessun mezzo serve soprattutto per aggirare queste logiche che, oltre a impedirti d1 fare quello che vorresti, ti costringono a ritardare i tempi. Dipendere dalla produzione può significare . anche non girare f iù, oppure vedere completamente storpiato i tuo lavoro. Cosa pensate dei lavori che stanno passando qui a Locarno, quelli di Bellaria, di Torino ? De Biasi Il problema non è solo cinematografico: mi sembra che manchi la volontà di incidere nella realtà prendendo una posizione, facendo una scelta forte, quale che sia, per dire ~ualcosa. Insomma è anche una questione politica. Il 70% dei corti italiani è fatto da gente che si fa le pippe sulla sua depressione mentale, sul vuoto cosmico, sull'11nrossibilità, la noia, la fatica, la borghesia, o su caffè che ci si fa la mattina. E chi se ne frega! Frangipane Anche Moretti, per esempio, era partito così: però partendo da se stesso riusciva a dire anche altro. Negri Tutto questo suona un po' dogmatico ... Ci sono delle storie personali che funzionano benissimo e altre storie completamente proiettate sull'esterno che non funzionano. Il problema è un altro. Fellini non parla che di se stesso, Antonioni fa dei piccoli drammi borghesi, sulle menate di persone in crisi, e sono tra i film più belli. Forse si potrebbe dire (l'ho notato anche nei cortometraggi qui) che ci sono delle storie che si possono raccontare nel cortometraggio e altre che diventano superficiali se vengono raccontate con una forma come quella del corto. Altre ancora che non funzionano. Non puoi fare un western in corto- ~etraggio perché il western è basato sugli ampi spaz1. De Biasi Sì, ma stiamo parlando dei corti italiani. Che hanno tutti una costante: parlare male, con un liguaggio cinematografico ai limiti dell'osccentià, con un'assenza totale di sisntesi all'interno del fotogramma, con dei dialoghi usciti dal pandoro Bauli. Sarebbero incredibili anche scritti sopra le porte di un gabinetto del treno. E tutto questo viene spacciato per il nostro cinema giovane. Gaglianone Per me si può anche fare un film di tre ore su uno che non riesce ad allacciarsi il bottone della camicia. Deve affascinarmi però. Per esempio, i due lavori che ho apprezzato di più in questa sezione, quello di Beniamino Catena (L'ultimo uomo) e Quam · mirabilis di Rondalli, sono entrambi film che guardano le cose con il cannocchiale rovesciato, sono piccole storie attraverso le quali, però puoi leggere cose grosse. La storia di due suore che si innamorano ... non lo diresti mai, epP.ure ti apre degli orizzonti. Invece non sento il bisogno di film che raccontino cose che racconta già benissimo la televisione. quando vedo le eveline di "Fuori Orario", con 20 minuti di riprese di uno che corre dietro a dei serbi o a dei croati, mi chiedo che bisogno ci sia del film realistico sulla guerra. No ... secondo me i discorsi su cosa bisogna e non bisogna mostrare sono pericolosi. Al limite bisogna dire la propria su come si fanno queste cose, perché la forma esprime il contenuto. Non puoi dire che il film è girato bene però parla di una cazzata o il film è girato male però parla di una cosa seria. Il film è la sua forma. Come scegliete le vostre storie? Gaglianone, tu se uno che, attraverso situazioni minime, pochi personaggi - nel "Sale della terra" uno solo - affronta poi questioni grossissime. Su tutto, l'ossessione del male. SUOL E DI VENTO

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