La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

OCCUPAZIONI, OGNUNA UNA STORIA Luca Rossomando Ogni occupazione, ogni scuola ha una storia. Quelle dei licei ce le raccontano, a modo lo"ro, i setti manali a. grande tiratura o i servizi speciali della tv. Al centro, oltre all' attenzione dei media, c'è comunque un movimento, un coordinamento che, per quanto fiacco e d'occasione, permette di raccontarsi queste storie e le tiene insieme; le storie della periferia invece non arrivano lontano, al massimo si possono scambiare tra le scuole del quartiere; e i giornalisti per muoversi vogliono qualcosa fuori dall'ordinario. Questi sono appunti di alcuni giri per le scuole occupate della periferia di Napoli. Isolamento Entri nella scuola e sono loro i primi a farti domande. Vogliono avere informazioni sulle altre scuole: chi è ancora in occupazione, chi ha smobilitato, se ci sono direttive, contrordini o iniziative in programma. Le notizie che hanno riguardano le scuole vicine, non oltre il confine del quartiere, oppure qualche caso particolare ripreso dai giornali; in quei giorni, per esempio, c'era un professore di un istituto tecnico che faceva lo sciopero della fame contro gli studenti e tutti Farlavano di questo. A Milano un ragazzo del 'Ipsia: "Ogni tanto vado a uno dei coordinamenti (sono due, come sempre, uno vicino a Rifondazione e l' altro ai centri sociali) ma a titolo personale; la mia scuola, siamo 1100, non ha mai partecipato alle riunioni". All'Itis di S. Giovanni, periferia est della città, ex area industriale, è uno dei due rappresentanti d'istituto a farmi da guida. "L' altro rappresentante - dice - è andato a una riunione delle scuole dell'area orientale. Con i coordinamenti del centro invece non riusciamo a metterci in contatto. Li conosciamo attraverso i giornali, mentre loro non sanno nemmeno che esistiamo, se non succedono cose clamorose i giornalisti qui non ci vengono". Due scuole L' Ipsia di S. Giovanni l'ho scovata al terzo tentativo: la centrale è chiusa dall'inizio dell'anno per lavori di ristrutturazione, c'è poi una succursale, ricavata in un asilo costruito con i soldi del dopo terremoto, che però è deserta, pare che qui la protesta abbia assunto forme ancora più drastiche: se ne restano tutti a casa; infine l'altra succursale, una palazzina malmessa sul corso S. Giovanni: qui è più forte che altrove la sensazione di impermeabilità reciproca tra chi è dentro la scuola e il "mondo". Si ha l'impressione che questi occupanti potra_nno re~tare chiusi. tra queste ~ura desolate fino a gmgno o uscirne domam ma nessuno se ne·accorgerà mai, nè le loro decisioni saSUOLEDI VENTO ranno influenzate da eventi esterni: smetteranno prima di Natale, questo ormai l'hanno imparato, si fa così da tre anni; oppure si concederanno qualche festa di troppo, faranno danni o schiamazzi notturni e verrà la polizia a cacciarli prima del previsto. Ali' entrata della scuola vengo affidato a un tipo che indossa un giubbotto arancione fosforescente: mi parla con molta serietà dei quattro indirizzi della scuola e dell' occupazione, dei disagi dovuti alle sedi provvisorie e alla precarietà delle strutture; si lamenta dell' isolamento, ma deve ammettere che ancora non sono riusciti a organizzarsi e che le ore passano piuttosto monotone tra caffè, partite a carte e qualche fumata. Per fortuna dopo un pò si scioglie e si lascia scappare che quella sera stessa è in programma un festino, "solo musica underground", urla nel registratore. Poi si ricompone e invita anche me alla festa; per invogliarmi fa il nome di un dj che non conosco, allora va a chiamarlo nell'aula a fianco e me lo presenta. Poco dopo entra nell'aula un ragazzo che paria éattive notizie: c'è la polizia al portone. La mia guida si precipita. Il nuovo arrivato ha la faccia da bambino ma sta al terzo anno, da quando è alle superiori, a dicembre a sempre fatto l'occupazione, tanto che si sta convincendo che faccia parte del programma scolastico di questi mesi. E uno dei tanti che approfittano di queste vacanze per andare a lavorare. "Però - dice - la mattina mi faccio vedere, perché prendo servizio alle sette di sera. Lavoro per una pizzeria, porto le pizze a domicilio col motorino, fino alle undici"•. Le notizie sulla visita della polizia arrivano con un gruppetto di ragazze. "Hanno staccato l'acqua - si lamentano - li avrà chiamati l'avvocato, il proprietario del palazzo". Le ragazze ne hanno bisogno perché a quest'ora, verso mezzogiorno, fanno le pulizie. Come spetta ai maschi presidiare la scuola di notte, così la mattina tocca a loro pulirla. Anche se c'è uno che si vanta: "L'anno scorso ho pulito anch'io che sono un ragazzo, la gente si metteva le mani nei capelli". L'aula magna dell'istituto nautico di Bagnoli è uno stanzone al pianterreno, immagini di navi alle pareti, modellini di vascelli dentro grandi teche di vetro, dalla finestra la spiaggia e un pezzo di mare. E in corso la prima assemblea dopo alcuni giorni di autogestione. Il resto della scuola è silenzioso e deserto. Dentro, invece, i rappresentanti devono urlare per attirare l'attenzione della rumorosa platea. Al Nautico ci sono circa quattrocento iscritti e solo dieci sono ragazze. All'assemblea di 0'7gi ce ne sono tre: una viene requisita quasi subito dal ragazzo, un'altra piccola e attivissima, sta orgamzzando la successione degli interventi sul palco. Infine c'è Ida. Dietro la fila degli oratori, che la nascondono al resto dell'assemblea, siede con altri ragazzi al tavolo della presidenza. "A tredici anni mi ero messa in testa di imbarcarmi - racconta - e adesso mi ritrovo qui, all'ultimo anno, anche se all'inizio pensavo di aver sbagliato tutto. Tra l'altro scoprii che potevo imbarcarmi solo sulle navi passeggeri perché i mercantili non prendono donne a bordo. Per fortuna ho trovato professori in gamba e ho preso un indirizzo che mi piace. · La scelta è tra macchinisti e capitani. Io ho preferito il primo perché c'è molta matematica, nell'altro c'è troppa roba da mandare a memoria. Adesso a imbarcarmi non ci penso Fiù. Voglio finire al più presto per iscrivermi al 'U-

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