definitiva dall'assenza di altre agenzie collettive (indicatene, se ne conoscete!), oltre quelle religiose e para-religose, in grado di opporre a questo imbarbarumen to una qualche resistenza, di trasmettere valori e modelli non corrotti e non complici. Di fronte a tutto questo l'unica vassta forza organizzata che è rimasta è dunque la Chiesa, ed essa sola può impedire - penseremmo noi; secondo quanto ci dicono gli amici preti - le ultime escalations di desacralizzazione dell'esistente e di valorizzazione del'egoismo singolo e di gruppo in un'ottica unitaria e mondiale che, con qualche variante, è la stessa dovunque. Di conseguenza, avremmo concluso da tutto questo che non solo bisogna doverosamente prestare alla Chiesa un'adeguata e onesta attenzione, ma stimarla, considerarla e sostenerla quale ultimo baluardo crollato il quale e oltre il quale il disastro potrebbe farsi ancora più ·grande e forse in Italia totale. La nostra sfiducia verso il "laicismo" quale lo intendono, mettiamo, gli Agnelli e gli Scalfari e i D' Alema, e anche la massa alla Berlusconi e affini che si dicono "credenti" e si comportano assai "laicamente", è diventata col tempo così grande da spin~erci a una qualche idealizzaz10ne della Chiesa e del suo sistema di valori, che consideriamo certamente discutibile, ma che comunque conteml?la valori che possono esserci comuni, che ci sono comuni. Questo sarebbe il nostro ragionamento, e in questo c'è certamente del vero. Ma ci sono anche le nostre critiche alla Chiesa che andrebbero messe in conto, e che i nostri amici ben conoscono. Ne indico rapidamente alcune, che segnano differenze culturali e perfino "religiose" molto grandi: la morale "antropocentrica" che tuttavia la regge e le impedisce di apprezzare il posto della natura e degli altri esseri viventi e il rischio della sua fine per azione dell'uomo (e di una idea di progresso che la cultura occidentale è andata affermando dall'industrializzazione a oggi); l'illusione di un ruolo politico "occidentale" che ancora di conseguenza la anima; la vocazione a un potere che si insinua tra gli altri per condizionarli; il richiamo ai poveri senza la pratica della povertà è senza la scelta conseguente di stare davvero e sempre dalla loro parte; i disastrosi ritardi su acuni piani, per esempio quello dei rapporti tra uomo e donna e del ruolo della donna, e in genere dei comportamenti sessuali, che esi.- gono, pur se su antiche basi, una nuova morale e nuovi codici (tanto più che la morale cattolica si fa da sempre "doppia" - tra norma e pratica - quando questo le aggrada); la dimenticanza secolare e burocratica delle prioritarie lezioni evangeliche; l'ossessione autoritaria e verticistica; la difficoltà a mettersi in discussione e operare quando è necessario distinzioni nette sul fronte dei regimi politici in rapporto alla difesa degli oppressi; l'esasperato tatticismo che finisce per negare perfino l'arte della trattativa e del dialogo tra le parti laddove il conflitto si faccia insanabile, e per portare a scegliere troppo spesso la parte più "borghese"; eccetera. Ma ciò dicendo, ci avvertono altri o gli stessi amici, noi non faremmo che accodarci, bensì con la radicalità (troppo facile, se si ferma alle parole) dei non credenti e cioè secondo formazione ed esigenze diverse da quelle dei cattolici e dei credenti, ad alcune delle critiche avviate anche dentro la Chiesa al tempo del Concilio, e cui il Concilio ha cercato di dare 9ualche risposta (salvo poi dimenticarsene); e alcune soltanto, perché il dibattito interno alla Chiesa è stato più ampio e più specifico e muove ovviamente da tutt'altre basi. Ci troviamo così a mescolare immagini positive e negative della Chiesa che, per un verso o per l'altro, alla Chiesa non appartengono; ma proprio questo dovrebbe rendere più l?ro_ficuoun dialo~o. Pe~ commc1are, e senza spmgerc1 su terreni che non saremmo certo in grado di controllare, limitiamoci a considerare la prima pafrte di questo discorso: f uò essere o è la Chiesa que "baluardo" di fronte alla barbarie che consciamente o inconsciamente alcuni di noi hanno creduto o credono possa essere? E in questa domanda che dovrebbe essere evidente sia il nostro atteggiamento di rispetto per ciò che la Chiesa potrebbe fare e solo in parte e in modi a parer nostro confusi va facendo, sia la nostra distanza verso la sua natura burocratico-politica, il suo opportunismo, la sua difficoltà a cogliere pienamente nel possibile disastro del "nuovo" i pochi segni positivi, lasciandosi troppo spesso zavorrare, da un lato, dai suoi pregiudizi "storici" (alcuni dei quali, oltre quelli gravissimi di una compiacenza che ancora è frequente nei confronti dei poteri economici e politici in · molte parti del mondo, continuano a sembrarci insensati: e valga per tutti l'obbligo, o il presunto obbligo, della castità per i preti, e la diffidenza medi oeval e e oscura verso la donna e verso la sua capacità di poter esercitare il sacerdozio) e, dall'altro, lasciandosi trascinare e convincere dalla "mode" imposte dalla cultura dominante e occidentale. E sempre per tornare agli amici preti, davvero essi rischiano di rimanere mosche bianche, né più né meno che in passato, nel mare di costernante mediocrità che sacerdoti e vescovi continuano t~op: po spesso a mostrare, po1che su di loro continua a incombere un potere incerto, per fortuna contraddittorio, ma che vuol far passare per saggezza ciò che è perlopiù opportunismo. Anche nella Chiesa, dunque, si riproJ?one come in tutta la società 11problema di un difficile, faticoso r_apporto tra mmoranza e magg10ranza. ♦ TESTATINE
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