La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

grazione. Non è questo che intendo dire, voglio dire che la politica esercita queste due pratiche e di queste non è il solo agente, né queste sono delle funzioni esclusive. Alla luce di questo schema, allora: come si comporta lapolitica a Torino? Ho l'impressione che un'idea di questo genere sia ben chiara agli amministratori e anche che incontrino delle difficoltà, sia su un piano che sull'altro, ma che, tuttavia, facciano delle cose in questa direzione. Per ciò che riguarda l'azione verso l'esterno, mi sembra che ci sia, in generale, una certa nuova sensibilità dei Sindaci delle grandi città. Nel caso di Torino, si esprime una presenza, anche internazionale, su progetti che si rivolgono all'esterno, tipo quello ferroviario dell'alta velocità; pare anche che la giunta abbia avuto un ruolo importante per portare a Torino la sede dei servizi cargo del!' Al itali a; così come ci sono state delle iniziative importanti per portare qui l'Agenzia europea per la formazione. Tutte queste azioni si riferiscono a funzioni di rappresentanza della città. L'altro aspetto è quello dell'integrazione e della capacità di costituire dei tavoli dove gli interessi della città si rappresentano, eventualmente in forma unitaria, per _eoi essere attrezzati: quest'azione incontra difficoltà. Non so, infatti, se si sia riusciti a vincere le resistenze, a costituire dei tavoli dove trattare veramente i problemi urbani; per esempio, non so quanto la Fiat sia disposta a discutere col Comune di possibili investimenti nell'area torinese. Riguardo le politiche sociali, tutte le città, italiane ed europee, hanno difficoltà: è difficile concepire e fare delle politiche sociali per laristrettezza delle risorse. Comunque, non è che a Torino questo non sia un interesse della giunta, anzi questo è uno dei settori dove si lavora con passione, in continuità con la giunta Novelli che, allora, negli anni Settanta, era all'avanguardia in questo campo. Però, malgrado questo, non si riesce a fare più di tanto. Per non parlare, poi, delle difficoltà relative alle infrastrutture urbane: come tutte le città italiane, Torino, per moltissimi anni, ha investito pochissimo su se stessa, di conseguenza ci sono dei ritardi su problemi che, invece, dovrebbero essere avviati a soluzione, penso a quelli della circolazione. Il problema generale è che, oggi, per la prima volta dopo decenni, le città devono investire su molti piani: nessuna delle nostre città è comparabile con altre francesi o tedesche, casomai con alcune città inglesi. Investire sulle città coLACITTÀ stituisce un patrimonio che si vede nei decenni, non si recupera un tale ritardo in poco tempo. Della macchina amministrativa, infine, credo che si lamentino tutti i Sindaci delle grandi città: se vogliono fare azioni politiche innovative incontrano resistenze molto forti da .!?arte di un corpo amministrativo nato in altre circostanze e mvecchiato, che non vuole assumersi responsabilità diventate, dopo. «Mani pulite», rischiose. Concludendo, queste due J?ratiche della politica delle città sono concetti utili per leggere e valutare le cose che si fanno e le difficoltà che si incontrano. Nell'esperienza reale possono esservi amministrazioni che seguono prevalentemente una pratica e amministrazioni che seguono l'altra. Anzi, in una stessa città possono alternarsi i due indirizzi e ciò potrebbe rappresentarsi secondo un ciclo che non si risolve mai: governa un certo schieramento portatore di esigenze che fanno prevalere una pratica politica, ma quest'azione incontra dei limiti e vince un altro schieramento chefa leva su altre esigenze, e così via senza che maturi mai un indirizzo di lungo periodo; per esempio, questo è stato rilevato nell'esperienza di alcune città americane. Questo si può capire, in realtà bisognerebbe provare a tenere insieme le due pratiche della politica di cui dicevo. Serendipity e innovazione Da questa ricostruzione risulta chiaro come sia centrale, nella politica delle città, il problema dell'innovazione. A Torino, come, del resto, pressoché in tutte le città italiane, si avverte ai essere in una transizione; ma della città di oggi, cosiddetta post-industriale, e del suo f uturo, sappiamo quasi solo che viene dopo una città già vissuta e conosciuta, e non siamo capaci di nominarla in virtù della conoscenza che ne abbiamo, di un progetto da coltivare. In questa fase, allora, il problema è come porsi nelle migliori condizioni per inventare qualcosa di nuovo. Proprio a proposito delle condizioni favorevoli all'innovazione, lei ha richiamato il concetto di serendipity, che si riferisce alla condizione dell'attore che «trova una cosa mentre ne cerca un 'altra» - la parola rinvia ai protagonisti di antichi racconti persiani le cui vicende erano strutturate a questo modo. Se interpreto nel modo giusto questo concetto, considerandolo in chiave politica, è come dire: in questa fase, non possiamo agire con la mano · forte di un progetto chiuso, dobbiamo, invece,

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