La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

perché nel frattempo c'è stato uno smottamento delle res~onsabilità per la disfatta civile italiana. Un processo inutile sotto tutti i punti di vista e allo stesso tempo, per ulteriore paradosso, idealmente indispensabile. Le cose cambiano leggermente se si considera il caso di quella percentuale di abitanti di Palermo che - per continuare nel filone pasoliniano - da sempre sa, ma non ha le prove. Sa e ha sempre saputo che Andreotti è Andreotti e che Andreotti è colpevole. Adesso questa percentuale più o meno minoritaria sa anche - respira, sospetta, teme - che il processo Andreotti potrebbe trasformarsi in un boomerang per il movimento antimafia. Per questo spera - respira, teme di no - che la Procura abbia in mano carte sufficienti - penalmente sufficienti - a mchiodare Andreotti alle sue responsabilità. Perché se così non fosse Andreotti sarebbe trasformato in un martire del giustizialismo. (Ancora non si sa ufficialmente se Bruno Contrada sarà assolto o meno, ma è quasi certo che si candiderà alle elezioni dalla parte del garantismo peloso. E il processo Contrada è stato la prova generale di quello ad Andreotti. Se Andreotti potrebbe da martire essere santificato, di Contrada si può dire che già è vicino alla beatificazione). Di certo chi ha vissuto per un mese a Palermo sa, respira, non può dubitare, che Andreotti era amico dei Salvo e che negando questa evidenza i suoi avvocati abbiano fatto le barricate troppo avanti, su posizioni indifendibili. Quasi certamente, dietro queste prime barricate si prepara una guerriglia giudiziana ancora più estenuante del deludente debutto. E alla fine di questa guerriglia, se mai ci sarà,, viene una domanda: l'amicizia dei Salvo è sufficiente a condannare o per mafia un senatore a vita? Palermo queste cose le sa, perché le respira nell'aria stessa di Palermo?. E l'indifferenza dei palermitani è l'unica risposta possibile a un microfono spianato e a un giornalista che chiede: Cosa pensate del processo Andreotti? ♦ TESTATINE Dubbi e domande sulla Chiesa GoffredoFofi È tipico dei non credenti italiani chiedere molto alla Chiesa (o accusarla delle troppe cose che essa, e essi, non fanno), da fuori, senza sopportare il peso di nessuna sua mterna contraddizione e in modi che risultano, come non è difficile comprendere, molto irritanti per i credenti. Non vorremmo aggiun~erci a questa schiera di esigentissimi "laici" (sul tema e la definizione di "laico" pubblicheremo alcuni interventi di teologi nel prossimo numero di "La terra") che sventolano questo loro "laicismo" e magan il loro ateismo. Di costoro abbiamo sia recente che antica diffidenza, consolidata dall' esperienza e dalle metamorfosi della politica degli ultimi decenni; e attribuiamo anzi responsabilità morali enormi a questo "laicismo" dei non credenti: sii ex comunisti e gli ex radicali, per esempio, accodati da tempo al "laicismo" dei padroni, cui il loro si è mescolato fino a scomparirvi tollerando, sponsorizzando e praticando un eguale cinismo e facendosene imbonitore attraverso i media, nel massimo di adesione a un modello unico e immutabile di società che viene da loro gabellato per universale destino immodificabile. Se diciamo anche noi qualcosa di ciò che ci convince o non convince della Chiesa attuale è perché questo ci viene, un po' paradossalmente, richiesto proprio da amici credenti, e addirittura da alcuni di quei sacerdoti che conosciamo e della cui amicizia ci onoriamo, membri di minoranze più sparute di quanto non credessimo quando le circostanze dell'intervento sociale e culturale ci hanno fatto trovare di nuovo vicini a loro in più e più occasioni. Anche in eassato era accaduto a chi scnve di incrociarne alcuni, noti e ignoti, perché tra minoranze, per esempio nei lontani anni Cinquanta, il sostegno reciproco era forte; ma allora la Chiesa era ancora quella di Pio XII e oggi è invece quella del dopo Concilio. · Sono proprio questi amici a rimproverarci oggi un' eccessiva benevolenza nei confronti della Chiesa, e a chiederci un'attenzione meno generica e ottimista nei confronti dela sua realtà e delle sue scelte. Cosa ci dicono? Ci dicono che le nostre opinioni sulla Chiesa sono imerecise ed esteriori, a volte piene di pregiudizi e di luoghi comuni che non corrispondono a ciò che essa è o è diventata, e che rischiano di essere inesatte non per difetto (cioè per scarsa considerazione del suo ruolo e delle sue possibilità) ma per eccesso (cioè per troppa considerazione del suo ruolo e delle sue possibilità). È insomma come se noi ci facessimo delle illusioni e pensassimo la Chiesa migliore di quanto non sia, più ricca di belle persone determinate a un'az10ne positiva nella società d_iquante in realtà non ve ne siano. È interessante, credo, riportare il loro ragionamento. Essi dicono che il nostro giudizio più positivo che in passato sulla Chiesa cattolica dipende dalla nostra reazione all'imbarbarimento del paese e del mondo. Che in Italia è provocato, e su questo i pareri non divergono, da una crisi di ideali e di conflitti e dalla omologazione dei suoi abitanti nei consumi culturali e non solo, ma anche dalla inefficienza o incapacità di progetto della sinistra, dalla sua supinità nei confronti del capitale e delle sue forme di produzione del consenso attraverso la manipolazione dei media, dalla mediocrità e miseria di tutto un ceto intellettuale che dei media è a rimorchio, dall'abbandono della scuola al suo vecchiume e alla sua inerte insulsaggine, e in

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==