La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

gelo. Percepisco nettamente la virata del mio timone interno non appena apro la porta dell'aula. Sara suona altre corde del mio sentire rispetto a quelle che sa stuzzicare Angelo. So di essere dentro due diversi sistemi di sentimenti, emozioni, pensieri, aspettative e bisogni. Sara chiede vicinanza, Angelo misura attente distanze. Poi ci sono stati Pietro, Chiara, Susi ed altri: il leitmotiv che affiora dalla memoria, pur non avendo alcuna pretesa di esaustività, rimane la specificità dell'incontro, l'atmosfera condivisa, quella, non un'altra. In tutta franchezza non credo che sia possibile, nelle attuali condizioni in cui si opera a scuola, riuscire ad offrire di più. Salvaguardare questo fragile e fondamentale equilibrio è già un compito alquanto arduo, poiché si tratta di operare in un continuo gioco di rimbalzi fra richieste contrastanti: quelle del "sistema" da un lato, e quelle dei ragazzi dall'altro. Sara ha una storia di sordità pregressa, legge sillabando ma adora i libri, le storie. Scrive con molta fatica ed esulta quando scopre che il computer le regala un testo leggibile, con le sue "idee". È lei a chiamarle così. Sara è un tutt'uno con la sua scrittura. Al mutare dell'umore, dello stato d'animo, degli eventi quotidiani, muta anche la sua scrittura. I suoni si confondono e si ribellano opi;mre si inanellano in un flusso decifrabile, 1 suoni si fanno leggibili o meno, dipende. Sara ha una sua lettura da proporre e fra un sospiro e uno sguardo cupo afferma: "Sono 10 oggi che sono confusa". E inaspettatamente lancia una sferzata: "Scrivo male quando c'è la prof che viene a cancellare le mie idee. Dopo non capisco più. Non capisco cosa vuole". Sara chiama le parole "idee". Ha scommesso tanto di sé in quel suo ostinato e tenace voler imparare a scrivere e non può tollerare che una penna rossa graffi e sciupi lo sforzo del suo lavoro. Angelo vaga adagio nei dintorni del suo banco finché sente di potersi sedere. Ogni sua azione è un rito. Una serie di puntuali mosse, come in un'interminabile partita a scacchi, accompagnano ciascun cambiamento del paesaggio reale-immaginario in cui Angelo abita. Aprire un libro è già un compito titanico: quante mosse richiederà? Cinque, sette, venti? Quando il libro di Angelo ha finalmente acconsentito ad aprirsi alla pagina richiesta, e Angelo suppone di essere pronto per seguire la lezione, gli altri, i compagni e l'msegnante, hanno già raggiunto altre mete. Angelo ha un orologio interno diverso dal nostro, il suo tempo è un altro ed è assai raro che la sua lentezza - ma rispetto a quali parametri? - combaci con l'altrui velocità. Sintonizzarsi con Angelo e Sara per stabilire un'unità di tempo comune sembra impossibile. Quei pochi istanti, misurabili in due, tre minuti, costituiscono già uno scarto incolmabile che va a sommarsi ad altri ripetuti scarti. Scarti e quindi distacchi, allontanamenti, che producono preoccupate rincorse, ma pure cedimenti e rinunce, scarti che nascono da un tempo soggettivo fuorviante, non ascrivibile alle regole di un modello operativo legittimato da un altro sistema di riferimento. Un sistema chiuso, congelato, che non concede scremature, non accoglie l'imprevisto, non sa invertire quasi mai la rotta, non coglie le innumerevoli occasioni perdute che affiorano nell'interazione e nel contatto fra gli stili e le presenze. Nel micro-sistema complesso della classe convivono livelli di relazione assai diversi: la relazione specifica che intercorre fra Sara, Angelo e me si muove su un piano ,,1 lato o, se vogliamo, un piano "meta", lievemente (a volte pesantemente) deviato rispetto alla trama centrale. Penso da tempo che nel nostro lavoro sia necessario essere vigili rispetto ai variegati livelli di interazione che si contaminano e si richiamano l'un l'altro nel sistema relazionale della classe. Nella mia esperienza ho potuto ripetutamente verificare che, se al primo posto viene la relazione con Sara (con Angelo, Pietro, Chiara), a quello stesso posto, posizionato su un livello "accanto", sta il rapporto con gli o altri personaggi del "gruppo". Per gruppo - anomalo, disturbato, inconsapevole - intendo coloro che partecipano alla vita stessa della classe, allievi e insegnanti, tutti, nessuno escluso, ognuno implicato per quelle parti di sé che lo rendono personaggio della storia e complice del susseguirsi degli eventi. · Ma Angelo e gli eventi che lo riguardano più da vicino restano ancora un mio privilegio, per non dire un mio possesso. La compone_nte adulta dell'intero gruppo educativo non cresce, segna il passo, non sa darsi obiettivi comuni, non sa condividere strategie ed aspettative, non sa 'tollerare l'incertezza, è quindi un non-gruppo: pretende risposte rigide a problemi aperti, non è motivato a intraprendere la via dei percorsi, delle deviazioni, delle digressioni verso modi di essere che possono diventare leggibili se li si ascolta, se li si vede. Mi ritrovo così a confliggere con alcune delle mie stesse funzioni professionali: non desidero scivolare nella trappola dell'insegnante "esclusivo", eppure ci finisco quasi per necesssità; tento di lavorare a un meticoloso ricamo per allargare i confini interpersonali intorno ad Angelo, epf ure Angelo sembra vestire inesorabilmente i ruolo dell'orfano perenne. Da tempo penso che la battagliapiù dura da sostenere sia quella contro la nostra onnipotenza, soprattutto quando essaparla una lingua di legno, come ladefinisceE. Enriquez 4, una linguadura emarmorea che non si lasciaattraversareda nessun tipo di traduzione. Dall' onnipoténza, quasi mai smascherata, derivano poi deleteri sensi di inadeguatezza e ~

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