SCUOLA STORIE DI HANDICAP Andrea Canevaro Milena Bernardi Salvatore Sasso VIVERE L'INTEGRAZIONE NELLA SCUOLA E NON SOLO. Andrea Canevaro Andrea Canevaro insegna pedagogia speciale per il dipartimento di scienze dell'educazione dell'Università di Bologna. ♦ 1. Le studentesse e gli studenti di Pedago~ia Speciale - indirizzo degli educatori professionali del Corso di laurea in Scienze dell'Educazione, Università di Bologna - hanno fatto una domanda nelle stazioni ferroviarie da dove, quotidianamente o settimanalmente, partono per affluire alla sede del corso. Hanno domandato cosa accadrebbe ad un'ipotetica persona in carrozzella che deve prendere il treno, e quindi servirsi di quella stazione. Le risposte che 'hanno ricevuto sono state tante tutte gentili e nel segno della disponibilità. Questo è un fatto certamente positivo. Quello che l'ipotetica persona in carrozzella può trovare è un percorso facilitato particolare, più o meno attrezzato secondo le stazioni. La stazione di un ufficio a cui chi ha bisogni particolari (handicappato o handicappata) può rivolgersi. Esiste un opuscolo completo di tutte le informazioni ritenute utili. È stampato dalle Ferrovie dello Stato, è recente (1995), e si chiama "Guida al viaggio per il cliente disabile". Nell'opuscolo, viene utilizzata la famigerata espressione "portatore di handicap" - che tanta confusione mentale genera-. Paradossalmente, è utilizzata per segnalare, ad esempio, che solo alcuni treni Pendolini accettano gli handicappati. Non sarebbe più sensato parlare di "trovatori di handicap"? Proprio prendendo l'avvio da questa osservazione circa i termini impiegati, a costo di apparire ossessivi, è possibile riflettere sulla logica che guida una tale organizzazione. È guella della "categoria speciale", che ha bisogm speciali, cioé non comuni ad altri. Le studentesse e gli studenti non hanno impiegato molto ad accorgersi che questa divisione apparentemente giusta e chiara, è in realtà confusiva e astratta. E la divisione che parte da una distinzione solo apparentemente precisa: sembra realistico dire che vi sono individui normodotati e individui handicappati. Negare questa distinzione è demagogico, eccetera. Qualcuno, per generosità d'animo e sentimenti di pietà, commenta che, in fondo siamo un po' tutti handicappati. È un'espressione sentimentale, dicono altri; la realtà impone che si riconoscano delle differenze. Ma la differenza, che indubbiamente esiste, parte da una confusione fra deficit e handicap, e da questa derivano divisioni per categorie nell'esercizio di diritti e nell'aspirazione ad una certa qualità. Bisogna chiarire che possono esserci categorie di deficit - èonsiderati dati irreversibili -; mentre gli handicap, cioè gli svantaggi derivati e incontrati, si incontrano con quelli di individui che non hanno deficit. Prendiamo come esempio le barriere architettoniche e comunicative nel contesto di una stazione ferroviaria. L'ipotetica persona in carrozzella vuole avvicinarsi ad uno sportello e generalmente trova quache ostacolo materiale sia per avvicinarsi ed essere all'altezza giusta sia per comunicare. Trova ostacoli per raggiungere il binario, e potremmo continuare dall'inizio del suo viaggio fino a destinazione. Ma abbiamo visto che, almeno in alcune stazioni, vi è un ufficio che si attiva perché questi ostacoli vengano rimossi, e il o la nostra protagonista abbia informazioni dirette senza l'ostacolo dello sportello alto, si serva di ascensori e sotterranei non aperti a tutti, abbia un accompagnamento, possa accedere eventualmente a una toilette particolare ... Gli ostacoli sono superati e superabili. Rimangono tali invece per molti "utenti " delle ferrovie che non hanno deficit ma hanno handicap: bagagli pesanti che rendono difficile servirsi delle scale; bagagli e un bambino in braccio; sono anziani; eccetera. La bella distinzione, chiara e precisa e che si voleva realistica, fra normodotati e handicappati, è quanto di più impreciso e confusivo esista. In realtà, vi sono handicap che derivano da deficit ed handicap che non derivano da deficit, e insieme costituiscono necessità comuni di superamento di ostacoli, e- meglio ancora - di loro rimozione. Ra~ionare in quest' ultima prospettiva può fare dire che, in fondo, tutti possiamo essere handicappati. Ma non per generoso sentimento di condivisione: per reale possibilità di trovarsi in condizioni di svantagg10 non permanente e irreversibile, ma affrontabile e riducibile.
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