tura a chi non ha, né avrà cultura di riferimento è dunque problematico e probabilmente inutile. Il secondo limite è ancora più forte. Il mondo moderno oramai chiama a "sfide" poderose, fondamentali. Non si tratta di culture, ma sfide di vita: la crescita demografica, l'abilità dell'atmosfera, le risorse energetiche, il benessere, il rispetto dell'uomo, le disuguaglianze, le frontiere della bioetica, l'eutanasia sono sfide di vita, non necessariamente legate a "culture". Un esempio illuminante è proprio il concepimento della vita: si assiste contemporaneamente a pratiche abortistiche diffuse e ad altrettante ricerche disperate di neonati. Quale cultura in questo caso, se non il proprio bisogno? Il, terzo limite è che l'ipotesi del progetto culturale presuppone una società a connota ti omogenei. Almeno nel mondo occidentale ciò non è più vero: la distinzione dei due terzi in stato di benessere e un terzo della popolazione in gravi difficoltà di livelli di v~ta dignitosa e_di partecipaz10ne democratica sta attuandosi anche in Italia. Lo schema delle culture si dirigerebbe nel migliore dei casi, verso i due terzi. Il restante terzo della popolazione quale tipo di rapporto potrebbe avere con una cultura che presuppone come risolti i bisogni primari? Se l'opzione dei poveri - come ha detto il cardmal Ruini non è esclusiva in quanto presuppone l'accoglienza di tutti, è pur vero che la risposta ai bisogni di uguaglianza e di partecipazione diventa pressante a tal punto da diventare significativa per tutti. Avevo scritto, prima diandare a Palermo: "La domanda centrale rimane: quale fede per le persone 'qui e ora', in una società opulenta e mercantile? Il rischio è di mediare le forme di comunicazione della fede a tal punto da svilirla. La fede risponde agli interrogativi ultimi della vita e si esprime in forme autentiche, senza sconti. In caso contrario è cultura, prassi, costume". Per fare un riferimento storico sembra di assistere, ancora una volta, alla discussione se accostarsi alla vita tramite la chiave della verità o invece quella della carità: chi conosce un po' di teologia Y.QQ. medioevale ricorda le discussioni tra domenicani e francescani, tra Tommaso D'Acquino e Duns Coto. Discussione, ripresa in filosofia moderna tra idealismo e realismo. Gia il documento preparatorio all'assemblea "Evangelizzazione e testimonianza della carità" aveva avuto riferimenti alla verità e alla carità come due riferimenti indispensabili. Dalle conclusioni di Palermo sembra prevalere lo schema "razionale" della verità: un Dio che è prima di tutto orientamento delle coscienze e che quindi discrimina tra vero e falso, tra errore e verità. Esiste un secondo schema che è più "vitale": risponde alla domanda che cos'è vita e che cosa non lo è, che cosa porta il bene e che cosa lo impedisce, che cosa favorisce la giustizia e che cosa l'ingiustizia. Anche in questo secondo schema si fa appello alla 'verità, ma alla verità vissuta, sperimentata, vitale: altrimenti la verità diventa ininfluente. A noi sembra d vivere in un mondo dove la discriminante vera non passa per le convenzioni delle condotte, ma sulle condotte stesse. È vero che non esistono più orientamenti univoci, ma proprio perché non esistono riportarli a verità, sembra - sottolineo sembra - la strada necessaria: in realtà tale percorso rischia il fariseismo. Sono convinto di una cosa ma le necessità mi spingono a comportarmi diversamente. Politica, povertà, famiglia Gli esempi della contraddizione di verità disconosciute possono essere tratti proprio dalle riflessioni di Palermo, riguardanti la politica, la povertà, la famiglia. Il Papa nel primo dei due suoi interventi a Palermo, ha detto esplicitamente che la Chiesa non deve identificarsi in nessun partito, inv}to ripreso ampiamente nei com- • menti a Palermo. Come si coniuga questo principio con l'insistenza con al quale, per decenni, pure dall'episcopato, era arrivato l'invito pressante "all'unità politica" dei cattolici? Non è possibile affidare alla storia gli anni appena trascorsi, senza mettere in rela- ~ione,q_':1es_tidueatteggiamenti cosi d1vers1. No affrontare che cosa è avvenuto e perché si è arrivati oggi a questa conclusione non è un bene né per il passato, né per il futuro. Rispondere che oggetto della politica è il "bene comune", è una risposta razionale e anche di etica cattolica, ma ininfluente. Che cos'è oggi bene comune? Per chi? In che misura? Le domande potrebbero diventare infinite. O meglio ancora che cosa è verità oggi nella politica italiana e che cosa ieri. L'appello della verità se non inficia i comportamenti, diventa, anche nel buon senso, menzogna. Quante ingiustizie perpetrate nella migliore coscienza? Così per il tema della povertà. Come non riflettere seriamente sui dati delle povertà materiali e immatei:iali presenti in Italia e nel mondo? Come non porre domande sulle cause produttrici di disuguaglianze e sui meccanismi che le aggravano? Si è parlato di povertà, ma non di economia, di poteri, di sviluppo. Ancora: l'immigrazione è un fenomeno grave per l'Italia, posta al centro ael Mediterraneo. Il fenomeno non può essere ridotto alla piccola risposta che le singole Parrocchie o le caritas locali possono fornire. Stesso atteggiamento per la "famiglia": se la famiglia moderna soffre di stabilità e di solitudine, occorrerà pure interrogarsi sui perché di questo stato di cose e su che cosa la Chiesa può pi;oporre per una crisi che, per l'Italia, diventa preoccupante. Crediamo che alle assemblee dei Vescovi nel Maggio · prossimo, alla quale i delegati di Palermo hanno affidato l'impegno di rendere operative le riflessioni del Novembre scorso, prevalga la linea culturale/pastorale, dettata indubbiamente da buone intenzioni, tesa a voler orientare le coscienze. Chiediamo che queste linee abbiano anche il coraggio di affrontare la realtà della società italiana così come essa è, non applicando uno schema corretto teoricamente, ma ininfluente. Restiamo invece convinti che la conversione del cuore fa la verità: l'atte&giamento della vita è la discriminante e non &iàl'adesione alla verità, .ormai manipolata da persone molto raffinate culturalmente e spesso altrettanto rozze e cimche nella vita. ♦
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