2. Chi fa veramente la storia? Chi costruisce le piccole ipotesi di convivenza ·e di socialità - le regole, i rituali, le mille convenzioni - su cui si reggono la vita nel mondo, i rapporti con gli altri e con le cose? Chi inventa e circoscrive i confini, i tempi e i modi di una società? Storia di un'amicizia tradita, di una menzogna ignobile e di una grande truffa, Underground è anche una fanatica riflessione sulla storia, un apologo sulle bugie e i trucchi della propaganda, un grido d'allarme contro la falsità del linguaggio politico, contro il potere e la sua retorica. Kusturica ha detto del resto di essersi ispirato direttamente a Orwell e a Kafka. Di aver mirato al potere dei media, ai meccanismi osceni della manipolazione, alle rassicu-· ranti bugie del totalitarismo. Ma nella storia di Marko e del Nero, nell'amicizia lugubre tra un'elettricista violento e sanguinario e un poeta-politicante-millantatore, in questo strano rapporto di complicità maschilista e di· pura ferocia, di scettico cinismo sentimentale e di violenza, c'è forse qualcosa di più (e qualcosa di peggio) della denuncia ovvia della f ropaganda. La metafora de sotterraneo - o della caverna - è troppo facile, troppo lineare. Certo, c'è un punto di svolta nella storia. Un grande scarto. Una frattura che diventa una crepa. Quando Marko, per soldi o per amore, convince il Nero e gli altri a seppellirsi nella cantina, e quando la cantina diventa un enorme, barocco, scalcinato sotterraneo troppo pieno di cose, quando la vita si sdoppia tra un sopra e un sotto altrettanto oppress1v1, egualmente estraniati e inutili e falsi, lo stesso ritm_oossessivo del racconto si congela in un rituale s~nza tempo (il tempo viene truccato e rallentato, gli orologi letteralmente "rubano" il tempo) che solo il congestionato apparato kitsch di un soprendente matrimonio tra due "cavernicoli" sembra capace di· vivificare. Kusturica però ha troppo inutuito, troppa fantasia, troppo istinto, per farsi irrettire da questa metafora. Prima del tempo "falso" o morto della caverna, prima dell'immersione nel_bagno collettivo di una società cieca e sorda, ottusa e manipolata, prima - decisamente prima - della Storia (ufficiale) e della politica, Underground racconta anche un'altra vicenda, molto più libera e meno banale. Troppo simili, troppo speculari per essere veramente rivali o antagonisti, Marko e il Nero ingaggiano in tutta la f rima - splendida - parte del ilm una battaglia sottile e sfuggente. Un gioco perverso di definizioni obbligate, di false piste, di inganni incrociati. L'amore, il corpo, l'arte - ridicola - di Nataljia sono un bersaglio mediocre e fasullo. La vera posta in ballo è diversa, e più consistente. Più intelligenti, più riflessivi, più calcolatatori di quanto il ritmo infernale delle loro vicende - dei trucchi spavaldi, delle bevute, delle spacconate - non lasci intuire a prima vista, questi due strani gemelli perversi, questi due centri di energia e di rabbia, si sfidano lungo il confine di un delicato conflitto simbolico, nella grande, vischiosa, palude di un immaginario· dove le ipotesi di ordine, di vita in comune e di società, dove gli schemi della politica e della civiltà sono ancora tutti da fare, o da costruire. Puro e sfuggente vuoto da riempire, fluidità mobilissima da cristallizzare (con la violenza oppure con l'inganno), la sgangherata preistoria di Underground descrive l'atto di nascita di una politica che non ci può salvare, lo stato di natura o la scena primaria da cui si generano quella gabbia mortale di vincoli e di costrizioni, quel penoso castello (quel "sotterraneo") di istituzioni malate, di rituali idioti, di cerimonie e di leggende sceme che continuiamo ancora a chiamare Società. Chi è che fa la storia, allora? Chi la decide? ("Qual'è la forza che guida i popoli?", diceva Tolstoj). A modo suo, Kusturica riformula leggermente la domanda. Forse la Storia procede da sola. Forse è una bestia cieca e spaventata. Ma gli uomini (i malvagi) hanno un altro potere. Non fanno la Storia, ma la Società (il male assoluto, la fissazione che congela i racconti, l' oscenità meschina di una ripetizione). Definiscono - per gli altri e ébntro di loro, letteralmente sopra alle loro teste - una ridicola controfigura del mondo, un angusto recinto di credenze, convenzioni e obblighi, un ambiente "obbligato", artificiale e spento. Rubano il Mondo in cui vivono · gli altri (pensate a J ovan che non distingue la luna dal sole, che non sa riconoscere un pesce o un cavallo o un cervo, che non ha mai visto com'è fatto un fiume). Non è colpa - solo - della propaganda. Per Kusturica, le bugie seducono soltanto chi le può riconoscere (Nataljia), e in fondo sono (siamo) tutti complici. E tutti coinvolti. Poveri idioti: abbia- .Y'.QQ
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