ca, " questa è la terra dove ogni sorta di esercito è passato nel corso dei secoli, la terra dove persino i passeri al mattino 9.uando cantano non sono felici ma terrorizzati". Immagine terribile, come quella dell'inizio del film quando il bombardamento nazista distrugge lo zoo di Belgrado falcidiando tigri e leoni, scimmie e oche, terrorizzando un mondo animale dolente e molto .eiù umano e dolce dell'umanità indolente e selvaggia di nazisti e trafficanti d'armi, gangster e ribelli vari. Alla barbara disposizione umana alla violenza e al massacro nei Balcani, per Kusturica non c'è rimedio. Opinione questa che anche altri hanno talvolta sposato. Tra tutti il premio . nobel bosniaco ( e jugoslavo) Ivo Andric nel racconto Lettera del 1920: " ... la Bosnia è il paesze dell'odio e della paura. In Bosnia ed Erzegovina c'è molta più gente rispetto ad altri paesi slavi del sud, che in questi momenti di odio inconscio, per ragioni diverse e motivazioni diverse, è prionta ad uccidere o a farsi uccidere". Ma Andric sa disegnare anche altri paesaggi di queste terre: Di mescolanza e generosità, di serenità e tolleranza. Il luogo comune dei selvaggi balcani si fa strada anche tra chi crede nella redenzione e nella bontà dell'uomo. Qualche tempo fa, ad un incontro .P,ubblico un sacerdote ·pacifista, leader delle marce e delle iniziative contro la guerra a Sarajevo ha detto : "C'è q_ualcosa di assolutamente mspiegabile nella violenza in quei posti, così brutale e drammatica da sfuggire alla nostra comprensione razionale" . Certo, come oggi in quella di Pietro Maso nella nostra pasciuta Italia, o come oggi in quella del genocidio deglmi ebrei nella patria di Bach e di Beethoven. Come inspiegabile la celebrazione nel nome della vittoria della civiltà solo quattro anni fa di Papa Wojtila dei cinque secoli della reconquista, cioé la cacciata - si potrebbe chiamarla anche pulizia etnica - delle popolazionui arabe ed ebree, insedfiate da secoli in Spagna ( paradosso della storia: gli ebrei sefarditi cacciati da Isabella di Castiglia se ne and~rono trovando ospitalità in gran parte a Sarajevo; altro paradosso è eh e la selavaggia Sarajevo è l'unica grande città europea a non avere un ghetto). La sola spiegazione antropologica e psicologica della crudeltà del confitto non convince; è superficiale e pi~ra. Certo la dinamica dell'odio e della violenza è vertiginosa; appare l'unica forma di relazione tra le persone ma è nella realtà - per usare una felice espressione di Enzensberger nel suo libro sulle guerre civili - autistica, autereferanziale, fine a sé stessa. È la maschera deformata di una storia molto più vera fatta di interessi concreti e di soldi, di affari e di potere. Che magari si svolge Underground: sottoterra la storia parallela non finisce mai. Circolano soldi, si scambiano le armi, si spostano le popolazioni: un lavorio incessante e un ingranaggio quasi perfetto che è impermeabile alla guerra e alla pace, ai regimi di o~ni colore, alle sofferenze di ciascuna popolazione. Che sottoterra, dunque, ci siano l'igenuità e la buona fede, i traditi dalla politica e dai trafficanti che stanno ai piani superiori - come sembra nel film- è solo una credenza. La società civile è spesso molto più incivile e interessata ( nonché commista alla politica sporca) di quanto non si creda. Underground è l'intervallo tra la seconda guerra mondiale e la guerra civile jugoslava, guerre completamente diverse tra loro, ma legate dalla convinzione di fondo di Kustirica: nessuna guerra è mai giusta. La ferocia e l'ingiustizia delle guerre sono più o meno tutte monotamente eguali. E anche i mostri potranno essere bianchi o rossi, celestini o neri, ma sempre mostri rimangono. Quando i mostri entrano in azione, allora ha ragione Kusturica. Ci si può "identificare in ogni lacrima versata, ma non potrò mai identificarmi con coloro che si sbranano, con nessuna parte politica che cerca·di imporsi". ♦
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