confuse le aspirazioni al posto pubblico e il concetto di lavoro socialmente utile. I giovani disoccupati dell'art. 23 hanno subito interpretato il "socialmente" secondo questa prospettiva, e si è quindi reiterato il meccanismo di clientela politica che consiste nello scambio più o meno tacito di consenso elettorale con la promessa di lavoro. E poiché il tema ricorrente nelle discussioni con gli articolisti è il miracolo dei 36.000 voti potenziali che potrebbero diventare 150.000 con le famiglie, sotto questo aspetto la loro corresponsabilità è evidente, innanzi tutto a loro stessi. Se privilegio vuol dire sfruttamento Tuttavia alcune famiglie con questi soldi sopravvivono e .anche male. Gli articolisti infatti sono retribuiti, anche qui male perché spesso i soldi arrivano solo a giugno, ma rimangono pur sempre dei disoccupati. La legge dell'art. 23 istituisce un rapporto speciale in cui, pur sussistendo tutti gli estremi della subordinazione, cioè dell'impiego pubblico (le ore lavorate e la retribuzione), ne esclude l'applicazione, con conseguente assenza di tutela dei diritti che sono propri degli impiegati pubblici. Gli articolisti non hanno contributi versati a fini pensionistici, niente titolo professionale da poter utilizzare per altri impieghi, non è prudente fare figli perché non c'è il diritto alla maternità e le articoliste non ricevono i soldi nei periodi in cui partoriscono o allattano senza mettere la firma. Questo precariato è il prodotto della proroga di un intervento straordinario che è finito col diventare ordinario. Il mio interlocutore dell'Ufficio di collocamento mi racconta come ha funzionato per lui il ricatto del posto pubblico: "Dentro l'ufficio siamo_sfruttati. Spesso ci fanno fare le cose come gli altri impiegati. Questo accadeva soprattutto all'inizio quando avevo la speranza di restare come impiegato e invece delle ottanta ore meqsili che sono stabilite dall'art. 23, ne facevo cento, centoventi, e mi facevano fare cose in più. Adesso che non ho più questa speranza di essere preso mi faccio le mie ottanta ore e me ne vado". La figura dell'articolista, soprattutto oggi, a distanza di sei anni dalla prima proroga, è tutt'altro che vincente. Alla camera del lavoro si parla di cooperative Allora a chi sono stati utili i progetti del1' art. 23? Dal 1988 a oggi questi progetti sono costati alla regione millecinquecento miliardi. SUOLE DI VENTO L'utilità di spesa può essere verificata sulla base dei risultati ottenuti dalle cooperative. Vado alla camera del lavoro a parlarne con il sindacalista della Cgil palermitana Lo Balbo che fa questa premessa: "Che cosa sono le cooperative? Niente di diverso dalle imprese e, come quest'ultime, la loro ragione di esistenza è la produzione di beni". Gli chiedo allora come mai in questa storia dell'art. 23 esistano cooperative che percepiscono il denaro pubblico senza produrre niente. "Bisogna tornare al 1988, quando viene fatta la legge e partono i primi progetti di lavori socialmente utili, inizialmente in numero limitato. Nel primo anno (e solo per il primo tiene a specificare il mio interlocutore, anche se le e0operative fondate in quell'anno hanno una vita piuttosto lunga, come la coop in cui lavora l'articolista del collocamento) il sindacato forma insieme ad associazioni le cooperative e i lavori avrebbero dovuto durare un anno. Ma già alla fine del primo anno c'è la proroga della Regione, ed è allora che si verifica un moltiplicarsi di progetti, perché la proroga riguarda ·l'articolista, non il progetto che passa in secondo piano. Per questo i progetti di pubblica utilità per lo più sono ridicoli quanto le qualificazioni inventate per gli articolisti che vi aderivano". La deresponsabilizzazione ha origine in alto, nella Commissione regionale di controllo, formata da sindacati e funzionari della regione, ma contemporaneamente opera dàl basso, dove gli Enti proponenti demandano la vig~lanza agli ~ffici pr?vin~i~li d~l lavoro e agli Ispettorati. Questi uff1c1 pero possono controllare soltanto le procedure burocratiche, e non la produttività. Ne parlo con Anna Salmeri del Rdb (Rappresentanze di Base) di Palermo, un esempio di rappresentanza in contrasto con i sindacati confedera ti e che cura gli interessi specifici e locali (art. 23): "Così si è verificata l'esistenza di cooperative fantasma, di articolisti che firmano i registri delle presenze senza lavorare. Ciò che conta è il numero delle unità, che arriva talvolta fino a 500, su cui la cooperativa percepisce il 20%. E infine la disorganizzazione del lavoro che deriva dallo scarso interesse a investire in strutture per migliorare la qualità dei progetti. Ad esempio nella cooperativa in cui lavoro che ha il compito affidatole dall'amministrazione comunale di pulire la costa, o meglio la "crosta" di Vergine Maria, e da ultimo dello Sperone, vicino al fiume Oreto, uno dei posti più degradati ·del Me-
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