La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

GIOVANI E MERCATO DEL LAVORO Antonella Tarantino Antonella Tarantino è ricercatricepresso l'AIL (Agenzia per l'Impiego del Lazio) .. ♦ John Meynard Keynes prefigurava per le generazioni future la liberazione del lavoro grazie al progresso tecnologico ma attualmen- . te nei paesi più ricchi ci sono più di 35 milioni di uomini e donne, in particolare giovani, senza lavoro, non perché liberati dal lavoro ma perché di esso privati. Si sente spesso parlare di disoccupazione ideologica causata dalla velocità del progresso, che da un lato migliora la qualità della vita ma dall'altra distrugge posti di lavoro. Tuttavia, per quanto l'innovazione tecnologica sia stata la causa, in parte, della perdita di posti di lavoro senza possibilità di recuperarli, dalla disoccupazione ideologica si guarisce. Le nuove macchine non si auto-inventano e la tecnologia che immette sul mercato nuovi prodotti provenienti da una domanda sempre più esigente, crea, inevitabilmente, nuovi posti di lavoro. Il lavoro è: uno degli ambiti più importanti ·in cui si sviluppano i rapporti tra gli individui; un sistema di socializzaz10ne dei più giovani ai ruoli adulti; il contesto nel quale si svolgono i processi di riproduzione economica e sociale. Ma nonostante tali attribuzioni, il lavoro dai giovani intervistati è stato collocato in ordine di importanza (RaJ:iorto Iard 1994)·solo al terzo posto dopo la amiglia, le ;;im,icizie e l'amore. Ciò dipende al modo differente in cui il lavoro viene concepito da parte dei giovani. Infatti, si è passati negli anni Novanta da una concezione "tradizionale" in cui il lavoro era visto solo come un reddito da percepire, ad una concezione "realizzativa" in cui il lavoro è invece inserito in una scala di bisogni. Se gli anni Ottanta si sono caratterizzati per essere gli anni dello "yuppismo" e cioè come anni in cui il lavoro tendeva a essere percepito come facile veicolo di arricchimento, negli anni Novanta si scopre una certa dose di insicurezza nell'approccio al lavoro da parte dei giovani. In realtà, questo atteggiamento è causato dalla necessità avvertita di capjre quali obbiettivi si intendono raggiungere, ma soprattutto quali siano le capacità di ciascun individuo. Il ritardo nel porsi queste domande è spesso l'effetto della scarsa conoscenza che la scuola fornisce del mercato del lavoro, da un punto di vista sia teorico sia pratico,. in quanto manca SUOLEDI VENTO del tutto la possibilità di un'alternanza tra istruzione e lavoro. Spesso si osservano elementi di incomunicabilità tra vita di studio e vita lavorativa; tale insicurezza dipende anche ·dal ruolo-culla che in genere ha la famiglia e che permette ai giovani di posticipare l'ingresso nel mondo del lavoro. E non è un caso che tale ingresso venga normalmente vissuto in maniera fortemente ansiosa. Tuttavia, sembra che questo periodo di rifle~sione serva ai giovam per porsi nei confronti del lavoro in termini diversi rispetto al p_ass_ato.Essi chiedono che il lavoro si carattenzz1: - sia per autonomia, e infatti si assiste a una maggiore richiesta di lavoro autonomo- e di libertà all'interno del lavoro dipendente; - sia per flessibilità dell'offerta, e infatti c'è una diffusione dei contratti cosidetti atipici (contratti a termine; contratti part-time; contratti di tirocinio o stage; la legge 44 dell'86; la cooperazione; i lavori socialmente utili; il telelavoro; il job-sharing), all'opposto dell'aspirazione storica al "posto fisso"; - sia per crescita professionale, attraverso l'esigenza implicita d1 un carico crescente di professionalità. Non si può sottovalutare che oggi il mercato del lavoro spesso è considerato uno spazio nel quale si vince sulla base della competitività; coloro che lavorano mostrano inoltre una continua esigenza a voler migliorare la propria condizione lavorativa. Se da un lato si osserva un atteggiamento propositivo da parte dei giovani, dall'altro non è possibile dimenticare che la mancanza di lavoro sta a indicare un tipo di disoccupazione che è esclusivamente: giovanile, femminile e meridionale. Queste tre caratteristiche possono essere intese come le tre fondamentali variabili statistiche della disoccupazione in Italia, da cui partire per analizzare il fenomeno in questione a livello nazionale. Studiando la disoccupazione attraverso l'incidenza che hanno questi tre indicatori sul fenomeno, la CQnsiderazione più immediata che ne deriva è che la disoccupazione in Italia è di tipo escludente. Ciò significa che c'è la tendenza nel mercato del lavoro a lasciare fuori dall'occupazione, e quindi a penalizzare, categorie come la giovanile e la femminile. Un dato significativo che include in sé i tre indicatori è il tasso di disoccupazione delle donne in età inferiore ai venticinque anni residenti nel meridione dove su tre appartenenti alle forze di lavoro femminili due sono disoccupate (62%). Quindi ci troviamo di fronte alla nota tipologica centrale del disoccupato: donna-giovane-meridionale. Su un piano generale le dimensioni quantitative del mercato del lavoro italiano sono le seguenti: la popolazione italiana si divide in forze di lavoro e non forze di lavoro. Le forze di lavoro sono 22.437.000 (Istat, gennaio 1995) tra occupati e disoccupati. Questi ultimi, a loro volta, si differenziano tra coloro che hanno perso il lavoro e ne cercano un altro; coloro in cerca di prima occupazione; e coloro che rientrano nella categoria "altri" (casalinghe, studenti, pensionati) che hanno dichiarato di essere disposti a lavorare. Le non forze di lavoro in età lavorativa, invece, sono 20.139.000 suddivise tra casalinghe, studenti, pensionati e altri i quali hanno dichiarato di non essere disposti a lavorare (tabellal).

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