La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

L'ECONOMIA POLITICA NELLA REPUBBLICA CECA Stephen H olmes (traduzione di Francesco Esposito) Stephen HÒlmes, commentatore politico, scrive per la "East European Constitutional Review", dal cui numero primaverile del 1995 abbiamo tratto questo saggio. ♦ Oggi la sfida più formidabile per le società postcomuniste è la creazione di efficaci e responsabili strumenti di governo, capaci di procurarsi efficacemente le risorse e di incanalarle non nelle tasche dei privati ma per la gara~zia di beni pubblici fondamentali - sicurezza, sanità, educazione, trasporti, stabilità monetaria - e per la costruzione della precondizioni giuridiche di un'efficiente economia di mercato, come la regolamentazione dei contratti. Così chi osserva che le società postcomuniste sono messe in difficoltà dalla "decadenza dello Stato", non è un nostalgico della cortina di ferro; guardando al futuro, si preoccupa invece della creazione di una coerente struttura giuridica e dì forme civili e amministrative efficaci e non predatorie. Ma in che senso possiamo sostene- . re che la debolezza dello stato costituisca il difetto principale delle società postcomuniste, se. il più grande risultato della nuova e apprezzatissima Repubblica Ceca consiste proprio nella deregulation, nella rimozione della barriere politiche che, riducendo l'interferenza amministrativa nell'economia, ha consentito lo sviluppo del mercato? La risposta è che il primo ministro Vaclav Klaus, lungi dall'essere l'antistatalista che pre- . umd-e di essere, è lo statista, il costruttore di Stato di maggior talento di tutta l'Europa postcomunista. Nonostante la retorica liberista da Scuola di Chicago a cui Klaus attinge vo-. lentieri, l'intero e relativamente efficace processo di liberalizzazione realizzato nella Repubblica Ceca è stato rigidamente pianificato e gestito dall'alto. Diverse riforme sono state orchestrate direttamente da Praga; l?er esempio, sono state adottate specifiche misure "cuscinetto" per assorbire lo shock economico del passaggio al mercato; la mercatizzazione del1'economia, insomma, non è stata affatto il risultato spontaneo delle scelte decentralizzate di milioni di attori privati diversi. La "transizione", quindi; almeno in questa sua versione di maggior successo, non è stata soltanto una questione di economia applicata. Ha richiesto piuttosto tutela politica e capacità di leadership. In primo luogo è stato necessario privilegiare le questioni di legittimazione e di efficienza. Klaus non ha avuto la fortuna di un Konrad Adenauer. L'Occidente non gli ha PIANETA TERRA fornito le risorse con cui garantire i beni pubblici e ottenere l'appoggio e l'aiuto della popolazione. Klaus, al contrario, poteva ottenere queste risorse solo dopo ess_ersiconquistata una certa popolarità interna e internazionale. Fin qui, la cosa gli è riuscita beriissiino. In ogni caso, tutto il processo non è dipeso da un miracolo ma dal lavoro di Klaus e del suo_team (una ventina di esperti economisti, che si sono fatti carico di tutte le decisioni importanti). L'esempio Ceco dimostra così, a contrario che la debolezza, l'inettudine, l'inconsistenza, l'avidità della classe politica rappresentano davvero il problema e l'ostacolo fondamentale di tutti regimi post-comunisti. La separazione dalla Slovacchia, mossa essenziale per facilitare il disegno di Klaus di un ingresso veloce nella Comunità europea, è certamente l'esempio più calzante. Si è trattato ovviamente dell'opera di uno statista e non di un'economista.· Lo stesso si può dire anche per quanto riguarda la costituzione voluta da Klaus di una rete di sezioni locali del Partito democratico Civico, il miglior esempio di costruzione di un partito liberale in tutto il mondò post-comunista (c'è chi ne parla, con ironia, come di un "partito liberale di tipo leninista"). La strategia organizzativa di Klaus ha portato il partito a conquistare uno straordinario 25 per cento nelle elezioni amministrative dello scorso hanno, mentre gli ultimi sondaggi gli assegnano una percentuale ancora più alta, tra il 27 e il 32 per cento. Klaus ha anche fatto in modo di consolidare il suo potere mediante un abile uso del sistema delle commissioni parlamentari. Ha risolto brillantemente il problema del Senato perduto (quello slovacco), senza dover ricorrere a nuove elezioni o modificare la costituzione. Ha rafforzato così il suo governo, nonostante le tensioni interne alla maggioranza, privando il presidente del diritto di sciogliere le camere. Il recente colpo di mano con cui ha imposto un referendum sull'entrata nella Comunità europea, se paragonato alla sua decisione di evitare un referendum sulla divisione della vecchia federazione cecoslovacca, rivela bene la natura e l'abilità del suo oppor- . tunismo politico, sempre al servizio dell'mteresse pubblico. L'impareggiabile padronanza mostrata da Klaus nei confronti dei tranelli del capitalismo ha molto probabilmente contribuito in modo significativo a rendere così attraente per gli investitori stranieri la Repubblica Ceca. Ma le sue costanti professioni di fede nel libero mercato l'hanno indubbiamente anche aiutato a gettare fumo negli occhi dei suoi avversarsi e di possibili critici. Per quanto riguarda le restrizioni che ha dovuto imporre, Klaus ha affermato che si tratta soltanto di un'inevitabile opera di "lifting", e che il mercato lavora da solo. Alcuni lo accusano anche· di essere cinico . e spietato proprio perché rifiuta decisamente di intervemre in economia. Per quanto imprecisa, questa critica in fondo va a vantaggio di Klaus perché distrae l'attenzione dal fatto che il suo governo invece interviene strategicamente e in modo non irrilevante sul terreno economico, per esempio tenendo basso il cambio della Corona in modo da incentivarè le esportazioni. Strano liberista: il suo slogan, il suo stile politico è: "mettere le mani!". La stessa scelta di privatizzare le proprietà statali tramite un sistema di azionariato diffuso è ov-

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