La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

l'appartato generino l'alienazione dell'Uomo, dei governanti e dei governati, dalla sua coscienza, dalla ragione, dal linguaggio comune e in breve dalla natura umana concreta". Il potere totalitario, sempre più anonimo, sempre più invadente nei confronti di tutta la società, era diventato ai suoi occhi "un universo di controllo, paura e repressione" che disumanizzava il pensiero, la morale e la vita privata della gente. Come Patocka, Havel aveva rifiutato di combattere questi mali con la politica, privilegiando la strada di un'opposizione mo~ale al totalitarismo. Gli esponenti della Carta respingevano l'ipocrisia e formarono una· società a sé, che Vaclav Benda ha definito una volta "una città parallela". La loro opposizione morale al potere non perseguiva soltanto i ritmi della routine quotidiana ma anche degli scopi universali di stampo umanistico. Havel ha scritto in Politica e coscienza che bisogna "ripristinare in un modo o nell'altro il mondo naturale" come sfera autentica della politica, riabilitare l'esperienza personale dell'uomo come misura originaria delle cose, mettere la morale prima della politica e l;i responsabilità prima degli scopi che ci si prefigge, dare un senso alla comunità e al contenuto del linguaggio umano; fare della complessità dell'io umano nella sua interezza il vero centro degli eventi sociali. Tuttavia, in un sistema di controllo assoluto, la protesta morale si trasforma inevitabilmente in fat_tore politico, e i cittadini della "città parallela" si trovano impegnati nella riflessione sulla politica e nell'azione. A questo pensa Havel quando parla di una politica "anti-politica" ( o "non politica"). "SonO a favore di una politica anti-politica - scriveva nel 1978 - vale a dire di una politica intesa non come tecnologia del potere, come arte della ·manipolazione del potere, ma come strumento per cercare il senso della vita; come metodo per conservare e servire questo senso. Per me politica significa mettersi al servizio dell.i verità e prendersi cura del proprio prossimo". Havel non si faceva molte illusioni su queste idee. Si rendeva conto che erano impraticabili, capiva perfettamente che avevano scarsissime chance di trasformarsi in azione politica concreta. Quanto a sé, tuttavia, non vedeva altre alternative e nell'influenza esercitata sugli eventi mondiali da uomini che condividevano un analoga filosofia della protesta come Solzhenitsyn e Sacharov (ricordiamo il Solzhenitsyn di Vivere senza menzogna) ravvisava una prova della possibilità di questa "politica non-politica". Havel scrisse così che "la morale e la verità possono rappresentare un nuovo fondamento per la politica, e nelle condizioni attuali possono sprigionare un'indiscutibile forza politica: la voce di monito di ·uno scienziato confinato in una lontana provincia e terrorizzato dalla crescente foiba di quelli che lo circondano viene ascoltata in tutto il continente". "Sì - continuava - una 'politica anti-politica', una 'politica dal basso' sono possibili davvero. Una politica dell'Uomo, non degli apparati, che scaturisce non da una 'tesi' ma dal cuore". Lo spirito e la logica di queste idee portano naturalmente alla previsione di una "rivoluzione esistenziale", l'inevitabile futuro di rinnovamento morale dell'umanità in uno spirito di sincerità e fiducia recieroca, responsabilità personale e solidarietà. E precisamente per PIANETATERRA queste ragioni, non solo per le persistenti difficoltà a lottare contro· le macerie del regime, nonché per la necessità di allestire una piattaforma ideologica più ampia possibile in modo da poter unificare le opposizioni, che Havel ha rifiutato di creare un nuovo partito politico, con un suo determinato programma politico e una strategia di conquista del potere. Al contrario, per Havel gli strumenti_tradizionali delle democrazie parlamentari occidentali ( e i partiti politici in particolare) attraversano una fase di crisi, perdono progressivamente di mordente. Ne! suo celebre sag~io Il potere dei senza potere, Havel traccia 1 lineamenti di un'organizzazione sociale post-democratica. Secondo Havel, il ruolo principale deve essere assegnato alle istituzioni della, società civile, strutture a tempo limitato create di volta in volta per realizzare obiettivi determinati e poi smantellate. Havel non ha mai srecificato nei dettagli queste sue previsioni su futuro, ma le ha sempre formulate in modo piuttosto vago, consapevole che è sempre la vita reale ad avere l'ultima parola. Nell'ottobre del 1989, comunque, anche Havel ha cambiato tattica e - come lui stesso ha ammesso -_lasua politica nel periodo successivo si è fatta in fondo abbastanza "politica". Ha capito che il movimento noto come Forum Civico - che proprio in quei giorni si stava affacciando sulla scena - non era un vero partito. Inoltre, non poteva né doveva diventat;,è un partito, perché raccoglieva in sé persone di convinzioni politiche assolutamente differenti. Havel è ·stato persino contrario alla sua partecipazione come "quasi-partito" alle elezioni politiche del 1990. A prima vista assegnava al movimento soltanto il ruolo di garante di una competizione elettorale realmente libera. "Non so se sono un utopista, ma una cosa mi sembra innegabile: non riesco a capire come un ragionevole spettro di posizioni e partiti politici. si sia potuto materializzare in un tempo tanto breve, nei sei mesi che sono passati tra la rivoluzione e le elezioni". La seconda vita di un 'idea Oggi, dopo che la recente polemica ha ricordato questa vicenda alla società ceca, il presidente offeso scrive di "non aver mai inventato nessuna teoria politica sulla 'politica nonpolitica' intesa come un sistema privo di partiti politici", di non averla mai imposta al Forum Civico, di non aver mai contribuito perciò al crollo del movimento. In realtà, Havel ha usato il concetto di "non politica" soltanto due volte, quindici anni fa, per poi servirsene soltanto in delle citazioni. Tuttavia, questo è quanto più o meno ha detto durante ''l'interrogazione in assenza", un intervista rilasciata a Karel Gvizdala. Qui Havel specifica di aver usato il termine "politica non politica" non come una categoria universale, eternamente valida, ma solo come una sorta di strumento lin~istico ausiliario. E tutto vero. Ma come scrive giustamente Lubomir Broki - uno degli intervenuti nella recente pòlemica - "l'idea di politica non politica ha cominciato a vivere di vita propria" e a determinare il corso politico della Cecoslovacchia del dopo '89. E non solo. Influenzati da questa idea, per esempio, i politici democratici sovietici, e poi russi, hanno preferito la creazione di movimenti di massa ma organizzativamente amorfi ai pa:titi tradizionali.

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