La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

zione del "piano americano": sia in quanto "tutrice" (per esempio nel Montenegro?) sia in quanto "freno" alle esagerazioni nazionaliste del fresidente croato (che, per i momento, disfane di "carta bianca" per i lavoro in favore del "piano") - vista la situazione in Istria e persino in Dalmazia. La grande sconfitta è decisamente l'Unione europea. E anche la Francia. Eppure Parigi ha speso energie più di qualsiasi altro. Le spiega:zioni del suo insuccesso sono numerose e probabilmente transitorie. Come che sia, le Conferenze di Londra e di Parigi in dicembre sono, nel migliore dei casi, una "gentilezza diplom;1tica" di Washington; e non sono nel peggiore che una dimostrazione di "cattiveria" degli Americani che vogliono così far valere il loro atteggiamento "eguali- . tari o" e s·enza "privilegiati'". nei confronti dei paesi membri dell'Unione europea. E quan~o alla Francia, Washington s1 comporta come se volesse che i contatti tra i due stati rimangano, a torto o a ragione, piuttosto al livello di · "un americano a Parigi". E però la posizione attuale degli Stati Uniti non è priva di falle. Tutt'altro. Se per esempio quel che ci viene presentato come l'accordo di Dayton· rappresenta la totalità ~el "piano americano", allora, m questo caso, occorre prepararsi ad altri scenari catastrofici, stavolta con Washington nel ruolo di protagonista. Per illustrare quest'ipotesi, basta ricordare l'eventualità dell'abbandono dela dottrina sull'intangibilità delle frontieVOCI re (quantomeno formale), una dottrina sulla quale gli Americani e i Russi insistono dal 1945 (perfino. in Cecenia, a parte le critiche sulla brutalità cieli'esercito russo, nessuno a Washington ha mai contestato il fondamento giuridico del mantenimento d1 questa repubblica nel quadro della Russia); quest'abbandono aprirebbe la porta a una nuova serie di conflitti, disgraziatamente non solo nella ex Jugoslavia. L'impossibilità del ritorno dei rifugiati di ogni origine, un'impossibilità che non dispiace ai diversi attori politici locali, implicherebbe inevitabilmente l'affermarsi di una sindrome "palestinese" moltiplicata per tre se non di più (Musulmani, Croati, Serbi) e nel pieno cuore del vecchio continente. Insomma, se si continua così, perfino la minaccia di un Vietnam europeo non sarebbe più soltanto fantascienza. Ma che non si parli di democrazia, vitale per l'Europa, che in queste condizioni potrebbe definitivamente scomparire dai Balcani. Per questo, già a partire dalle premesse citate e senza riferirsi alle· conoscenze appartenenti al dominio della politica "stricto sensu ", è logico attendersi il "secondo atto" dell'accordo di Dayton .. È anche ragionevole supporre che .questo "secondo atto" sia in preparazione, ma non obbligatoriamente con gli stessi "interpreti". Sempre nella sfera delle ipotesi e nello stesso contesto, è utile anzitutto ricordarsi tre constatazioni che agli specialisti sono arcinote: 1) nella storia umana, si è prodotto solo eccezionalmente che i responsabili di una guerra siano promossi ad architetti della pace (allo stesso modo, non si è mai prodotto che gli autocratici diventino democratici); 2) i cambiamenti di frontiere per via pacifica non esistono (di conseguenza, nel caso in cui il "secondo atto" non ci fosse, chi potrebbe impedire --il pericolo della scomparsa fisica della BosniaErzegovina "propriamente detta" nel margine, diciamo, di tre anni, una scomparsa facilitata dal rifiuto degli Europei di vedere insediato in seno al loro continente uno stato islamico; ed è di scarso rilievo che questa sia una valutazione più o meno veridica); 3) la chiave principale della soluzione duratura della crisi jugoslava si nasconde a Belgrado (e laggiù, in Serbia, il potere dell'attuale presidente, camuffato da "colomba" pur essendo stato il principale colpevole della attuale tragedia, non sembra disposto a servirsene). Per questo, limitandoci a considerare la Serbia, è indispensabile incoraggiarvi la so1 u zione di una "terza via", dato che la prima personifica l'attuale potere e la seconda gli avanzi di un'opposizione sfibrata. Il credito di questo potere è oggi della metà di quello di cui Milosevic disponeva due anni fa. Ma il problema è che il credito cieli'opposizione , ancora esistente e politicamente articolata, è nel frattempo crollato ancora di più. Non sorprenderebbe se l' "uomo forte" di Belgrado rimpiangesse oggi la sua "efficacia" nella demolizione degli . '' avversari: non c e nessuno

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