La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 11 - gennaio 1996

africane. Le proposizioni votate al Sinodo rappresentano una via di mezzo tra ciò che la Chiesa ha poi accettato di fare proprio e le posizioni più radicali di tanta parte dei teologi e del clero africano. Sono comunque parole approvate dal più im_portante consesso della cattolicità africana dei tempi moderni. La discussione sollevata in particolar modo dai teologi sottolinea alcuni caratteri f eculiari della religiosità tradizionale africana. I suo carattere olistico, e cioè la compresenza di religioso e profano, di materiale e immateriale in ogni aspetto della vita. L'approccio alla malattia che ne deriva: guarigione intesa come processo mai solo fisico ma sempre anche spintuale. Il legame dell'individuo con la comunità che lo circonda, legame simbolizzato in varie forme tra cui .i?ropriola venerazione degli antenati. Tutto ciò che sino a pochi anni fa veniva bollato come animismo e religiosità primitiva. Lo staff redazionale di "New People", una delle riviste cattoliche più importanti a livello continentale, in ·una lettera aperta al Santo Padre nel 1994, esprimeva i suoi timori di una non compre.µsione della cultura tradizionale africana, citando lo scisma della Chiesa d'Oriente, la Riforma in Europa, e i fallimenti della Chiesa cattolica in Asia come risultati della sua "romanocentricità" e sordità alle culture locali, paventando una similare rottura tra la Chiesa africana e il suo centro. Punto secondo. Gli ultimi due decenni hanno visto in Africa la ripresa e lo sviluppo di quel composito movimento che passa sotto il nome di Chiese Indipendenti Africane. Si tratta del _proliferare di piccole e grandi congregaziom cristiane (c'è chi parla cli settemila diverse Chiese per un totale di trenta milioni di fedelQ, seesso legate al~a_rip:esa letterale d~l testo biblico, portatrici di una teologia profondamente radicata nella tradizione africana, soprattutto per quanto riguarda i rituali di guarigione: al di là delle più discutibili forme di esorcismo, si tratta di rituali che esaltano la protezione che la comunità sa fornire ai singoli fedeli, affrontando tutte quelle "malattie dell'anima" (incubi notturni, insonnie, ulcere, mali di testa, incapacità a procreare, alcolismo) che affliggono in particolar modo le periferie diseerate delle grandi città. Proprio in q_ueste penferie, a volte baraccopoli sterminate, i vessilli delle Chiese indipendenti rappresentano il più im.J?ortantepunto di riferimento per i milioni di individui soli che le abitano, _persone sradicate dalle proprie famiglie e dai pro_pri villaggi di provenienza, e gettate nelle fauci di una modernità che non si sa più se definire incompiuta o al contrario pienamente.realizzata nel degrado delle bidonville. Queste Chiese nascono in modo spontaneo come scissioni dalle grandi Chiese missionarie (sulla falsariga di quanto avveniva all'inizio del secolo, e poi nel secondo dopoguerra con la crescita del movimento di lotta per l'indipendenza). Negli ultimi anni su questo filone si sono in parte purtroppo innestati i Pentecostali (spesso di origine nordamericana e finanziati dall'estero), legati in modo solo esteriore alla tradizione africana. Nonostante il divario di risorse economiche a disposizione degli uni e degli altri, le Chiese Indipendenti reggono la concorrenza dei Pentecostali proprio nelle periferie degradate, dimostrando la invincibile vitalità della cultura tradizionale là dove di questa c'è più bisogno. Nel complesso, l'avanzata dei Pentecostali e delle Chiese Indipendenti, accomunati spesso sotto il dispregiativo appellativo di sètte, preoccupa non poco le grandi Chiese missionarie. Punto terzo. C'è un luogo privile~iato dal quale guardare alla realtà africana di oggi, e questo luogo è lo slum, la periferia degradata in rapida crescita ovunque. Stime ragionevoli prevedono che la baraccopoli sarà la condizione abitativa di un africano su quattro entro il 2010. Bene, questo è un luogo dove non è e non sarà mai possibile inaugurare un discorso di giustizia sociale prescindendo dalla possibilità per chi lo abita di ricostituire un tessuto sociale e culturale, una rete di relazioni umane, un percorso di senso. Mi sembra molto interessante come in tutto il dibattito del Sinodo sia stata sottolineata l'inscindibilità di questi due aspetti. Se per la Chiesa cattolica africana parole come lotta, rivendicazione, diritti dei poveri sono all'ordine del giorno, è chiaro come queste debbano viaggiare di pari passo con altre parole come comunità, valori di convivenza, relazioni fra le persone. Nelle periferie degradate nessuna rivendicazione è possibile prescindendo dalla necessità che i poveri ritrovino dignità e fiducia in se stessi. Ricostruire cultura, dunque. Per quanto riguarda la religione, è indubbio che il linguaggio simbolico che sembra emergere in queste periferie sia quello che si forma nell'mtersezione tra le grandi religioni monoteistiche e la tradizione africana. Non è detto che tutto ciò sia stato raccolto dalla Ecclesia in Africa di Giovanni Paolo II. Anzi: sui temi dell'inculturazione c'è un rinvio a commissioni di studio successive, la parola guarigione non è neppure nominata, le Piccole Comunità Cristiane che secondo molti teologi dovrebbero essere il perno dell'azione sociale della Chiesa (omologhe alle comunità di base della teologia della liberazione latinoamericana) vi hanno pochissimo risalto. Il documento è invece di grande im.J?attonella denuncia dei vari malanni del contmente e nel rilievo accordato alle tematiche economiche, ve- _ranovità che porta la Chiesa a essere forse l'unica istituzione che oggi afferma la sua "opzione preferenziale per i poveri". Anche tra chi si è battuto in questi anni per introdurre i temi della giustizia e dell'inculturazione nel dibattito sinodale, emergono valutazioni contrastanti sulla Ecclesia in Africa, tra chi ne sottolinea le insufficienze, e chi si preoccupa invece di rimarcare le novità, come un punto senza ritorno, una conquista che faccia da base di partenza per le battaglie successive. Resta il fatto che la parola inculturazione entra nel lessico ufficiale della Chiesa d'Africa, e che i valori fondanti della tradizione culturale e religiosa africana trovano nuov~ e imprevedibile vita. ♦ PIANETATERRA

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