La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 10 - dicembre 1995

re voleva dire mettersi a rischio, Marta osservò che molti di quelli che rischiano così non sanno nemmeno perchè portano la kefiah. Mario le rispose che la kefiah non era né di destra né di sinistra. Ezio se ne uscì con la precisazione di "non avercela con gli ebrei ma semmai con gli inglesi". Notai che ce la possiamo prendere sempre con qualcun altro, addirittura con gli inglesi, ma che io invece me l'ero presa proprio con Dario, che il giorno dopo l'omicidio di Genova lanciava uno slogan inneggiante ai coltelli. Mario replicò che "sono meglio quelli che parlano solo di g_uelloche è stato zitto e ha ammazzato" poi, nferendosi a quel che Ezio dice di fare, osserva che il mettersi di più o di meno nei guai "dipende soprattutto da come sei tu". Al quarto incontro arrivano due ragazze nuove. Valeria dice che la vita è noiosa e che a volte lei ci si butta a metterla a rischio. Costanza comincia a fare un fiore con la carta argentata delle s{garette e lo passa alle due nuove. Ezio, prima dice che in due ore non riesce proprio a entrare in dialogo con loro due, a conoscerle, poi annuncia a tutti che oggi non ha portato !"'amichetto" (così chiama il coltello da cui non si separa mai). Riracconta, a beneficio delle nuove, che lo porta da quando s'era visto puntare una lama alla gola nel cortile buio di un palazzo dov'era andato per riconsegnare a un'amica la cassetta "Bugie rosse" (forse - mi venne dopo in mente - che quel titolo, da Ezio oosì superbamente storpiato, potesse essere "Lanterne rosse"). Una delle due nuove, Nadia ricorda che lei stava per morire per il suo ragazzo perché in una rissa, scoppiata nei locali della parrocchia, aveva messo il suo petto tra lui e un coltello. Ezio rilancia su quando rischia attraversando i "territori" dei fasci. Valeria e Mario si ricordano di quando hanno rischiato brutto col motorino. Infine arriva quello che io avverto come un vero rischio di morte: dice di averlo corso Silvia per salvare il suo cane. é<Sonoviva per mio fratello che mi ha dato una spinta". . All'incontro successivo, il quinto, sono solo in tre. Discutono del fare o non fare agli altri quel che han fatto, di doloroso, a te. Ezio ammette di aver restituito i torti subiti quando s'è trovato con ragazze troppo possessive. Nadia racconta di un ragazzo con cui è stata solo mezz'ora perchè le voleva impedire di andare all'esame di un'amica. Ezio se ne esce con la storia di un ragazzo del Centro sociale· che si droga perché lo fa il padre e vuol provare quel che prova lui. Nadia parla delle sue.crisi di piantp e dei molti ragazzi che ha avuto e guardavano solo alla bellezza. Ezio la consola dicendo di aver avuto esperienze analoghe. Marta racconta del suo ragazzo che l'ha fatta piangere, ma Nadia l'ammonisce che non bisogna farlo sapere che hai pianto. Finiamo con i mucchietti di schegge del legno di una sedia che Nadia accumula e poi butta via. Al sesto incontro sono ancora in tre, gli stessi della volta prima. Leggo un passaggio del testo dove si parla della madre del protagonista che sta morendo. Ezio commenta che "lui almeno è stato fortunato, perché l'ha potuta salutare. Non poterlo fare ti dà invece un senso di vuoto terribile". Dice che lui conosceva quella ragazza che è morta tre giorni fa in un incidente sul raccordo dopo l'uscita dalla discoteca. Propone la tortura per "il bastard.o" che guidava e non s'è nemmeno presentato al funerale. Reagisco a. questo spostamento sulla CASI QUOTIDIANI Laura Patì Laura Potì, insegnante, è responsabile a Lecce del settore Edu (educazione e diritti umani) di Amnesty lnternational. ♦ Alle notizie su donne e minori ci si abitua, come al volto sfigurato di Lejila, la bambina colpita da una granata a Sarajevo, come ai bambini massacrati in Ruanda (forse li abbiamo anche dimenticati), come ai niiios de rua dell'America Latina, dei quali, se non c'è un altro massacro come quello della Chiesa della Cande/ara a Rio, nessuno si "commuove" più di tanto. Ma c'è anche una violenza dei minori. E non parlo della criminalità rriinorilecosì diffusa soprattutto nel Sud per contiguità con organizzazioni mafiose, ma della violenza fine a se stessa, perpetrata da ragazzi nei confronti di altri adolescenti poco piit giovani. Ho scoperto dolorosamente questa realtà dopo anni di insegnamento in un Istituto Professionale del Salento.. Pensavo di conoscere i miei ragazzi, i loro problemi familiari, scolastici e lavorativi, a volte molto pesanti, ma non conoscevo assolutamente nulla delle relazioni fra di loro al di fuori della scuola. Una mattina. in una quinta classeho introdotto il tema della violenza sui minori nell'ambito della settimana di Amnesty lnternational dedicata a questo tema. Da brava pedagoga e responsabile del gruppo di Lecce del settore Edu (Educazione ai Diritti Umani) ho iniziato a illustrare dei casi di maltrattamenti in varie parti del mondo, dagli Stati Uniti alla Svezia al Pakistan. Dopo circa dieci minuti Francesca,una studentessa "modello", impegnata nel sociale, 60/60 agli esami di maturità, è scoppiata a piangere e, bloccandomi, ha esordito dicendo di non andare così lontano a cercare degli esempi, bastava guardarsi attorno per vedere quanta violenza cifosse anche tra i giovani. Sulle prime non capivo, o non volevo capire. Poi mi sonfatta spiegaremeglio. · Francesco è di Lecce; per quattro anni ha preso il treno per recarsi a scuola. L'ultimo anno ha deciso di prendere in affitto una casa in paese per non dover più sottostare e assistere a maltrattamenti e a ,µereeproprie sevizie inflitte sul treno dai suoi coetanei nei suoi confronti e verso i ragazzini del primo e secondo ànno. In classenessuno ne voleva parlare, per paura, per indifferenza, per complicità; ma lei non ce la fa più, trabocca di rabbia nei confronti degli "aguzzini", ma anche delle vittime, incapaci di denunciare simili vergogne.. . La tipologia di "scherzi" era la seguente: la BUONI E CATTIVI

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