La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

SCUOLA LA SCUOLA SREGOLATA Marcello Benfante, Giannina Longobardi, Vita Còsentino LA SCUOLA DA DENTRO, LA SCUOLA DA FUORI MarcelloBenfante Strabismo: osservare la scuola Il dibattito sulla scuola soffre tradizionalmente per una sorta di strabismo che non è quello affascinante di Venere né quello eroico e furibondo di Orlando (il paladino, s'intende). È invece uno strabismo demenziale e talvolta (più che etimologicamente) losco: gli occhi storti di chi non sa, non può o non vuole mettere a fuoco i reali problemi e insegue opposte tentazioni. È la divaricazione tra chi fa scuola e chi la pensa, tra chi ci vive - con mille frustrazioni - e chi ne fa oggetto di un discorso (valido o meno che sia). La settorialità di questi sguardi opposti genera fatalmente risposte frammentarie, unilaterali e ovviamente divergenti. Quando la scuola si racconta dall'interno, soggettivamente, attraverso la descrizione di esperienze personali, risulta spesso incapace di andare oltre l'immediatezza del vissuto, la parzialità di un p\.lntO di vista troppo specifico, coinvolto, compromesso. È un'analisi minuziosa che non spicca mai il volo, resta sempre rasoterra. Quando invece è oggetto d'indagine scientifica, la scuola appare argomento asettico, avulso dal contesto reale, schematicamente teorico, lontano dalle miserie quotidiane, troppo alto rispetto al piano infimo e prosaico dei problemi concreti. E una sintesi che sorvola senza trovare mai un punto d'apposgio. E le cose, si sa, dall'alto sembrano più piccole, le minuzie scompaiono del tutto, certe ambasce appaiono insignificanti. Sembra di essere tornati al vecchio problema kantiano: è possibile una sintesi a priori? In realtà si tratta soltanto di sanare uno scollamento tra cultura e prassi, tra scuola militante e riflessione pedagogica, che è il risultato per- { e verso di un complesso intreccio di fattori. Da un lato una massiccia parte del corpo insegnante, ormai disabituata all'astrazione teorica, si dimostra scettica nei confronti della ricerca didattica e pretende che ogni discorso sulla scuola venga "calato" di peso nella di mensione fattuale del lavoro in classe e abbia un riscontro, per così dire, tangibile. Inutile dire che spesso questa pretesa aderenza al reale è soltanto brutale mancanza di metodo e d1 idee, vile e banale accettazione di comode consuetudini e di rassicuranti meccanismi spaccia ti per spirito pratico e disincantata esperienza . .D'altro lato, la saggistica specializzata è sovente incapace di stabilire un contatto e un colloquio con il grande esercito dei docenti, e sembra invece condurre un discorso tutto interno a un'élite estranea all'istituzione scola stica, che non ne ha mai fatto parte o non ne fa più parte. Un discorso accademico, dunque, che deriva da un'opposta disabitudine, ovvero dalla mancanza di una verifica diretta sul cam po, con le trasformazioni di un mondo giova nile assai più imprevedibile di quanto non s~pponga ':1n~pedagogi~ che troppo spesso s1 rmene onnisciente e onnipotente. Vista troppo da vicino o troppo da !onta no, la scuola appare oggetto sfocato, sfumato, confuso, inintellegibile, imperscrutabile. Lo sguardo strabico è per un verso presbite e per l'altro miope. Vi è una diffusa incapacità dell'insegnante a meditare sul eroprio lavoro, a rielaborare la propria espenenza, a interpretare il proprio ruolo in cliiave professionistica e intellettuale. Il docente non studia perché è convinto che questo è un compito che spetta soltanto ai suoi alunni, mentr'egli ne sa più che a sufficienza, considerato il livello culturale sempre più basso delle scolaresche; non si aggiorna perché è convinto che nella quotidiana fatica dell'insegnamento conti solo la perizia guadagnata in trincea; non si impegna in una crescita del proprio bagaglio cognitivo perché lo ritiene tempo perso e perfino uno sforzo non giustificato dalla sua oassa retribuzione. Il suo cinico pragmatismo è ovviamente un alibi. Che tuttavia spesso ha buon gioco contro un certo utopismo/ottimismo pedagogico. La saggistica scientifica è invece troppo spesso lontana dalla vita scolastica, sorvola con sufficienza sulle questioni "meccaniche", non si cura dei dettagli (ma il ritmo della scuola è tutto una serie di minuzie e di particolari, di gessi che mancano, di campanelle che suonano al momento più inopportuno, di deliran-

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