La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

inventate, n.o? q~el_lericopiate da un film. La cos~ che _mi e piaciuta dello spettacolo è che abbiamo mventato molte cose, cioè non inventato come cose inesistenti, ma inventato nel senso che tutto era vero, ma inventato". Tutto era_vero,ma inventato, per Debora, _e questa espressione per me rappresenta una precisa ~onferma delle p_os~ibilitàdel teatro. L'ingresso ~nun per~onagg10e sempre un'arte, ed è cosa sena per chi è attore come per chi è bambino. Dare c01yo a un altro è azione insieme ragionata ed emotiva, ha la sostanza incerta dei sogni e al tempo ste~so si mo~tra c~:mevidenza, nella rappresentazione scemca, d1 fronte alla quale o si ~rede o_1:01?-si cred~. Se si ~avara seriamente, per ~ bamb1ru s1tratta d1 compiere un salto verso l'ignoto, esattamente come per gli attori degni della loro arte. !,Jn'a~t:a J?Ossibilefonte di avvicinamento tra d1vers1e sicuramente la musica. Un amico che colleziona e suona strumenti di ogni par~e del mondo sostiene che se a partire dagli anru Sessanta lo strumento che connotava i giovani era la chitarra, oggi quello strumento è il djambe, il tamburo africano scavato nel tronco di un albero. Se questo è vero perché non ci apr.are ancor più cosa inaccettabile, a cui ribellarci, 11fatto che la scuola superiore ignori completamente l'esistenza della musica e che nella scuola di base l'incontro con suoni e ritmi si limiti a piccoli esercizi, perlopiù funzionali allo studio d1altre discipline? Eppure la musica è certamente una fonte primaria di creazione culturale interetnic~, c01:1egià mostrano gli interessanti intrecci realizzati da numerosi gruppi di giovani. L'effetto Marco Polo Un giorno Francisco, un maestro lxii, sapendo che la scuola distava appena due chilometri dal pa~s.eu~b~o dove era ospitato, ha deciso di recarv1s~a p1ed1.Poco dopo è tornato trafelato a casa, chiedendo se fosse arrivata la guerriglia o ci fosse lo stato di assedio. La ragione di tanto spavento era stata che lui, lungo la strada, aveva visto solo auto e nessuna persona camminare. Era il secondo giorno che stava in Italia e i suoi occhi hanno osservato ciò che noi non sappiamo più vedere: l'abolizione pressoché totale, nel nostro Paese, dell'uomo che cammina. Notazioni come questa ci fanno capire perché Kublai Kan incaricò un giovane veneziano quando volle sapere qualcosa di più del suo regno. È l'effettoMarcoPolo. La possibilità di vedere le cose avendo memorie di altre terre alle spalle. Se pensiamo all'incredibile arricchimento che può darci l'ascoltare altri sguardi, ci rendiamo conto di quanto i bambini potrebbero gioire e arricchirsi da incontri e da intrecci inusitati. Ma è bene essere chiari: o la scuola, come luogo di creazione culturale, darà il suo contributo all'elaborazione di pratiche e comportamenti aperti alle diversità, o noi insegnanti diventeremo complici attivi di un mondo in cui si rischia tutti di d . , , 1ventare sempre più serbi o croati. Se noi insegnanti sceglieremo di fare la nostra parte, potremo dare un contributo importante allo sviluppo di una cultura che si rifiuta di identificarsi con gli umori peggiori del nostro tempo. Un tempo in cui, negli Stati Uniti, a un senatore repubblicano può venire la brillante idea di limitare per legge alle donne ispaniche residenti in Nord America, di parlare spagnai~ con i loro figli. ♦ SQL.QI..d QUANDO GLI ALLIEVI SONO STRANIERI SergioKraiskij S~rg[oKraiskji, ~ociologo,insegna italiano agli stramen non europei. È autore di numerosi racconti. ♦ La presenza dj stranieri di rutto il mondo - bambini e adulti - nella scuola costituisce di per sé la più chiara testimonianza che l'insegnamento della storia e della geografia nelle scuole di ogni ordine e grado va tutto ripensato. La stessa pedagogia interculturale che da a_nnisi_occupa di que~ti problemi è ancora confmata m uno spazio limitato tra la ricerca accademica! liber~ e ~s!ratt~, ~ i vincoli grotteschi delle c1rcolan m1mstenali, che alternano voli demago~ici a impressionanti cadute burocratiche, lasciando sospesi nel vuoto gli inse~nanti. Con l'arrivo dei bambini stranien, i figli degli ~mmigrati della prima e della seconda generaz10ne, entra nella scuola "l'umanità", nella sua duplice accezione di diversità umana e di spirito di appartenenza comune, di solidarietà. Insieme all'umanità però anche la sofferenza - corollario inevitabile di ogni sradicamento - che prima sembrava limitato ai soli casi di handicap, entra in forme inedite nel mondo dei più piccoli, ai quali una lunga tradizione educativa vorrebbe risparmiare una precoce coscienza dei mali del mondo. Esiste una differenza tra educazione che ammette al suo interno la sofferenza - i diversi tipi di punizione, comprese quelle corporali - ed educazione alla "coscienza della sofferenz~" nel ~ond_o, spe~ialmente oggi che i mezzi d1comumcaz1one d1massa trasmettono immagi1:1idi continue sofferenze. Sor,rattutto la cosc1en~a _della "~~ff~re_nza inutile", que~la dei bamb1m e degli 1d1ot1,secondo la tradizione che va da Dostoevskij a Camus, il dolore che colpisce chi non sa come difendersi, come elaborarlo per rafforzarsi, o magari per trovare la fe~e. La percezione, prima ancora della co- ~ciel?-za,.della sofferen~a inutile oggi ri$uarda mev1tab1lmente anche 1bambini, che la mcontrano assai spesso sotto forma di immagini alle q~ali_nean~he il più zelante e wotettivo dei gemton potra ogm volta sottrarli. Dal momento che la sofferenza inutile è destinata a entrare nell'esl?erienza dei bambini, sia pure attraverso l'esperienza di altri bambini, credo sia più giusto aiutarli ad averne una coscienza attraverso l'educazione, piuttosto che abbandonarli a una traumatica, scandalosa immagine superficiale, senza alcun tentativo di spiegazione. Quando il bambino africano - e soprattut- ~o 1:1e~oa~li occ~i dei su?i c~etanei indigeni - è 11figlio di un d1plomat1co, 11perché della sua

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