La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

scindere da quello che ognuno può pensare sulla giustezza o meno delle occupazioni e delle rivendicazioni, lo strumento del registro spesso si sostituisce al dialoso libero e alla discussione. E gli strumenti che m questo caso i regolamenti danno ai professori sono molti: dagli scrutini a porte chiuse (per cui possono avvenire contrattazioni) fino alla segretezza dei voti scritti sul registro del professore. A livello di istituto la partecipazione degli studenti in pochissimi casi viene incentivata, si tratta tra l'altro solo dei licei centrali e di città, quelli frequentati dalla buona bor~hesia. Il comitato studentesco ovunque o quasi viene sostituito dall'assemblea degli studenti con potere consultivo verso il consi~lio di istituto, e quando c'è finisce per essere pnvato di reali funzioni. Del resto I decreti delegati che lo prevedono sono assai generici. Nel consiglio di istituto infine la rappresentanza degli studenti è la metà di quella dei docenti e, con i genitori, è }.nf ~riore ali~rappr~ser:it~nz~del personale'dell 1st1tuto.A livello g1und1coinsomma questa scuola privilegia l'aspetto di alunno, di discepolo anziché quello di studente e l'aspetto GIOVANI SCRITTORI DALLA EX-JUGOSLAVIA Emiliano Morreale Si dice spesso, e con ragione, che uno dei peccati caJ?itali delle generazioni cresciute in questi anm in Italia è la mancanza di curiosità intellettuale. Peccato gravissimo, da cui ne discendono mille altri; e come meravigliarsi allora se, scarsamente interessati a quello che accade all'angolo delle nostre città, i 20-25enni si disinteressano di quel che accade nel mondo? E' molto comodo sentirsi parte del villaggio globale, con satelliti e Internet; ma quanti tra i supermoderni tecnomani sono in grado di leggere e capire la pagina degli esteri di un qualsiasi guotidiano? Sarà forse utile per cominciare, proporre e praticare tra noi qualche elementare esercizio di "mondializzazione": rivolgersi magari al "mondo esterno" più vicino ed incandescente (ma anche più confusamente percepito da noi), quella ex-Jugoslavia la cui tragedia minaccia di inghiottirci; ed ascoltare le voci che di là provengono, di narratori poeti artisti spesso delle ultimissime generazioni. Le Mar/boro di Sarajevo (Quodlibet 1995, pp.137, L.16 000) di Milijenko Jergovic, è ad esempio una raccolta di racconti scritti da un ventottenne columnist di Sarajevo, che compongono un agghiacciante affresco, più vero di qualunque servizio televisivo, d1 una città piombata nell'incubo della guerra civile e mai più risvegliatasi. Ogni racconto (solitamente di poche pagine) racchiude e compie un'esistenza, un destino, velocemente riassunto. Si tratta davvero, come ha scritto Fofi, di una Spoon River jugoslava, malinconica e struggente, e soprattutto di una Spoon River del Tempo di Guerra: i destini "flashati" ed epigrafati nel libro vengono rivelati a se stessi e possono di "i~segnamento" interno anziché quello di discuss10ne. Programmi scolastici: tra metodo e cultura Sui programmi scolastici l'esperienza che ciascuno ha fatto nella scuola è assai significativa. Basta pensare che i programmi di storia si bloccano, per chi è fortunato, alla seconda guerra mondiale. Lo stesso per i programmi di filosofia, lettere, storia dell'arte ... Si tende così a. privilegiare lo studio delle radici culturali anziché quello degli avvenimenti che hanno cambiato il pensiero e il costume degli ultimi cinquant'anni. Discorsi più o meno analoghi possono essere fatti sull'assenza di materia come il diritto e l'economia, studiate più secondo l'aspetto "professionale" che come strumento per comprendere la realtà. A scuola insomma si insegna il "metodo", poi se uno studente vuole imparare qualcosa in più sta a lui. Per dare un giudizio sull'efficacia di questa prassi basta vedere i tassi di lettura dei libri o dei giornali degli italiani. ♦ compiersi soltanto grazie alla guerra, che ingigantisce piccole storie e dà senso compiuto (e tragico) a vite altrimenti sorde e mute. Ogni fantasma di abitante di Sarajevo viene richiamato in vita e ha diritto alla parola. La nonna che muore durante i mondiali di calcio del Messico, quel tale cattolico ·che si tiene in casa un'ortodossa, Slobodan lo scemo che viene ripreso dalla Cnn, il pallonaro che viene preso prigioniero e si fa passare per un inesistente "Condor di Treskavica" per essere scambiato con dieci ostag~i, un attaccabrighe che si fa espellere da tutti i campi profughi, l'altro che soffia la donna ad un sassofonista serbo - niente è indegno di essere narrato, niente si deve buttar via. In un racconto incastonato esattamente a metà della raccolta (e significativamente intitolato La tomba), Jergovic sembra lasciarsi sfuggire un accenno di dichiarazione di poetica, per bocca di un uomo che risponde alle domande di un giornalista americano: "Io scavo, così, e lui sta in piedi e fa domande, dice che gli interessa tutto, allora anch'io gliene faccio una: tutto sui vivi o tutto sui morti, e lui: su tutti e due, allora io gli faccio presente che non si può parlare di tutti e due in una volta, perché i morti hanno una vita dietro, mentre i vivi non sanno cosa li aspetta, né in che altro modo possono avvilire ancora il loro vissuto, per i vivi è più difficile, gli faccio, perché non sanno dove avranno il loro mezar (tomba, cimitero, ndr.), se a valle o su un pendio, né se qualcuno si ricorderà di come sono morti, se a capo chino o a cuor contento( ...)." (p. 70). Gli stati d'animo che ne vengono fuori sono anzitutto di rassegnazione e di nostalgia, di una città che ancora non riesce a capacitarsi dell'orrore in cui è precipitata e non vuole rinunciare alle ultime tracce e illusioni di normalità ma che deve continuamente adattarsi a situazioni sempre più tragiche: "Allo sconforto subentrava repentina ed immotivata l'euforia, o il taglio della legna, o la riparazione della radiolina, poi era il turno dell'indifferenza, dell'intimo riconciliarsi con le cose, fosse pure con le notizie peggiori. (p. 85). E' questo anche il senso dell'episodio, bellissimo, che da' il titolo alla raccolta, ancora una volta nel racconto La tomba. Il narratorè SUOLEDl VENTO

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