La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

no a rispondere alle condizioni 'poste; - perché, infine, le fasi produttive a minor valore aggiunto tendono ad "emigrare" dal distretto spostandosi verso le aree dove i vantaggi localizzativi legati al costo dei fattori di produzione (soprattutto il costo del lavoro) sono minori. La forte spinta alla delocalizzazione produttiva negli ultimi anni nel nostro Paese dimostra quanto avanzato sia questo processo in Italia. In secondo luogo, è il modello di partecipazione diffusa alla macchina produttiva che viene ad essere messo in discussione. In un sistema laboratorio di vitalismo, di autonomia professionale, di creatività imprenditoriale come quello italiano, nel quale comunità sociale e comunità produttiva si sono continuamente intrecciate e alimentate, il profilarsi di una maggiore }eletti:7ità_nel "fare impr~- sa costituisce uno svolgimento nel modo di rappresentarsi della società civile nella dimensione economicoproduttiva e in quella socioculturale. È pur vero .che spazi di nuova imprenditorialità restano aperti per chi li sappia cogliere. Ma è proprio quel "per chi li sappia cogliere" a segnare lo spartiacque tra una società a crescita molecolare diffusa e ad elevato assorbi• mento di ogni proposta imprenditoriale, e una società, quella verso cui ci avviamo, dove gli spazi si riducono e sono più "affollati" di concorrenti, e dove quindi la partecipazione economica o si predetermina (sub-fornitura di qualità, iniziativa imprenditoriale almeno di media consistenza, aggancio a gruppi o imprese leader) o deve guadagnare nicchie molto $pecializzate e innovative, mentre le altre (quelle del "galleggiamento" un po' arruffone e rentier) rappresenteranno quote residue del sistema. Bisogna dunque dar conto di un passaggio ad alto spessore "sociale" oltre che economico-produttivo. Ci si dovrà abituare a misurare un numero decrescente di imprese reali, di lavoratori · autonomi, di aziende familiari. La ricchezza del nostro tessuto imprenditoriale è così elevata che la minaccia di impoverimento è ancora distante. Piuttosto, è necessario considerare la forza di questo passaggio e quindi l'urgenza di pensare a politiche di accompagnamento dello sviluppo territoriale che puntino al consolidamento delle imprese esistenti e ad una risposta sul piano dell'occupazione ai processi di selezione in atto. Sotto questo profilo si intravede negli ultimi anni una maggiore spinta da parte dei soggetti locali, ovvero delle forze sociali, produttive e istituzionali che determinano le dinamiche del territorio. Questa SJ?inta è dovuta per un lato al dischiudersi di nuovi spazi di presenza dopo la rottura delle grandi mediazioni politico-partitiche, e per un altro verso ad una maturata volontà di riappropriazione del timore dello sviluppo locale da !?arte degli attori protagonisti. Un esempio positivo è rappresentato dal _processo di consolidamento dei Patti Territoriali per lo sviluppo, ovvero di strumenti volti a coagulare interessi di una pluralità di soggetti locali attorno a concreti progetti di sviluppo per il territorio (normalmente il livello subterritoriale). Al di là delle manifestazioni di interesse fino ad ora registrate e delle esperienze embrionali avviate, resta da verificare l'effettiva capacità di gusto nuovo metodo di lavoro nel determinare efficaci politiche di sviluppo per il territorio, anche perché un fondamentale terreno di confronto in questa direzione è costituito dal cambio dell'interlocutore finanziario, che è sempre meno lo Stato centrale e sempre più l'Unione Euro_pea (distrettamente o tramite le Regioni). È certo tuttavia, che la novità a cui si assiste segna la riemersione dei protagonisti dello sviluppo nella volontà di riappropnarsi dei propri destini, lungo un percorso magari più selettivo e meno generoso di risorse, ma certamente più determinato "dal basso". In questo quadro di positivo movimento delle imprese e desii attori locali, le istituziom di governo dell'economia del Paese ai vari livelli dovrebbero quanto meno farsi carico propositivamente delle ricadute negative, sul piano sociale, occupazionale e della cosiddetta "democrazia economica", generate dai processi ineluttabili di ripulitura e selezione del sistema. •

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==