La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

me si era venuta definendo in vari stadi della nostra vita nazionale. Ma c'era un punto di riferimento sostanzialmente fisso, o creduto fisso. Bisogna però dire che anche all'interno e in rapporto a questo punto di riferimento - lo Stato italiano o la nazione italiana - c'è stata una notevole evoluzione del diritto di cittadinanza, della "cittadinanza", cominciata, come più o meno tutti sapete, con l'unità nazionale in modo molto restrittivo, perché i cittadini a pieno diritto erano relativamente molto pochi. Ancora al principio del secolo non erano certo i milioni d1 italiani di o~gi. Forse, le cifre esatte non le ricordo, ma s1poteva parlare alla fine del secolo scorso di un numero di cittadini a pieno diritto molto limitato: due o tre milioni al massimo. Poi c'è stato, già nella prima decade, un allargamento che ha raggiunto alla fine del secondo decennio un ulteriore allargamento, ma un allargamento che almeno in un senso non era completo. Non era completo perché tutta l'altra parte del cielo, e cioè le donne, non erano comprese nella cittadinanza a pieno diritto, non avevano diritti politici, non avevano l'elettorato, né attivo né passivo. Comunque il punto di riferimento era abbastanza stabile. Oggi siamo in un momento di profonda crisi. Non si conosce quale evoluzione si abbia rispetto al punto di riferimento fondamentale: lo Stato. Quale sarà il nostro Stato? Che cosa sarà? Coinciderà, non coinciderà con il concetto di nazione? E il concetto di nazione: anch'esso ha subito in tutti questi anni un'evoluzione. Siamo in un periodo di forte transizione, non solo rispetto allo Stato italiano - certamente rispetto ad esso parecchio -, ma anche rispetto ad altri Stati. Da molte parti si tende a sostituire o a mettere in concorrenza con il concetto di Stato nazionale uno Stato federale, una appartenenza di cittadinanza limitata ad una zona di quello che era il nostro Stato unitario. E poi si fa concorrere con questa un'altra cittadinanza più vasta, rispetto a parti, almeno, di altri Stati nazionali; una cittadinanza federativa all'interno dei nostri confini attuali e una cittadinanza annettiva o super-federativa all'esterno dei confini dell'attuale Stato. Comunque un movimento di carte notevole che ho ap.Pena appena descritto, accennato a modo impressionistico, ma che non danno ancora un esito intravvedibile e sicuro. Tutti i concetti di Stato, di nazione, di fede-· razione di Stati, di Stato sovranazionale sono in continuo movimento, specialmente in questa nostra Europa. Si sono scritti in questi ultimi mesi parecchi libri al risuardo, da diverse parti, avanzando diverse teone. Si parla comunque di una crisi dello Stato nazionale, rapportato ad una nuova forma di Stato, in alto e in basso, superiore e incluso. ~-omu!1que r~sta che l'etica rapportata alla pol1t1ca s1 dovra confrontare· sempre con queste realtà, oggi in nuovo movimento, che accentuano il travaglio - non solo dal punto di vista politico, questo è evidente, ma anche dal pUnto di vista morale. Le appartenenze indefinite o mobili sono tali, si profilano tali da incidere notevolmente sulla consapevolezza dei valori implicati e sulla consapevolezza dei do"'.erie dei cliritti conseguenti. Seconda osservazione. Nonostante tutta questa mobilità e questa dinamica in corso, progressiva o regressiva a seconda del punto di vista che ciascuno può avere, resta - o dovrebbe restare - fermo il concetto che la sfera dei diritti e dei doveri etici dovrebbe sempre essere valutata in base al concetto che il soggetto morale, il soggetto etico è uno solo. Questa è già una affermazione che implica una grave diversità e discriminazione di opiniom e di atteg~iamenti. Ma io devo dirlo. Mi pare che anche m rapporto ad un concetto più o meno esteso, più o meno articolato di Stato o di nazione o di Stato-nazione, si debba sempre dire che moralmente, eticamente il soggetto considerato è uno e unitario. Quindi la·sfera etica è unificata da questa realtà della unitarietà soggettiva. Cosa 1mpli~a tutto questo? È enunciato come proposizione astratta, ma lo si vede subito nel concreto, che, siccome il soggetto è uno solo, non si può tagliargli delle fette di moralità:E oggi noi stiamo tagliando pacificamente, cioè unanimemente, ma non concordemente, delle fette di sfere morali. Specialmente dor.o le ultime vicende, è evidente che la sfera più emergente, più messa in rilevanza da tutti e rispetto a tutti, è la sfera della morale diciamo economica e finanziaria. Ma è la sola sfera? Questo per il cristiano, almeno, non può essere ammesso. La sfera della sua moralità è globale e unitaria. Non è solo la sfera dei rapporti di giustizia o dei rapporti connessi con la consistenza economica ciel soggetto, sia nei suoi. doveri, sia nei suoi diritti. Ci sono tanti altri rapporti. E particolarmente c'è il rapporto con la morale sessuale che non v:iene mai collegato alla sfera della moralità intesa dal discorso che oggi si va facendo. Per cui si vedono, con evidenza, dei giornali che sono notoriamente all'avanguardia nella critica della moralità corrente e nel propugnare una nuova morale rispetto alla gestione economica dello Stato o all'atteggiamento dei cittadini nei confronti dello Stato che - quegli stessi giorni e nello stesso atto - si fanno paladini di una assoluta mancanza di moralità e di riferimento nella sfera sessuale. Anzi si fanno attivi promotori di una amoralità totale in questo ultimo campo. Con una profonda contraddizione, perché, essendo solo uno ·il soggetto, pretendere che esso riesca ad essere come deve essere, cioè ad agire e ad essere eticamente in modo positivo in un campo, non è possibile se si libera da ogni obbligazione in un altro campo. È una battaglia già perduta, quella della moralizzazione in campo dell'etica economica, quando è scontato che il soggetto debba essere totalmente libero da ogni vincolo morale nel1' altra sfera, nella sfera del sessuale. È una battaglia perduta perché non ci si riuscirà mai, appunto perché il soggetto è unico. Se si comporta immoralmente in un campo, inevitabilmente finisce per comportarsi immoralmente anche nell'altro. E non c'è giustificazione possibile di un dualismo al riguardo. Non c'è siustificazione os~ettiva e neppure soggettiva. C'è l'impossibilità di essere quello che si dovrebbe essere. Va bene, possiamo anche concederlo, è stato ripetuto infinite volte, che per il cristianesimo è emersa in una maniera eccessiva la sfera della morale sessuale. Si è dato ad essa un peso che si dice non dovrebbe avere, o si è dato quasi esclusivamente ad essa peso. Si potrebbe discutere, si potrebbe discutere. Ma non lo voglio fare. Mi limito solo ad affermare che il soggetto è unico, e che quindi insistere per una ricostruzione· etica in un campo e non adeguatamente anche nell'altro è una operazione destinata già a priori a fallire. Se s1 è li-

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