La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

NAPOLI: LE COSE CHE NON CONVINCONO Daniela Lepore Daniela Lepore, urbanista, è ricercatrice presso la facoltà di Architettura dell'Università Federico II di Napoli. ♦ Nell'ultimo anno Napoli ha superato egregiamente una serie di test: la prova estiva del G7, la conferenza autunnale dell'Onu, il Capodanno in piazza, la primavera di un turismo da tempo ibernato... Messa di continuo sotto i riflettori, tornata a splendere nei suoi aspetti monumentali, rientrata persino nel circuito della pubblicità, la città riscuote un buon successo di critica e di pubblico. La capitale dell'illegalità sembra dimenticata, nonostante qualche isolata insistenza, e semmai un nuovo stereotipo che si avanza è quello della città d'arte: "museo a cielo aperto". Ovviamente, si può sostenere che gli esami in questione siano poco significativi. O ritenere che normali scadenze - a causa del modo in cui funzionano i media nostrani e grazie a qualche abilità degli addetti alle pubbliche relazioni - siano state spesso e volentieri caricate di significato al di là del lecito. Condivido in buona parte questo tipo di obiezioni, e tuttavia proporrei qui un'altra ipotesi. Vorrei provare a considerare quei test come momenti m cui un flusso di attività più continue e oscure precipita, cercare (creare) un qualche ordine dentro quel flusso, cominciare a raccontarlo e discuterlo. Quel che mi interessa mettere in luce, infatti, è che buona parte di quell'attività è fatta di politiche per la città che mtrecciano strettamente interpretazioni della medesima e ideali normativi, esplicitati o più spesso impliciti. Uso il termine generico "politiche _perla città": si tratta infatti della politica urbamstica, ma più in generale di tutti quei programmi - comunque aefiniti - che puntano sulla "vivibilità", la "normalità" e finanche !"'identità". Ovvero su aspetti della vita urbana che l' amministrazione progressista sembra mettere al centro del proprio agire, a cominciare dal fatto che i compiti di vari assessori sono stati fin dall'inizio definiti (immagino intenzionalmente) proprio con quelle parole. Nelle pagine che seguono cercherò, allora, di ricostruire e discutere alcune tappe di questo flusso, e in particolare le iniziative che mi sembrano meglio rivelare in che modo l'amministrazione concepisca e affronti la città e la sua addirittura proverbiale complessità. E ancora, concentrerò l'attenzione non tanto sulle cose che (mi) sembrano convincenti quanto LA CIITA piuttosto su quelle che non convincono. Infine, scusandomi qui una volta per tutte di errori e omissioni, mi piacereobe che questo tentativo riuscisse ad aprire un vero dibattito, piuttosto che suscitare imbarazzati silenzi o accuse di scarsa generosità. Mi piace credere che il consenso ottenuto in un' avventura di governo certamente difficile (e nello sforzo, più complicato, di guidare la città verso una sorta di rinascita collettiva) consenta alla giunta progressista di Napoli di affrontare le riflessiom - mie come di qualche altro osservatore critico - senza chiudersi in difese di ufficio più o meno rituali. Qualche ipotesi per una "classificazione" Per cominciare a ragionare, provo in primo luogo a ricordare, al lettore e a me stessa, alcuni dei principali eventi su cui si fonda il ragionamento. Mi sembra di poter dire che nelle politiche per la città si riconoscano, fin qui, tre tipologie di provvedimenti, che in parte corrispondono anche a diverse fasi tempor_ali.Un primo filone è segnato dallo sforzo di ristabilire la validità di regole fondamentali e un minimo di efficienza della macchina amministrativa; un secondo è caratterizzato dalla decisione di provvedimenti semplici ma anche fortemente simbolici; un terzo vede la prosressiva messa a punto di obiettivi programmatici riconducibili a un progetto di città. La normalità Nei primi mesi (e soprattutto nei primi "100 giorni") dopo l'insediamento della giunta, si può notare un addensarsi dell'attenzione intorno alle questioni dell'ordinaria amministrazione, secondo una linea quasi minimalista annunciata anche in campagna elettorale 1 • Sul piano delle f clitiche per la città, per continuare a usare i termine generico, sono messi al centro il tema della manutenzione e il problema cruciale del traffico. · L'assessore alla "vivibilità" annuncia subito un rilancio in grande del suo strategico settore, di fatto scompaginato da anni di pratiche più o meno straordinarie. Si riorganizza un ufficio di piano, inizia una radicale revisione degli strumenti urbanistici, si avvia un programma di manutenzione 2 • Come segnale immediato della volontà di ristabilire la legalità, nella lotta contro gli abusi edilizi rientrano in campo le ruspe, dismesse forse addirittura dal1'era Valenzi. Alla fine del 1993, un protocollo d'intesa con il governo Ciampi assicura al comune dissestato qualche finanziamento per intervenire su aree a rischio, proseguire i lavori del metrò collinare, tentare di dare un senso alla linea tranviaria rapida (la più clamorosa delle opere inutili prodotte dall'intervento straordinario dei mondiali '90) e stabilisce procedure di collaborazione per la realizzazione dei microinterventi collegati allo svolgimento del G7. Ma soprattutto, lo stesso documento sancisce la volontà del comune di riappropriarsi del suo ruolo per quanto riguarda le decisioni urbanistiche. In particolare, si rivendica il diritto-dovere della città di scegliere con procedure ordinarie il futuro delle aree dismesse di Bagnoli, sottraendo questa materia incandescente al rapporto diretto tra governo e parti sociali3 • A marzo '94, pochi giorni prima dello scadere dei "cento giorni", viene annunciato

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