La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

COSCIENZA STORICA E INSEGNAMENTO MarcelloFlores La trasformazione della coscienza storica ha subito probabilmente negli ultimi dieci anni uno sviluppo particolarmente accelerato. L'idea stessa· del tempo è stata soggetta a modificazioni profonde. Il crescente dominio delle immagini nella costruzione della coscienza quotidiana ha introdotto una percezione del flusso temporale, che è andata avanti parallelamente a un rapido e vertiginoso ampliamento delle informazioni geografiche. La combinazione dei due elementi ha probabilmente spezzato l'equilibrio su cui per decenni si è ripro- · dotta la coscienza storico-geografica dei giovanissimi e dei giovani. Non è un mistero per nessuno che la televisione costituisca ormi il luogo privilegiato di informazione per bambini e ragazzi, anche se sono ben pochi gli educatori che cercano di tenerlo a mente quando spiegano o fanno leggere i libri di testo. L'informazione televisiva ha alcune caratteristiche che producono, rispetto alla coscienza storica, precisi effetti: le immagini possono alternare senza soluzione di continuità (e spesso lo fanno) momenti storici distanti e diversissimi, producendo così, contemporaneamente, un fenomeno di attualizzazione, di appiattimento, di perdita delle differenze e delle particolarità. Viene sempre più meno, quindi, quella gerarchia cronologica che faceva dell'oggi il momento conclusivo e riassuntivo dell'intera storia: tutto diventa presente detemporalizzato. Non si tratta di giudicare solo con lo stesso metro (di oggi) tutti. i fenomeni passati, usando categorie e concetti sorti storicamente come valori atemporali; m~ di perdere il senso ·delle proporzioni e della prospettiva, tornando ad una primitiva ottica bidimensionale: Prima dell'avvento della lettura a stampa (e quindi dell'alfabetizzazione di massa), erano i dipinti nelle chiese a costituire il luogo di trasmissione della memoria. La televisione ha in più il .sonoro e il movimento, ma la memoria sembra tornata ad esser-e qualcosa di iconografico, simbolico, intuitivo, emotivo: non più elemento di un discorso che permette comprensione della diversità, della distanza, del rapporto tra causa ed effetto, della compresenza di elementi contraddittori, ecc. Questo af piai:timento sul presente antropomorfizza i passatò: il gioco delle somiglianze tra personaggi, dell'apparente ripetitività di situazioni, della permanenza di caratteri, è troppo semplice e allettante per non farlo e farlo fare. Ciò che non si è più capaci di fare è dunque relativizzare, ricomporre equilibri e Klli2.Ll. rapporti (tra diversi momenti della vita e tra i diversi aspetti della storia: materiale, sociale, economia, politica, culturale) che nel tempo si sono trasformati profondamente. Non è un caso che la filosofia sia.tornata tanto in auge, e non solo per il bisogno di certezze e di etica o perché i filosofi sono pronti oggi a ricoprire qualsiasi ruolo si renda vacante. L'idea del "contesto", che tanta fatica sembra avere nell'imporsi perfino all'interno della storiografia alta, è così spazzata via prima di essere riuscita a divenire coscienza comune. Eppure era lì, è lì il luogo in cui il giudizio riesce a farsi articolato, a tenere insieme i.condizionamenti e l'autonomia, la necessità e la scelta, la possibilità di una lettura molteplice, articolata, su più piani e insieme di una valutazione d'insieme, compl~ssiva. Senza il contesto spariscono i "caratteri" delle diverse epoche, delle particolarità nazionali, regionali, locali. La ri_cercadi "leggi storiche", che pure ancora imperversa come retaggio di uno storicismo duro a morire, ha a lungo impedito che la storia fosse studio di differenze, di particolarismi, di risposte diverse a stimoli apparentemente uguali: cioè a capire che è l'intreccio tra tante "leggi" diverse (dell'economia e della · morale, del comportamento individuale e di quello collettivo, dell'estetica e della sopravvivenza) a costituire l'essenza di un'epoca e finanche di un evento storico. La semplificazione indotta dalla televisione riporta invece a un'idea di storia come continuità perenne o come rottura incessante, in cui ciò che conta è giudicare e non comprendere, identificarsi con gli attori (o le idee) vincenti o piangere insieme a quelli sopraffatti. È difficile immaginare dove potrà portare, alla lunga, questa mutazione antropologica nel senso comune storico, della coscienza del tempo e .del passato, della memoria collettiva. Certo è che ad essa non è in grado di opporsi un insegnamento della storia che si ripete e riproduce da anni e decenni nello stesso modo, con qualche modifica "formale" o di "contenuto" che gruppi di insegnanti, nuovi manuali, studenti intraprendenti sono riusciti talvolta a introdurre. L'insegnamento della storia è quasi sempre noioso e avulso dalla vita, ancor più di quanto lo fosse venti o trenta anni fa. La coscienza che ne deriva, per quei pochi che ne sono toccati, sarà comunque una coscienz.a erudita, sovrapposta ai sentimenti e ai valori individualmente vissuti e praticati. Mai come oggi (ma in verità anche in passato) suona falsa la massima historia magistra vitae . Come affrontare, allora, la questione? Allargando il "campo" della storia e includendovi, accanto all'educazione civica che vi è presente da tempo, l'economia e l'antropologia, la psicoanalisi e l'ecologia? Certo, così facendo si adeguerebbero i programmi scolastici a quel salto che la storia - almeno in teoria e in pochi esempi èoncreti - ha già fatto da tempo, da quando l'influenza della "lunga durata" e della "storia sociale" hanno importato dalla Francia una maggiore attenzione alla storia nascosta, soggettiva, minore e via dicendo. In questo modo si potrebbe ravvivare un pò l'interesse, diminuire la pesantezza e la noia, praticare quell'interdisciplinarietà sempre invocata: ma è dubbio che cambi qualcosa di sostanziale nella testa dei ragazzi. Che fare, allora, darsi per vinti? No, ma essere consapevoli che non si tratta di "inventa-

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