La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

della· situazione così: "È tempo che qualcosa venga fatfo .•Ma chi osa fare quàlcosa deve essere consapevole che entrerà nella storia tedesca come traditore. Se tuttavia si astiene dal farlo sarà un traditore davanti alla propria co~ scienza" (Moltke, 191). Questo è un problema ancora oggi non risolto per la Germania, ànche se pochi sembrano esserne consapevoli (e, tra questi, Gunther Grass). Bonhoeff er ammette pertanto l'uso della forza. Pertanto, la sua determinazione a rifiutare il servizio militare (che di fatto tuttavia non ebbe necessità di manifestare) viene affermata in modo determinato e non in generale. Esso vale infatti - leggiamo in una .lettera del ·Marzo 1939 - per le "presenti circostanze" (GS, I, 281). Dunque in altre circostanze avrebbe invece. potuto accettare di partecipare a una guerra. Ma in quali? Le circostanze diverse a cui egli pensava in quel momento non erano quelle addotte da una ipotetica guerra mondiale condotta dalla Germania con motivazioni diverse (magari difensive) da quelle del nazismo, ma quelle su cui si era concretamente discusso un anno prima, durante la crisi dei Sudeti risolta dall'accordo di Monaco (30 settembre 1938), in conseguenza di una lettera di Karl Barth che aveva fatto scalpore: le circostante, cioè, in cui si trovavano le vittime deltespansionismo tedesco che Barth aveva esortato a resistere in armi contro la Germania scrivendo a un amico ce- . coslovacco: "Ogni soldato cecoslovacco che combatterà e soffrirà lo farà anche per noi e, lo dico senza riserve, lo farà anche per la chiesa di Ge- . sù Cristo ... Che tempi singolari, caro collega, quelli in cui un uomo sensato può dire una cosa sola: che la fede ordina di respingere risolutamente in secondo ·piano il timore della violenza e l'amore della pace e di porre risolutamente in primo piani il timore dell'ingiustizia e l'amore della libertà". È in tali circostanze che non sarebbe stato impossibile per Bonhoeffer accettare l'arruolamento. Si trattava ·certo di un' eventualità "terribile". Ma era la storia a imporre a un cristiano tedesco in quei giorni scelte comunque terribili: "i cristiani in Germania dovranno affrontare la terribile alternativa di volere o là disfatta della loro nazioneperché possa sopravvivere la civiltà cristiana, o di.volere la vittoria della loro nazione e distruggere in tal modo la nostra civiltà". Coerentemente, Bonhoeffer che condanna la guerra· di Hitler approva la guerra condotta contro Hitler e contro la Germania. · Abbiamo così di fatto una distinzione tra guerra e guerra, tra guerra ingiusta e guerra relativamente giusta (cfr. anche GS Ili, 342-43). Siamo tornati in questo modo a un'interpretazione del comandamento del non uccidere e del Discorso della Montagna che si colloca nel solco della tradizione dominante? Avevamo lasciato in sospeso una domanda: la determinazione di chi fosse il prossimo in favore del quale intervenire era veramente conseguenza dell'esercizio del discernimento, o non era già decisa a priori? Per quanto riguarda quella prima fase bisogna rispondere di sì: Diverso è invece il caso ora.-Il prossimo, in favore del quale si può e si deve lottare, fino a spargere il sangue, è colui che non mi è prossimo né per sangue, né per tradizione. È, per il · cristiano e ariano Bonhoeffer, anzitutto l'ebreo discriminato e ucciso. E poiché Bonhoeffer afferma che ogni tedesco responsabile deve assumersi la tragica responsabilità di lavorare per la sconfitta della Germania, il fronte, di cui si favorisce la vittoria, non è quello della mia patria, ma quello dei miei ne- . miei. E ciò, non in odio alla patria, ma perché questa è l'unica via per salvarla. Pur restando dunque ineludibile la tragica decisione dello spargimento di sangue, essa avviene esercitando un discernimento creativo in ordine all'individuazione della relazione di prossimità, che infrange la logica dell'amico-nemico .. Perciò l'azione di Bonhòeffer ci porta a _concludere questo: il diritto a parlare di guerra giusta - cioè meglio: inevitabile, e tuttavia mai innocente, per chi si assuma fino in fondo la . responsabilità di cercare le vie storiche della giustizia - si acquisisce solo dando prova di saper riconoscere che giusta può essere la guerra· combattuta dal nemico, contro di me, contro il mio popolo, contro i miei interessi. Si può certo discutere di guerra "giusta": anzi, è un'illùsione pensare che questo concetto e il proble_ma che esso porta coi:i sé siano og~i come tali e totalmente superati, nel senso d, rendere impossibile ogni distinzione tra guerra e · guerra, tra casi diversi dell'uso della forza. Ma nessuno - lo si deve dire pensando alle grandi parole usate o con disinvoltura o con cinismo in difesa degli interventi armati "umanitari" - dovrebbe permettersi di parlare di "guerra giusta" o di :'n uso leg\ttimo della forza mil~- tare, se non e capace d, questa coerenza, poiché farebbe guerra in primo luogo alla giustizia, che, se c'è, può sanzionare anche il mio torto, e non solo quello degli altri. Questa sembra una legge elementare del discorso, ma inter arma silent leges, quando parlano le armi tacciono le leggi, anche le leggi del giudizio e della valutazione critica: molti difensori della "legalità tradizionale", al tempo della guerra del Golfo, lo hanno dimostrato. È questo il giudizio definitivo di Bonhoeffer sulla guerra? Non si può sostenerlo. Anzi, tutto fa pensare il contrario. La sua lettura del Discorso della montagna mette in pratica il rifiuto tante volte ribadito di ridurre il vangelo a raccolta di principi validi una volta per tutte. Prende corpo in questo modo un'immagine usata da Thurneysen: l'interpretazione, e la lettura delle "circostanze", avviene correttamente solo se.ci si muove come quando si deve attraversare un fium_esulle lastre di ghiaccio portate dalla corrente. Se ci si ferma su una, inevitabilmente ci si sbilancia e si cade; per arrivare ali' altra riva non si può sostare mai, ma bisogna saltare da una lastra di ghiaccio all'altra. Bibliografia D. Bonhoeffer, Gesammelte Schriften, 6. voli., Monaco 1958 sgg. . H. J. Moltke, Futuro e resistenza. Dalle lettere degli anni1926-1945. Brescia 1985. W L. Shirer, Storia del Il I Reich, Torino 1990.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==