La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

ricerca e ideologia, possa essere tollerata solo in una disciplina marginale. Un simile stato di cose dimostra già di per sé che queste discipline sono diventate inoffensive. Rispetto· agli argomenti di cui stiamo parlando, infine, per molti versi le due branche forse più importanti dell'istruzione superiore sono proprio quelle dove_l'influenza dell'ideologia è più manifesta, dove è più facile riuscire a prevedere precisamente quello che la gente può dire e non può dire, dove c'è meno tolle- .ranza per il dissenso: penso alle facoltà di teologia e a quelle di pedagogia. Non so quanti di voi abbiano quakhe familiarità con le facoltà di pedagogia, ma possiamo considerarle come una specie di magazzino, di rifugio dove si conservano ancora le vecchie idee consumate degli anni Sessanta. Gli effetti di questa situazione si avvertono diffusamente in tutto il sistema educativo. Quando si pensa a tutte queste cose, per non parlare poi della decadenza generale della nostra cultura, è abbastanza facile arrivare a conclusioni molto, molto cupe. Forse è per questo motivo che tendiamo a sottrarci ai problemi reali e a parlare d'altro. Quanto a me, non ho nessuna risposta da dare. Non so cosa si debba fare o se ci sia ancora qualche speranza per una società che versa - mi- sembra - in . una situazione davvero terribile. Le cose stanno così, in ogni caso. Lasch viene interrotto da Jean Elshtain. La Elshtain osserva cheforse il pessimùmo di Lasch, le sue conclusioni esplicitamente "cupe", potrebbero essere attenuati distinguendo tra forme diverse di intervento sociale: tra i programmi di assistenza e promozione sociale capaci di affrontare utilmente i problemi della "povertà e dell'istruzione" e quelle strategie di "ingegneria sociale" che Lasch trova intollerabilmente manipolatorie e paternalistiche. · Non è facile. In questa situazione di confusione qualsiasi insieme di programmi o di interventi ha bisogno di un consenso effettivo, e poi è necessario spezzare la nostra dipendenza da Washington. Dobbiamo trovare il modo di ripristinare una forma di potere e di controllo sulle decisioni a un livello diverso in cui il legame di responsabilità tra i cittadini e i loro rappresentanti sia molto più stretto. Questa era del resto una delle caratteristiche più significative del movimento per i diritti civili. In condizioni estremamente difficili, dopo anni di duro conflitto, il movimento era riuscito in qualche modo a creare un autentico consenso nel paese, consenso incarnato poi dalle leggi del 1964 e '65. Dobbiamo ricominciare da capo, e cercare di ricostruire il consenso su nuovi programmi sociali,· su una nuova immagine della società. _ · Per esempio, il rimedio più ovvio - l'osservazione non è precisamente marginale - potrebbe essere quello di un grande piano per creare nuovi posti di lavoro. Non la considero affatto una panacea ma penso sia piuttosto chiaro che, data, tra le altre cose, la grave fuga dei capitali dalle nostre città, l'impresa privata non è in grado, da sola, di risolvere il problema. Però mi rendo conto che un simile, enorme piano per l'occupazione comporta evidentemente proprio quei rischi di "ingegneria sociale" di cui parlavamo. La cosa perciò andrebbe decisa democraticamente. Non può essere imposta dalle corti o da altri settori della macchina governativa non direttamente responsabili nei confronti dei cittadini. Un'altro rimedio abbastanza ovvio - anche se non è molto chiaro come potrebbe essere realizzato data la natura della politica americana - sta nella-creazione di unità di governo capaci di abbracciare sia le città sia le zone periferiche e gli hinterland urbani.· Sarebbe il modo più immediato per affrontare il problema della sotto-urbanizzazione, che considero di centrale importanza. Non bisognerebbe dimenticare che soluzioni all'incirca di questo tipo, anche se con ambizioni più modeste, vennero effettivamente proposte già durante gli anni Settanta ma furono respinte dalla Corte Suprema. La stessa Corte che era riuscita ad imporre una concezione tanto avanzata dei diritti, si tirò indietro davanti alla proposta di unificare le aree metropolitane almeno per quanto riguarda i trasporti. (..). Non era una questione secondaria. Implicava in effetti la possibilità di un'ulteriore_e più ampia integrazione tra la città, i suoi sobborghi e la periferia che forse avrebbe pOtuto arrestare o almeno arginare l'attuale emorragia di ricchezza e di popolazione che oggi colpisce le nostre città. La difficoltà, almeno in parte, deriva dal fatto che le nostre unità politiche non coincidono più con le nostre strutture economiche e demografiche. Abbiamo bisogno, in effetti, di un nuovo tipo di città-stato. Ma è estremamente difficile persino capire come riuscire a convincere chi vive nelle periferie delle nostre città ad accettare una soluzione di questo genere. Orlando susgeriva che in realtà la risposta giusta ai nostn problemi la conosciamo già: dovremmo rielaborare e riformare le rudimentali istituzioni del nostro Welfare State ispirandoci ai modelli dell'Europa occidentale. Non saprei. Il libero mercato non mi entusiasma ma ho parecchie riserve anche per quanto riguarda il Welfare State. Credo che anche il Welfare abbia avuto una parte di responsabilità nella disintegrazione delle nostre comunità, distruggendo le iniziative a livello locale e imponendoci una definizione di democrazia molto debole e insoddisfacente: un modello in cui la democrazia si risolve alla fine soltanto in un tentativo di ridistribuire in modo più equo i beni materiali. Questa definizione di democrazia non ha assolutamente niente da dire sul tema della partecipazione, che invece rappresenta, per molti aspetti, il problema più serio che abbiamo davanti. ♦ PIANETA TERRA

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