La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 3 - aprile-maggio 1995

· dato che viviamo in tempi in cui per troppe altre compagnie e gruppi di teatro sperimentale il mercato èprecluso e l'avvenire è precario. Può darsi che gli attori-detenuti· di Volterra sfruttino la loro posizione (ed è bene, ed è inevitabile che sia così), ma non vendono al pub-· blico "esterno" la loro condizione (come si è appena vistò fare da un regista di_quelli f amo~ si). Il teatro lo fanno e lo vivono come un'aggiunta e come una sfida alla· loro già anomala quotidianità; come una prova difficile in più da affrontare e nella quale certo si riflettono le loro identità e i loro problemi, ma una prova di teatro. · Questo è almeno quanto è stato dimostrato dai loro spettacòli, che sono arrivati a guadagnare .la stima della critica e la fama presso un pubblico più vasto e più vario di quello degli abbonati e degli abitués. Non è un caso se l'anno scorso alla Compagnia della Fortezza sia· stato attribuito il premio Ubu, il più intelligente se non il più prestigioso riconoscimento dei critici teatrali italiani, e nel frattempo le sia stata dedicata la prima pagina di un giornale di strada, di quelli che i barboni di Roma scrivono e ve.ndono.da soli. . . · Come è stato possibile raggiungere questi risultati?· Qual'è lei ricetta che permette al tea-· tra di entrare in carcere e di restare teatro? Che ca.saha permesso, ad esempio ad Armando ed Annette, di non diventare "operatori ò assistenti sociali", ma di imporsi. invece come professionisti di teatro all'interno di una realtà carceraria? La risposta non la sappiamo, ma possiamo indicare almeno .tre caratteristiche non trascu- · rcibili. Armando Punzo è il regista "esterno" della compagnia. Esterno per così dire, visto che da ben sette anni vive in un regime di semilibertà a rovescio ed entra in carcere ogni pomeriggio quasi senza interruzioni. La continuità del la-· vorC?è necessaria_sesipunta ad .unserio risulta-· to, ina non è indispensabile quanto la leale· continuità di ·una relazione· che davvero non può permettersi pause: ogni assenza sarebbe rapidamente fraintesa per abbandono, forse per tradimento, e comunque comporterebbe · una generale caduta di impegno, una degene- · razione di quel rapporto internò-esterno su cui sifonda leivita stessa del gruppo. . Armandq Punzo è napoletano e, come riconosce lui stesso, è questa una caratteristica cha · .ha ·avùto un suo peso, soprattuuo agli inizi: "Un'altra cosa importante è stata quella di essere napoletano, def venire da certi luoghi è deWincontrare certe persone lì dentro ... " Armando Punzo non è andato in carcere per vendere una sua competenza, ma per farsela ''lì dentro": .è andato per sfruttare 11,'noccasione-lirJ?:iteai fini di imparare il mestiere di regista. E dunque cresciuto insieme ai suoi attori, ed è solo·così che aumentano le garanzie e le possibilità di fon dare un gruppo di teatro. Fondare. un gruppo teatrale. Era questa la necessità che lo ha spinto ed è ancora questa l'idea che intende alimentare e salvare. · · . Segnalazioni, recensioni, premi, convegni: un successodi critica, oltre che di pubblico, per una compagnia teatrale di detenuti. Non voglio chiederti che effetto fa, perché è ovvio, ma più in profondità che cosa significa secondo te. Era inaspettato? Era non previsto? [Jna "com'-. pagnia della fortezza" deve' diffidare oppure Bibliotec~:1G··isnianco compiacersi di questo successo?. · Non credo che il successo non possa essere previsto. È evidente che tutti ci tengono e ci puntano fin dall'inizio. Uno comincia a fare questo tipo di lavoro perché ci crede; se èi crede, lo fa al meglio delle sue possibilità e crede anche che di conseguenza possa venir fuori, possa emergere e contare qualcosa. È questa una speranza non solo legittima ma necessaria · al lavoro. Nel nostro caso poi,. era ed è fondamentale contare sul fatto di farsi ascoltare, di farsi vedere; sperare che lo spettacolo e il lavoro non rimanga chiuso nel carcere, non rimanga un'esperienza solo mia, di Annette. e di die- . ci o dodici detenuti. È chiaro che quel successo che per altri·si traduce in mondanità per noi risponde all'esigenza di un'apertura, di uno spazio di libertà. Pos·so anche provare un certo fastidio per certe conseguenze o certe interpretazioni: temo· ad esempio che i premi o gli elogi possano :limentare l'equivoco del "tea~ tro nel carcere . come un nuovo genere su. cm magari molte persone cominciano a puntare, visto che può dare anche .il successo e che comun_qu~ si raccolgono subito attenzioni e recens1om. ' Noi I).Onsiamo partiti con l'idea di andare ad occupare - con il teatro - un settore d'intervento sociale e culturale. Io e Annette eravamo mossi da ragioni veq.mente intime e personali, di cui non ho nemmeno più tanta voglia di parlare in questi tempi, che sono tempi sempre più bui .proprio perché certe . motivazioni personali sembrano non avere più . nessun ruolo nelle scelte del teatro. Per me la cosa più importante è continuare a lavorare e stare tutti i giorni nel carcere con queste persone, cioè stare insieme a un gruppo di persone che ha trovato una motivazione comune e un progetto comune. È questa la çosa più interessante ed è questa la cosa·da difendere. . Come è iniziato il tuo lavoro nel carcere? Una volta hai raccontato dì essere andato a lavorare nel carcere,perché era lì, di fronte alla sede del tuo gruppo. Era l'edificio e forse l'istituzione più vistosa di Volterra, e dunque ti è . . . . , . apparso come una occasione,anzi come un evidente offerta... . . Sì: Io avevo bisogno di fare uno spettacolo e sono arrivato lì. perché pensavo che ci fosse tanta gente. Questa è stata la motivazione concret~. Si era sciolto il g:upl?o.de '.'L'avvent~ra" ed .s1era per .me esaunta l'espenenza del pa- . rateatro": io ho però deciso di rimanere a Volterra, ho ereditato una sala, ho cominciato a fare p-rogetti di teatro ed evidentemente era difficile .. Così ho pensato ché, se riuscivo a farmi accettare in carcere come operatore, sarei· forse riuscito a lavorare con tanta gente. Questo era un mio desiderio, quello. di lavora- ·re con tanta. gente. Non "tanta gente" per manie di grandezza ma. poter scegliere e costruire un gruppo. Il fatto che fossero detenuti mi preoccupa:.. va e mi stimolava, ma non era la loro condizione ad interessarmi, quanto invece la loro situazione (se si può cogliere la differenza). Credo· che sia una differenza importante, perché poi ho visto altra gente ed altri modi di lavorare motivati più dal 'carcere' che dal 'teatro': la mia scelta è magari nata per caso o per ostinazione, ma oggi penso che porre in primo piano il carcere e i suoi problemi sia sbagliato, sia . falsare il lavoro e l'incontro con il teatro. Ci BUONI E CAITIVI

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