La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 2 - marzo 1995

costruzione di una zapateria. La zapateria oggi produce 15.000 scarpeall'anno; in una zona nella quale non c'è lavoro per nessuno, vi lavorano una trentina di persone, tra le quali 1O handicappati in carrozzina. Ma quel mio viaggio rappresentò ben altro per me. E in Mi querido Penipe racconto proprio questo "altro", che non era nei f rogetti, e che in qualche modo mi travolse. Ne libro racconto l'esperienza che ho vissuto per 15 giorni a Penipe, nel Novembre del 1990. Ero insieme a Paolo Maranzano, un handicappato giovane e spiritoso che, nonostante la limitazione che gli comportavano le sue stampelle, riuscìa vedere anche più cosedi me. Quindici giorni estremamente intensi; giorni di grandi emozioni e di vera partecipazione; nemmeno per un istante mi ha sfiorato la tentazione di fare il turista. Sono stati soprattutto giorni di scuola; una scuola che non mi aspettavo e che non dimenticherò più. In quei quindici giorni Paolo e io siamo stati a scuola. Sono stato a scuola della Comunità di Capodarco Ecuador. Sono stato a scuola dal Ce. By. Cam, il centro per lo sradicamento del gozzo che ha vinto la sua grande battaglia e subito dopo ne ha scopertoaltre mille, tutte da combattere. Sono stato a scuola da padre Jaime; da Gerardo Calles, da]uan Moreno, da Nelly, Maritza, Fabian, Rolando....: la mia comunità di Gubbio è tanto spessostanca e demotivata ....., la Capodarco che ho conosciuto nel lontano 1970, quella degli handicappati orgogliosi e "incazzati" che mi ha immediatamente conquistato, oggi n_onesiste più, si è evoluta, ed è giusto che sia così, ma io non riesco a rassegnarmi. Dal punto di vista emotivo quei quindici giorni a Penipe sono stati proprio come quegli altri giorni che vissi nel 1970 a Capodarco, quando conobbi per la prima volta l'orgoglio e la voglia di protagonismo di gente che - come tutti - io credevo fondamentalmente destinata a beneficiare del buon cuorepubblico eprivato. Sono stato a scuola soprattutto della grande Chiesa dell'America del Sud, nella quale i giovani si riconoscono subito, senza che nessuno li inviti a farlo; ho conosciuto il messaggio limpido e forte del defunto mons. Proano; ho ammirato la . solida pastorale impostata dal suo successore mons. Corra!, che nelle sue lettere pastorali e nelle sue circolari mette la giustizia sociale tra i compiti primari feriali della comunità cristiana, accanto alla liturgia e alla catechesi, non prima, ma nemmeno dopo; ho partecipato a messe e funerali dai quali emanava come un profumo forte, fisicamente percepibile: il grido degli oppressi alla giustizia; riti così diversi da quelli che ho celebrato tante volte in questa mia chiesa italiana, che parla tanto spesso come se avesse il raffreddore. Quando arami da qualche anno era nata a Penipe la prima Comunità di Capodarco Ecuador, a Ibarra nacque la seconda. Venne chiamata Casaccia Angelo Franco. "Casaccia" è il nome di una comunità di accoglienza che opera nel Nord Italia; essa non appartiene alla Comunità di Capodarco, ma ha molto aiutato il P. ]aime Alvarez nelle sue grandi realizzazioni a vantaggio degli handicappati. Franco è il nome del fondatore della Comunità di Capodarco, don Franco Monterubbianesi, l'iBibliotecaGinoBianco niziatore del movimento che prese il via nel 1966, quando lui e i primi venti invalidi andarono a vivere insieme nel paesino omonimo, tra Fermo e Porto S. Giorgio. Angelo è il mio nome. Non ho fatto molto per meritarmelo, sefosse dipeso da me, avrei preferito che venisse chiamata "Casa di S. Ubaldo".E "Centro Sociale S. Ubaldo" si chiamerà quello che nascerà intorno alla Casaccia Angelo Franco, e che servirà alla Comunità di I barra per vivere decorosamente del · proprio lavoro e per instaurare rapporti sempre più vivi con ilproprio ambiente. · Questo ci siamo detti, quando in 25 siamo stati dal 7 al 23 Gennaio scorso in Ecuador, a Ibarra prima epoi (stavolta anche un po' da turisti) a Penipe e a Cuenca. Con me c'erano alcuni giovani docenti e alunni della Scuola per operatori di Condivisione, che a nome di tutto il Movimento di capodarco è iniziata quest'anno ·nella Comunità di Gubbio. E c'erano alcuni validi professionisti, tra i quali un imprenditore industriale. Dietro la delegazione c'era e c'è tutta la città di Gubbio, che ha accolto con entusiasmo il mio appello per costruire a Ibarra il Centro Sociale S. Ubaldo. Ho lanciato questo appello nel Settembre 1994, con un dépliant che è arrivato in tutte le case. Il mio appello è stato accolto con grande consenso. Hanno cominciato ad arrivare offerte, ognuno metteva una o molte "pietre per la sua casaoltre l'oceano" e altre ne metterà altra gente· in futuro. Per prima cosa aiuteremo i membri della CasacciaAngelo Franco ad avviare la festione del parco di Yuyucocha, che tramite i Ce.By. Cam è stato loro affidato in comodato per 25 anni. La consegna è avvenuta nel corso di una seduta straordìnaria del Consiglio Provinciale dell'Imbabura, tenutasi proprio nel parco di Yuyucocha, giovedì 12 Gennaio 1995. · Poi costruiremo insieme, ecuadoriani e italiani, accanto alla Casaccia, una piccola cappellasalapolivalente in onore di S.Ubaldo, ispirandoci alle linee architettoniche della Bellissima cattedrale di Gubbio e una fabbrica di cartoni da imballaggio. Ma perché S.Ubaldo? Perché la sua massima preoccupazione pastorale fu sempre per i poveri e gli handicappati. S. Ubaldo (morto nel 1160) visse l'epoca che fece di Gubbio uno dei più fiorenti comuni dell'Italia centrale, tra drammatici conflitti. E, come sempre succede in questi frangenti, i poveri si moltiplicavano e diventavano ... sempre più poveri. Il Baldassini, sei mesi dopo la sua elezione a Vescovo, per legge canonica stabilì che sipoteva edificare una chiesa solo se lì accanto si costruiva anche un luogo di accoglienza: un ospedale, o una casaper anziani, o un lebbrosario, o una casaper gli orfani, ecc.... Dopo circaun secolo,a Gubbio, città di circa 30.000 abitanti, esistevano 74 Hospitia; 74 diverse iniziative di accoglienza destinate a persone che si trovavano in difficoltà! Iniziative frammentate per tutta la città: non era ancora intervenuta la razionalizzazione illuministica, che avrebbe concentrato negli orribili casermoni fuori città tutti i casi "difficili". Iniziative affidate alla gente comune, alla massaia, all'artigiano, al fruttarolo: se Dio vuole non c'erano ancora gli specialistia cuifar finta di affidare il diritto di cittadinanza a tutti. ♦ COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

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