La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 2 - marzo 1995

negli anni Ottanta si sono moltiplicati i progetti di cooperazione che non mirano più al miglioramento delle condizioni produttive ma a quello che nel gergo degli addetti ai lavori si chiama poverty alleviation. Mi pare tu dica dunque che gli interventi di cooperazione gestiti dai governi occidentali, più che a promuovere lo sviluppo dei paesi poveri, siano ormai dichiaratamente mirati a ridurre i guasti dei rapporti ineguali di scambio. Tuttavia quanto ha pesato, nel perpetuarsi del divario e nel processo di immiserimento che denunci, la crisi economica mondiale dell'ultimo quindicennio? La crisi economica mondiale si è riflessa in modo assai drammatico sui paesi cosiddetti in via di sviluppo dell'Asia e dell'America Latina con cui l'UE (Unione Europea) aveva istituito rapporti di cooperazione. Molti di essi hanno aderito ai programmi di aggiustamento strutturale (Pas) del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, che hanno imposto misure draconiane di restrizione della spesa pubblica, liberalizzazione dei commerci e privatizzazioni. Gli effetti sono stati disastrosi sulle economie locali: l'eliminazione dei servizi di base (assistenza sanitaria, scuola, pensioni) e la disoccupazione creata dal fallimento di imprese nazionali hanno creato condizioni di vita assurde per le popolazioni, soprattutto per gli strati più poveri. Occorre ricordare che negli anni Ottanta il sistema finanziario internazionale ha generato la paradossale situazione per cui i paesi in via di sviluppo del Sud del mondo hanno trasferito molte più risorse finanziarie di quante non ne abbiano ricevute. Inoltre la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale sono diventati i regolatori principali del sistema finanziario internazionale. Queste due organizzazioni (chiamate le "sorelle gemelle" da uno degli ideatori, John Maynard Keynes) erano state create alla fine della seconda guerra mondiale con ben altri scopi: erano gli strumenti di regolazione del sistema monetario e finanziario per la ripresa degli scambi fra i principali paesi industrializzati reduci dalla guerra, per agevolare così la ripresa industriale e l'accumulazione capitalistica (di fatto più sostanziosi ed efficaci a questo fine furono altri interventi quali il piano Marshall per l'Europa ed il piano Dodge per il Giappone). Agli inizi degli anni Ottanta, all'insorgere della cosiddetta crisi del debito, a questi organismi è stato assegnato il compito di regolatori degli scambi finanziari fra i paesi del Sud del mondo, in particolare di quelli che non potevano più pagare i propri debiti, e il Nord industri,dizzato. In assenza di un organismo specializzato delle Nazioni Unite, la Bm ed il Fmi hanno impropriamente assunto un ruolo quasi di supergoverno. Impropriamente, perché la struttura dell'assemblea delle Nazioni Unite è ben diversa da quella di questi due organismi. La Bm è una banca commerciale dove a dirigere sono gli azionisti di maggioranza, rappresentati dai paesi più ricchi del mondo. Nello stesso modo funziona il Fmi. C'è un accordo fra gli azionisti di maggioranza per cui la nomina del presidente della Bm spetta agli Stati Uniti e quella del Fmi ai paesi europei. COOPERAZIONE INTERNAZIONALE .,o La funzione di regolazione finanziaria assunta da questi due organismi mira sostanzialmente a mantenere le condizioni di sviluppo dei paesi industrializzati molto spesso a scapito dei paesi indebitati. Tutti gli interventi proposti e praticati per risolvere la crisi del debito sono stati orientati a evitare la crisi dei creditori e dei loro sistemi bancari: infatti, come ben si sa anche a livello di finanze personali, nei casi di incapacità di pagamento di un debito chi perde di più non è il debitore ma il creditore. La Bm ed il Fmi hanno tentato di intervenire per mantenere in qualche modo la solvibilità finanziaria, almeno riel breve periodo, dei paesi indebitati. I risultati sono noti: drastici tagli alla spesa pubblica, in particolare nei settori dei servizi sociali o di sostegno agli strati più poveri della popolazione. Gli aumenti dei prezzi di alcuni beni essenziali hanno creato rivolte sanguinose in molti paesi, da ricordare la rivolta del pane in Tunisia, gennaio 1984, in Venezuela nel 1989 con oltre un migliaio di morti, in Nigeria nel 1989, in Marocco nel 1990. Questa denuncia non è esclusiva dei gruppi di militanti terzomondisti: lo stesso Rapporto annuale sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite documenta i fenomeni gravi di immiserimento di proporzioni crescenti della porolazione del Sud del mondo, evidenziando i nesso causale con le politiche della Bm e del Fmi, e sottolinea l'esigenza di interventi mirati a quegli strati della popolazione maggiormente danneggiati, nel breve periodo - si dice -, dalle politiche di risanamento finanziario. Quindi questi interventi non sono rivolti ad interi paesi, ma solo ad alcuni settori di popolazione particolarmente danneggiati dalle politiche adottate dai governi per conformarsi alle "raccomandazioni" della Bm e del Fmi che si fanno garanti per prestiti di altri paesi o anche di banche private commerciali. Ma chi finanzia questi progetti di poverty alleviation? I progetti di P.A. sono finanziati ora da molte delle organizzazioni multilaterali (N azioni Unite, Fao, Oms, Unicef,ecc) e anche da parecchie agenzie dei singoli paesi industrializzati. Prima ho citato la Commissione della Uee perché mi è capitato di lavorare in uno dei loro progetti di P.A. in Bangladesh. La giustificazione per interventi di questo genere è pressappoco la seguente: se certe misure a favore delle attività produttive per l'esportazione, che è una delle condizioni per risanare il bilancio dello Stato, danneggiano in modo irrimediabile la popolazione rurale inducendola ad emigrare, anche l'offerta di forza lavoro per le colture d'esportazione tenderà a diminuire e quindi a far crescere i costi di produzione. Si tratta quindi limitare i danni e il degrado sociale per ricreare in futuro le condizioni per lo sviluppo. Occorre per altro dire che in questi ultimi anni, a conseguenza della crisi nei paesi industrializzati, nelle politiche di cooperazione è prevalsa la tendenza a favorire i progetti che garantiscono un maggiore ritorno diretto sul piano commerciale per i paesi donatori. Una politica più rivolta ad accontentare gli imprenditori de_ipropri paesi che a riqualificare la cooperazione .

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