La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

pena" più sensibile, accogliente e solidale; "appena" perché rimarrà maggioranza se non esagererà, se non allarmerà, se non sarà "estremista". Avrà il ricatto del grande centro che è il medesimo dell'attuale maggioranza. In fondo le formule che si adoperano per l'alternanza, centro-destra e centrosinistra Si discostano solo leggermente tra loro. Non più differenza di quanta ne corre tra r~pub_blicanie democratici amencam. La terza ipotesi ci sembra più saggia: un ripensamento g~obale, minoritario, n?n vmcente, ma tenace e seno. Bisogna affrontare le problematiche vere che sottostanno agli insulsi slogan propinati in questi ultimi mesi. Democrazia, economia sociale, lav:oro, previdenza, sanità, scuola. Questi nodi vanno affrontati nel mondo dei grandi scenari dell'ambiente, dello sviluppo, della pace, dei consumi, dei rapporti nordsud, est-ovest. Probabilmente gli strumenti, culturali e politici, attualmente a disposizione per una simile operazione non sono molti; ma, a ben pensare, non sono stati mai molti nelle transizioni epocali. Perché di fatto siamo nella transizione. Il prevalere della destra nel mondo occidentale non è segno di forza, ma di debolezza: è segno di difesa, di arroccamento, di disperato tentativo di fermare la storia. In altre epoche gli stessi tentativi: ma la storia transita verso nuove sintesi. E nelle sintesi i poteri, le culture, le economie, gli equilibri cambiano. Non riusciamo a prevederli nei dettagli, ma altri popoli, altre culture si affacceranno sul palcoscenico. La funzione della minoranza è di immaginare le sintesi future. E uno dei modi infallibili di ritrovarsi all' appuntamento è di individuare i crocevia: quei fenomeni che non possono essere saltati, perché con essi bisognerà, comunque, fare i conti. Proviamo a individuarli. Il primo è il rapporto consumi-sviluppo. Non può continuare all'infinito l' accelerazione dei consumi per permettere lo sviluppo. Questo processo si incepperà. A quando, ad esempio, abbasseranno la produzione di automobili? O quello dei diserbanti? Se non saranno le economie politiche a farlo, penseranno le conseguenze sul1'ambiente ad imporlo. Il secondo nodo è la costruzione della democrazia reale. Non potranno essere tacitati all'infinito i popoli poveri; se non altro perché hanno dalla loro parte l'alto indice della natalità e perché dovranno essere i futuri fruitori di beni e consumi prodotti. Nessuno, nella storia è stato sempre e solo consumatore. Il terzo nodo è la cultura occidentale prevalente. Con l'ingresso nella storia che conta di nuove culture, cambieranno sintesi dottrinali e approcci ideologici. Cambierà la visione del mondo. Il quarto nodo è la scienza: chi ne avrà le redini, a che cosa sarà diretta, chi se ne servirà? Da ultimo la comunicazione: cambieranno anche i ~od~ e gli strumenti del comumcare. Non si tratta di immaginario, ma di reale: i sintomi sono sotto gli occhi di tutti. La civiltà occidentale è in esaurimento: termifler-à per autosfinimento, per le contraddizioni che si porta addosso. Coscienti. di questo, è indispensabile andare al di là del reale, almeno nei limiti di persone della vecc-hia cultura. Questo può essere un programma: occorre però un lavoro critico, duro, molto umile ed intelligente, con la consapevolezza di essere all'inizio di un lungo cammino. Senza la prosopopea delle sintesi e delle conclusioni. Senza la pretesa di essere grandi salvatori. Inseguire il contingente, d'altra parte, oltre a non servire, produce depressione; tutti abbiamo assistito alla pochezza e alla tristezza della recente crisi di governo. Piccoli giochi di nullità presuntuose. È tornato il momento di sognare e di costruire: al di là delle macerie che ci circondano. ♦ Laculturadelmaggioritario PiergiorgioGiacchè La cultura politica non è soltanto quella che fa difetto ai politici, ma anche (e soprattutto) quella che è diffusa in eccesso fra la gente. Da questo punto di vista - di una cultura vasta e lata, o se si vuole esagerare, antropologicamente intesa - la politica si riduce forse a segni spiccioli e a significati generici, ma non per questo la sua dinamica è ininfluente. Anzi, vista la povertà di una cultura politica "alta", quella che si compone dei pareri e degli umori dell'elettore "basso" (e soprattutto di quello "medio"!) diventa la sola disponibile e interpretabile. A questo livello, la cultura politica è quasi integralmente coincidente con il comportamento elettorale; con buona pace e soddisfazione di tutti quelli che la politica la gestiscono, non si danno più altri modi e momenti in cui l'azione o il pensiero politico si mescolino alla vita quotidiana della gente. Certo, si scende ancora in piazza e da qualche tempo persino la destra benpensante e agiata ha riscoperto i cartelli e i cortei, ma le nuove regole, da una parte impongono di separare la protesta economica e sociale dalla politica (guai se in uno sciopero si chiede la caduta del governo!), e dall'altra suggeriscono di leggere ogni manifestazione non sindacale come una puntata dell'ininterrotta campagna elettorale. D'altronde è vero che negli ultimi tempi, in Italia, il voto è divenuta una scadenza fissa del ciclo dell'anno; anzi, si avvia a diventare un rito che si ripete ad ogni passaggio di stagione, come se fosse giusto pretendere fino a tre, quattro raccolti all'anno da una campagna in cui non si seminano ormai che bubbèJle e zizzania. BibliotecaGinbBianco

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