La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

ha investito la struttura famigliare. Da una parte, infatti, il crescente numero delle famiglie "mononucleari" ha comporta~ to il calo del!'"apporto del sostegno sociale ed affettivo che fino a qualche decennio fa era garantito per il bambino dall'avere attorno a sé fratelli e sorelle. Ciò implica che, in un gran numero di casi, egli si trovi a crescere solo e privato di una fondamentale "sponda" psicoeducativa. Vi è poi un altro elemento legato a questa, in qualche modo forzata, pianificazione: se si decide di fare solo un figlio, questi dovrà inevitabilmente sopportare tutto il carico di aspirazioni e di pretese che i genitori delle precedenti generazioni distribuivano su più di un discendente. Il figlio unico rischia di diventare così il parafulmine di tutté le frustrazioni, di tutte ·le aspettative disperatamente cercate. Tutto ciò si traduce in un innaturale carico psicologico sull' adolescente che sente di "dover" essere ciò che forse non aspirerebbe a diventare (si tratta, seppur in forma translata, del concetto della sindrome del bambino che si trova ad essere "dotato per forza", a quello che non può che essere il primo della classe). Dall'altro lato, per quanto possa sembrare paradossale, l'aumento del numero delle persone anziane ha comportato la" scomparsa nella famiglia delle figure dei nonni. Anchein questo caso il risultato è che il bambino si trova a crescere in una dimensione di solitudine non solo affettiva, ma anche psicoeducativa: egli perde una porzione cospicua dell'identità famigliare (l' esperienza da cui si proviene) e della propria storia (non sono più tramandati né le fiabe né i racconti). Quanto ciò sia importante per lo sviluppo psicologico del bambino, lo si può facilmente dedurre dagli effetti dello sdradicamento sofferto dai figli degli emigrati o di chi ha dovuto cambiare frequentemente luogo di lavoro e di vita: in questi casi, infatti, è proprio la compresenza di più di una generazione a garantire al bimbo il necessario senso di appartenenza e della propria identità. Tuttavia la trasformazione della struttura famigliare non BibliotecaGinoBianco è mutata solo in senso quantitativo: venendo meno la classica organizzazione piramidale dove al vertice stava il patriarca (ovvero il nonno) e poi a seguire tutte le altre figure parentali, la famiglia tende oggi a complessizzarsi in senso orizzontale. Sempre più spesso infatti il bambino si trov·a a dover rapportarsi non solo con i propri genitori ma anche con quelli acquisiti (mi riferisco alle coppie genitoriali «rotte» e ricomposte con altri partner che a loro volta possono avere altri figli). Da ciò ne deriva per il bambino una notevole complicazione a orientarsi tra questi difficili legami affettivi dove spesso allignano ricatti e turbolenze del tutto incomprensibili e comunque ostili. Questi elementi (la diminuzione della natalità, la crescita della popolazione anziana e la complessità della struttura famigliare) si combinano con un ulteriore fattore: il drammatico peggioramento del contesto urbano in cui milioni di adolescenti sono nati e cresciuti. Come è noto, infatti, a partire dagli anni Sessanta l'ambiente metropolitano ha subito una profonda involuzione che ha portato alla pianificazione e alla costruzione di enormi quartieri senza alcuna previsione di organizzazione di vita sociale, di trasporti pubblici, di scuole o di quant'altro possa consentire una qualità della convivenza dignitosa. Per la prima volta nella: storia del nostro paese si è consentito che generazioni di bambi~i potessero nascere e crescere m un ambiente così drammaticamente degradato. Gli effetti dal punto di vista psicologico e sociale sono sotto gli occhi di chiunque voglia attraversare quelle lande disperate che circondano la maggioranza delle nostre città: questi effetti, infatti, sono ben diversi da quelli subiti dalle generazioni precedenti in quanto esse hanno potuto mantenere una parte della loro indentità (quella che si era plasmata nel paese d'origine o nei quartieri del centro storico da cui erano state sfollate), così come sono qualitativamente lontani dagli effetti provocati dalle precedenti pianificazioni urbanistiche degli' anni pre-guerra (i "casermoni" costruiti dal fascismo mantenevano, per le loro dimensioni, una struttura sociale e comunicativa ancora ispirata alla comunità del vecchio borgo). · È dunque del tutto intuibile che la somma di questi fattori può aver prodotto le condizioni predisponenti alla crescita del disagio psicologico e sociale degli adolescenti: infatti, sia l'aumento della fragilità emotiva, sia l'abbassamento del livello della loro autostima individuale (funzione cognitiva indispensabile ai processi di apprendimento e di adattamento agli eventi stressanti) rappresentano altrettanti fattori di rallentamento del processo di formazione dell'identità che favorisce, a sua volta, un aumento della vulnerabilità. Come si può vedere, dunque, la solitudine dell'adolescente tende oggi ad essere sempre più il segno patognomonico della sua infelicità e della sua insicurezza. D'altra parte, come mai potre~be cresce re un ragazzo rn una società in cui è sempre più difficile progettarsi, dove costruirsi una solida identità professionale assomiglia ad una scommessa già perduta, dove poter ambire ad una casa propria dove creare e sperimentare un'esistenza che assomigli più a se stessi che ai propri genitori è diventato un privilegio sfacciato?· La regressione diventa allora un riparo dolce, un porto sicuro dentro se stessi, dove l'incomunicabilità non è più così dolorosa, dove l'anafettività subita non brucia più come una ferita inferta senza motivo. Anche a costo di rincorrere appartenenze impossibili, anche. a costo di as~omigliar~ patet1c~m_e°:te a1 _propn mco_mp11:1t1_,1mmatun, arroganti gemton.

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