Lo Stato Moderno - anno III - n.5 - 5 marzo 1946

LO ~TATO MODERNO 109 PROSPE1 TIVE La guerra va considerata un aspetto naturale delli, re– lazioni internazionali. I rapporti tra gli Stati implicano per la loro natura l'alternativa della pace e della guerra. Questo è uno degli aspetti del recente conflitto. U.S;A., U.R.S.S., Inghilterra, Giappone ~i sono· scontrati in una simile lotta di imperi. L'incendio, ~coppiato in Europa, ha potuto dif– fondersi in Oriente perchè anche là esisteva un focolaio cir– coscritto, una lotta di preponderanza p.er il monopolio di certi territori. Ma oltre a questo, un altro aspetto dell'ultima guerra che .non va confuso col primo, è quello europeo. Si usa avvicinar:a a quella del 1914-18: ma bisogna tener presente una differenza fondamentale, notata di recente anche da uno scrittore federalista, il Campagnolo: che quella chiu– ~eva un ciclo, e queua ne ha aperto uno nuovo. Possiamo dire che con quella l'Europa aveva rag_giunto il massimo deJ:a sua individualità, la ri.vendièazione delle sue numerose personalità nazionali, un mo:tiplicato risorgimento, o quanto meno la conclusione di tanti « risorgimenti », italiano, serbo, croato, ceco, polacco, baltico, finnico, ecc. Debellando l'ege– monia germanica, smembrando l'Impero absburgico, e mor– tificando l'Impero rusi;o, il suo risultato fu quello di una mol– teplice guerra di indipendenza europea. Mai l'Europa si era trovata così ricca, mai aveva portato alla compiutezza di nazioni sovrane tanta diversità di spiriti popolari, in una parola, mai·era stata così Europa. Con questo risultato: che io tale felice condizione l'Eu– ropa dimostrò di non potersi assestare. Tutti abbiamo presenti le piaghe politiche ed econoqiiche del continente dopo Ver– sag!ia: Piccole e Grandi Intese, cordoni sanitari, oppressioni di minoranze, revanches, barriere doganali, autarchie, arma– menti. Per tutto questo c'è un termine riassuntivo: nazio– nalismi. Il male <iell'Europa era insito nella sua salute, nella sua ricchezza di storia, nella rua evoluta originalità. Quando questa fu al colmo, raggiunse, con la sua ~mpiutezza, il limite di rottura. E' la storia della crisi che ci ha portato al conflitto attuale. D~ quella crisi di nazionalità, da quegli attriti di economie e di culture è nato un altro aspetto di questo conflitto, più evidente oggi che nel 191'!-18, di essere un ·conflitto di ideologie. La crisi recente non ha significato il .fallimento deHo stato totalitario e il trionfo deMo stato democratico, ma il fa1lirnento d( entrambi, ossia la crisi dello • Stato», del sistema europeo di nazioni sovrane e del di– ritto intemazione che le disciplina. Quella tensione con cui la civiltà europea sviluppava le proprie energie originali, ormai ha messo in pericolo la civiltà stessa. Anzichè di una prima e una seconda guerra mondiale <lovremmo parlare di un'ultima guerra per la nazionalità e di una prima guerra per l'unità europea. · La guerra non ha proposto nè riso1to il problema del– l'Europa, ma l'ha denunciato, e quanto meno ne ha elimi– nato una soluzione: se altre ne rim;mgono- possibili è que– stione di avvedimento politico. Mutando radicalmente l'as– setto dell'Europa, rle ha in qualche modo semplificato il problema, non· la soluzione. · Oggi assistiamo alla crisi delle nazioni non per un loro indebolimento, ma, come si è detto, per un foro eccesso di vigore, per un loro estremo sviluppo che ne ha •fatto ma• nifesta una interna contraddizione. E' la contraddizione dia– lettica del rapporto nazione-stato, che -già la filòsofia, la .FEDE·RALISTE s6ciologia e il diritto hanno illuminato a sufficienza. Lo stato è la concretezza della nazione, quanto meno sul terreno politico e giuridico, e ne è )a mortificazione· in sede sociale. Ciò che .Ja nazione acquista rivelandosi a sè stessa come originalità e spontaneità, lo perde spesso disciplinandosi come stato. Questa era la, convinzione dei primi rom'iìntici te– d~schi, difènsori ·<lei popolo <li fronte allo stato, e il) parti– colare allo stato prussiano; ed è una convinzione ritornata oggi particolarmente attuale. Non dimentichiamo che le. na– zioni sempre e dovu~ue sono sorte come modi di libertà, o se vogliamo dirlo con più efficacia e con minore preci– sione, come strumenti pèr la conquista della libertà. Ed è questo senso di fratellanza nel peric6lo ·e nello sforzo co– mune che· avvia la nazione a diventare stato. Il « liberi non sarem se non siam uni ,. è lo slogan di ogni movimento nazionale come sforzo unitario in vista della libertà- Questa fratellanza si accompagna sempre a un atteggiamento di difesa contro un oppressore, interno o esterno, il conte, il sovrano o lo 6traniero. Nasce come un impulso di emancipa– zione, per un programma di giustizia e di indipendenza. In che cosa consiste allora la sua contraddizione, /o ·come altri direbbe la sua dialettica? In questo, che nata sotto il segno della libe,,tà, la nazione si evolve sotto il segno della potenza. Man mano che si passa dalle Hbertà alla li– bertà, dagli ordini e dai ceti alla nazione, dai privilegi alla eguaglianza, çontemporaneamente gli ~ si trasformano nello stato, e questa unità formale coordinatrice di tutte le forze autonome della nazione si · converte sempre · più in ente a sè stante. Il potere di impero, la sovranità si staccano dal popolo e si accentrano sempre più nelle mani del pri~- cipe o di una classe o <li una burocrazia. • Le_ teorie recenti più note con le quali si è cercato' di spiegare e giustificare il predominio autoritario <lello stato, e dalle quali sono <lerivate tante altre, sono la teoria mar– xista e quella hegeliana; e per entrambe la sovranità delfo stato, onnipotente ed esclusivo, si riduce io fondo ad ·uno strumento, nell'un caso strumento di una classe, nell'altro strumento del · Weltgeist. In funzione economicà o in fun– zione teologica. Ma tra l'una e l'altra non, c'è grande .dif– ferenza. Sappiamo come il W eltgeist , non ha tardato a spe– cificarsi, e non tanto illegittimamente, in un contenuto em- - pirico. Dietro il concetto di stato si sono cosi venuti profi– lando due concetti, o se volete due miti, minacciosi ed equi– voci: la o/ane e la razza. Lo stato unitario si è evoluto in stiito accentratore. e poi io stato totalitario: sempre stni:nento, palese o coperto, di una volontà di privilegio. Abbiamo citato lé due tesi estreme; ma quale che sia la sua giustificazione - giusnaturalistica come quella di Hobbes, o materialistico-storica come quella di Marx, o idea– listica di Hegel,' o sociologica di .Max Weber - lo stato è sempre potenza. Anche le democrazie sembrano orientarsi io definitiva verso lo stato unitario e autoritario. L'idea di uno stato ohe non sia potenza, nè dominato da volontà di espansione ~ di potenza, sembra ormai da relegarsi in certe utopie del cinque o seicento~ <lella repubblica cittadina, delle « Città-is_ola », nemmeno io tutt~ (non ·per es. nella « Città del Sole»). Non dimentichiamo che la Repubblica di Platone e sul suo modello tante altre città .ideali, sono state città guer– riere. Per n~cessità di difesa, ma guerriere. Anzi, militariste. E conosciamo gli equivoci del militariso»J difensivo. Se

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