Il Socialismo - Anno II - n. 2 - 10 marzo 1903

18 IL SOCIALIS, !O sultato definitivo: diminuito accumulo della ricchezza capitalistica, niuna domanda di lm·oro. riduzione di ~alari e crisi economica. Se la cosa si fermasse qui. meno male; gli uomini rinsavirebbero e dalla protezione ritornerebbero alla libert:'l.. ~In che! Invece, i proprietarii fanno accusa della ri1111ovellata crisi all'insuJliciente protezione, e gridano che i dazi !--011 trop1>0 bassi. I loro sindacati pagano la stampa: questa comincia un putiferio del diavolo sul pericolo giallo, verde, rosso e cosi via. Guardiamoci dalla concorrenza ame• ricana, g-ridano i Tedeschi ; dalla concorrenza tedesca, ammoniscono gli inglesi: da quella inglese e teclcscn., strepitano a coro gli Americani; da tutti quanti, cscla• mano gli industriali dei paesi economicamente infe– riori: Francia, Italia, Spabna e cosi via. Il risultato è semplice. Dopo un qualche strepitare, gli industriali ottengono dalla facile ma incorruttibile coscienza dei rappresentanti della nazione un nuovo aumento di dazi. La storia, si può dire. è di oggi. Guardisi a quello che è accaduto in Germania. 1 Il proprio, infatti, del sistema protettore è di esser privo di compensazioni. E' un regime che non trova mai in sè stesso il proprio compenso. I.' industriale che ha chiesto oggi un dazio cli 5 hre, ne vorrfl do– mani uno di 7 e poi cli 10 e poi più ancora. In Italia, il dazio sul J."1-:it10 parti da due modeste lire e mezza ed ora ha raggiunto le 7 .50. Si diceva che con questo regime la produzione sarebbe cresciuta, e dopo poco si sarebbe potuto fare a meno del dazio; l'esperienza ha dimostrato che il protezionismo è incapace di svilup– pare la produzione. Ora, vi sono sopratutto in halia - ma non mancano fuori - molte egregie persone le quali ammettono ,·o– lentieri che i dazi sui cereali non siano favorevoli allo sviluppo dcli' rig-ricoltura: dicono però che per I' indu– stria non se ne possa fare a meno. La teoria del da;io educa/ore è sfoggiata con rara abilità eia tutti i ben pensanti dcli' economia \'Olgare. i\la questa teoria rac• chiude uno dei pili evidenti solecismi cco110111iri che siansi nrni messi fuori. La dimostrazione è semplicis– sima e la capirebbe un bambino. Se quell'errore per– siste, ciò si deve meno ad uno strano difetto mentale che si ptrpetuerebbe di gencrnzionc in ~enerazionc. che non rigli interessi in lotta. Dato il fatto che ,:rii interessi industriali capitalistici tendono sempre pili a prevalere, non fa meraviglia che mentre sia diventato evidente, quasi di luogo comune. essere un sofisma quello del protezionismo agricolo, persista invece, ri– spettato, quello del protezionismo industriale, di ~ran lunga più dannoso. In Italia, roi, il prol>lema si complica con ~li attriti regionali. Onde anche molti socialisti settentrionali. che scorgono l"assurdità. ciel protezionismo fondiario. son piu o meno manifestamente favorevoli al prott:• zionismo industriale. In Italia si fa Hltto a dispetto. Ora si tira contro il Nord ec.l ora contro il SmL i\la il risultato è sempre lo stesso: il i-;acrificio degli inte• ressi generali cli tutto il paese. . .. Ecco ora, con un semplice esempio aritmetico, dì– mostrato come un dazio protettore non possa riuscire a svolgere e far progredire la produzione interna. Sia A una merce che ali' estero si produca al costo di 95, e all'interno al costo di 100. Finchè sussisterà libertà di scambi il consumatore interno preferirà. la merce estera, la quale, a supposta eguaglianza di b ontà intrinseca, costa meno ed ha perciò un prc1.zo infe• ' VC<Jiin qu~'-10 -.1eo--.of:t-.cicolo, nella A'h•ista tldk rhlist, s0<ialist,. (N, ,I. A'.) riore a quellri prodotta ali' interno del paese. - Si adotti ora un dazio cli L. 7 sulla merce estera. Questa ,·errà allora a costare, nel mercato interno, L. 102. mentre il prodotto nazionale costerà ioo. La merce estera sarà esclusa dal consumo: la merce interna po– tr!l vendersi, per esempio, a 101 e il produttore in• terno farà un guadagno del\' 1 %· - i\la ecco che su– bito si sviluppano for;~e le quali impedisci>no che il cresciuto guadagno ciel produttore interno possa im– piegarsi in migliorarnentt tecnici e perciò a sviluppare la produzione. Possiamo, infatti, supporre due casi: (a) che i pro– duttori interni si facciano concorrenza; (b) che essi riescano a stabilire un sindacato per sfruttare il van– taggio doganale. Ncll' uno e ncll' altro caso, la produ– zione non si s,·iluppa. Se i produttori interni si faranno concorrenza, ess offriranno la merce a ribasso sino al punto in cui non fanno nè guadagno, nè perdita, cioè sino al prezzo di I.. 100. A questo prezzo il profitto clell' 1 °/ 0 è annul– lato, i produttori non vedono crescere i loro risparmi e l'oulillage industriale, a parità di reddito. rester:'1 quello cli prima. I.a produzione. quindi, continueri1 sul piede cli prima, mentre d'altronde la massa elci consumatori aHà perduto il benficio cli prima. \"olgiamoci al caso opposto. Immaginiamo che i produttori. come fanno in Germania, costituiscano un sindacato per sfruttare il vantaggio doganale, tenendo artificialmente alti i prezzi. Che cosa accadr:, ? I prezzi della merce considerata resteranno a 101; i produttori faranno un guadagno dcli' 1 %, ma essi non potrann11 im·estirlo in migliorie tecniche, J>erchè i miglioramenti tecnici traducendosi in aumento dell"ofTcrta della mere~ e c1ucsto in riduzione e.lei prezzi. svilupperebbero le forze che annullerebbero il guadagno dO\'UtO al van– taggio doganale. 1 Per tutte queste ragioni. gli cconumisti sostengono che la protezione industriale è pili danno!--a della stef'-Sa protezione agricolri. . .. IJcl resto piu d1c indugiare in quc~tc dimostrazioni. l'hc nella scien;,.a economica hanno oramai tanto di barba, veggansi i fatti. Se c'è in Italia un'industria che ha anche tutte le sollecitudi11i del legislatore è cer– tamente l'industria del ferro. per la quale esistono dazi che talvolta superano del doppio il prezzo del mercato estero. Eppure da trenta e pili anni che si persegue questa politica di protezione ad oltranza, e per effetto della <1ualc i proprietarii delle ferriere e dei cantieri li– guri. toscani, umbri e lombardi hanno realizzato gua– dagni favolosi, non soltanto 11011 si è riusciti ad esclu– dere la merce estera dril mercato interno, ma la merce estera è stata introdotta in una proporzione maggiore dcli' infremento della produzione interim. Questa o è restata al punto in eui era nel 1 :i:ii. quando si attua– rono le famose tariffe c.lifTerenziali. che distrussero 1:t economia del i\lezzog-iurno. a vantagg-io de~di industriali del Nord. o è a\'a11zata di poco. E si badi che l' indu– stria del ferro ha per princiraJe committente il Governo. Quindi certi lic,·i aumenti della produzione debbonsi in gran parte addebitare al crescere delle spese mi– litari. 11 1 (2uì i.:arcbbe nL-ce::.snrio es.·uninarc il c:1so in cui i migliorn- 111cn1i1ecnici producnno un rnpporto pi\1 aho del reddito, il qu:tlc compenserebbe 1:t d..:crc11cenzadel prcuo. In unri. rivistn tecnil.a– mcnte economica si potrehbe :mnliticnmente dimostrnre che questo ca~o ricmrn nel precedente, qunndo nlla considcr.u:ionc delln cun• correnza 1w11mertitr/t i,:i 50"\itui~ quelln della concorrenza imlt1• stnale. Tnlt dimostruione s.ucbhe forse troppo pcs.1mc e ttrtn• mente difficile per un pubblico di lcuc.ri non prcpnrnti tecnil!:t.• mente :t questioni economiche. 11 \'eggnsi h monogrnfia del prof. l',:11 'l\l\lllt:SI, Sulfimluslri,1 t!tl /l'l·ro i11Italia. - Pesaro, 1902.

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