Il Socialismo - Anno II - n. 1 - 25 febbraio 1903

IL SOCIALISMO è lecito condannare in blocco una politica economica, i cui pieni effetti non si son mai potuti osservare. Tanto il Kautsky come lo Schippel indugiano sul \'ecchio pregiudizio che la politica liberale e la politica protc1.ionista sono entrambe in contigenze speciali. ,·an– taggiose per un popolo. La posizione teorica dello Schippel e del 1-.::autsky è praticamente la stessa. En– trambi ammettono che per un popolo ed in un'epoca speciale sia pili conveniente l'uno o l'altro sistema e che in prosieguo le cose possano cambiare. Essi non divergono se non nell'apprezzamento dei bisogni at– tuali dell'agricoltura e dell'industria tedesca. Crede lo Schippel che la Germania industriale, ma sovranuuo quella agricola, non possa fare a meno di dazi pro– tettori. Per conLrario il Kaut:-;ky è convinto che il si– stema doganale tedesco sia diventato un impac2io per l'indu:-.tria e per il commercio, ed incita la classe la– \'Oratric1.: d:..:1 MIV p,tcsc a farla finita con quel sistema. L'opinio:i:..: <lei Kauts:,r è così chiaramente C8posta: « I.a democrazia socinlista non è libero-scambistn nel senso in cui lo erano i libero-scambisti borghesi di una generazione addietro. 11 libero commercio, ovvero, i:i :-;enso più generale, la libera concorrenza non è lo scopo unico della lotta che essa sostiene nel campo economico, nè sta in prima linea nel suo programma .. 11 libero-scambio non è l'ultima parola della s.:1.pienza. Esso presuppone, come il protezionismo. il sistema di pro~luzione capitalistico, che è c6mpito della democrazia socialista superare e vincere. 1'.la il protezionismo oggi e diventmo mezzo per spingere all'estremo le ten– denze sfruttatrici del sistema capitalistico, anche oltre quel limite·cbc esse raggiungerebbero con la libera con– correnza; e nel contempo il protezionismo è diventato un impedimento all'ulteriore sviluppo economico della società. Ora, lo stato pili favorevole, al proletariato ed alla societù, del sistema di produ7,ione capitalistico è quello del suo più rapido sviluppo. Il sistema prote– zionista è dunque diventato, sotto ogni rapporto, un mezzo per sottrarre al proletariato quelle condizioni <.:hefavoriscono il suo sviluppo nella società capitalistica e di spiegare quelle altre condizioni che sono ad esso sfa ,·orevoli. « Il libero commercio, dato il sistema di produzione capitalistico, non è per la democrazia socialista il cielo in terra, ma per essa il libero scambio è, di fronte al prote7,ionismo. per Stati industriali come l'Inghilterra, la Germania, la Francia, gli Stati Uniti. il male minore. Es-.a deve votare per il libero scambio come deve vo– tare per il candidato democratico. quando nelle elezioni, messo fuori di combattimento il socialista, son di fronte un conservatore e un democratico, pur non potendosi fare illusioni sulla democrazia borghese. » (1-fnndelspo– litik ccc., p. 69-70). · A queste conclusioni il Kautsky giunge dopo un rigoroso esame degli effetti del sistema protezionista in Gernwnia. A pag. 65, egli prova che l'immaginaria 11<::eessitùdi salvare J'agricoltrra dalle minaccie della concorrenza estera, costa al popolo lavoratore non meno d'un miliardo cli marchi all'anno. Confuta la comoda teoria che l'aumento dei prezzi, dovuto ai dazi, non ricade sui lavoratori, ma sul produttore estero. Dimo– stra che i salari non crescono punto sotto l'influenza del rincari mento dei generi nec-essari alla vita ed osserva che se mai si vuol venire in aiuto all'agricoltura, si sosLituisca al sistema dei dazi un sistema di sussidi diretti, i quali costerebbero assai meno al paese e si potrebbero ricavare dalle imposte sul reddito. Nè l'industrin soffre meno dei lavorntori per i dazi sulle materie agricole. che sono anche le materie prime dell'industria. I dazi. infatti, facendo crescere il prezzo delle materie prime, pongono l'industria del paese pro- tezionista, in condizione di particolare sfavore, di fronte all'industria dei paesi liberali. Perciò il l.ist, che era favorevole ad un sistema logico e conseguente di pro– tezione industriale, considerava come una follia cd uno stupido giuoco di scaricabarile la protezione contempo– ranea dell'industria e dell'agricoltura. È un grande er– rore supporre che l'industria si sviluppi sotto un re– gime cli protezione doganale comibnata. Questo sistema è possibile solo perchè i lavoratori pagano in definitiva il prezzo delle due specie di protezione. !'via viene poi il momento in cui i lavoratori son ridotti alla miseria ed allora tutto il sistema precipita. Però nella lotta contro i dazi protettori, la classe lavoratrice non può unilateralmente combattere i soli dazi agricoli. Il l(autsky osserva: « Chi grida: nbbo.sso i dazi sulle <lerratc, non dcn.: spaventarsi al grido: abbasso i dazi sol ferro! Quelli non possono cadere senza questi. « Limitare la lotta contro un fra1111rn.:nto del sistema protettivo è praticamente inutile e teoricamente in~iu– stificabile. Chi si accorge come il sistema protezionista attuale è un tutto organico e che esso agi:-.c::! i:1 modo dannoso, sia per la class~ lavoratrice e sia per lo svi– luppo delle for7,e produttive, deve necessariamente com– battere tutto il sistema. » (/bi, p. 63). Così il l{autskr, pure partendo dalle stesse premesse dello·Schippel - la condizionale utilità dei due sistemi commerciali - giunge a conclusioni completamente op– poste a quelle dello Schippel. Ora vediamo quel che lo Schippel pensa. • . • * Lo Schippel è una specie di protezionista vergo– gnoso. E' protezionista, ma non lo vuol dire e scrive che tutte le dottrine sugli scambi internazionali sono contingente111ente vere. Attribuisce il prevalere ~una dottrina al prevalere di certi interessi di classe. Non dice però se la cura di certi interessi am~ichè di certi altri non si traduca in un massimo di bene pubblico. I suoi presupposti teorici son comuni, come già ve– demmo, al Kautsky. i\'la questi giunge alla necessità del liberismo per il presente, egli <lella protezione. Dice che i presupposti della teoria liberale erano in una condizione di fatto ora tramontata. La popolazione, crescendo, avrebbe dovuto premere sulle sussiste117,e e così spingere alla cultura delle terre inferiori. Cosi sa• rebbe c-resciuta la rendita delle terre meglio dotate e la rendita assoluta delle meno. L'abolizione delle fron– tiere doganali avrebbe contenuta la fortuna della ren– dita, e attuata una divisione del lavoro fra paesi indu– striali e paesi agricoli, per guisa che ne sarebbe sca– turito un maggior vantaggio per tutti. Ma ciò non èstnto. Prima la concorren7,a americana, poi quella ru:-;sa, aq;rcntina ed indiana, hanno distrutta la legge cli popo– lazione e cl' incremento della rendita scoperta dal Ri– cardo. I transatlantici e le ferrovie indiane hanno di– strutto l'equilibrio tradizionale della produzione europea. li c-ontadino ed aflittaiuo!o europei trovansi nell'alterna• tiva o cli rinunciare alla cultura dei campi o di respingere con mezzi politici la concorrenza di fuori. La seconda via - c'era da dubitarne? - è generalmente preferita. Da ciò si vede abbastanza chiaramente che gl' interessi della rendita fondiaria stanno a cuore deflo Schippel pili che a un socialista non convenga. E si vede me– glio appresso. Dice lo Schippel: che le· rendite scendano ed ecco metter fuori cultura le terre, in ordine inverso alla loro fertilità. Ciò è avvenuto in. Inghilterra ed avverrebbe in Germania, ove i dazi non fossero. Ora. l'abbandono delle terre ,·uol dire una massa di persone in miseria. In Inghilterra la rovina colpì gli affiuaiuoli, che erano capitalisti, ma ciò si atteneva al sistema dell'affitto, che da quelle partì prevaleva o addirittura assorbiva tutti gli

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