Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 24 - 30 giugno 1898

366 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI « .•. La repressione di Sicilia aveva prodotto i suo~ ef-, fetti a Milano e su tutte le persone, la cui educa21e,ne politica e ~ora_!~er_aJ:iù.a)ta e raffinat~.. I co?da?nati dei tribunali m1htan d1 S1c1hasono stati 1cand1dat1po-; litici di Romagna, di Roma, di Milano, di Livorno, ecc.· A quell'epoca rimontano i primi veri successi dei socialisti nelle elezioni amministrative. Oggi i medesimi metodi produrrebbero i medesimi effetti ; la sospensione delle garanzie statutarie già fabbrica martiri e candidati politici che getteranno il paese in un nuovo antipatico periodo di ste.rile agi.tazione elettor~le ». . Siamo indietro d1un secolo ali Jnghilte1Ta. - cc V1 ha come un presentimento vago, che traversiamo un'ora che farà epoca nella nostra storia. « Le presenti condizioni d'Italia sono state paragonate •a quelle della Spagna e della Grecia. Tutti ce ne siamo sdegnati; ma molti di noi han provato come nn $e□so di sgomento, perchè alcuni segni lasciano vedere l'azione, là più avanzata, da noi più lenta, di un medesimo sistema di governo. cc Ma le nostre condizioni di oggi somigliano pure stranamente a quelle dell' Inghilterra della prima metà del secolo, e colà furono radicalmente mutate dalle riforme liberali. « Cosi due vie ci sono aperte, due alternative, due indirizzi politici sono possibili ». Per cambiamenti di indirizzi rivolgersi al Signor GIOACCHINOMONTALBANO - ria Sardegna, N. 22. Roma. Per abbonarsi, alla Rivista, inviare Vagliao Cartolina-vagliaall'on. Napoleone Colajanni - Roma DAUNACRISIALL'ALTRA Sin dal Luglio 1896 non esitammo a manifestare il doloroso disinganno, che ci aveva cagionato la condotta dell'on. Marchese Di Rudini. Allora, egli mostrò, separandosi dal generale Ricotti sulla quistione delle spese militari, di non tenere più alla coerenza, ed un po' anche alla cortesia, se non alla gratitudine, che nella vita parlamentare non conta molto. Coloro che ricordavano la caduta dell'eJ< Presidente del Consiglio - nel r 892 ~ quantun · que anche allora il suo soverchio lojalisrn gli abbia impedito di ritirarsi in Aprile insieme all'on. Colombo, che ha continuato a mostrarsi uomo di carattere e di fermi propositi - rimasero sorpresi, nel 1896, vedendolo attaccato al potere - deciso più che mai a mostrarsi abile anzichè a riconfermarsi galantuomo. Dal Luglio r 896 in poi non si contarono che errori ed incertezze, in tutto - nella quistione morale, nella politica africana, nell'amministrazione interna ecc. ecc. - e noi a tempo debito li abbiamo registrati e deplorati. Ma, francamente, noi non avremmo mai ..:recluto che l'on. Di Rudini sarebbe arrivato alla sveltezza cinica ùi sbarazzarsi, sgarbatamente ed impoliticamente, dell'on. Zanardelli, prima e dopo di provocare la crisi, in un modo tanto inatteso e scorretto. Chi crede che le dimissioni del 18 Giugno siano state determinate dalla paura di trovarsi in forte minoranza, non conosce l'on Di Rudini: egli avrebbe saputo affrontare la sconfitta colla sua indifferenza signorile e sprezzante. ' Un sentimento peggiore lo animò: quello del . dispetto verso i suoi avversari. Egli cercò d' im1 brogliare la situazione, che era abbastanza imbrogliata, impedendo che con un voto la Can:era designasse il successore. Nè egli si contentò di procedere in mùdo da lasciare intendere che i criteri politici nelle proprie determinazioni non ci avevano che vedere ; ma volle anche chiarirsi brutalmente incostituzionale nella motivazione delle dimissioni. La qual cosa prestò buona occasione all'on. Fortis di rimbeccarlo aspramente, ed opportunamente, con un discorso breve e misurato, la cui accoglienza delineò improvvisamente, ed anche incoscientemente, le antiche divisioni della Camera. In ogni menomo incidente, la Sinistra, in quella occasione, col suo contegno, si distinse dalla Destra ; e ·si vide ancora, ad occhio e croce, che la maggioranza stava a Sinistra. In tutta la discussione vanno ricordate le parole nobili e gentili di Gino Vendemini, che salutò le povere vittime degli ultimi tumulti, accolte da un lungo applauso all'esercito; applauso provocato dal discorso dell'on. Di Bagnasco, che qualifichiamo, per lo meno come inopportuno, perchè nelle parole, commosse e commoventi del valoroso deputato di S. Arcangelo, non ce n' era una sola che accennasse a biasimo all'esercito. La Camera e il ministro della guerra, potevano perciò risparmiarsi una manifestazione ed un pistolotto, che, in altri tempi, avrebbero potuto essere considerati esclusivamente come retoriche esercitazioni, ma che in quell'ora ed in quella occasione furono l;i espressione del più gretto ed odioso spirita reazionario. Il significato era tanto chiaramente reazionario, che scirse !'on. De Nobili a protestare con un vigoroso u evviva alla Costituzione " che trovò eco soltanto nei banchi di Sinistra. La Costituzione ! Povero cencio lacerato ed imbrattato dal luridume governativo : essa ncn ebbe che un difensore: Giovanni Bovio. E Giovanni Bo· vio ne affidò la difesa all' Estnma Sinistra con un discorso che fu un capolavoro di sapienza politica, di finissima ironia, di arte vera, e che trascinò all'ammirazione tutta la Camera - compreso il Centro e la Destra, reazionari - e che, moralmer,te, stritolò l'on. Di Rudini. Aperta la successione, avvennero cose meravigliose, che noi non possiamo commentare come Yorremmo perchè non ci è consentita. alcuna libertà - nemmeno quella, minima, accordata agli altri. Diremo soltanto che i giornali monarchici di ogni gradazione rimasero scandalizzati dell'ostentato disprezzo verso la Camera bassa. Nessun deputato fu chiamato al Quirinale - caso unico anzichè raro in una crisi durata dieci giorni - e tutti i tentativi per la costituzione di un ministero si aggirarono attorno ai Senatori: ed un Senatore, per di più generale, mentre scriviamo, pare che sia riuscito a costituirlo. Diciamola francamente: i deputati ministeriabili hanno meritato il trattamento ricevuto. L'hanno meritato perchè essi in ripetute oci.:asioni si mostrarono curanti più del potere e della soddisfazione dell'ambizione propria anzichè dei programmi;

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