La Rivista Popolare - anno I - n. 9 - 15 novembre 1893

LA RIVISTA POPOLARE cale si è formata in Italia accanto a quella delle affratellate, chiamando " a sè tutti quelli che sono credenti nella idea della socializzazione della ricchezza concretata nel collettivismo. Parlo del Partito socialista dei lavoratori italian1,·. Quale, in questa condizione di fatti, il contegno logico dei collettivisti sorti nella organizzazione delle affratellate? Devono essi restare , in una federazione per accapigliarsi, in ogni Congresso, in ogni associazione, in ogni numero di giornali, con un partito che è avverso proprio alla finalità dei collettivisti, la socializzazione della ricchezza, ovvero si devono ascrivere ad una organizzazione in cui quell' ideale economico non si cliscute, ma è dogma scientifico? Essi soli in Italia devono dare questo esempio del quale non si ha il simile in qualunque altra nazione? Da ciò la necessità della separazione, per la sincerità dei metodi e dei fini, per la migliore organizzazione delle due parti, le quali a via di volere restare unite perdono la propria fisouomia nè arrivano ad organizzarsi secondo i propri fini e le esigenze del momento importante e difficile che attraversiamo. Che la separazione delle due parti, tenute apparentemente unite dal Patto di fratellanza, sia una necessità derivante anzi dalle condizioni della società e dei partiti, rilevasi dal fatto che la stessa idea di separazione è apparsa nell'uno e nell'altro campo. De Andreis mi è sembrato assai logico, massime quando se l' ha pigliata con me a Bologna. Non aggiungo qui nessun pensiero sulla figura grande di Giuseppe Mazzini, perchè si sa bene che chi sostiene la uscita dei collettivisti dal Patto di fratdlanza, non crede di menomare in niente la superiorità di quella mente. L'errore invece sarebbe di chi volesse fare di Mazzini un economista dalle cui teorie si possa formare, per esempio, la concezione collettivista. Ma dopo tutto, puoi dirmi, non vedi che il XIX Congresso ti dà torto? Non vedi che ne è uscito proprio un ordine del giorno di conciliazione ? Ora - a parte qualunque discussione su quell'ordine del giorno, che non corre, nè è cosa degna dell'ingegno dell'egregio amico Turchi - è proprio vero che mazziniani e collettivisti si sono anche una volta affratellati a Bologna, salvando la sillaba e lo spirito delle sacre tavole? Non pare. A Napoli e a Palermo non ci siamo accapigliati così. La separazione vera, ultima l'ha fatta il Congresso di Bologna. Si era appena segnato il trattato _di pace, per quanto io abbia rilevato dai resoconti, e le ostilità incominciarono subito sul luogo stesso: Pochi giorni prima dell'ultimo Congresso, scrivendo ai miei carissimi amici Nardi e Monti del giornale Il Collettivista di Ravenna, dicevo loro che anche dopo un'apparente conciliazione a Bologna, un tempo brevissimo avrebbe detto chi aveva ragione. Pochi g10rm sono stati bastevoli per dare ragione a me. Già nel Congresso regionale genovese i mazz1mani si sono ribellati al deliberato di Bologna, e altrove non si è contenti. Voi della BibliotecaGino Bianco

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