LARIVISTAPOPOLARE POLITICA-ECONOMICAS-CIENTIFICAL-ETTERARIA-ARTISTICA ANNO I. 15 Novembre 1893"' FASC. IX. LA RIFORMADEI CONTRATTAI GRARI 1 Uno dei risultati più verosin1ili che si potevano aspettare dall'Inchiesta agraria, 1nalgrado tutto l' ottin1ismo onde infiorò i suoi volumi, era quello della riforma dei contratti agrarii. Nel questionario rivolto ai Comizii e alle autorità vi erano pure domande intorno alla natura dei patti agrarii prevalenti nelle varie regioni, e alle proposte che si facevano per riformarli. Anche quelle proposte sono istruttive e rivelano il modo con cui l'Inchiesta fu condotta: nella provincia di Alessandria, p. e., i Comizii agrarii dichiararono che· il miglior sistema di cultura delle terre era quello della schiavanderia, un contratto degno del nome_ che porta, nel quale i lavoratori e le famiglie, come nella boaria, non ricevono _in generi e denari tanto da vivere e da riparare i brandelli di carne e le stille di sangue con cui fecondano il ~uolo. Nel Lazio, per le im- - mense zone· incolte della campagna romana, e per le Calabrie, gli stessi Comizii non trovarono parole che per giustificare e vantare i sistemi di cultura praticati come quelli più vantaggiosi alla economia nazionale e i più acconci alla natura dèlla terra, senza badare se nel 1nentre favorivano gli interessi della proprietà fondiaria, di cui crescevano il reddito, non ç.eprimevano anco -di soverchio la condizione dei lavoratori. In Sicilia poi i 2 20 sindaci in• .,. 1 All'illustre prof. Saivioli, insegnante di Diritto civile all' Università di Palermo e scrittore di pregiati lavori giuridici, mandiamo i nostri ringraziamenti per l'autorevole e importante sua collaborazione 1 iniziata con questo scritto della più grande attualità. (N. d. D.) Biblioteca Gino Bianéo
LA RIVISTA POPOLARE terrogati sulle proposte di miglioramenti prat1c1 e suscettibili di facile e i1nmediata applicazione, rispondevano soltanto in otto nel senso non favorevole ai vigenti patti agrarii, chiedendo che si rendessero più equi ai coltivatori, prolungando la durata degli affit6, introducendo il sistema colonico (Gangi, prov. di Palenno ), imponendo ai grandi proprietari di affittare a piccoli lotti i loro terreni (Isnello, Lercara, Trabia, Valledolmo, prov. di Palermo ; Biscari, prov. di Siracusa); n1entr~ gli altri 2 I 2 invoca vano provvedi men ti favorevoli ai proprietari e inutili e superflui al proletariato agricolo; quali intesi a rialzare il reddito, sgravii di tasse, ferrovie, strade, banche, crediti fondiari, svincoli da oneri enfiteutici, n1acchine, ecc., e quali diretti a rendere più comoda e beata la posizione degli abbienti, scuole agrarie, e perfino a Riesi, prov. di Caltanissetta, il ginnasio ed il liceo! Certo leggendo quelle pagine dell' Inchiesta (vol. XIII, t. II, fase. IV, pag. 3 5 4) in cui vedesi il sindaco di Girgenti don1andare cbe si renda privilegiata in favore del proprietario la son1ministrazione delle sen1enze e dei soccorsi, e altri sindaci chiedere opere idrauliche per l'irrigazione dei terreni, e tutto ciò in una vasta regione dove più di n1ezzo milione di agri col tori vive spesso in grotte cavate nel sasso vivo, sen1pre in tugurii malsani e nella più vergognosa pron1iscuità, trovasi in uno stato di quasi abb~·utin1ento per l'iniquo e prolungato sfruttan1ento, mangia pane quando ne ha e male e spesso radici cotte e non condite, e spesso rnanca di acqua da bere, perchè l'acqua è tutta di don1inio privato essendosela gli antichi raroni appropriata per fare prosperare i loro possedimenti, viene spontanea la do111andaa quelli che non credono alla lotta di classe: ma che cosa è qnesto adunq ue? Se alcunchè n1ise in evidenza l' Inèlziesta agraria in materia di contratti agrarii furono l' egois1no della borghesia e l'indissolubile connessione dei n1ali presenti col presente ordinamento econon1ico della proprietà. Quella nelle don1ande che forn1ulò chiese tutto per sè, nulla accordando ai lavoratori, anzi cercò rinforzare il privilegio econom_ico per gravare più forte la mano· nella stipulazione dei contratti agrarii: e la conclusione ultima di tutte le sue querimoBiblioteéaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE nie sulla decadenza della ricchezza agricola in Italia, suonava appunto così, che nulla si poteva aspettare di risveglio, se non si n1iglioravano le condizioni dei proprietarii, il che doveva raggiungersi con misure protettive, 1na anche retribuendo n1_enola mano d'opera, ossia spogliando vieppiù i coltivatori del frutto del loro lavoro. I relatori e specialmente il Jacini raccomandarono, è vero, la diffusione della colonia parziaria, l'allungamento dei fitti, compensi per le migliorie; n1a la voce che uscì dai comizii e dalle aule 1nunicipali fu questa: lasciate ai proprietarii la n1ano libera nei contratti agrarii. Società ben perfetta che per reggersi richiede la lotta dell~interesse sul diritto di vivere e il sacrificio di questo! Così anche pei contratti agrari i l' Inc/ziesta passò con1e per altri argomenti che certo non dipendeva dal legislatore n1odificare. Passarono anni e ai contratti il Governo non fece mostra di volgersi che con una pubblicazione uscita due anni sono, grossa di pagine, n1a infelice oltre ogni dire : aveva la pretesa di raccogli~re i moduli dei diversi contratti agrarii in Italia, n1a viceversa riuscì un elenco inco1npletissin10 e parziale, esclusivan1ente basato su inforn1azioni prefettizie e co1nunicazioni di quegli Istituti bastardi che sono i Comizii agrarii. La pubblicazione passò inosservata o quasi, e non certo per i suoi vizii, ma per quell'avversione naturale che la borghesia prova per tutto ciò che depone contro di essa. Solo il Gianturco prese argomento da essa per mèttere in rilievo il marcio dei contratti agrarii nell'Italia meridionale e le turpi usure che vi si connettono, e la stampa socialista rivelò altri contratti contenenti clausole da oscur0-re le più ignominiose che si possano incontrare nei cartularii del. n1edio evo. Poi ancora si fece il silenzio attorno, finchè il Gianturco quando ancora lavorava col Santamaria al Ministero di Grazia e Giustizia prese l'iniziativa di nominare una Commissione incaricata di proporre riforme al Codice civile in materia di contratti agrarii e di contratto di lavoro in genere. Secondo il giornalismo officioso con alcuni provvedimenti sui patti agrarii il Governo vorrebbe mostrare il suo BibliotecaGino anco
LA RJVISTA POPOLARE buon volere verso i lavoratori siciliani e pacificare l'isola. Dopo le fucilate di Caltavuturo e gli arresti operati un po' in tutti i paesi, questo zuccherino deve tener bene dif. fidenti, e temiamo bene che il Ministero, o questo o un altro, si voglia alienare i prepotenti baroni che vogliono contro i Fasci la protezione delle baionette e le hanno ottenute. Altri giornali sanno ancora che il Governo ha già pronto lo specifico, ossia l'applicazione della mezzadria diretta fra proprietario e colono nella Sicilia. E poichè questo è il rimedio che hanno suggerito J acini, Damiani, Sonnjno, Villari, Franchetti, ed anche in n1olti dei Fasci siciliani è intravvisto, non con1e una soluzione, ma almeno come un avvian1ento a un i1nmediato miglioramento nella condizione dei lavoratori, vale la pena di esaminarne la portata, assien1e alle altre riforn1e proposte che possono venire in discussione. È inutile ricordare l'importanza che hanno i contratti agrarii nell'economia di un paese: anche contro le antiche forrr1e loro si è, benchè lento, rivolto in questo secolo, il 1novimento ascendente del· proletariato, e specialmente in Prussia e in Inghilterra non poco si è fatto per 1nutarle. L'Irlanda vi lavora assiduamente da anni e qualche frutto ha raccolto. L'Italia è rimasta ancora alle forme tradizionali, ai patti che inventò la prepotenza feudale e sviluppò la borghesia grassa dei Comuni ostile alle plebi agricole di cui favorì l'uscita dal servaggio della- gleba soltanto per poterle sfruttare pii.1 liberamente nella cultura dei campi che andava acquistando. Il capitaJisrno moderno ha perfe. zionato il più sicuro e sollecito smungin1ento della mano d'opera, tnercè di abili clausole inserite nei diversi con• tratti. Le campagne d'Italia, in tutta la sua lunghezza, pre• sentano così co1npendiati tutti i vizii e i mali dell'ordina• n1ento capitalistico, accompagnati da retaggi storici inco1npatibili colla nostra vantata civiltà; l'appropriazione di tutto o quasi il prodotto del suolo e l'assenteismo da una parte, la più ferrea compressione delle plebi agricole nella miseria. Nell'econo1nia capitalistica l'ideale è di avere il mas• sin10 reddito colla minore spesa possibile; principio che nei contratti agrarii è stato così interpretato, aggravare le con· BibliotecaGino Bianco
' LA RIVISTA POPOLARE 2 77 dizioni dei mezzadri, accrescendone gli oneri· e scen1ando le partecipazioni, abolire la mezzadria e la colonia parziaria dove era possibile, sostituirvi aziende n1eno dispendiose rappresentate dai boari, braccianti, giornalieri, da salariati insomma, valendosi della concorrenza, della· soprapopolazione, dell'imn1igrazione tetnporanea per deprimere il prezzo della mano d'opera. Eziandio un' ·applicazione dell'econon1ia capitalista è stata la diffusione delle affittanze usate pei latifondi con1e per le piccole proprietà, le quali hanno avuto per risultato di peggiorare e· rendere più precaria la vita del proletariato agricolo, accrescendone il numero. In Italia si hanno innumerevoli patti, diversi nella forma e nell'essenza, varii da provincia a provincia e spesso anche da villaggio ad altro. Sorvolian10 sul contratto di fitto nel quale il proprietario non esercita che la co1noda funzione di incassare il più che può, senza aver riguardo all' inevitabi_le sfruttamento della mano d'opera e della terra stessa. I grandi affittuarii o gabellotti, come diconsi in Sicilia, realizzano se1npre grassi guadagni, sia che conducano i tenimenti per conto proprio, sia che li subaffittino o li cedano a n1ezzadria; anche se le annate vanno scarse giungono sempre a ottenere grossi frutti dal capitale in1piegato. Negli affitti a breve scadenza tutto il frutto del lavoro del pro- . letario è a lui sottratto, cosicchè l'affittuario di pochi ett~ri nelle al).nate ordinarie riesce a pena a strappar'e la vita, e nelle poco ·buone ci ri1nette tutto e soffre la fan1e. Il provvediment9 più urgente sarebbe quello di vietare gli affitti a breve scadenza, e tutti i contratti in cui l'affittuario subaffitta_ la terra o la cede a n1ezzadria a brevi séadenze. (Continua) , GIUSEPPE SALVIOLI. LA COLONIZZAZIONDELL'AGROROMANO La prodigiosa varietà dei prodotti del suolo, la mitezza del clima d' Ita1ia, il mare che la çirconda, le abbondanti acque irrigue, la sobrietà dei suoi abitanti, il pronto 1ngeBiblioteca Gino Bianco / '
LA RIVISTA POPOLARE gno e la resistenza di essi alle più dure fatiche, sono gl'inapprezzabili tesori affidati al fatale regime che ha ridotto il giardino d'Europa in squallida landa, quale non avrebbe potuto fare l'invasione d'un' orda barbarica. La nostra produzione, che per qualità e quantità dovrebbe raggiungere un valore annuale di I 2 miliardi di lire, non supera 4 111iliardi: qualche cosa 1neno di quanto era 3o anni fa con una popolazione che nun1erava 5 111ilioni di meno: questi sono i risultati che allietano la nazione dopo i tanti sacrifizi impostile l Si è voluto sottoporre l'Italia ad una dura tutela; n1a in che modo possono giustificare l'opera propria gl' improvvidi amministratori? Essi riversano gli uni su gli altri la colpa, non osando accusare il sisten1a da cui ebbero il 1nandato. La patria, in cui 110111sei è fatto tante volte appello all'abnegazione dei cittadini, è stata n1isera1nente tradita, e chi cooperò al danno ipocritamente ne piange le sventure. Un solo partito, una sola salvezza resta all'Italia: rigenerare la sua vita n1orale ed economica, riparando con n1ano di ferro ai misfatti ed agli errori del passato. Alla terra dobbian10 rivolgere tutte le nostre cure ed aprirci sul n1are nuove vie e nuovi sbocchi per diffondere in ogni parte del n1ondo la nostra produzione. Liberi agricoltori e 111arinai siano il prjncipale contingente della nostra potenza; mentre le più ardite e rimu- • neratrici in1prese di pace eleveranno il nostro carattere, ' suscitando quella generale agiatezza, che sposata ai buoni costumi assicura, colla libertà e la giustizia, l'integrità umana. Oggi, non potrebbe essere diversamente, ci sentiamo sfiduciati ed avviliti. Sian10 poveri in mezzo a tanti stru1nenti di ricchezza; deboli in mezzo a soverchi apparati di guerra. Raccogliamo tuttavia, ispirandoci a Mazzini e Garibaldi, le nostre speranze in Roma, chè .da qui deve partire il nuovo verbo della verità, qui devono co1nbattersi le ultime battaglie contro l'errore e la superstizione, completando l'opera iniziata colla breccia di. Porta Pia l BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE La capitale d'Italia, in procinto di festeggiare le sue nozze d'argento, dalla torre del Campidoglio contempla rattristata la deserta campagna che l'avvolge e si estende monotona e silenziosa in lontani orizzonti. Perdura inesorabile la secolare maledizione che ha reso sterili queste .,. terre, paralizzando le forze vitali della natura. Sono oltre 2 00,000· ettari che attendono di essere col- . tivati, che possono accogliere ed offrire pane e lavoro a ben 300,000 persone. Quale strana aberrazione in1pedisce ai· nostri uomini di Stato di comprendere l'altissima importanza della colonizzazione dell'agro romano, di non ravvisarvi il punto d'appoggio e l'avviamento ad una politica veramente italiana? Politica che deve restituirci la nostra indipendenza econ'omica e finanziaria, venduta ignominiosan1ente per alimentare coll'oro straniero un fastoso regin1e dissipatore del patrimonio nazionale, quanto incapace di fecondare le vive sorgenti ·del lavoio produttivo: politica che deve rialzare lo spirito pubblico, cessando da ogni bassa compiacen·za e tolleranza verso chi attenta alla sicurezza ed al progresso della nazione, verso chi vuole prostituirne la coscienza . . Nel cuore d'Italia, all'ornbra delle guarantigie, si annida l'eterno nemico. della patria. La redenzione delle terre da esso disertate, sarà il colpo mortale che dovrà percuoterlo: questo devono volere i sinceri patriotti ; perchè fip quando non sarà dato mano alla bonifica della can1pagna, la crisi di Roma non potrà risolversi, e questa perdurando, l'Italia non potrà sollevarsi dal discredito rovinoso che l'ha colpita. Colla crisi di Roma ha principio il periodo acuto del dissesto economico dell'intero paese e sebbene vi abbiano conçorso altre cause, pure è evidente che un miglioramento generale non potrà aversi _seprima non si purifica il guasto. ambiente della capitale, se-non le s'infonde un nuovo sangue vitale, se non si r_on1pono per sempre gl' ibridi connubii che l'avvolgono in una pestifera atmosfera d' ipocrisie. Roma può rialzarsi gloriosamente per virtù propria, purchè si liberi dalle catene che vincolano il libero espan- . dersi delle sue .energie econon1iche.; allora, cessando di essere solo una città di consumo, potrà emulare le altre città più operose e produttjve. BibliotecaGino Bianco
' 280 LA RIVISTA POPOLARE Per effetto della colonizzazione, la metropoli potrà avere a buon n1ercato dalle sue terre bonificate le derrate alimentari unitamente ad abbondante materiale industriale; vi sarà un attivo scambio co1nmerciale fra gli abitanti urbani e quelli del contado; numerosi operai della città potranno essere occupati nella costruzione di case e stalle rurali. In breve tempo sorgeranno nella solitaria cam1x1gna case, villaggi e ville a rallegrarne la vita. Per quanto i dubbiosi possano inarcare le ciglia, storcere la bocca e non credere alla possibilità di tale trasformazione, pure dagli studii e<l esperi~enti fin qui fatti è dimostrato che le terr1ute difficoltà, quali la poca produttività del suolo, la scarsa o nessuna rin1unerazione del capitale, la micidialità del clima e, si è osato put questo asserire, la mancanza di braccia, rion esistono che nella 1nente di chi vorrebbe a proprio vantaggio e per pigre abitudini perpetuare il presente stato di cose. Non vi è spanna di terra nell'agro romano che non possa essere meglio utilizzata e non sia suscettibile di un ragguardevole aumento di reddito. Per quanto l'opinione pubblica sia abbastanza illuminata, pure è ben lungi dall'esercitare la pressione che dovrebbe a favore di una causa, la cui bontà non ha duopo di essere maggiormente dimostrata ; ma è pur vero che gli avversari della bonifica dell'agro ron1ano non si sono ancora dati per vinti, ricorrendo ad altri argomenti non . meno errone1. Si vorrebbe far credere che la bonifica agraria sarebbe a danno dell'allevamento del bestiame, quando invece col razionale avvicendamento dei terreni riservati ai foraggi, col fogliame atto al nutri1nento e colle irrigazioni estese. su vaste superfici si può avere, meglio che coi magri pascoli, la materia per accrescere e n1igliorare il grosso bestiame che ora dà pessi1na carne, poco latte e pelli deprezzate, senza decrescere il numero degli ovini; mentre potranno allevarsi in quantità grandissima i suini e gli animali da cortile; potrà svilupparsi l'industria serica e l'apicoltura. Carne, pollami, uova, formaggi, bozzoli, miele, lana, pelli, piume ·ed altri prodotti anin1ali del territorio BibliotecaGino Bianco
,I LA RIVISTA POPOLARE 281 arricchiranno i mercati di Roma per il consun10 interno quanto per l'esportazione. Potranno del pari essere esportati molti prodotti vegetali, quali le frutta, le patate, i cereali, ecc. ; altri destinarsi alla fabbricazione dello zucchero e delle conserve: b-isogna in una parola nulla inventare; 1na sapere· imitare quanto fanno altri paesi di noi più progrediti e n1eno poveri, benchè meno favoriti dalla natura. In luogo cli affrontare coraggiosan1en_te la lotta econon1ica, ra~visiamo neJla concorrenza estera un insormontabile ostacolo _ad aumentare la produzione del suolo e ci -Yassegnamo a lasciare abbandonate intere plaghe di terre fertilissime, nè procuriamo il n1iglioran1ento di quelle esauste: ~antochè vedia1no salire, per esempio, in Inghilterra la inedia raccolta del frun1ento per ettaro a ettolitri 2 7, mentre in Italia non dà che ettolitri 10.50. Identica proporzione verificasi negli altri prodotti comuni ai due paesi : cereali, leguminose, foraggi, patate, ecc. Noi ricaviamo dunque da un ettaro di terreno appena un_ terzo di quanto ottiene la bru1nosa Inghilterra, ed il bel sole d'Italia continua a risplendere imperturbato sulle nostre n1iserie ! Dato lo scarso prodotto, si spiega perchè non possia1no sostenere la concon:enza dei paesi esportatori di cereali, - superando fra noi di frequente r importare delle spese di coltivazione quello che si ricava dalla vendita dei prodotti. Sopportiamo annualn1ente una spesa di circa 2 oo milioni per provvederci dall'estero i cereali necessari al nutrimento, costretti in più ad assistere al lento denutrimento delle popolazioni, poichè non possiamo, per n1ancanza di denaro, colmare interamente la deficienza. A rendere rimunerativa la coltivazione della terra fa duopo ottenerne prodotti più abbondanti; ma la proprietà rurale è sì gravata di debiti ipotecari e di tasse, il saggio degli interessi talmente elevato, da rendere difficilissimo qualunque in1portante miglioramento se non s'istituisce e si diffonde su larga base il credito agrario e in pari tempo non si ripara l'enòrme ingiustizia di fare pagare al mutuatario anzichè al mutuante la tassa di ricchezza mobile. Se l'aliquota. di questa tassa è di per sè oppressiva, diviene ,,, . B1bliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE . nella pratica applicazione, come nel caso testè cònten1plato, la più iniqua delle spogliazioni. Una lunga esperienza ci ha ormai dimostrato come il formalismo burocratico, con tutte le innumerevoli pedanterie che l'accompagnano, i controlli, le ispezioni, le revisioni congiunti al rigido fiscalismo, non abbiano n1ai impedito le più pazze dilapidazioni; mentre furono sempre d'ostacolo all'incremento econon1ico del paese. A sua volta, il Parla1nento si è lasciato ognora trascinare nel vortice di rovinose spese; però altrettanto restìo ad approvare quelle che avrebbero potuto ravvivare le fonti della pubblica ricchezza. Ogni volta che si tratta d' in1prese veramente utili, il Governo affaccia uniformemente la n1edesin1a difficoltà della 1nancanza di n1ezzi, tantochè l'opinione dell' impotenza finanziaria è taltnente radicata nel pubblico che, discutendo della bonifica dell'agro ron1ano, si ripetono le medes_ime obbiezioni, quasi meravigliando con1e nelle condizioni attuali si possa pretendere la soluzione di un problema reputato superiore alle nostre forze: poche parole basteranno a sfatare questo pregiudizio e ad abbattere l'ultirna trincea degli avversari. Considerando or dunque la quistione dal lato finan· ziario, non può esservi alcun dubbio circa l'utilità dell' in1piego di capitali in un'operazione che, in sè buona, riceve dalla prossimità della capitale la 1naggior garanzia della buona riuscita, anche per l'immediato incoraggiamento che il Ministero d'agricoltura darà ai 1nigliori metodi di col-· tivazione; ma poichè si tratta di un interesse Yeramente nazionale, non è il caso di preoccuparsi dell'esito che potrebbe avere una qualunque speculazione privata, tanto più c_he non al solo bonificamento deve mirarsi quanto alla colonizzazione, in modo da popolare prontan1ente l'agro romano e vincere con questo potentissin10 mezzo la crisi che da lunghi anni travaglia la città di Ro1na. Lo Stato deve a suo vantaggio stesso accelerare la bonifica dell'agro ron1ano, che per essere efficace dovrebbe annualmente estendersi sopra una superficie di almeno diecimila ettari ; nè a ciò può essere di serio impedimento BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE la somma che potrà occorrere alle espropriazioni, purchè si voglia n1odificare la relativa legge ed estenderne l' applicazione all' intero agro romano, cosa che indurrà i proprietari a por ma~o immediatamente al bonificamento agrario delle loro terre, o renderà sollecita e n1eno onerosa l'espropriazione di tutti quei latifondi che vi saranno soggetti. Nella peggiore ipotesi, la somma da anticiparsi annualmente per le espropriazioni non potrà superare dieci milioni di lire, che sarebbero gradualmente rimborsate dai compratori dei lotti o poderi resultanti dalla divisione dei latifondi espropriati. Dalla trasformazione dell'agro ron1ano e cessazione della crisi di Ron1a ne fruirebbero largamente tutte le Società, Banche ed Istituti che hanno immobilizzata tanta parte dei loro capitali nelle costruzioni edilizie, o ne divennero per necessità proprietari, e da ciò ne seguirebbe un forte rialzo nei rispettivi valori ; n1a più d'ogni altro ne sarebbe avvantaggiato lo Stato, sia per l'aumentarsi della entrata del dazio consu1no, sia per la maggior vendita dei generi di privativa, sia pel maggior gettito delle altre innumerabili tasse, quanto per il consolidamento del reddito che ricava dall' imposta sui fabbricati che inevitabilmente, perdurando il presente stato di cose, dovrà nel prossi1no accertan1ento subire un diffalco forse superiore a tre milioni di lire, per quanto riguarda la città di Roma. Di fronte dunque ad un beneficio finanziario che pei primi sei anni può valutarsi in una media annuale di almeno nove milioni, pur con1prendendo in questa somma i maggiori proventi dell'erario derivanti dalla popolazione stabile dell'agro, non sarà certo pretendere troppo dallo -·stato, chiedendo ad esso l'anticipazione· dei capitali occorrenti alle espropriazioni. Una con1binazione finanziaria su basi tanto incrollabile non .può essere davvero difficile e non meno può attendersi da una sagace amministrazione, quando specialmente può valers·i della cooperazione dei principali Istituti di credito, i quali dovrebbero reputarsi fortunati di avere un modo tanto onorevole per uscire dai non lievi imbarazzi in cui si trovano. Biblioteca Gjno Bianco
LA RIVISTA POPOLARE La questione agraria si presenta al popolo italiano quale vasto ca1npo su cui ha da combattere per la sua emancipazione, per conseguire l'indipendenza economica e finanziaria della nazione, per spezzare l'esosa catena dell'usura e dell'aggiotaggio straniero. Pertanto, nessuna posizione può assicurarci un pieno e trionfante successo, quanto quelle forn1idabili dell'agro romano: quivi, uscendo dalle porte di Ro1na, come anticamente le invitte legioni repubblicane, bisogna dare battaglia e vincere; sgominare il nemico ed inseguirlo fino alla con1pleta redenzione d'ogni lembo d'Italia. CARLO MEYER. TRIESTEE IL SUOMUNICIPIO La vittoria, conseguita àal partito antigovernativo nelle ultime elezioni comunali triestine, vittoria che fu salutata in tutta Italia con t~nta .eco di simpatia, non ha solamen·te un alto significato come solenne affennazione nazionale della quasi totalità degli elettori; la sua maggiore importanza sta in ciò : eh' essa assicura al n1unicipio di Trieste quello spiccato carattere d'indipendenza, che ne fa il degno continuatore delle tradizioni gloriose dell' antico comune libero. Forte dell' unani1ne consenso dei cittadini, il municipio potrà proseguire coraggiosamente nella lotta, sostenuta sinora con tanto successo contro il Governo per mantenere la città im1nune da ogni influenza straniera e per tener vivo in essa il sentimento di patriottismo e di libertà, finchè si maturino i suoi destini. Per rintracciare le origini di questa lotta tradizionale, che si combatte a Trieste fra Comune e Governo, conviene risalire fino al principio di questo secolo. Trieste aveva goduto fino al 1809, cioè finÒ all'epoca della occupazione francese, una completa autonomia, costituendo quasi uno Stato a sè, tributario dell'Austria, da cui riceveva in comBiblioteca Gino Bianc'o
LA RIVISTA POPOLARE penso dei tributi, protezione ai suoi ·commerci. Essa era retta da un Consiglio maggiore e da un Consiglio minore, eletti dal patriziato, i quali tenevano a Vienna un loro rappresentante, chiamato oratore; i Triestini non avevano obbligo di servizio militare, non pagavano imposte allo Stato, avevano un foro mercantile proprio, erano insomma del tutto indipendenti. A questa indipendenza aveva bensì attentato nel I 784 l' in1peratore Giuseppe II, che, sognando fare di Trieste e del suo territorio· una provincia austriaca, le aveva tolti alcuni dei suoi diritti e privilegi; 1na il suo successore, Pietro Leopoldo, si era affrettato a restituirglieli. Fu Napoleone I, che diede ·il colpo di grazia alla autonomia di Trieste, unendola all'Istria e al Goriziano per forn1are la provincia d'Istria e mettendola sotto la dipendenza del governatore d'Illiria. Quando, nel 181 3, gli Austriaci occuparono la città, la trovarono stren1at9- dalle guerre, che avevano danneggiato gravemente il suo già. florido commercio, e irritata contro i Francesi, che avevano manon1essi i suoi statuti e non avevano rispettati i suoi secolari privilegi. L'Austria profittò di tali circostanze per realizzare il sogno di Giuseppe II; e, restituendo alla città le guarentigie co1nmerciali, le tolse l'indipendenza politica, trattandola come paese conquistato ed annettendola alla provincia del Lito~ rale. Trieste non avrebbe avuto forza di resistere e si li- ' .mitò a protestare; e le sue proteste sono a noi tramanda~e- negli scritti del suo più illustre cittadino d'allora, Domenico Rossetti, i_nsigne filosofo e statista, a cui la città erigerà tra breve un n1onumento. Ma 1~ reazione, che imperversava per tutta Europa, non dava adito a speranze; e l'Austria concepì allora il folle disegno di germanizzare Trieste per distruggere la sua_antica fisonomia e cancellare fino il ricordo della sua indipendenza. Fu tolta ai cittadini ogni ingerenza nell'a1nministrazione comunale, affidata ad un preside ed a tre assessori nominati dal Governo, fu imposto nelle scuole il tedesc_o come lingua d'insegnamento, rendendole così inaccessibili al popolo. Un tale stato di cose durò fino al 183 9, quando Bib,JiotecGa ino Bianco I I'
• LA RIVISTA POPOLARE le agitazioni e i moti rivoluzionari, che si propagavano da un capo all'altro d'Italia, consigliarono all'imperatore Ferdinando di fare qualche concessione ai Triestini, ripristinando il municipio, che però non ebbe dell' antico nè i diritti nè il carattere. Quando nel 1 848 gli animi degli italiani si risvegliarono a nuove speranze, Trieste, non meno delle altre città intollerante dal giogo straniero, fu tra le prime ad insorgere, ma fu pure tra le prime a cedere ;. e i migliori suoi cittadini, costretti ad esulare, accorsero a Venezia o a Roma a bagnare di sangue generoso campi allora più fecondi. La depressione intellettuale, prodotta dal Governo coi suoi vani conati di snazionalizzazione, aveva ridotte le 1nasse popolari incapaci di resistenza. D'altra parte il ceto commerciale ed i patrizi, teneri più delle antiche tradizioni e dei privilegi perduti che delle nuove idee, non presero larga parte al movimento, che fu quindi presto sopito. Tuttavia a rimuovere i germi dél malcontento l'Austria fece a Trieste nuove concessioni, formando della città e del suo territorio una provincia autonoma ed attribuendo al suo municipio le funzioni di dieta provinciale. Però a rendere completamente illusorie queste concessioni, il Governo riuscì ad introdurre nel Comune una maggioranza a lui totalmente devota. Così per un decennio ancora le tristi condizioni di Trieste non mutarono; l' istruzione pubblica era a bella posta negletta, il patrin1onio comunale sperperato in feste e spese improduttive; la maggioranza del Consiglio, sorretta dal Governo, si sottraeva al controllo della città ed alla opposizione della minoranza, tenendo le sedute segrete e ricorrendo alle più sfacciate illegalità. Tali enormezze dovevano però produrre presto una salutare reazione. Anche le idee avevano fatto frattanto dell'altro can1mino; oramai si comprendeva dai più quanto fosse opera vana voler ridonare la libertà a Trieste a forza di concessioni strappate al Governo; si comprendeva d'altra parte che col ricostituirsi dell'unità nazionale Trieste avrebbe dovuto rinunziare al suo carattere di Comune autonomo per assicurarsi l'indipendenza non più Biblioteca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE colla protezio_ne malfida di stranieri ma con patto reciproco di fratelli .. Opporsi con ogni sforzo all'assorbimento voluto dal1' Austria, migliorare le condizioni morali del popolo, depresse da mezzo secolo di dominio straniero autocratico, far partecipare più largamente la città alla vita intellettuale italiana, questi furono i tre capisaldi del programma con cui il partito liberale riconquistò nel r 860 il municipiç per non più abbandonarlo. I risultati ottenuti in questo trentennio dicono se esso tenne fede alla sua bandiera. Prima sua cura fu di dare il maggiore impulso alla pubblica istruzione; le spese per le scuole, che ascendevano nel 1860 a 50,000 fiorini appena, sommano ora a 500,000 ( r, 200,000 L. it.). Oltre a scuole popolari in tutti i rioni, il Comune istituì un proprio ginnasio e una propria scuola reale, poichè il Governo volle mantenere nelle proprie scuole l'insegnamento in tedesco in onta alle costituzioni generali dello Stato che garantiscono, a parole, eguali diritti · a tutte le nazionalità. Sarebbe lungo enumerare quanto all'infuori delle scuole il municipio ha fatto per promuovere l'educazione scientifica ed· artistica: la città oggi possiede un ricco n1useo, una galleria d'arte, dove sono raccolti i migliori prodotti della pittura e scultura italiana dell'ultimo ventennio, ed una biblioteca civica dove, fra altre cose notevoli, vi ha una collezione petrarchesca che forma oggettQ d'ammirazione agli studiosi. A prova della progredita coltura basterà ricordare quanto recente1nente affermò uno dei più noti editori italiani ad un giornalista francese, esser cioè Trieste una · delle tre città italiane dove si legge di più. Nè il municipio trascurò per l'istruzione gli altri rami della pu~blica azienda, aiutato potentemente in ciò dalla iniziativa privata; e malgrado le ingenti spese riuscì, mercè una saggia amministrazione, a mantenere floride le condizioni finanziarie del Comune e a triplicarne le sostanze. Non me110 della sua azione nella vita pubblica sono notevoli le affermazioni politiche con cui la rappresentanza di Trieste, sia come mun1c1p10,sia come dieta provinciale, · BibliotecaGino Bianco
288 LA RIVISTA POPOLARE ha ripetutan1ente 1nanifestate le sue tendenze e le sue aspirazioni. Più notevole fra tutte la protesta che la dieta provinciale solleva tutti gli anni al Governo perchè siano restituiti alla città i suoi diritti storici. Tale protesta non è fatta per il futile intento di chieder cosa che il Governo non accorderà mai-, n1a per dimostrare che la città non riconosce nè accetta le condizioni fattele dall'Austria, e che il don1inio austriaco su Trieste .è destituito di ogni base di diritto. A tutti gli avveni1nenti lieti o tristi della vita italiana il municipio triestino volle mostrarsi partecipe; si ricorderanno le sue generose oblazioni per le calamità che afflissero l'Italia, il s110concorso ai 1nonu1nenti eretti ad illustri itali~ni; si ricorderà la .seduta tolta in segno di lutto alla n1orte di Vittorio Emanuele e il rigetto a voti quasi unanimi della proposta di inviare congratulazioni al pontefice per il suo giubileo. Un opposto contegno serbò il municipio nelle solennità austriache; non volle partecipare alle spese per l'Esposizione del I 882, ricusò un credito per festeggiare le milizie reduci dalla occupazione della Bosnia. Alle manifestazioni più significanti il Governo austriaco rispondeva collo sciogli1nento del Consiglio, n1a dopo ogni scioglin1ento le elezioni gli riuscivaho più ostili. Per punire la città del suo atteggiamento di ribelle, il Governo le tolse le ultime franchigie che le erano rimaste: la dispensa dal servizio n1ilitare pri1na, il portofranco da ultimo. Inoltre esso in1prese ad ostacolare tutte le iniziative del municipio, anche le più innocue: in rnateria scolastica non vi fu, si può dire, de1 iberazione municipale a cui non si opponesse un veto governativo, contro il quale si ricorreva poi ai supremi tribunali amn1inistrativi. Nelle questioni ferroviarie e portuali gli interessi della città furono con1pletamente sacrificati dal Governo a quelli della Società dellé ferrovie meridionali, .che volle il porto di Trieste costruito fuori della città a suo uso e beneficio quasi esclusivo. Perfino nell' approvvigionan1ento dell'acqua i bisogni di Trieste furono postergati a piccoli interessi di co1nunelli di montagna. E poichè nè lusinghe, nè 1ninaccie, nè pun1z1oni rendevano la cittadinanza più docile, il Governo suscitò Biblioeca Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE contro la città i poveri ed ignoranti abitanti del territorio. Nel 1868, quando mun1cipio · e cittadini si agitavano per sottrarre le scuole alla influenza del clero, i territoriali, aizzati dal Governo, invasero la città provocando scene di sangue. Il municipio fece un'inchiesta per conto .suo su quei deplorevoli fatti, e dimostrò ad evidenza la complicità del Governo; ·ma da allora. in poi, in t"utte le occasioni di agitazioni politiche, il Governo si è servito dei territoriali. per intimorire i cittadini, n1antenendo vivo, col ·mez~o di agitatori, il dissenso fra città e ca1npagna. Le ultime elezioni dimostrarono però che anche nella campagna il Governo va perdendo terreno. L'ultin10 mezzo tentato per vincere l'opposizione n1unicipale fu quello di allargare il diritto di _voto, concedendolo a tutti i cittadini austriaci, residenti anche n10mentaneamente a Trieste. Questo tentativo, già una volta sventato dalla resistenza del municipio, fu con maggior successo rinnovato nelle elezioni ulti1ne, per le quali il Governo, abusiva1nente e contro le -disposizioni statutarie, riservò a sè la revisione delle liste elettorali. Però questa volta ancora lo slancio patriottico degli elettori, che accorsero alle urne in nun1ero stragrande, sventò la trama governativa e mandò anzi al Comune· una maggioranza liberal e più forte che mai. · _ · Che farà ora il Governo? Quali nuovi mezzi starà escogitando per ridurre all'obbedienza la città intollerante del suo dominio? È cio che staremo a vedere, fidenti che il patriottismo dei triestini, rinvigorito dalle lunghe e vittoriose lotte, saprà resistergli fino all'ultimo. E. V. IL GABIN-ETTPbARTICOLARDEEIMINISTRI Nello scandaloso processo della Banca Romana sono complicati più o meno direttan1ente non pochi alti funzionari dello Stato. Fra questi, più qua, più là, nel processo, nei giornali, nell'epistolario, si legge il no1ne dei, CaBiblioteca Gino Bianco· '
LA RIVISTA POPOLARE pelli, dei Nolli, dei Monti, ecc., ecc. Sono anch'essi funzionari che hanno avuto relazioni con Bernardo Tanlongo, che hanno chiesto ed ottenuto sconti e favori dalla Banca Romana, con la quale o hanno dimenticato di pagare i debiti, o li hanno di1ninuiti a dosi omeopatiche. Di alcuni la intimità con Tanlongo è tale e tanta da assumere la forma dello scherzo di pessimo genere. Capelli gli scrive dandogli del caro ladro ed assassino! Di questi funzionari 1ni occupo separatamente per una curiosa peculiarità: essi fanno parte o fecero parte del così detto gabinetto particolare del ministro. Sugli individui non occorre insistere, salvo per rilevare ~he dall'epistolario Tanlongo risulta che il Monti, oltre ad ~ssere uno scontista della Banca Ron1ana, è anche un funzionario appaltatore. La sua lettera del 7 gennaio 189 2 al direttore della Banca Ro1nana ci dà la grata notizia che egli è interessato nella costruzione della ferrovia VelletriTerracina; é ciò a meglio lumeggiare la istituzione che li ha generati. È più che probabile che questi funzionari abbiano ottenuto sconti, dilazioni, tolleranze eccezionali, perchè fecero o fanno parte del gabinetto particolare di un'Eccellenza; per quanto io 1ni sappia, .i gabinetti particolari delle sotto-Eccellenze non hanno ancora fatto parlare di sè. Ricevettero i favori, perchè nell'ingranaggio burocratico essi ·possono o poterono sempre spiegare un'influenza benefica per chi la richiede o ne ha bisog1~0. Ma cosa è questo gabinetto particolare del ministro? ... Dovrebb'essere la cosa più naturale di questo mondo; dovrebbe occuparsi del lavoro perso,nale, intimo del ministro, e dovrebbero farne parte persone di sua completa fiducia, che o vengono reclutati nelle file della burocrazia, o entrano definitivamente nella medesima per tale porta, sorpassando tutte le difficoltà e le formalità di esami, di tirocinio, ecc., che si esigono per l'entrata di quei poveri diavoli che cercano un impiego e non hanno la fortuna di essere chiamati a far parte del gabinetto particolare di Sua Eccellenza. Non ho studi amn1inistrativi e costituzionali comparativi per conoscere se all'estero il gabinetto particolare del BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 1n1n1stro ha assunto o va assumendo le proporzioni che ha in Italia. Da noi è certo che è un vero organis1no parassitario che si sviluppa rapidamente. Esso turba tutto l'andamento dell'am1ninistrazione, assume grande influenza che viene sfruttata quasi sempre per fini personali', serve comodamente alla piccola corruzione parlamentare. Di altre delicatissime funzioni di cui talora li accusa la voce pubblica, non n1i occupo; non voglio scivolare in certi recessi nei quali non si entra con piacere per farla da spettatore. · Nel gabinetto particolare vanno spesso a farne parte gli individui più servizievoli, piì1 scaltri, più inframmettenti e n1eno scrupolosi. Se già impiegati, ottengono soprassoldo, e con minore lavoro fanno più rapida carriera. Servono a scoraggiare ed a n1ettere di cattivo umore gli impiegati onesti, abili, laboriosi, dignitosi. In contraccambio del servilismo verso il loro superiore in1mediato, i membri del gabinetto particolqre ricevono onori, croci, inchini, ossequii dagli inferiori, dai clienti, dai postulanti, da quelli che sanno di dover passare per la loro porta se vogliono arrivare ad aprire il cuore del 1ninistro, sul quale, o per la loro qualità ed attitudine, o per le loro funzioni intime e delicate, o per la frequenza dei contatti, riescono ad esercitare un ascendente irresistibile, ad ottenere una fiducia illimitata che si può quasi ritenere come_ un fenomeno di ipnotizzazione. A questo ascendente si deve talora se UI). ministro appa~e diverso di quello cl~e è. Al gabinetto particolare Yanno in'-1putati n1olti errori dell 'on. Cri spi e del- !' on. Grimaldi, che, sebbene dotati di qualità eminentissime e di verse - e forse per le loro migliori doti del cuore - rimangono i prototipi dei ministri che hanno subìto tale ascendente. Il gabinetto particolare è un organo nel corpo politicoamministrativo che avrà ulteriore sviluppo, come l'ebbe nel Parlamento e nel partito il gabinetto d<:i ministri, e nel seno del gabinetto, gradatamente e preponderatamente, il presidente del Consiglio? Se ciò avvenisse, cèssèrebbe l'unità e la solidarietà fra i membri del Governo, si avrebbe il trionfo del particolaBibliqteca (3ino Bianco
t: ( LA RIVISTA POPOLARE rismo ministeriale, e col governo legale dell'alcova, che altro non potrebbe rappresentare la preponderanza del gabinetto particolare, si avrebbe l'ultimo tratto degenerativo del parlamentarismo, il segno della im1ninente dissolu- • l z1one. D.r NAPOLEONE CoLAJANNr. ECHIDELCONGRESSOOPERAIO Abbiamo ricevuto in questi giorni circolari di associazioni e lettere di an1ici intorno alla nota questione sorta al Congresso di Bologna. Facciamo l'inventario degli atti e delle lettere più in1portanti : un ordine del giorno del Congresso regionale ligure, una circolare della Consociazione delle Marche, una lettera del prof. De Marinis che pubblichiamo, una rettifica inviataci dal Minuti. L'ordine del giorno del Congresso ligure disapprova l'indirizzo dato in Bologna al Patto di fratellanza e dà. il mandato alla Commissione permanente regionale di ristabilire la co1npattezza e la solidarietà del partito repubblicano nel Patto, ritratto a' suoi principi. Non si comprende la disapprovazione dopo tanti comuni voti per la concordia e per la solidarietà del partito. Nel partito repubblicano, o come enti collettivi, o come ato1ni vaganti, son pure i collettivisti. E sotto le ali del Patto ci dev'essere posto anche per loro. E n1entre il Patto resta sempre lo stesso nella sostanza e nella forma, non si comprende come si possano tracciar confini per escluderli, pur dicendo di accoglierli. Sarebbe ingiusto che il collettivista dicesse agli altri repubblicani: siete 1 Appena avevo terminato queste linee sul gabinetto particolare del ministro, sollevò proteste nella stampa la promozione indebita accordata dall'on. Lacava al suo segretario particolare D'Urso. La Corte dei conti sollevò dubbi su queste promozioni, ma finì ·col cedere! BibliotecaGino Bianco
. ~A RIVISTA POPOLARE 2 93 troppo liberisti, e ci seccate; escite dal nostro can1po ! E così sarebbe ingiusto che chi a torto vien chiamato liberista o individualista dicesse così ai· collettivisti. Il rigido atto dei liguri è mitigato dal saluto inviato a Napoleone Colajanni, repubblicano-collettivista, e ai Fasci. Ecco: non si vuol l'unione intima, organica, legale, .. qµasi diremmo, ma bensì n1orale. È già qualcosa di buono e di utile. Ma gli an1ici della Consociazione delle Marche han fatto di meglio: così faranno, logici e coerenti, animati da largo senso di .concordia, e anche dall'alito che spira nell'età nuova, gli a1nici della Consociazione romagnola, così quelli dell' U1nbria e molti altri. Colla deliberazione dei liguri il Patto si sfascierebbe; con l 'equanin1e giudizio dato dai marchegiani, col lor commento sereno dei due ordini del giorno discussi a Bologna, inspirato dalla fraternità e dalla necessità assoluta di formar lo stretto fascio delle nostre forze qu~ e là divise, deboli, incerte, può il Patto salvarsi o riorganizzarsi il partito, sebbene questo sia cosa differente da quello. L'errore massimo è stato sempre quello appunto di confondere l'uno e l'altro insieme, e restringere la larghezza del Patto alla cerchia, talvolta angusta, ove si ·aggira il partito. La lettera dél De Marinis ci dà torto. Ma vi sono collettivisti e collettivisti : altri che han pure senno e cuore, come lui, ci hanno dato e· ci danno ragione. Ma se anche tutti ci dessero torto, la questione per ciò non muterebbe. Il nostro Patto è troppo liberale e vasto da non potere non esserci spazio per essi e per altri. Il Patto· abbraccia e vuoie l'opera concorde e « l'associazione di tutte le facoltà e di tutte le forze esistenti nella classe medesima » , vuole « che un vincolo di amore reciproco e di fratellanza stringa in un solo pensiero tutti gli operai italiani », e quelli di fuori. E ha torto chi pensa: · solo la parte o la scuola cui appartengo dev' essere nel Patto, o se altri viene a me, limiterò a modo i suoi atti e le sue parole, sì che sarà costretto ·di andarsene- via. L'ordine del giorno De Andreis poteva anche essere accettato da molti e lo fu infatti da Bibliot~ca Gin·oStanco . ,.
2 94 LA RIVISTA POPOLARE una forte 1ninoranza, 1na q!Jella n1inoranza di111enticò i com111enti restrittivi, che il nervoso e iroso suo genitore con simpatica forn1a gli fece. Nè è vero che il Patto sia un istituto anti-collettivista, come opina, egli solo, il Minuti. Nè anti, nè non anticollettivista. Ho riletto l'art. 7, che già quasi sapevo a 1nente, e non ho visto nulla che possa dar motivo ad affern1azione simile. Il Minuti lo assevera, ma non lo dimostra; non lo può ; è una sua opinione tutta soggettiva, e rispettiamola .... senza punto dividerla. Ma se anche una parola potesse dare parvenza di argo1nento per sostener sin1ile opinione, si risalga al vivi ficante spirito del Patto. La lettera uccide. Dell'equivoco co1nmesso, dicendo che il Minuti aveva citato l'art. 7 dello statuto della Fratellanza artigiana di Firenze, e non quello del Patto, facciamo an1menda; fu involontaria inavvertenza i1f cui altri ci fe' cadere. Il De l\1arinis ci abbandona e ce ne duole. Però, egli, sì onesto e studioso, potrà essere utile anche in ca1npo diverso alla con1une causa dall'e1nancipazione de' lavoratori. Ma non l' abbia1110 scacciato noi: . non noi l' abbian10 ingiuriato, dall'ingiuria aborrenti : ecco ciò che ci rende tranquilli; nè meno lo ha scacciato il Patto. Già due Congressi videro lui cogli an1ici suoi a lottare con la civile arma della parola resa bella ed elevata dallo studio, e nessuno n1ai gli disse: basta! A me, che lo combattei in due çongressi, a 1ne parve di lottare contro un fratello, e la discussione fu più che benevola. .A.bbiamo nel seno delle nostre Società stesse cari an1ici, che differiscono da noi nella questione economica, li abbiamo nel partito, li abbiamo in casa, e non dovremmo averli nel Patto che ha sì gran braccia? · · Sarebbe mestieri rispon<lere lungamente al De Marinis. Dovren1mo far la solita rettifica quando chiama i nostri an1ici sosteni.tori della proprietà privata; già- accenna1nn10 alla questione altra volta: siamo tutti egualn1ente nemici dell'individualismo, tutti nemici del presente ordinamento economico, voglian10 pur noi la proprietà sociale : tutto dipende dalla n1iglior possibile arn1onia de' vari elen1enti BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 2 95 della natura umana e della società. E se vi è dal punto di vista economico più o men lieve differenza fra noi, è necessario, è doveroso per ciò il dissidio? Non lo credo. Ma De Marinis dice: io voglio la socializzazione della ricchezza. Ecco una mia confessione: volente o nol,ente, e pure facendon1i mille domande sui modi, sui mezzi, su tante cose necessarie o utili per attuarla (come se le farà il De Andreis per il riscatto della terra), dichiaro che in un bel dì in una industre, grande, bellissima città, in uno stupendo Comizio per il 1 ° maggio, in un teatro che mi pare si chiamasse ·la Canobbiana, gli amici miei Chiesa-e Taroni proposero in un ordine del giorno la socializzazione della ricchezza, ed io (naturalmente dicendo fra me: salva la libertà individuale, il frutto del proprio lavoro, ecc.) quell'ordine del giorno, messo1ni innanzi da. quegli amici gentiluomini, per quanto eretici, firn1ai. Ma non per questo abbandono gli altri amici, se anche i milanesi mi mutarono in socializzatore, nè lascio il campo antico, ove tante men1orie al solo rensarvi rifioriscono, ove -tanti affetti mi legano, e credo di poter esser utile nel vecchio campo quanto e più che in altri ove si discuterà molto, anche troppo, di cose economiche, ma ove si lasciano a parte sovente pensieri, concetti, ideali, che già della democrazia furon la gloria e la forza, che debbono esserlo 'Sempre! Però io feci e farò voti che il partito al quale appartengo, sè _anche non adotti teorie o divise parziali, e che anzi adottar non deve, ·arditamente s'inoltri ne' campi, nelle vie, nè' recessi della questione sociale. Esso ha il _ cammino tracciato e una gran luce l'irraggia. Ci vuole la volontà, che spesso manca, e lo spirito d' iniziativa, che manca anche più spesso. Contro tutte queste iniquità sociali, per la pietà dei milioni di sofferenti; bisogna ogni dì. ogni ora consacrarsi a tutti questi problemi aspri, ardui, intricati, gravi, dolorosi, che da per tutto sorgono come voci di pazienti o come bestemmie di dannati. Il partito nostro, con idee proprie, con la sua sintesi imn1ensa, temprata al contatto degli studii e delle prove scientifiche, deve espandersi ed elevarsi, deve con1battere Biblio eca. Gino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE nella gran battaglia economica senza esitanza, deve vivere· nel moto sociale dell'Europa e del mondo. No, non credo, come ingiustamente sospetta il De Marinis, che i nostri a1nici genovesi si ritrarranno inerti e im1noti presso la tomba di Staglieno. Udrebbero continui ammoni1nenti severi: non si deve esser paghi dell'onore di una antica e provata fedeltà, 1na si deve dar prova di attività senza tregua, di progresso senza trepidazione. Il vero carattere è questo. Essi hanno 1a fibra gagliarda. E non poseranno in un'aspettazione contemplativa. Nè voglio neppur sospettare che a Milano abbia luogo il nostro Concilio "CliTrento. In quello si suggellò e fortificò il dogn1a cattolico ;· noi non abbia1no dogmi. In quello si decretò l1annichilin1ento dello spirito, la postrazione dell' anin1a, la proscrizione della ragione. Ma se il De Marinis crede che sia un dog1na la libera voce riassunta dai secoli n1ercè il genio e data in retaggio a uon1ini liberi, erra : a Milano, o altrove, e sempre, il partito deve vivere e vivrà con l'umanità, e vieppiù ampiamente spiegherà il pensiero del Maestro, e farà ondeggiare la bandiera sociale nella sua integrità e ne' suoi particolari (discutendo, ad esempio, come propone il De Andreis, del riscatto delle terre e dei s~rvizi pubblici, il campo è aperto), e con essa tutti i più alti e i più cari ideali un1ani, che non si accentrano in un sistema collettivistico o non non collettivistico, ma che si desumono dalle immense e continue voci della scienza e dall' eco eterno della co- . scienza umana. ANTONIO FRATTI. COLLETTIVISTCIISMATICI Ci permettiamo_ di apporre questo titolo alla seguente lettera dell' egregio nostro amico prof. De Marinis, al quale rispondiamo nell'articolo che precede : Carissimo Fratti, Napoli, 7 novembre 1893. Permettimi poche parole circa l'ultimo Congresso operaio, alle quali mi dà occasione il tuo articolo Dopo il Congresso d-i' Bologna. Scrivo con quella libertà che tu intendi e difendi. BibliotecaGino Bianco
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