La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 37 - 7 ottobre 1924

l,"j() LA POLITICAESTERADIBISSOLATI La preoccupa~ione centrale di tutti g-li scntt, e discorsi cli Leonida Bis.-;olati su I.a polilic.1 estera dcl/lltalia dal 18q7 al 1920 1 l· qnclLl dei rapporti ilalo-.1ustriad di fronte nl problema balcani<:o. Fino <lalle p1i111emauife.-;tazio11i ciel 1897 1 i11 occasione della rivolta di Creta e dc lla guerra grcco-turCT1 1 Hissolati a!Ienna che l'Italia e ha tulto da guadagnare, nulla da perclcrc, uello sviluppo delle nazionalità balcaniche e 11ellosmembramento d~ll'lmpero ottomano•, du.: l'Ilalta dc\·e ~.;,pirare in Oriente non alla e occupazioih.' di qualche lembo cli territorio•, ma al • ripristino della sua potenza commerciale sopra le rive dell'~\sia :\1inore, della penisola baJcauica, del J\1a.r ~ero•; che per realizzare questa politica, de,·e sciogliersi arditamente dai uodi della Triplice ,\ I lean7.a. Questo iniziale uucleo di idee 1 ereditato dalla tradizione democratica, si chiarisce durante il dece1111iosuccessivo; si arricchisce di nuo, i clementi più concreti; appare clefiniti,·amcntc elaborato nel gcun.::i.iodel r9o6, in ocec'lsione della ,e1i.e1na franco-gennanica per il .Marocco. ai suoi c:migranli e 11bc:ra circolaz.ione alle .-.uc mcr<:i in tutto il bacino del )1l'fl 1 krra11eo. L!tte"tc ulcc- non hanno avuto fr.; l1111a.J.u slc,-.~ so l1all:1lo <li Rapallo, m cm c:J.'-<..·s1 ;<>JJo rc.-:diz.. z.atci e pili tardi gli a<..."<:ordi <l Roma so110,·c11ut1 clopo che si erano perduti sd :11rni i11 lott(' avvcl(.•n,1triri degli animi; sono s.tati ac-n:ttati dai pili, in Italia e in Jugoslavi;;, come 1111 :11 misti. zio malaugurato in un'ora di sconfitta e di st.an <.hcz.1.:1,non nello spirilo 1 con cui Bissol:1ti lfJ avc,·a proposto: cioè come pnmo passo e corrdi~ zione necessaria ad un 'i11li111acollabora1.ionc gc:- rn.:ralc. Leonida Bissolali ~ra troppo fuon delle r,:alli, per i nostri politici • realisti •· Essi sl che hatmo sempre visto chiaro! Prima della guerra dimostravano conle quattro e quattro fanno otto, che ad uua guerra fra Lerrnania t--cl Ingliilterra non si poteva • seriamente, pt'n.-;arc:. JJi intese con gli Stali balcanici u011 si dettero mai cura· C: aYc,·a pensato ai suoi tempi Cavour, qu..an<lo gli Stati balcanici ernno i,;sai più deboli; poi h! tradizione si era perduta. Per l'ora della crisi, i noslri realisti aspettaq1110 dal Go,erno nustria. co un'amiche\'ole e rettifica di frontiere • 1 dopu I.a qu:.de l'Italia avrebbe marciato ~ fianco degli Imperi centrali contro la Duplice franco-russa 1 rimanendo ]_'Inghilterra neu!ralc. Quando la guetTa scoppiò, e l'.\ustria 1 di rettificar sul serio le frontiere nou ,·olle sentir parlare, e l'Inghilterra entrò io campo, allora i nostri realisti si Yolsero contro l'Austria. Ma con quel profondo senso delle realtà, di cui erano così orgogliosi e che li rendeva così pieni cli commiserazione per le illusioni di Bissolati, .;;i immaginarono di poter finire la guerra in pochi mr-s1, con un 4)Jo mili.._do di lire: preso a prestito in lnghj}t(·rra. E r(111ti1uarono a 5perare che la ( a-.:1 d' \t. tYia .nr<:hh,. ,e i.Jtù per lorz.a più rli (JU,:'.lnlon<Jn aveva. volutr, u.mced<:re 1,1;:r amorc 1 riop<J di t·he Jr nemid,c {i un giorno sarebbero ritvrn:1tt le a11Jirhc di S<:mpre. ~ienfr, dunqn(•, ,-<,m1,romc1.1...,,J itak,-ttla\0 1 ma cr,mpr<, mc.sso italo-austriaco. Xic:nt,· • 1,olitka del1c nazio11alità J, ma lott::i a e,,ltc:llo 1·011trr.,Ja un.ific-1zione dirc:lta, pn·p<mc:-ndovi' un Provveditore <: un collegio arbitrale. l•:5~a t:ra 1111 t-rait-d'union tra li snrl-ori<.·ntc Lrl il 1v.rrd-<J("( i<l<:nte, sia va. Co<:.)i nostri rc:il1sti <:ran<, p<,rt.:-iti:ld urt..·n'-i contro la r,olitica della Fnntia P <k·ll'Inghllkrra, \"la da dJC: l 'arnl:un<·nto dipl<mtatic:<Je militare della guerra <·<.m<lun·vagli al1e.'1ti vc:rso il programma dtllo s111<:mbram<:nlodell'AtLstria e quello dclJ'unificaz.knc jugc,slava. Entrando in guerra, ave\·a110 (·01ulann:1to a mr,rte l1.-\ustria; ma facendo la guerra agli slavi anzi che ail'Austria, offrivano all't\u.,tria il terreno per mohi. litare contro l'Italia g-li slavi e prolungare la guerra mollo al <li là del. .. miliardo. Finalmente l'intervento dell'.\merica dette il tratto alla bilancia. E si arrivò nl Congresso ddla pace. :--.:el quale la. lotta diplomatica, rimasta latente durante la guerra, dh·entò aperta ad un tratto: Francia, Inghilterra, Stati l'niti, a favore degli slad; e l'Iulia, barricata nell'c Hotel Edouard V I I •, isolata dal mondo, a clir di 110, mentre tutto il mondo diceva di sì. E quando le difficoltà sfondavano gli occhi, lJ responsabilità non si chn·a a c·hi ave\·a condotto il paese in quel ginepra~o, ma a .chi aveva visto in tc:mpo il pcric-olo e avcYa inutilmente insistito perch(: fosse evitato. C. S..\LVE:11:i:--I. Sembra,·a imminente una guerra generale. Da un lato, la Francia, Plughilterrn, la Russia; daL l'altro, la Germania e l'Austda-Lngheria. L:i à.iplomazia italiana, impegnata dalle intese couchiuse nel H)o2 con la Francia e con l'Inghilter1a, rifiutan:1. di lasciarsi trascinare dagli alleati in una guerra, in cui si sarebbe trovata contro non solo la Francia, ma anche l'Inghilterra, per affari estranei al trattato della Triplice. Se scop. piaYa la guerra, la Triplice cade,·a nel nulla e la Germania non aveva più moti,·o di frenare 1'.-\ustria in eventuali tentath; contro gli Stati balcanki e coutro l'Ita1ia. Come premunirsi contro siffatta minaccia? Stdnger.si risolutamente alla Francia e all'Inghilterra - risponde Bissolati. :IIa non abbandonarsi a'lJa cieca: .. l'amicizia coll'Inghilterra e la Francia sta bene; ma badiamo di uou scuoscuotere d'una soggezione per cominciarne un 'altra >. E delinea il programma cli un accordo fra l'Italia e gli Stati Balcanici, non solamente per resistere alle ambizioni austro-germaniche, ma anche per agire di fronte alla Duplice franco1ussa come sistema autonomo, da pari a pari, 11011 come ,·assalli impotenti ed importuni, paralizzati dalle reciproche diffiden'l.e, imploranti protezione gli uni contri gli altri e tutti contro iì nemico comtrne. « Quest'invito ad una stretta colleganza del nostro paese con gH Stati balca. idei., erompente dalla situazione più ancora che dal proposito degli uomini, deve eS&ere accolto daJl 'Italia, se essa ,,iole posare il piè fermo sul terreno, dove irresistibilmente è attirata dalla sua nuoYa politica estera>. UNO SCUDIERODI FILIPPELLI La guerra per questa rnlta fu eYitata. E nella soddisfazione generale per lo scampato pericolo, anche la politica dei buoni rapporti italo-austriaci sembrò trionfare. Bissolati salutò con gioia le nuove speranze di pace. Ogni giorno, che la pace conquista,·a sulla gnerrra, daYa tempo al movimento delle nazionalità slave per rafforzarsi nel. ]'interno dell'Impero austriaco, limitandovi il -predominio degli elementi tedesco-magiari ; dava tempo agli Stati balcanici, sul confine meridionale dell'Impero, per consolidarsi; rendeva p,iù pericoloso e temerario lo scatto aggressivo del- !' Austria verso la penisola balcanica. e Gli Stati balcanici - dice Bissolati alla Camera nel dicembre del r<,06 - hanno a.sslillto una forza ed una autonomia, per cui le velleità espansionistiche austriache troaYno in essi un'opposizione immediata; sono tramont4ti ormai i tempi, in cui l'Austria aveva in e Mjlano il suo servitore nella Serbia. Oggi la potenza. degli Stati balcanici è tale che diplomaticamente, economicamente e 111ilitaru1ente, non è affatto una quantità trascurabile : il che io credo debba essere ricor- .dato sempre dai diplomatici, Che reggono le sorti del Ministero degli Ested italiano». Quest'idea diventa sempre più netta, iu tutte le: ,·icissitudini della politica internazionale fra il r<,06ed il r9r4. E' oramai la direttiva costante della politica bissolatiana. E quando nell'estate del 1914 scoppia la guerra, Bissolati non de,·e fare nessun sforzo per adattare il proprio pen. siero alla nuova realtà. Sente subito che la guerra fra il blocco austrogermanico e la Triplice Intesa è anche guerra fra 1'Austria, che intende sottoporre al proprio coutrollo la penisola balcanica, e l'Italia che deve difendere la propria indipendenza dal pericolo di essere scb iacciata verso Oriente da lill vicino cosi formidabilmente rafforzato. Sente che h guen·a, tenacemente deprecata per tanti anni è divenuta inevitabile per iniziativa altrui, sarà guerra divita o di morte per l'Italia e per l'Attstria: o si sfascia l'Austria, o si dissolve l'Italia. E predica l'alleanza fra l'Italia e gli Slavi del. l'Austria e l'accordo diretto fra l'Italia e la Serbia per un compromesso su le terre miste dell'Adriatico. Questa politica accelererà lo sfacelo interno della Monarchia austriaca e faciliterà la Yittoria. Inoltre prepara all'Italia una magnifica posizione di sicure7.za e di larghissime possibilità di espansione economica nel dopoguerra. L'Italia non deve, per discutibili ragio~i strategiche, incatenarsi a nuove non necessane querele. Non deve distrarsi, pei' miraggio d1occupazioni territoriali nella penisola balcanica, da quello che è il suo problema Yitale nel periodo storico presente: garautire libero lavoro Santino Caramella, nel suo articolo dedicato a: « Xuovo Cortegiano » (~0 35 della Rivoluzione Liberale) chiama in causa gli sc,;ttori come gente alla quale non dovrebb'essere tuttavia lecito appartarsi completamente dalla vita e dalla coscienza pubblica, tanto da mirare soltanto a una loro forma, più o meno tersa, per poi cederla, con freddo spirito mercantile, al più comodo offerente. Ora, se è lecito a uno che ha scelto la fatica delle umane lettere, senza nutri 0 1·~ in seno uno spirito antifascista ma naturalmente soggetto a quelle conversioni logiche e spirituali che sono proprie ai trattatori di ps-i. cologi.a e di simili materie ardenti e irrequiete, sopratutto in un tempo che non brilla per nessuna speciale civiltà - se è lecito interloquire, nelle colonne -della e Rivoluzione Liberale•, - e cercarsi con lo stilo una definizione del letterato moderno, ringrazio Gobetti della concessa ospitalità. Che lo scrittore d'oggi abbia generalmente preso tragicamente sul serio l'assioma che la buona sostanza. è inscindibile dalla buona forma, e che forma. e idea. sono una unica cosa, potrebb'essere dimostrato dal fatto cli quel neoclassico, che non si nomina trattandosi di un vivente, il quale, acceso un giorno da un dèmone eventuahnente predicativo e sociale, traduceva, e trovava bello tradur dettmne il cfictante di quel verso baudeleriano che suona : de ces baisers p-u-issa,ntcam·me u-n. dtictame ... Per costui, insofferente d'ogni amichevole correz.ione, la. forma., anzi la sua creativa intuizione della forma, doYeva avere un valore assoluto. Kè ha, importanza. il dire che un tale errore si sarebbe e,·itato con 1'istntz-ione obbligatoria; restando fenne le caratteristiche mentali di quella prepotentte e ispirata Yeggenza. Quanto alla cosciew...a politica, un proverbio che stimo intemaz.iouale risolverebbe meglio il problema: ognuno soffre del proprio mestiere; i! calzolaio, cui manca il tempo di cali.arsi se1 condo decenza.; il trattore 1 che dopo aver ser- , ito qualche inatteso a,-ventore si riti·o,·a a do- ,·er digiu11are; lo scrittore, che dopo aver pre. stato la coscienza ad ogni suo personaggio, non ha più la forza fisica e morale d'a,·erne una sua propria. 11 dramma oscuro di ttno scrittore t il suo doversi (mi si passi l'orribile verbo!) continuamenl • rtilettantizzare. Per uno scrittore (dato che l'~utobiogra.fismo, alla lunga, diventa un vizio) prestare una cosciell7...aa un personaggio significa dipingere un ,·ivente, cosl come appare a occhio nudo, e spiegarsene 1 umanamente, passionaliz.z.an1e1 le raioni, i cara.ltcrii gli errori; e qltesta necessità fa di lui, sebbe11e iu sen~ allo un dilettante. E si noti che ,u, tale cliletta~tismo odierno, universalistico e suscettibile d1 far posru·e chi lo esercita 1 talvolta a seconda di vaghi comandi sentimeutali 1 su non importa quale costone o contineute politico_ (si veda, per es., l'adesione di Pirandello al fasetsmo) st enge ad argine di un vecchio, meno coucludeute e sempre nobile dilettantismo; voglio dfre a con. trasto di quella ciYiltà raziocinante che fu rappresentata dalla e Voce II prezzo1iniana. . In quel tempo esisteYano i fayo]osi rafiè e s1 affrontavano, con lodevole spirito, quistioni letterarie, artistiche 1 politiche e d'ogni ramo della cultui-a. La fluidità delle ragioni ragionate, e quella specie di libero ingresso alt 'infinito, acquisito per diritto, insieme a un discreto portamento, per tutti i campi dell1umauo &.'lpere, avviavano verso una sorta di paradfao terrestre. Fu allora che qualcuno do,·ette occorgersi che l'arte a,·ente, per sua principale peculiarità, un valore polemico, nou era la più concreta delle arti, e nem. meno, l'aver prodotto un Picas&o, un modo di. retto di avvicinarsi a Raffaello. Sorsero cosi i mistici ,'.ella forma, intenti a prender questa d'assedio, a.. catturarla per ispirazione e per lunghi tra,·ngli non confessati e distesi in pazienti discorsi. S'aspettò la grande opera all'infuori della deviante scuola <legli avvicinamenti per discorsi, e non importa se questa forma fosse per alcuni l'esoterica YOCalità per cui poteva ottenersi la prelodata traduzione, e per altri la cosa, la realtà vi,·a e immutabile nonostante la mancan7..a di finitezze formali. Giunto a questo punto non voglio contest.J.re al Caramella 'ife molti tra quei letterati, accusati da lui di deri,·are la loro mentalità dall'ar- r tisticismo su commissione del Rinascimento nel senso cli sentire ì frutti della loro creazione come qualcosa di incorruttibile su qualunque mercato vada a finire, non possano aYere la tara spirituale che egli scorge e dcnttncia in loro; specialmente quelli che dalla preoccupazione politica anche latente, se 110n dalla passione politica, si astraggoEo con una eccessiva sicumera. :Ma per alcw1i altri, nel tempo stesso in. cui rivendico a tutti l'attenuante dello svolgimento di fatti spirituali come quelli accennati, che a un esteriore Rinascimento li hanno potuti ricondurre dirò che il fascismo è potuto sembrar loro quella tale realtà, tutta da fare e da riempire, in attuazione e in divenire, degna di apparentarsi all'altro sconosciuto ideale, al quadro, al romanzo, al palma clell'av,·enire. Notiamo che se la definizione tendente a rappresentare il fascismo come qualcosa di mitico e di religioso, si appatesa. infantile quando è pronuu. ciata con g-rave accento, pnò assumeTe tlll valore tutto diverso affermata. cou un sottinteso di spregiudicata ironia, e quando chi la. esprime sia un uomo imp1·essiouato dalla inconseguenza crea.th·a di parecchie generazioui e disposto a "eder la propria sottoporsi, per t1·0,·are nel futuro il punto di una sortita genia.le, a non importa quale esperimento: anche il più balzano e irragione,·ole. L'imp01ta11te è d! garantire ai letterati d'oggi, con tacita intesa tra le Opposizioni e il Fascis1no1 un esonero dalle troppo gravi responsabilità politiche, in omaggio a que1la assidua e quotidiana fatica umanissin1a che essi debbo. no compiere nel donare anime e nell'immedesimarsi nelle molte anime dei loro molti eroi. Sappiamo tutti che il genio trascende queste fatiche e, conservando il proptio carattere, peuetra le più riposte realtà d'altrui. ~Ia se una tale preparazione aprisse anche tu1 pallido spiraglio al genio, un tale imboscamento non sarebbe anch'esso benemerito di quel complesso di battaglie sopra le quali sorge la Yita anche politica cli una nazione? DEbbA5TfICDPA ,, il ben noto ufficio di ritagli da giornali e riviste . fondato nel 1901, ba sede ESCLUSIVAMENTE in Milano (r2) Corso Porta Nuova, 24. Istruzione professionale f?i ·<>h1z..ioneLibera.le ha ospitato a que-..ti, pr, ,YJ'ìit() un articolo nel numero 31, ma credo e: l' :'-ir~r,m :nto sia d.,ba-:-tanza im:r,,ort-1ntc pe-:- ·i115tJfic;Jr~ 111r·h~ qu(!...:;te o:-,sc..-n::v~ioni. Jn{;_i{tJil prr,blc::m:i.,JcJla it.truzione profos.-;io. 11alc l· fr,wlamt"Tiiale per chi voglia ,fare una ro- ~,<1c:nza di dasse: al prolet.-1.riato e prer,ccur,arsi im,iemc ddlc cr,ndizk,ni di vit.alita rli un'indu- !-ilt1.a.m<Ykrn,.1. ancht: oltre gli interessi mr.nnenl.w:1 ddl:1 cl~ in<lustriaJe. La r~ente riforma dc-lla S(·t1<Jlamc-rifa, accentrandone il carattere mani tic,,, rende r,rJl necessarjo un(J i,.\,·iluypo 1,iù w,luJo rJella i-.truzione professionale che pc:r nu,lte < la.i c;J ddla J.."'°'f.,<,J~zi,:.me sara la unica poc;- sibilc e:- u,n ....c-nie:itc i'-tnv.ione. E ~gr.,mbriamo il cammino da due ilh.u;.ioni. l na, combattuta anche dal Ba!t-.,.., nel citatr, art1colo di R. I. . ., i: c:he ne1ie officine si pr>Ssano impiantar(' S<.-uoJc- profo·,:;ionali. Saranno !-,-(.--mpre unilaterali e: sfornite rii qualsia.si indir:iz7n generale. L':.t.ltra eh<: delle scUJ)Je profe...sa,fr.,nali J)(.JSS1.mocontkmporanc::amente essere officine. Il difetto, 110tato dal Balbe,, per i laboratr,ri delle no-· stre :-;cuolt- industriali di • non dare a11 'allievo l'idea di quello che & nella pratica reale l'ordinam<:nl:tJ del lavoro e della. pn✓luzione in uno st.a.bilime11tomoderno•, È: perfettamente vero, ma c..'"'50non t peculiare di quci labr.>r~tori, i:n:ece proprio di ogni tir.10 di scuola che voglia es':of:re officina. Tra la Scuola-officina creata e diretta con criteri didattici,fornita di quel materiale che possa servire a quei fini, camr,o di esercitazione degli allievi, e la officina Yera, tetta esdu..sivamente da criteri economici, dove non si ammettono e-,perimenti e do,·e gli operai debbono aver imparato e non imparare, l'abis~o f: ,·a.sto ed ineolmabile. I tentati vi di Scuole-Officine che si sono effettua.ti in Italia sono falliti o perchè non si f! te~ nuto conto della economicità dell'impresa 'e la scuola è di venuta più pericolosamente lontana dalla realtà ·che non la scuola retorica,, o perchè si è accentuato troppo il carattere economico ed allora di scuola non èri=to che il nome. .-\nche nell'azione degli Enti locali ed in ispecie delle Pro,·incie, che il Balbo propugna, io sarei molto pessimista. _-\.parte il momento speciale che ora attra\·ersiamo in cui g1i Enti locali, pc)\·eri di denaro e più ancora di contenuto, nulla potrebbero fare, anche in situazioni normali 1e Prodncie rappresentano troppo strettamente gli interessi locali perchè dalla. loro azione possa sorgere qualcosa di diYerso, ad esempio, di quello che potrebbero fare singole ditte industriali o Federazioni indn.striali. Essere sul posto non ,·uol dire spesso veder meglio, ma ,·ede-re troppo da ricino e perdere quindi la \·isione di in.sie.me, la Tisione delle esio-enze ,·ere delle industrie; Yuol dire soggiacere :ne situazioni locali e cadere nel particolarismo. )la quanto ho detto finora è solo negati ,·o. Dovremo concludere che sia impo5-5ibile curare una istituzione professionale quale certamente è necessaria? );on credo; penso soltanto che non si debba confondere, per smania di praticità, tra scuola ed officina. La scuola, anche quando è proiessionale, è e deve rimanere anzitutto scuola. ;\oi non dobbiamo chiedere ad essa più di quanto può dare, ma dobbiamo chiedere tutto quello che può dare, cioè una preparazione teorica tale che pennetta a chi è uscito da essa di vedere non empiricamente ma con cognizione di causa lo s"t""o}gersi dei fatti pratici. La scuola professionale deYe dare il criterio per comprendere appieno l'opera manuale, per ,·edere in essa non una successione di atti meccanicamente ordinati, ma ttn p,rocesso prefissato e in continuo divenire. Perciò mentre de\·e respingere le facili lusinghe dell'enciclopedismo (è così facile insegnare un po' cli tutto!) deYe essere rigorosa.mente scientifica. ~iente approssimazioni, nie-ut:e semplificazioni che confondono cose dh·erse, semplicità in\·ece e limpidezza delle cose da insegnare. Quello soltanto che deYe distinguere la scuola professionale dalle altre SCUOie è il sentimento continuo della subordin.a.z.ione della troria ali.a pratica. ~ella scuola si insegna la teoria ma si pone bene in chiaro che la teoria t' insegnata come grado necessario per l'apprendimento della pratica. Gna ~cuoia così organizzata de,·e essere ,i,ificata dal continuo contatto colla officina ,·era. Per questo ritengo che le scuole serali siano quelle che meglio si prestino, quando •natural. mente il giovinetto non compia nell'officina un ora1;0 completo di la,·oro e sia perciò in grado la sera di occuparsi co11profitto . .-\llora l'apprendista trova in quanto impara nella scuola la spiegazione del suo la\·oro giornaliero e tale seconda unione di teoria e pratica Yiene ad abbre- \·iare il periodo di apprendisaggio, cioè Yalorizza più rapidamente il gioYane operaio di quanto uon possa fare il semplice laYoro di officina. Chè se in scuole professionali ,·i potranno essere laboratori e officine modello, bPn Yengano, ma come parte della scuola con funzione cli ricerca e di campo per esperimenti, non per riprodttrre a scartamento ridotto l'imponente fener meno economico dell'industria moderna. Ricordiainoci insomma che l'istruzione profes. sionale deve essere, innanzi tutto, istruzione . GHJSEPPE VESCOVI)!I

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