RE NUDO - Anno IX - n. 68 - agosto-settembre 1978

Bhagwan in un discorso, racconta d1 un ricercatore che va da un maestro zen dicendogli "è tanto tempo che ricerco, ora ho trovato la filosofia zen, la strada della verità. Ho capito che tutto è illusio– ne, che la realtà non esiste ...". Allora il maestro zen prese un bastone e glielo ruppe sulle spalle chiedendogli: "La realtà non esiste? E questa cos'è?". Cosa significa questa storia? Che non esistono verità prescindendo dai compor– tamenti, dall'esperienza, dalle persone. I concetti giusti in assoluto non esistono. Dipende da chi dice le cose, il suo livello di esperienze, il perchè le dice, come le dice. Lama Zopa Rimpoche ha detto che si può anche uccidere con una pura motivazione, con animo puro. Ma quanti uccidono in nome di una fede o di una ideologia credono di avere una motivazio– ne pura'/ lo credo sia motto meglio limitare le nostre rine·ssioni a ciò che riusciamo a teca G no e. TS(t-4(; -t" I-A t,,\\JNE Oi fA~i~ AJ"- '1' RIM6AV LAC:"N; &ATAll.LE l'ilr'~ -= •••• · ·uOD/\ sperimentare con tutto il nostro· corpo e non soltanto con la testa. Sono certo che questo vi sembrerà una limitazione insop-· portabile, una prigione. Invece è l'unica possibilità per accorgersi dello spazio im– menso che esiste al di là della nostra percezione razionale. Prigione invece è credere di poter arrivare all'esperienza totale attraverso le ancor più lucide arti– colate e profonde elucubrazioni del men– tale. E la porta per uscire da questa prigione non sta nella testa. Il vicolo è cieco. In certe persone questo spazio interiore è più evidente che in altre. E gli occhi sono un canale trasparente in cui è possibile intuire la bellezza delle persone. Non a caso nelle civiltà "evolute" guardare insi– stentemente negli occhi è considerato maleducazione perchè è difficile inganna– re con gli occhi mentre è facilissimo ingannare con le parole. E nelle civiltà formali e false, il costume consente il RE NUD0/17 diritto di menzogna, quindi guardare ne– gli occhi non è buona creahza. Io è in questo spazio che voglio incon– trarmi con le persone e anche attraverso un giornale è possibile tentare di'comuni– care con gli occhi piuttosto che con le parole. Certo, non è facile ma anche questo ce l'hanno indicato le donne, con lo scrivere in prima persona, con l'auto– coscienza. Rileggendo il mio libro e fermandomi sul modo di comunicare potrei inorridire. Il 90 per cento è linguaggio della ragione, critico, penetrativo, mentale. Le cose so– no giuste, il modo è sbagliato. Vale per tutti. E non è un gioco di parole o un artifizio dialettico. Per esempio io è da un po' di tempo che volevo scrivere un corsivo sulla "gruppomania" che sta dilagando in occidente, vale a dire sull'atteggiamento consumista di tanti nel rapportarsi alle terapie della psicologia umanistica, verso i gruppi d'incontro reichiani, verso la bioenergetica, lo yoga, ecc. Infatti durante i gruppi qui in Italia, ho incontrato diverse persone che vivono queste nuove esperienze con la stessa ansia, con lo stesso atteggiamento con cui precedentemente avevano consumato po– litica, spinello, o altro. Certo, i vigilantes dello spirito critico non corrono questo rischio tipico dei fideisti– ci, sta comunque di fatto che non ho poi scritto questo corsivo che pure mi stava a cuore. Perchè? Perchè mi sono detto: sono molti di più coloro che userebbero queste considerazioni per darsi uri alibi ed evitare l'approccio con l'esperienza stessa. E il modo sbagliato di alcuni di porsi verso queste nuove esperienze, non giusti– fica l'attribuire giudizio negativo alle esperienze stesse ma ancora una volta al chi, alla persona· che malamente usa. Co– me le droghe. L'uso negativo delle droghe psichedeliche non può portare a condan– ne alle droghe in sè ma semplicemente al modo sbagliato di esperienzare. Così per le nuove terapie. L'orrore dei consumisti delle terapie non deve poter essere usato da coloro che hanno un bisogno folle di lasciarsi andare nell'esperienza ma che usano come alibi gli errori altrui per criticare e negarsi l'esperienza in sè. I fatti d'altra parte stanno dimostrando come questo calcolo più o meno conscio avesse il fiato corto. Tant'è vero che tutto succede egualmente. E questo acca– de soprattutto quando ci si sopravvaluta. E in più il mio era ed è ancora paternali– smo: ed è un mio problema come altri. Un abbraccio Majid

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